Figlia di nessuno
By Anna Sapone
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Figlia di nessuno - Anna Sapone
CONTI
Prologo
Come può una verità, raccontata sul punto di morte, sconvolgere la vita di una ventiquattrenne? Eppure è ciò che succede ad Alexis, appena laureata in medicina, che dopo aver accettato il lavoro come medico legale a New York, prima di partire, scopre che colei che credeva sua madre in realtà non lo è. Sul punto di morte, la madre di Alexis, le confessa di averla adottata quando era ancora una bambina. La sconvolgente rivelazione porta la ragazza alla ricerca dei suoi genitori e per ritrovarli farà uso delle sue conoscenze, ma oltre a questo si farà aiutare dai suoi nuovi colleghi, che conoscendola meglio decideranno di aiutarla. Riuscirà Alexis a scoprire la verità? Ma soprattutto chi sono i suoi veri genitori e perché l'hanno data in adozione? Tutto verrà svelato tra crimini da risolvere, amori che nasceranno nei laboratori e scoperte sconvolgenti.
La verità fa male
Era notte fonda, quando il squillare del telefono mi aveva svegliata. Era l'ospedale.
-Signorina Chase? La chiamo per dirle che sua madre ha chiesto di lei.
Mia madre. Erano mesi che ormai era in ospedale dopo, ennesimo attacco di cuore, i medici mi avevano assicurata che non avrebbe retto un altro attacco perché il cuore era troppo debole.
-va bene, arrivo subito.
Mi vestì velocemente, avevo imparato, durante i miei studi di medicina all'Università che ogni secondo era prezioso, presi le chiavi della macchina e mi diressi al ospedale.
Dopo circa dieci minuti ero arrivata, mia madre era circondata dai medici e infermieri che nel attesa del mio arrivo avevano chiamato il sacerdote per estrema unzione, stava morendo e io a 24 anni stavo diventando orfana di entrambi genitori.
-Alexis-disse un'infermiera-tua madre vuole parlati.
-va bene.
Entrai nella stanza, mentre tutti gli altri uscivano.
-mamma, come stai? Dicono che vuoi parlarmi.
-cara mia sto morendo, ma prima di andarmene devo dirti alcune cose. Sono fiera di te, per il tuo recente successo all'Università e la tua laurea. Mi dispiace non esserci stata durante un passo cosi importante. So che hai avuto offerte di lavoro a New York e spero che le accetterai. Ma prima che tu parta e io non ci sia più ho bisogno di dirti una cosa, una cosa sul tuo passato.
-il mio passato? Mamma cosa stai dicendo?
-non sono tua madre naturale. Io e tuo padre ti abbiamo adottata quando eri ancora una bambina. -cosa?
-Non so chi siano i tuoi veri genitori, non lo abbiamo mai saputo. Unica cosa che ci avevano detto, quando ti abbiamo presa, che avevano dovuto rinunciare a te per il tuo bene.
-perché non me lo hai detto prima?
-avevo paura di perderti. Dopo la morte di tuo padre, qualche anno fami eri rimasta solo tu e non volevo restare sola. Ora che sto per lasciarti vorrei chiederti perdono per averti nascosto la verità.
Ero confusa, le lacrime avevano iniziato a rigare il mio volto, vedevo nei suoi occhi la vita spegnersi lentamente.
-mamma non hai nulla per cui essere perdonata, tranquilla.
-ora posso andarmene in pace. Addio figlia mia ti auguro di essere felice.
Dopo queste parole, la sua anima aveva abbandonato il suo corpo, ero distrutta dalla sua morte, dalla sua rivelazione, avrei voluto farle tante domande ma questo non mi fu concesso. Il medico venne per dichiarare l'ora della sua morte, il sacerdote diede la sua ultima benedizione e io adesso dovevo pensare ad organizzare il funerale di mia madre oltre a tante altre cose che avevo da fare.
Avevo tre giorni per fare tutto, chiamai al dipartimento di New York chiedendo qualche giorno in più per il mio arrivo e nel frattempo decisi di chiamare un mio amico che lavorava presso una ditta di pompe funebri per organizzare il funerale.
Due giorni dopo avevo seppellito mia madre, tutta la famiglia era presente ma di colpo era come se non avessi conosciuto nessuno di loro in tutta la mia vita.
Come era possibile che la vita potesse essere cosi crudele con me?
Orfana di genitori che non erano i miei genitori e per di più avevo dei genitori naturali chissà dove e chissà se avrebbero voluto conoscermi.
Dopo il funerale avevo deciso di raccogliere tutto ciò che era di mia madre e chiuderlo nei scatoloni. Avevo preso un suo album, che lei conservava gelosamente sotto il letto, guardai improvvisamente iniziai ad avvertire un vuoto dentro di me, quel vuoto che fino a qualche giorno fa era occupato da lei, quella donna che mi ha cresciutami ha dato il suo amore senza misura anche se non ero sua figlia. Scoppiai a piangere mentre giravo le pagine dell'album e guardavo le nostre fotografie: c'era papà che mi dondolava sull'altalena durante una giornata d'autunno, mamma con i suoi regali natalizi, tutta la famiglia durante tutti i miei compleanni. Era doloroso rivivere quei momenti e ripensare alle parole di mia madre.
Decisi di portarlo con me a New York, era un pezzo di me. Successivamente avevo messo tutta la sua roba nei scatoloni e la portai giù nel garage. Ero sfinita da tutta la giornata, da tutte le emozioni insieme, tanto che mi ero addormentata sul divano.
Il giorno seguente avevo deciso di preparare le valige, dovevo prendere il volo che mi avrebbe portata da Las Vegas a New York, dove avevo accettato il mio nuovo lavoro come medico legale presso un dipartimento di polizia.
Preparate le valigie, avevo dato un ultima occhiata alla casa in cui ero cresciuta, erale sue pareti avevano solo qualche foto di famiglia, ma con assenza di mia madre era vuota e fredda.
Chiusi la porta bene a chiave e prima di mettermi in macchina le diedi un ultimo saluto, non sapevo se sarei mai ritornata tra le sue mura.
Dopo circa un'ora ero arrivata all'aeroporto dove il mio volo era in partenza, salii a bordo e presi il mio posto, dato che il mio volo sarebbe durato qualche ora decisi di dormire un po’ mentre ascoltavo il mio mp3.
Un nuovo inizio
Finalmente il volo era atterrato. Ero uscita dall'aeroporto e preso un taxi che mi potesse portare in un albergo, dove avrei alloggiato il tempo necessario di trovare una casa. Per adesso non avevo intenzione di buttarmi in un acquisto perché non sapevo molto del mio nuovo lavoro, ci avrei pensato nei giorni successivi. Era sera, cosi avevo deciso di farmi una doccia per poi andare a dormire, dato che il mattino seguente dovevo recarmi al dipartimento. Ero stanca morta, ma avevo notato che la vista dal albergo sulla città era stupenda, di notte New York era bellissima, stranamente iniziai a sentire dentro di me che questa città mi sarebbe piaciuta. Dopo qualche ora e una doccia calda ero andata a dormire.
Il mattino seguente ero indecisa su cosa indossare, non volevo sembrare troppo formale perciò avevo optato per un jeans e una camicetta bianca. Finalmente pronta chiamai un taxi e chiesi se poteva portarmi al dipartimento di polizia e lui in meno di mezz'ora mi portò a destinazione.
Era un palazzo enorme, da fuori era bellissimo, era pieno di gente che veniva e andava via, le pattuglie si davano cambio in continuazione, c’era chi portava qualche sospettato per qualche crimine e chi invece doveva fare chiarezza su qualche scena chissà dove nella città. Ero emozionata, entrai dentro e dopo pochi minuti vidi degli agenti che avevano perquisito chiunque entrasse nell'edificio e lo stesso discorso valeva per me. Dopo la perquisizione avevo preso l'ascensore per andare al quarto piano dove dovevo incontrare un certo detective Mac Smith. Una volta arrivata al piano avevo visto tanta gente che era indaffarata, chi correva di qua e di là con qualche risulto importante, chi parlava con il collega del caso su cui stavano lavorando. Il piano era enorme, ci si poteva perdere se non ci fossero state insegne. Alla reception vidi una donna di circa quarant'anni perciò mi avvicinati e chiesi. -mi scusi ma potrebbe dirmi dove posso trovare il detective Mac Smith? Ho un colloquio con lui per quanto riguarda la mia assunzione.
Lei mi guardò e sorridendo rispose.
-vada in fondo al corridoio e giri a sinistra, troverà il suo ufficio a destra del corridoio.
-va bene la ringrazio.
Cercai di seguire le sue istruzioni, ma in edificio cosi grande non era semplice, sentivo di aver sbagliato qualcosa, stavo tornando indietro quando una voce alle mie spalle disse.
-cerchi qualcuno?
Mi ero voltata e vidi un ragazzo, di circa trent'anni, alto, biondo, carnagione chiara e occhi azzurri. Era carino.
-si-dissi-cerco il detective Mac Smith, puoi dirmi dove posso trovarlo? Credo di essermi persa.
-Beh si hai ragione, in effetti il suo ufficio si trova dall'altra parte del corridoio, se vuoi ti ci porto io.
-ti ringrazio, mi saresti di grande aiuto.
-figurati. A il mio nome è Jesse Messer e tu?
-Mi chiamo Alexis Chase, sono qui