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Le aspettative di Jillian
Le aspettative di Jillian
Le aspettative di Jillian
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Le aspettative di Jillian

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About this ebook

*Romanzo autoconclusivo*
Inghilterra, fine età georgiana (1820-1830).
Jillian Westford è convinta che la sua prossima Stagione mondana sarà l’ultima a cui parteciperà da nubile: ha deciso infatti che presto convolerà a nozze con Daniel St. John, che corrisponde all’ideale del perfetto gentiluomo e di certo sarà in grado di renderla felice. Così come non dubita che ritrovare in società Adrian Winters, dopo tanti anni di lontananza, si potrà rivelare un piacevole diversivo, nonostante la reputazione discutibile che adesso circonda l’amico d’infanzia.
Quello che Jillian però ancora non immagina, è che a Londra le sue aspettative subiranno una serie di bruschi scossoni, e che spesso le persone nascondono un lato in ombra e qualche segreto...
LanguageItaliano
Release dateAug 6, 2017
ISBN9788822808844
Le aspettative di Jillian

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    Le aspettative di Jillian - Marianne B. Archer

    Le aspettative di Jillian

    (Serie Simon's Friends #1)

    Proprietà letteraria riservata

    © 2017 di Marianne B. Archer

    mbarcher4@gmail.com

    Prima edizione: agosto 2017

    Cover Credit: Photo by sergeyp / 123rf.com

    Prologo

    Jillian Westford stava sistemando il calamaio sullo scrittoio, quando la porta del tranquillo e silenzioso salottino si spalancò di colpo senza alcuna grazia, facendola sobbalzare.

    – Eccoti qui! – esclamò la sorella, mentre Jillian si girava di scatto.

    – Cathy, sei impazzita? Se rovesciavo l’inchiostro…

    Mentre si chiudeva con cura la porta alle spalle, Cathleen mosse la mano come per disperdere il rimprovero nell’aria, un gesto che aveva assimilato dal padre. Il conte di Gathridge non era un uomo che amasse le lungaggini.

    – Non sai cosa devo raccontarti, ci sono grandi novità – affermò, abbassando la voce in modo cospiratorio.

    Si avvicinò alla giovane seduta davanti allo scrittoio e si appollaiò sul bracciolo di una poltrona color salmone, senza preoccuparsi di sistemare le pieghe della gonna.

    Jillian sorrise.

    – Fammi indovinare: le tue novità arrivano direttamente dal salotto dove la mamma sta prendendo il tè.

    – Certo – ammise lei, stringendosi nelle spalle. – Da dove altro sennò? Del resto lo sai anche tu che la porta che divide il salotto dalla biblioteca è così sottile

    – Specialmente quando ci stai con l’orecchio premuto contro, giusto?

    – Dettagli. Ma adesso basta: indovina un po’, abbiamo nuovi vicini!

    Jillian alzò le sopracciglia, stupita, mentre Cathy si godeva l’attenzione della sorella maggiore.

    – Cosa significa nuovi vicini? Ho visto lady Palmington proprio l’altro giorno. Ha forse degli ospiti inattesi?

    Cathy scrollò la testa in segno di diniego, mentre i lunghi riccioli bruni si muovevano allegramente intorno al suo viso.

    – Non i vicini da quella parte – indicò con un gesto vago alla sua destra, intendendo verso est. – Ma da questa.

    E mosse l’indice verso sinistra, dove presumeva si trovasse l’ovest. 

    Nonostante quelle indicazioni fantasiose, Jillian comprese senza fatica.

    – Quindi lord John verrà a vivere qui? Abiterà in pianta stabile a Monfort Manor?

    Strano, pensò. Lord John non sembrava amare affatto la vita di provincia. Risiedeva a Londra per la maggior parte dell’anno e i periodi che trascorreva nel Wiltshire erano sempre brevi e scarsamente significativi per il vicinato.

    Fu allora che la ragazzina fece il suo annuncio, scandendo bene le parole per dar loro più enfasi.

    – Lord John si è rotto il collo cadendo da cavallo.

    Jillian spalancò gli occhi verdi per la sorpresa.

    – Cathy! – esclamò per semplice riflesso condizionato, udendo quel linguaggio crudo in bocca alla sorella.

    In realtà però non se ne curò affatto. La sua mente stava ancora elaborando, stupefatta, quella notizia del tutto inattesa. Lord John… morto?

    – Sono state le esatte parole di lady Frances, non rimproverare me – si giustificò Cathleen. – Lo sai che quella strega non ha peli sulla lingua.

    Jillian sorvolò sull’appellativo non molto generoso usato per descrivere l’anziana amica di famiglia, anche perché in fondo concordava.

    – Ma com’è successo?

    – Non ho sentito molto bene, perché a quel punto si sono messe a parlare tutte insieme, ma mi pare di avere capito che è stato disarcionato nei sentieri di Hyde Park, mentre era in compagnia di amici. Il suo stallone si è impennato all’improvviso, spaventato da non so che cosa, e lui ha avuto la sfortuna di cadere battendo la testa contro una grossa pietra, o qualcosa di altrettanto duro che era al suolo. Non ha più ripreso conoscenza.

    Jillian sospirò. Poveretto, che fine ingloriosa.

    Non si poteva dire realmente rattristata per la notizia, dato che aveva visto quell’uomo poche volte in vita sua, ma non aveva niente di personale contro di lui.

    Cathleen dondolò la gamba, battendo il tacco della scarpetta verde acqua contro la seta della poltrona.

    – Quindi avremo nuovi vicini – concluse. – Certo, non appena titolo e proprietà verranno trasferiti.

    Il titolo… già, a chi sarebbe passato?

    Jillian tamburellò le dita sullo scrittoio, meditabonda.

    – Lord John era sposato da quanto, un anno, un anno e mezzo? E non aveva ancora avuto figli – rifletté a mezza voce. – Suo fratello secondogenito è caduto in guerra e, da quanto ne so, era celibe. Poi vengono lady Louisa, lady Victoria e lady Elisabeth, e infine...

    Cathleen annuì.

    – Esatto, il titolo passa a lord Arthur. Cioè, passerebbe a lui se fosse ancora vivo. Ma comunque, per tramite suo, il titolo adesso spetta a suo figlio.

    Un bel sorriso si fece lentamente strada sul volto di Jillian.

    Adrian. L’erede sarebbe stato Adrian.

    Da quanti anni non lo vedeva… un’eternità.

    – Lo hai conosciuto, vero? Il nuovo conte intendo – chiese Cathy, curiosa.

    – Sì… sì, è così. Quando era un ragazzino trascorreva lunghi periodi presso sua zia, che all’epoca abitava qui accanto, a Kelsey Hall. Io e William giocavamo sempre insieme a lui.

    Kelsey Hall, una bella proprietà confinante con le terre del conte di Gathridge, aveva cambiato proprietario già tre volte negli ultimi cinquant’anni. Un insolito destino.

    Cathleen reclinò leggermente la testa in modo interrogativo.

    – Ma se da piccolo trascorreva tanto tempo in questa zona, perché non risiedeva direttamente a Monfort Manor dai suoi nonni?

    – Perché lady Elisabeth era rimasta vedova, e probabilmente si sentiva un po’ sola. Abitando con lei, Adrian le teneva compagnia. Aveva un bel carattere solare sai? E se devo dirti la verità, credo sia stata la sistemazione migliore per lui, perché il vecchio conte di Monfort era davvero burbero e scostante.

    – E perché smise di venire ad Haliway?

    – La sua famiglia si trasferì nel Cumberland. A me e a Will dispiacque davvero molto non poterlo più vedere. In un certo senso, era l’unico amico che avevamo.

    – Anche a lady Elisabeth sarà dispiaciuto, visto che rimase da sola.

    – Beh, non proprio. Più o meno nello stesso periodo, lei lasciò Kelsey Hall per tornare a vivere a Monfort Manor, con la sua famiglia d’origine. Una lunga storia. Ma sono sicurissima che Adrian le sia mancato.

    Come mancò a noi. A me.

    Sembrava quasi un’altra vita, a ripensarci. E in effetti, si disse Jillian, lo era. All’epoca non poteva immaginare quanti avvenimenti avrebbero sconvolto il normale corso della sua esistenza: la morte di sua madre, il secondo matrimonio del padre con la giovane Evelyn, la nascita di Cathleen, e poi… poi c’era Daniel, naturalmente.

    – Quando ti inviterà a Monfort Manor posso venire anch’io? – chiese Cathy con occhi luccicanti di aspettativa, distraendola dai suoi pensieri.

    – Sorellina curiosa! – rise Jillian.

    – Avanti… – la pregò lei. – Ho sempre visto Monfort Manor soltanto dall’esterno… e una volta ho sentito dire a lady Palmington che è una residenza così tetra da essere quasi spettrale. Sono curiosa per forza! Probabilmente hanno anche un fantasma.

    Jillian alzò gli occhi al cielo, divertita.

    – Va bene, se il conte mi inviterà, allora ti porterò con me – promise, mentre Cathy le sorrideva contenta.

    Non potevano ancora sapere che, nei mesi seguenti, a Monfort Manor non sarebbe giunto proprio nessuno.

    Capitolo 1

    – Sono venuta a sfruttare la nostra temporanea vicinanza di casa – si fece riconoscere Alicia Blackwood con voce squillante, mentre bussava tamburellando in modo disinvolto alla porta chiusa.

    – Entra, correrò il rischio – le rispose Jillian allegramente, mentre Alicia già stava entrando nella camera con un bel sorriso stampato sul volto.

    Jillian era molto contenta di quella vicinanza. Tanti anni prima, quando i suoi genitori avevano deciso di comperare una casa più grande a Londra, sua madre aveva insistito per acquistarla nei pressi di quella della sorella Margaret, che con il marito risiedeva in pianta stabile nella capitale. Era stata accontentata, con il risultato che adesso Jillian e sua cugina Alicia potevano farsi visita praticamente a tutte le ore.

    Jillian, che stava cercando nel suo portagioie un anello che sembrava essersi volatilizzato, si interruppe volentieri.

    – Allora, per che cosa mi vorresti sfruttare esattamente?

    – Ho un problema col vestito – spiegò Alicia, indicando vagamente il suo abito da passeggio color lillà con le guarnizioni rosate. – Cioè, non intendo proprio questo vestito, ma quello che indosserò stasera, e che ho appena provato a casa. Mi potresti prestare la tua fusciacca dorata? Non sono sicura che quella color pesca che mi ha regalato mia madre abbia la tonalità adatta.

    – Certamente. Aspetta.

    Jillian si avvicinò alla lucida cassapanca di noce dove era solita riporre accessori come scialli, fusciacche e sciarpe di seta, e ne sollevò il coperchio. Non dovette rovistare a lungo. La fusciacca dall’intreccio di fili bruni e dorati era ben ripiegata sotto altre due, dalle tonalità verde acqua e azzurro turchese. La porse alla cugina.

    – Eccola qui.

    – Grazie. Sì, è proprio il colore che mi serve.

    Alicia la prese con cura, attenta a non spiegazzarla, e la appoggiò sul tavolinetto accanto alla porta della stanza, in modo da non dimenticare di prenderla quando sarebbe uscita.

    – Hai ricevuto notizie della povera Cathleen? – chiese a Jillian. – Come sta?

    Jillian scrollò la testa.

    – E’ sempre a letto, e vi dovrà rimanere come minimo per un paio di settimane, secondo gli ordini del dottor Kilbourgh. Con la febbre e la tosse non si scherza. Mi sono sentita in colpa a partire lo stesso, te lo assicuro. Era così triste poverina, ci teneva tanto a venire a Londra con noi...

    – Hai già ritardato il tuo arrivo di qualche giorno, non potevi attendere di più, tesoro.

    – Già, anche perché il dottore ci ha consigliato di starle a debita distanza, nel caso fosse contagiosa.

    – Ma non ha detto che è grave, vero?

    – Grazie al cielo no! Cathy è una ragazzina forte e vitale. Il dottore è convinto che le medicine che le ha prescritto, unite a cibo leggero, riposo e una montagna di coperte calde, la faranno guarire. Ma ci vorrà tempo.

    – Sua madre si prenderà buona cura di lei.

    – Sì, è vero.

    Jillian lo riconosceva. Per quanti difetti potesse avere Evelyn, era una madre premurosa. Quando sua figlia si era ammalata, alla vigilia programmata della partenza, non aveva esitato: aveva ordinato di disfare le valigie senza il minimo accenno di protesta o di rimpianto, anche se sognava da mesi di recarsi a Londra per godersi un po’ la vita della capitale.

    Jillian aveva avuto la delicatezza di attendere qualche giorno, per vedere se la tosse della sorellina fosse solo un malessere passeggero. Ma quando si era aggiunta anche la febbre, era risultato chiaro che Cathy avrebbe dovuto mettersi a letto per un tempo imprecisato.

    – Bene – riprese Alicia. – Sono contenta che tu adesso sia qui. Anche se la Stagione non è breve, già durante i ricevimenti di questi giorni si può avere un assaggio delle dinamiche in corso. E la festa di stasera è importante, ci sarà la maggior parte dell’alta società.

    – Lo so. Guarda.

    Sotto gli occhi incuriositi della cugina, Jillian entrò nel piccolo spogliatoio adiacente alla sua stanza e ne uscì con una grossa scatola bianca. La posò sul divanetto accanto allo scrittoio e la scoperchiò, sollevandone poi con due mani il contenuto.

    – Ma è magnifico! – esclamò Alicia con sincerità, avvicinandosi per osservare meglio.

    Era un abito di seta dal corpetto di un caldo color prugna, dai toni di una sfumatura progressivamente più chiara man mano che le balze della gonna giungevano a terra. Il bordo di pizzo scuro della scollatura, uguale a quello delle manichette non troppo a sbuffo, era arricchito di granati lucenti, disposti in modo strategico per farsi notare senza risultare eccessivi o volgari.

    Alicia accarezzò con la punta delle dita le pietre lisce e lucide, con aria di approvazione.

    – Bellissimo colore, donerà molto alla tua carnagione chiara. Sono certa che sarai splendida, si vede lontano un miglio che è un vestito di fattura eccellente.

    – Grazie. In fondo sarà la mia ultima Stagione da nubile, quindi mio padre non ha fatto storie sul conto della sarta.

    Jillian ammiccò con complicità ad Alicia, che si attirava sempre sul capo i rimproveri paterni per le somme che spendeva all’atelier di miss Alden. Lord George Blackwood sosteneva acidamente che, con il prezzo di due abiti della figlia, una famiglia di Whitechapel avrebbe potuto vivere senza pensieri almeno per un anno.

    Alicia si esibì in una smorfia di sconforto.

    – Abbi pietà, non parlarmi di sarte e di padri nella stessa frase. Al mio quest’anno verrà di sicuro un colpo quando gli recapiteranno il conto – sospirò, scrollando il capo forse per allontanare quel fosco pronostico. – Comunque, il colore dominante del mio abito sarà rosa antico, quindi saremo cromaticamente ben assortite quando ci apparteremo a spettegolare un po’. Perfetto.

    – Che discorso assurdo – ridacchiò la cugina.

    Mentre Jillian riponeva con la dovuta cura il vestito, Alicia si voltò e andò a sedersi sulla sponda del letto.

    – A proposito di questa Stagione – commentò, con tono ingannevolmente casuale. – Stasera a quanto pare rivedrai il conte di Monfort.

    – Beh… a dire il vero vedrò il conte per la prima volta – precisò Jillian. – Da quando Adrian ha assunto il titolo, non ha mai messo piede a Monfort Manor. Ti sembra possibile?

    – Gli sarà mancato il tempo, ha una vita decisamente intensa qui a Londra – Alicia sogghignò. – E’ molto amato… e invidiato.

    Jillian non si sforzò nemmeno di mascherare la propria curiosità.

    – Perché?

    – Ma William non ti ha raccontato niente? E’ arrivato qui a Londra prima di te!

    Jillian sbuffò.

    – Mio fratello è più chiuso di un’ostrica, quando vuole. So soltanto che ha incontrato Adrian in più di un’occasione, e mi ha riferito che lo ha trovato bene.

    Alicia scoppiò a ridere.

    – Lo ha trovato bene? Tutto qui? Povere noi! Devo proprio aggiornarti io a quanto pare.

    – Aggiornami allora: eravamo arrivate a amato e invidiato. Da chi?

    – Amato dalle donne, questo è certo. Si dice che non dorma mai da solo, la notte. Oh, non guardarmi così, è soltanto la verità… anche perché un paio di signore di mia conoscenza lo hanno confermato per esperienza diretta.

    – Alicia!

    – Non essere pudica, non hai idea di che cosa si sussurri dietro ai ventagli dell’alta società, di questi tempi. Del resto il conte è davvero un bell’uomo. Anzi – si fermò un attimo, incerta. – A pensarci bene, nel suo caso non è tanto una questione di bellezza.

    – In che senso? Stai dicendo che tutto sommato è bruttino?

    – Oh no, no – la cugina agitò subito la mano. – E’ bello, non fraintendermi, questo te lo assicuro. Intendevo un’altra cosa. Ci sono altri giovani uomini di bell’aspetto in società, ma la loro avvenenza è… non so come spiegarmi… ordinaria. Volti gradevoli, piacevoli da vedere, ma che il giorno dopo ti sei quasi dimenticata, ecco. Lui no, non lo dimentichi.

    – E cosa avrebbe di così particolare?

    – Non lo so esattamente. E’ un insieme di varie cose. Il portamento deciso. Il modo malizioso di arricciare l’angolo della bocca quando sorride. La voce. Sapessi che bella voce che ha... Julia Gordon la definisce cioccolata calda, e ha ragione.

    – Per l’amor del cielo – rise Jillian.

    – Quando la sentirai con le tue orecchie, vedrai che sarai d’accordo con noi. E anche il suo sguardo non è da sottovalutare.

    – Qualche paragone buffo anche per lo sguardo?

    – Mmh, tanto buffo non direi. Una sera Georgiana Wallace è stata la sua dama per un valzer e mi ha confidato che, mentre danzavano, lui aveva uno sguardo definibile soltanto come da camera da letto. Non strozzarti, Jillie.

    – Sembrano le parole di quei romanzetti scandalosi che ci avevano vietato di leggere.

    – Sì, ma ciò non le rende meno vere. A essere onesta, all’inizio non avevo capito esattamente cosa intendeva dire, ma poi ho avuto modo di scambiare qualche parola con il conte e credimi – sospirò, – quell’uomo è capace di farti scorrere gli occhi sulla pelle in modo vellutato, se vuole.

    – Tu sei fidanzata, lo ricordi vero?

    – Sono fidanzata, non cieca – Alicia strizzò l’occhio alla cugina. – Inoltre, devi considerare che lui e sua sorella sono l’attrazione mondana della Stagione, quindi i commenti si sprecano. E qui si spiega anche l’invidia, perché un buon numero di gentiluomini vorrebbe condurre il genere di vita del conte. O meglio: ovviamente molti la conducono, questo si sa, ma non con il suo stesso grado di successo, che pare piuttosto alto. Avventure galanti illecite, gioco d’azzardo spregiudicato, scommesse clandestine, corse di cavalli in cui fa gareggiare due magnifici stalloni di sua proprietà... continuo l’elenco o ti sei fatta un’idea?

    Jillian annuì, perplessa. Era impossibile ricondurre al suo amico d’infanzia l’immagine da perfetto libertino tratteggiata da Alicia.

    – E sua sorella com’è? Non l’ho mai conosciuta.

    Alicia allargò le braccia.

    – Non siamo ancora state presentate ufficialmente, ma mi è sembrata timida, dolce. Fisicamente è piuttosto graziosa. Spero per lei che si fidanzi presto, perché non mi pare abbia il carattere adatto a fronteggiare le lingue taglienti di molte gentildonne di nostra conoscenza. Alcune di loro sono proprio velenose quest’anno, credimi. Lady Keswick farebbe fuggire via un’arpia in persona.

    – Non dirmelo, mi sto già preparando spiritualmente.

    – E il nostro Daniel? Verrà stasera, vero?

    Jillian alzò un sopracciglio.

    – Il nostro Daniel?

    – Beh, te l’ho presentato io, no? E’ stato grazie alla mia amicizia con sua sorella se l’hai conosciuto, quindi sì, è il nostro Daniel.

    – Va bene, va bene – Jillian sorrise. – Comunque mi ha fatto recapitare un biglietto per confermare che interverrà al ricevimento, anche se non si tratterrà a lungo. Il tempo di una danza con me. Lo ha scritto in modo molto più sentimentale di quanto io ti stia raccontando ora, ovviamente.

    Alicia roteò gli occhi.

    – Non ti vede da un secolo e si accontenta di una danza?

    – Chiaramente stasera ci metteremo d’accordo per incontrarci in separata sede nei prossimi giorni: una passeggiata a cavallo, un giro in carrozza, una visita al museo… Così non avremo intorno tutta la confusione che c’è sempre ai ricevimenti, e sarà più romantico.

    Alicia non pareva affatto convinta.

    – In ogni caso, quando sarete sposati devi proprio insegnargli a non essere così asociale. La vita mondana è importante, anche per i poeti!

    – Non si tratta di asocialità, non vedi com’è cortese e gentile quando si rapporta con le persone? E’ solo che non ama il trambusto delle feste, preferisce ambienti più tranquilli e raccolti. Li trova più creativi, credo.

    – Saranno anche più creativi – borbottò Alicia, – ma se poi nessuno si precipita a leggere i suoi sonetti perché gli manca la notorietà sociale indispensabile a farsi prestare attenzione, a cosa serve scriverli?

    – Come sei materialista…

    – Si chiama buon senso.

    – Daniel scrive perché ha talento, non per diffondere i suoi componimenti nell’alta società.

    – Beh, se vuole essere ricordato come il poeta eremita, allora buon per lui che possa contare su una rendita sostanziosa – sogghignò Alicia. – Per fortuna il visconte tuo futuro suocero ha fama di essere un uomo generoso.

    – Oggi la tua lingua è particolarmente affilata, lo sai?

    Alicia batté più volte le palpebre con aria angelica e si strinse nelle spalle.

    – Mi sto allenando per stasera.

    Capitolo 2

    – Jillian, vi prego, non tenetemi sulle spine: avete trovato l’occasione per introdurre a vostro padre il discorso sul nostro possibile matrimonio entro l’autunno? Non mi avete più scritto a questo proposito.

    Il tono di Daniel era venato di trepidazione e Jillian sorrise, prendendosi qualche istante di tempo prima di rispondere.

    Stavano danzando in mezzo ad altre coppie apparentemente serene, al centro del grande salone di palazzo Wilbury. Il brusio allegro delle conversazioni mondane, la musica ben eseguita dall’orchestra, le luci scintillanti che provenivano dagli enormi lampadari di cristallo appesi al soffitto, le toilette di alta sartoria delle signore che rendevano il salone fulgido e colorato… tutto contribuiva a creare uno sfondo piacevolissimo a quel ballo che Jillian aveva aspettato a lungo. Daniel poi era molto elegante nel suo abito blu, che creava un piacevole contrasto con i suoi capelli ricci e biondi, mentre il panciotto giallo chiaro sopra la camicia bianca contribuiva a illuminargli il volto speranzoso.

    – Non vi ho scritto perché ho parlato con mio padre solo un paio di giorni prima che partissimo per Londra – rispose Jillian dolcemente. – Quindi avrei fatto prima a riferirvi tutto a voce. Sapete, in realtà sono stata fortunata. Il discorso lo ha iniziato proprio lui.

    – In che senso?

    – Oh, praticamente mi ha chiesto se non ritenevo anch’io che questa seconda Stagione fosse quella giusta per accasarmi. Voleva sondare le mie intenzioni e le mie aspettative.

    E dar loro una piccola spinta, nel caso.

    Tendenzialmente, il conte di Gathridge riteneva perifrasi e digressioni una perdita di tempo e di fiato. E se quando conversava con i suoi pari riusciva, il più delle volte, a smussare la sua inclinazione ad andare dritto al punto della questione, ciò non valeva quando si rivolgeva a uno dei suoi figli. Così un pomeriggio, dopo aver chiesto a Jillian di accompagnarlo a fare una passeggiata in giardino, aveva indagato sui progetti della sua secondogenita in modo molto chiaro. La giovane, dal canto suo, aveva dato proprio il tipo di risposta in cui il padre sperava, ossia la ferma intenzione di sposarsi entro l’anno, e così il discorso si era chiuso in un clima di armonia. Per quel giorno, Jillian aveva volutamente evitato di pensare che Evelyn avesse avuto il suo peso, nell’incoraggiare una chiacchierata del genere. In fondo, ormai non le importava più delle tensioni che ogni tanto la contrapponevano alla seconda moglie del padre. Ben presto sarebbero stati tutti contenti: lei avrebbe iniziato la sua serena vita coniugale con Daniel, la matrigna avrebbe imperato a Gathridge Hall e suo padre non si sarebbe più sorbito le occasionali rimostranze reciproche che loro due ogni tanto gli sottoponevano. Non che il conte avesse molta pazienza nell’ascoltarle, per inciso.

    Daniel guardò la sua compagna con un sentimento inequivocabile negli occhi castani.

    – Quindi posso chiedere un colloquio a vostro padre senza ulteriori attese?

    – Certamente. Quando volete.

    – Allora il prima possibile, al club. Saprò trovare l’occasione giusta, e al più presto.

    Per un poco non dissero altro e si lasciarono condurre dalla musica, gustando quel momento così importante per il loro futuro.

    Jillian non riusciva quasi a crederci. Tra qualche giorno avrebbe potuto cominciare a consultarsi con Alicia sui preparativi preliminari per le nozze.

    Daniel le sorrise, come se avesse indovinato i suoi pensieri, e Jillian pensò che alla prossima Stagione avrebbero danzato un ballo simile, ma come marito e moglie. Che sensazione di tranquillità, le dava quella riflessione. Daniel sarebbe stato un buon marito. Del resto era un perfetto gentiluomo, sia nella condotta che nell’animo.

    – La settimana prossima nel padiglione di Hallerton House ospiteranno un concerto per archi – la informò Daniel. – Vorrete venirci insieme a me? Se tutto andrà come spero, sarà la nostra prima uscita ufficiale come promessi. E dopo potrò venire a farvi visita in casa anche ogni giorno.

    Jillian espirò piano. Le immagini che le sfilavano nella mente erano colme di serenità.

    – Ne sarò felice – rispose, quasi con timidezza.

    – Bene. Sapete, siete splendida con questo abito – le sussurrò Daniel. – Ha un colore simile a quello che indossavate quando ci hanno presentato. Ricordate quella sera?

    – Come potrei dimenticarla? Era la festa di fidanzamento di lady Loring e voi avete dovuto leggere una delle vostre poesie, o la padrona di casa non vi avrebbe dato tregua.

    Daniel alzò gli occhi al cielo.

    – Per fortuna non mi ha costretto a declamarla davanti a tutti gli ospiti, o sarei morto di vergogna – ammise con sincerità. – In ogni caso, quella decina di amici che aveva scelto come pubblico erano già troppi, per i miei gusti.

    – Le vostre poesie sono molto belle, Daniel. Sono in molti a pensarlo, credetemi.

    – Forse sono belle perché posso contare su una musa d’eccezione – le rispose galantemente abbozzando un baciamano, mentre la musica terminava. – Venite, vi riaccompagno da vostro fratello e poi mi congedo dai padroni di casa.

    Jillian annuì, tranquilla, e si appoggiò al braccio che lui le offriva. A quel punto, il fatto che Daniel stesse per andarsene dal ricevimento non le pareva rilevante: lo considerava alla stregua di un piccolo vezzo da artisti. Entro una manciata di giorni, tutto sarebbe cambiato. Avrebbe potuto vedere il suo promesso sposo anche quotidianamente.

    Da quando si erano conosciuti, durante la precedente Stagione, Daniel l’aveva corteggiata in modo garbato ma assiduo, senza mai permetterle di dimenticarsi di lui. Era stato un corteggiamento che Jillian avrebbe descritto come delicato, nelle forme e nei modi, tanto che all’inizio non aveva colpito particolarmente la sua immaginazione. Altri suoi ammiratori erano più appassionati, e cercavano di catturare la sua attenzione con forme di galanteria più incisive o con atteggiamenti più propositivi. Ma Daniel si era dimostrato tenace, e la sua gentilezza perseverante alla fine aveva cominciato ad apparire a Jillian un porto sicuro, nel mare spesso agitato della vita di relazione dell’aristocrazia.

    In fondo cosa doveva essere un marito, se non una persona garbata, affettuosa e retta, con cui condividere la vita in modo il più possibile armonioso? Erano questi gli insegnamenti che le erano stati trasmessi fin da quando era una ragazzina.

    Così, quando lui aveva iniziato a parlare seriamente d’amore e a palesare intenzioni onorevoli nei suoi confronti, Jillian le aveva accolte con favore. Perché non avrebbe dovuto, si era chiesta durante diverse notti insonni. Daniel era di bell’aspetto, la faceva sentire bene e la trattava come qualcosa di prezioso. Perché non avrebbe dovuto ricambiare un gentiluomo simile? Provava già un sincero affetto per lui. L’amore sarebbe stato il passo successivo.

    Alicia, quando si era confidata con lei, non era stata di molto aiuto, perché aveva appena finito di leggere di nascosto Le scoperte di lady W. e la sua visione sulle dinamiche amorose era momentaneamente molto diversa da quella con cui le giovani di buona famiglia venivano educate.

    – Secondo me – aveva spiegato a Jillian con tono convinto, – il pensiero di lui dovrebbe annodarti lo stomaco, causarti inappetenza e farti salire vampate di calore alle guance. Questo ti succede?

    – No, ma…

    Alicia aveva scrollato la testa.

    – Allora probabilmente significa che stai scendendo a compromessi con il tuo cuore – aveva diagnosticato. – E questo dovrebbe esserti ben chiaro prima di prendere una decisione definitiva.

    Jillian aveva sbuffato, sostenendo che la vita reale era tutta un’altra faccenda rispetto alle fantasie morbose di un romanzo (che comunque, già che era lì, si era fatta prestare) e che l’amore tra due persone poteva anche nascere pian piano e poi rimanere saldo per tutta la vita. Quante volte lo avevano sentito raccontare, nei salotti delle signore già sposate?

    – Ad esempio – aveva chiesto Jillian, giusto per sicurezza, – sai per caso come siano andate le cose tra i tuoi genitori?

    Margaret e George Blackwood parevano una coppia affiatata, e più di una volta Alicia aveva sostenuto che litigavano raramente.

    – Tutto molto tradizionale – aveva borbottato Alicia, di malavoglia. – Si sono conosciuti a un ricevimento a Bath, ne è seguito un classico corteggiamento costellato di incontri in società, lettere, cavalcate o passeggiate sotto gli occhi di chaperon vari, e poi si sono sposati.

    – Ecco – aveva esultato Jillian, rinfrancata. – Niente stravaganze romanzesche, eppure il loro matrimonio funziona, no? Per me sarà lo stesso.

    Così, durante un colloquio privato con Daniel in giardino, Jillian gli aveva accordato verbalmente il suo favore e il suo consenso. Gli aveva assicurato che i sentimenti che provava non erano molto diversi da quelli già ammessi da lui, e che sarebbe stata felice di diventare la sua sposa, se il proprio padre non avesse avuto nulla in contrario. Ma in fondo cosa mai avrebbe potuto obiettare, il conte di Gathridge? Un giorno Daniel sarebbe stato il visconte di Althorne, con un seggio alla Camera e una bella tenuta nel Sussex, e lei era convinta che sarebbe stata serena al suo fianco. Era sufficiente. Anzi no, si era subito contraddetta, era molto più che sufficiente, in un ambiente dove spesso si contraevano matrimoni soltanto di facciata e per ragioni di interesse. Sì, Daniel l’avrebbe resa felice, e questo chiudeva la questione.

    – Mi sembrate pensierosa,

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