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Canzone di Primavera 2 (Fiori)
Canzone di Primavera 2 (Fiori)
Canzone di Primavera 2 (Fiori)
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Canzone di Primavera 2 (Fiori)

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CANZONE DI PRIMAVERA (Boccioli - Fiori)
Recensione
Ripresi in mano i quaderni su cui aveva cominciato a sognare all’età di dodici anni, l’autrice narra e illustra con disegni spesso di quei tempi lontani le vicende di un gruppo di ragazzini che vivono nella stessa città e crescono vicini, legati dall’amicizia e sorretti dalla protezione dei grandi. Essi esplorano il mondo dei sentimenti, le prime emozioni d’amore, propri e degli adulti attorno a loro. L’amicizia e l’amore sono infatti i temi base del racconto, la prima intesa come condivisione, aiuto, il secondo descritto nei suoi entusiasmi, nei dubbi, nelle tensioni con cui le problematiche interiori spesso lo minacciano. Da boccioli i piccoli protagonisti diventeranno fiori, più avvertiti e consapevoli, sicché la narrazione si estende attraverso due libri, ognuno dei quali, comunque, può essere letto come indipendente dall’altro. Il filo conduttore è comune ad entrambi: la gioia di vivere e la solidarietà sono il segreto per vincere gli ostacoli fuori e dentro di noi, ostacoli da affrontare, indagare con fiducia, nel conforto, nell’allegria degli affetti, sono la magia che permette di vivere la vita come il dolce canto che essa è!
Dedicato agli adolescenti di ogni età, il romanzo è forse un po’ “vintage”, ma i sentimenti profondi, si dice, sono sempre attuali, in qualsiasi mondo, anche immaginario come quello di cui si parla! Il più bel complimento rivolto alle sue pagine è stato per chi scrive il seguente: “Vi spira la gioia di una musica leggera, la forza di un calore umano che fa bene al cuore.” Per chi le ha scritte esse sono state un dono, quello della giovinezza irrinunciabile del cuore, che le è grato condividere con chi volesse leggerle…
LanguageItaliano
Release dateAug 4, 2017
ISBN9788822807953
Canzone di Primavera 2 (Fiori)

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    Canzone di Primavera 2 (Fiori) - Ninetta Di Marzo

    ninetta dimarzo

    Canzone di primavera 2 (fiori)

    UUID: ee6a5856-790e-11e7-bdd8-49fbd00dc2aa

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Presentazione

    CAPITOLO UNO

    CAPITOLO DUE

    CAPITOLO TRE

    CAPITOLO QUATTRO

    Segnali premonitori

    Maschere e verità

    CAPITOLO CINQUE

    CAPITOLO SEI

    CAPITOLO SETTE

    Scrivendo scrivendo…

    Pretty è tornata!

    Annie per Pretty

    Il romanzo di Nicky

    Annie si prepara

    Il romanzo continua…

    Una telefonata persa

    Fino a Londra

    La speranza

    In pizzeria con un’attrice

    CAPITOLO OTTO

    Victor

    Condivisione

    Lezioni d’amore

    Amici

    Primi passi

    Nicky e Gaston con passione

    Tanto vicini

    CAPITOLO NOVE

    La prima prova

    Ha la bozzica lunga un miglio

    Dormire insieme

    Per domani, forse…

    Preparativi

    La cura

    CAPITOLO DIECI

    Una sorpresa

    Cambiamenti

    La vita nuova

    CAPITOLO UNDICI

    INDICE

    CANZONE DI PRIMAVERA

    2

    FIORI

    Presentazione

    Sul secondo quaderno della decina circa su cui ragazzina scrivevo il mio romanzo E’ sempre primavera, ho trovato una data, luglio 1956/57, e in tal modo ho potuto scoprire di averlo iniziato in prima media, probabilmente durante le vacanze, quando la scuola si era chiusa, lasciandomi sola. Penso che volessi ricreare attorno a me il mondo allegro degli affetti, delle vivaci relazioni che mi mancavano. Non solo, me lo creavo esattamente come lo desideravo!

    Così sono nati i personaggi, le vicende che essi vivevano con me, e dovevo avvertire che si trattava di un sogno, perché l’ambiente era un luogo lontano, una cittadina non specificata, vicino a Londra, la città di Peter Pan e dei suoi amici esuli, e anche di una corrispondente, Margareth, che la professoressa di Inglese mi aveva assegnato. In seguito ho cercato di documentarmi (ho perfino stampato una foto del Tamigi!), ma i luoghi, le situazioni sono un pretesto, un accomodamento, e tutto va letto come se i personaggi vivessero in un immaginario mondo reale, perché, in definitiva, essi nascevano dal sogno di un’adolescente e tali, penso, sono rimasti.

    I miei quaderni giravano tra i banchi, tra le mani delle mie compagne in particolare e, via via, al Ginnasio, anche di qualche ragazzo. Mi pareva che piacessero molto: evidentemente i miei sogni erano comuni nelle classi che frequentavo (nel restituirmi gli ultimi quaderni la dolce Lina mi disse, accorata: Non farlo finire mai, continua con i figli… E credo che il ricordo di quel tono di voce abbia avuto molta parte nel mio desiderio di andare avanti…). Poi, invece, non ricordo quando, ho sentito il bisogno di crescere, di sapere la vita, e ho messo da parte il mio romanzo, incompiuto, senza soffrirne.

    A questa età veneranda ho riaperto forse per caso quei quaderni, letteralmente consumati dal tempo, con un po’ di sufficienza, anche disposta a dire loro addio per sempre. Prima, però, ho voluto rileggerli e ho sentito quei personaggi ingenui così vivi e innocenti da non riuscire a farlo. Mi sembrava che essi mi chiedessero di non essere dimenticati, che volessero conoscere anzi, giustamente, il seguito delle vicende in cui li avevo lasciati sospesi.

    Allora ho ripreso la penna in mano e ho cominciato a riscrivere quelle pagine diventate a volte poco leggibili, quando addirittura non erano andate perse, spesso seguendole alla lettera, altre volte adattando ad una logica più matura le situazioni che mi apparivano troppo infantili, aggiungendo, togliendo, sempre cercando di essere fedele, comunque, a quella ingenuità in cui mi ritrovavo molto a mio agio! E lo stesso lavoro di recupero e ampliamento è stato fatto per le illustrazioni, riportate, le più, così com’erano, o arricchite con altre nuove quando mi è sembrato necessario. E’ stata un’operazione di restauro che mi si è rivelata entusiasmante! Ho rivissuto pienamente le vicende immaginate nella mia prima giovinezza, in un tuffo nel passato che ha reso i miei giorni tra i migliori vissuti. Sono nati alla fine due libri. Uno svolge la parte antica, quando i protagonisti miei coetanei erano boccioli, il secondo contiene parti antiche e in maggior parte nuove, sotto l’occhio e la sensibilità di una persona che aveva vissuto. I protagonisti diventano più pensosi, riflettono sulla vita, continuano a reagire al dolore sostenendosi con l’affetto di sempre e affermando la loro fiducia nel potere della nostra intelligenza di comprendere e sciogliere i lacci di varia natura, soprattutto interiori, che ci impediscono la gioia. I boccioli così fioriscono pienamente, forse più liberi nei sentimenti, negli amori ora più espliciti, ma sempre improntati a genuinità e candore.

    Sì, i miei personaggi sono sognati e sognano, sogni semplici, ma profondamente sentiti, e anche oggi, nel mio autunno, quei sogni mi sembrano possibili! Più realistica di allora, non ho preteso più l’eternità della bella stagione (oggi il titolo è un po’ diverso…), però ho sentito davvero il mio scrivere un canto di primavera, un inno alla forza e al conforto della condivisione, all’allegria dell’amicizia, della solidarietà (grazie, Evi, per averlo colto!), all’Amore, desiderato, accolto, a volte temuto e fuggito, ma sempre elemento vivificante!

    Devo aggiungere, infine, che molto risentivo dell’atmosfera di gioioso affetto familiare delle Piccole Donne della Alcott (che in una illustrazione avevo cercato di resuscitare rivestendo i miei personaggi con gli abiti, anacronistici, di quei tempi!). I beni cui aspiravo allora erano comunque gli stessi che continuo a considerare ancora oggi, e forse di più, il vero talismano per la felicità!

    Sarebbe veramente bello se riuscissi, con le mie pagine vecchie e nuove, a comunicare tutto ciò a chi volesse ancora leggerle!

    Essendo il romanzo corale, per una lettura più agile mi sembra opportuno presentare i personaggi , così come avevo fatto, saggiamente, già all’inizio del mio primo quaderno.

    Frida , vive in una casa sulla collina, da cui domina la valle e le abitazioni dei suoi amici, assieme alla zia Tina , sorella del padre Walter Sullivan , che dopo la morte dell’adorata moglie italiana in seguito alla nascita dei due gemellini Mary e Jack , è fuggito all’estero per lavorare presso un’agenzia elettrica. Ella fa da mamma ai due fratellini. La piccola Mary perde la vita nel primo libro.

    I piccoli amici di Frida , compagni di classe, che frequentano la sua casa assieme ai loro genitori:

    Betsie , la più carina ed estrosa; la madre Linda e il padre Peter Morris e il fratellino Bob , amico inseparabile di Jack.

    James, il compagno di scuola preferito di Betsie; i genitori Ester e Robert Ross.

    Annie, amica del cuore di Betsie, e il fratello gemello Victor; i genitori Lydia e Alan Williams.

    Pretty, compagna di scuola preferita di Victor, figlia unica di Rosy e Anthony.

    Hilda e George, fratelli, e i genitori Janet e William Carter.

    Gaston, cugino di Hilda e George, figlio di Alma e Thomas.

    Teresa, cugina di Betsie, nipote diretta di Linda. Viene a perfezionare il suo inglese da Sulmona in Abruzzo.

    Lawrence e Jenny, fratelli, nipoti di Alan Williams , quindi cugini di Annie e Victor. Vengono da Londra, Jenny vi tornerà.

    Julio Ladd, compagno di scuola di Teresa.

    Errol Power , amico di Julio e suo compagno di scuola.

    Lucy, una ragazza vissuta in orfanotrofio, che entrerà a far parte della vita di Frida.

    Mister John Carter, fratello di William Carter, quindi zio di Hilda e George, ex cacciatore, amante di jazz. Vive a Londra e lavora con successo nel mondo della finanza.

    Johnny Douglas, studente grande nella scuola superiore dei ragazzi.

    Kin Boone , della stessa classe di Johnny, il bello di tutta la scuola.

    Sylvia, cugina di Annie e Victor, che vive a Londra e ama il teatro.

    Nicky Anderson, una ragazza dal passato chiacchierato, che Teresa cercherà di aiutare nel suo sforzo di crearsi una nuova vita.

    Altri personaggi secondari si incontreranno man mano nella lettura…

    Ringrazio i miei cari amici Anna e Sandro. La prima con grande pazienza e cura ha letto tutti i capitoli che di volta in volta le inviavo, elargendomi commenti acuti e suggerimenti opportuni. Il secondo con la sua perizia tecnica e la gentile disponibilità ha contribuito alla nascita concreta dei miei testi, dando ad essi, attraverso il computer, la veste di cui avevano bisogno… Grazie anche a Miriam, a Clotilde e a Rita, che hanno letto e commentato molto benevolmente, a volte addirittura con entusiasmo, le pagine da me proposte, rincuorandomi (Rita) quando affrontavo passi che richiedevano una competenza psicologica manchevole in una dilettante pur appassionata quale io mi sentivo! Grazie all’ antica amica della mia piena giovinezza (Università!) Anna Del Core, che mi telefonava e mi scriveva dalla cara città del nostro Ateneo per esprimermi le sue sentite considerazioni. E a Maria che via mail mi diceva: Mandameli, mandameli (i capitoli), ché mi rasserenano! Ringrazio infine mio nipote Anthony, che con la sua presenza silenziosa mi ha fatto compagnia nelle tante ore in cui scrivevo assorta, preparando la cena e apparecchiando per me. Le sue parole di lode, sullo scritto o sulle illustrazioni, per quanto viziate dall’ingenuo affetto, spesso mi hanno ringalluzzita quanto bastava!

    Dedico le mie pagine alle persone care a me vicine nella mia primavera. In particolare a mio fratello, al quale leggevo brani e dialoghi, che poi recitavamo assieme davanti al registratore, con opportuno accompagnamento musicale! Ciao, Mimmo.

    CAPITOLO UNO

    LE BIMBE CRESCONO

    La campanella trillò a lungo. Un allegro vociare giovanile si rovesciò fuori dal portone spalancato della scuola. Tra le altre, risuonavano le risate argentine di Betsie, Annie, Pretty e Hilda, che si affrettavano ad uscire correndo, i libri sotto il braccio, gli occhi pieni di una luce particolarmente birichina, verso le aiuole dei giardinetti, tra gli alberi e i folti cespugli, davanti al grande edificio dove avevano trascorso la mattinata, più o meno attente alle lezioni.

    Un po’ meno del solito, in verità, perché nell’intervallo Annie aveva scoperto qualcosa. Cercando il fazzoletto nella tasca del giubbino appeso nel corridoio, vi aveva trovato una lettera, ben piegata: infilatavi da chi? Se lo era chiesto subito, scorrendo veloce con gli occhi la pagina senza leggere lo scritto, alla ricerca della firma. C’era un nome sconosciuto, Johnny Douglas. Non ne aveva mai sentito parlare! Aveva ripiegato il foglietto in fretta, guardandosi attorno. Pretty, che tornava dal bagno, aveva notato il suo gesto e la guardava, senza dire niente, sempre discreta, però sorrideva.

    - Me l’ha scritto un certo Johnny, lo conosci? - Le aveva chiesto Annie a bassa voce, lanciando un altro sguardo in giro, verso un gruppo di ragazzi che chiacchieravano davanti alla porta di un’altra aula, più in là, nel settore dei più grandi. Pretty scosse la testa. Si erano avvicinate Hilda e Betsie.

    - Ragazze, sapete qualcosa di Johnny Douglas? – Ella aveva domandato ancora, sempre a bassa voce. Altra risposta negativa. Così il resto del tempo era trascorso tra mille domande e supposizioni. Raggiunta una panchina, le ragazze vi sedettero.

    - Facci vedere, dai! - Incitava Betsie impaziente allungando il collo verso il foglietto che Annie spiegazzava.

    - Attente, arriva Victor con gli altri! – Avvertì Hilda. Annie arrossì e infilò il biglietto nel libro che teneva sulle ginocchia. Le amiche zittirono e cercarono di assumere un’aria indifferente.

    - Non venite? – Domandò Victor guardando indeciso il gruppetto seduto all’ombra di un salice i cui rami, osservò, sembravano incorniciare proprio il visetto di Pretty, meno sorridente del solito, gli parve.

    - Abbiamo voglia di chiacchierare e sono cose di donne. – Rispose Betsie.

    - Ma non avete fame? – Fece James.

    - Uffa, quanto siete noiosi! Possibile che dobbiamo avervi sempre attaccati alle sottane? Non siamo più bambine e abbiamo il diritto di vivere una nostra vita! – Ribatté Betsie con una veemenza che ferì James e sorprese anche le amiche.

    - Ma che vi prende? Non siamo più bambine, Abbiamo diritto a vivere la nostra vita! Siete state per caso al cinema ieri sera? – Strabiliò Gaston subito canzonatore.

    - Nossignore, e lo sai bene perché abbiamo fatto i compiti assieme fino a tardi. –

    - Vorremmo restare un po’ sole… - Volle spiegare Pretty, abbassando gli occhi intimidita dal bagliore offeso di quelli di Victor. Annie taceva, guardando altrove.

    - Figuratevi! – Esclamò James. George era rimasto un po’ distante, ma aveva colto l’alterco e volle mettervi fine con una battuta inventata lì per lì, di pura solidarietà maschile. – Andiamo? C’è la Hudson che ti cerca, James – Quest’ultimo lanciò uno sguardo che voleva essere di sfida a Betsie poi, seguito dagli altri, si avviò verso un gruppo di ragazze che ridevano a cascata, circondate da uno stuolo di giovani delle classi superiori.

    - Che stupidi! – Sbuffò Betsie stringendosi il golfino alla vita. Di’, Annie, ti piace quell’antipatica della Hudson? –

    - E’ carina… – Rispose la ragazza distratta.

    - Carina! Ha un naso! E’ solo molto sfacciata, una vera civetta! –

    - Eppure ha molti ammiratori. - Osservò Hilda.

    - Naturalmente! E’ cretina e piace per questo. Mica i ragazzi perdono il loro tempo dietro le bambine per bene, che sgobbano tutto il giorno a studiare come noi! Quella lì porta già le calze di nylon, si arriccia i capelli, si rade le sopracciglia a zero, e si dà il burro di cacao rosso fuoco con la scusa delle labbra screpolate. Non è scialba come noi, tutte acqua e sapone! - Stese le belle gambette snelle, guardò con cipiglio le calzine bianche e corte. – Guardate che gambe tozze ci fanno, lei invece, con quei suoi tacchi, ha uno stile che noi ci sogniamo! –

    Vi fu un silenzio imbarazzato e si diffuse un senso di disagio nell’aria.

    - Beh, vogliamo leggere il biglietto? – Chiese Annie con la voce un po’ esitante: l’esplosione di malumore di Betsie aveva tolto un po’ di smalto alla sua curiosità, e anche alla propria autostima!

    - Oh, ma certo, che aspetti. Qualcuno almeno ci nota! Fa’ vedere pure a me! - Betsie si accomodò più stretta vicina all’amica. Annie, l’ombra frangiata delle lunghe ciglia sulle gote animate, i lunghi capelli dai riflessi d’ebano, continuamente spostati dietro l’orecchio, dal momento che tendevano a ricadere sul foglio che teneva aperto sulle ginocchia, cominciò lentamente, sommessa, a leggere. Tutte erano tese a bere le sue parole con gli occhi pieni di eccitazione, più o meno contenuta: occhi chiari, profondi, occhi celesti e limpidi, occhi azzurri, curiosi, ancora corrucciati.

    " Carissima, oso scriverti adesso che ho saputo il tuo nome, Annie. E’ dolce e allegro come te e non faccio che ripetermelo da quando l’ho sentito. Sì, ti sta tanto bene, perché esprime la tua vivacità, la tua simpatia e anche tutto il tuo fascino. Mi sono trasferito in questa scuola solo da pochi mesi e mi hai colpito dal primo giorno che ti ho visto. Da allora ti osservo e ti ammiro, accontentandomi di guardarti e di sognarti, perché solo il pensiero della tua esistenza, il ricordo della tua immagine bastava a farmi sentire felice di vivere. Appena ho saputo il tuo nome, però, sognarti non mi è bastato più. Ho bisogno di parlarti, di conoscerti nella realtà, e così sono riuscito finalmente a trovare il coraggio di scriverti. Oggi, alle quattro, sarò ai giardinetti della scuola. Ti prego, vieni. Ti chiedo con tutto il mio cuore di poter essere il tuo più caro amico. Tuo devoto Johnny Douglas "

    Annie alzò il viso. Era tutta rossa. Betsie sorrideva commossa.

    - Hai visto che l’acqua e il sapone funzionano? – Rise Hilda guardandola ironica.

    - Oh, Annie, ci andrai? - Betsie esclamò senza rispondere alla battuta, entusiasmata dall’atmosfera romantica che le parole dell’oscuro innamorato erano riuscite a creare.

    - Sei pazza!? – Esclamò l’interpellata spalancando gli occhi

    - Perché? Non c’è niente di male. Lo fanno tutte e poi ai giardini pubblici c’è sempre tanta gente!

    - E’ anche per questo che non voglio andarci. –

    - Come sei noiosa! Penseranno che siete due semplici compagni di scuola. –

    - No, no, non è possibile. – Ripeté Annie, emozionata.

    - Oh, come si vede che è il primo biglietto d’amore che ricevi! – Betsie scosse i bei capelli dorati al sole.

    - Perché, tu ne hai avuti molti? - Domandò Hilda, una nota di sorpresa nella voce.

    - Certo, tanti! –

    - Tutti di James, immagino . – Hilda adesso scopriva un sentimento strano di gelosia, ma per conto di James!

    - Nossignore. Di James e di altri. – Ma subito dopo averlo detto Betsie arrossì.

    - E di chi? Di chi? – Fecero in coro Annie e Pretty.

    - Non ci hai detto mai nulla. – Osservò Hilda con tono di rimprovero appena contenuto. Betsie si strinse nelle spalle ma abbassò lo sguardo.

    - Diccelo! Io ve l’ho detto il mio! – Protestò Annie.

    Betsie si fece ancora un po’ pregare. Infine dichiarò languida: - L’ultimo è stato quello di Kin Boone. –

    -- Kin Boone!! – I volti delle tre fanciulle erano sinceramente stupiti.

    - Sì, proprio lui. - Rispose Betsie con sussiego. Troppo disinvolta, pensò Hilda.

    - Kin Boone, quello che fa impazzire tutte le ragazze grandi! - Era ancora Annie ad esprimere la sua meraviglia.

    - Perché, forse non mi trovi degna di lui? - La voce di Betsie ora sembrava risentita.

    - Oh, no, certo non volevo dire questo . – Sentì il dovere di scusarsi l’amichetta del cuore – Ma è grande, hanno il loro circolo, un altr’anno va all’Università! –

    - E’ bene che l’uomo sia più vecchio della donna. – Sentenziò la piccola maliarda (Era sempre Hilda a vederla così, ora quasi divertita…).

    - Ma Betsie, se lo sa James… - A questo punto osò intervenire con un fil di voce Pretty, gli occhioni celesti pieni di apprensione.

    - Beh, che faccio di male? – Betsie sbuffò nervosa – Non è colpa mia se Kin si è innamorato follemente di me! –

    - Lo chiami Kin! – Stupì Annie, guardandola a bocca aperta.

    - E come lo dovrei chiamare? Si chiama Kin, mica John, o Victor o… James! - Betsie sembrava sempre più irritata. Si alzò, lasciando i libri sulla panchina, incrociò le braccia e riprese il suo sermone, gli occhi luccicanti, le delicate vene del collo che si gonfiavano mentre parlava. - I nostri ragazzi sono legati a noi come fossero dei fratelli maggiori, oramai. – Si tirò indietro i capelli da un lato, accomodandoli dietro l’orecchio, mentre dall’altra parte li scosse, lasciandoli ricadere sulla guancia, in una simmetria che doveva essere da grande, pensò Hilda, ma che a lei sembrò piuttosto ridicola. – Guardate! – Continuò Betsie indicando verso una panchina un po’ lontana da lì, nascosta dai cespugli, che stando in piedi aveva scorto: vi era seduta una coppia abbracciata, si baciavano! – Loro non oserebbero mai farlo, sono ancora piccoli. Forse siamo legati solo dalle abitudini dell’infanzia… - Concluse facendo vagare lo sguardo. – Sono le esperienze che formano il rapporto… –

    Le amiche prima si girarono a guardare i due innamorati, poi tornarono a fissare l’oratrice. Pretty era confusa. Ripensò ai bacetti che Victor a volte le rubava all’improvviso e come lei se ne sentiva contenta: avrebbe voluto ricambiarli ma non faceva mai a tempo, però era bello! Annie provò di nuovo un senso di paura all’idea di incontrare il misterioso ammiratore. Quanto a Hilda, osservava Betsie cercando di capire: era sincera o posava, come faceva spesso? A lei quella coppia non faceva nessuna invidia, pensò, ma provò una piccola stretta al cuore notando come la mano di lui accarezzava la testa di lei…

    - Il tuo Kin ha una bella fama di Casanova. Deve essere molto esperto in fatto di conquiste! – Fu il suo commento (forse non opportuno, si disse poi, all’occhiataccia dell’interessata).

    - Ma perché non ce ne hai mai parlato prima? Ce ne dispiace. – Annie si assunse la responsabilità di parlare a nome di tutte – Noi ti confidiamo ogni cosa, tu invece sembri allontanarti ogni giorno di più. - E lei stessa si meravigliò della verità della frase che le era venuta da sola dalle labbra! Il viso di Betsie apparve all’improvviso come smarrito.

    - Che dici, pazzerella! – Esclamò subito riprendendosi. E corse ad abbracciarla – Lo sai che ti voglio sempre bene. Anche a voi, eh? – Sorrise poi rivolta a Pretty e a Hilda.

    - Allora perché ci hai tenute all’oscuro di questa storia? – Insisté cocciuta quest’ultima.

    - Mah, così… - Betsie fece un gesto vago con la mano.

    - Il fatto è che sei cambiata. Non ci vuole tanto a capirlo. –

    - Oh, Hilda, sei noiosa! – E Betsie si mise sottobraccio a Annie e si avviò con lei verso il marciapiedi.

    - Son due volte che ci giudichi noiose da stamattina, Betsie, prima non trovavi difetti in noi. Ma ora hai altre amiche… - Il tono di Hilda era velato di amarezza. Betsie si voltò di scatto verso di lei, arrossendo.

    - Mi hai vista con Gloria, vero? – Esclamò – Ecco perché fai tante prediche! Lei mi dà i bigliettini di Kin… - Sentì poi il bisogno di spiegare. Hilda sorvolò su questo ruolo, che pure non le piacque.

    - Non ha una buona reputazione questa ragazza. Non credo che a tua madre, come alle nostre, piacerebbe . – Disse solo. Adesso Betsie appariva oltre che molto nervosa, piuttosto irritata, ma anche un po’ spaventata (sempre secondo Hilda).

    - No certo. Lei non può ammettere che si possa desiderare di divertirsi a questa età. Non capisce cosa sia oggi la vita di una ragazza, la mamma. Noi siamo condannate a restare bambine, ecco! –

    - Ma, Betsie! - Annie era addolorata - La tua mamma è stata sempre un angelo di comprensione, anche per tutte noi! Perché dici queste cose cattive? Non ti trovi più bene con noi? Non ti bastiamo più? Ci siamo sempre tanto divertite insieme! –

    - Oh, sì, corse in bicicletta come maschiacci, recite e canzoncine, mentre le altre ragazze della nostra età vanno a ballare con i loro fidanzati, a fare gite da sole con loro, da vere donne! - Sbottò Betsie infervorata.

    - Ma noi non siamo fidanzate, Betsie ! – Balbettò Pretty incerta, riflettendo sul significato dei loro legami fanciulleschi con Victor, con James…

    - Si può andare a ballare lo stesso, anche se non si è ufficialmente fidanzati. Anzi, se continuiamo così rimaniamo zitelle! – Esagerò la fanciulla in piena fase di ribellione.

    - Questa poi! – Suo malgrado Hilda sorrise – Zitella tu! Intanto hai già James, Pretty ha Victor, Annie ha trovato questo Johnny Douglas. Semmai dovrei preoccuparmi io! – E come lo disse Hilda sembrò diventare pensosa, quasi triste. Betsie la guardò e sentì il cuore farsi caldo di tenerezza.

    - Sei tanto graziosa! – Esclamò accarezzandola sul visetto irregolare, fresco ed espressivo.

    - Non dire bugie. – Fece Hilda stringendosi al petto i libri e guardando lontano.

    - No che non ne dico. Sentila, Annie, dice che non è carina! A meno che tu non sia fissata posso giurarti che hai un faccino delizioso, sembri Audrey Hepburn! – Hilda scosse la testa e la coda di cavallo ondeggiò.

    - Grazie del complimento. Non sono fissata. –

    - Ma sei tu che non ti fa corteggiare, non ti valorizzi! – Insisté Betsie chiedendo con gli occhi conferma alle due compagne, che non sapevano se preoccuparsi o divertirsi a quell’inaspettato dibattito.

    - E’ un’idea. Mi appenderò un bigliettino con un buon prezzo. Dai, parliamo d’altro. - Hilda girò il capo e affrettò il passo. Betsie la guardò. Lesse sul suo profilo un’espressione indifferente e irremovibile e capì che era davvero meglio cambiare argomento. Scosse la testa e sospirò.

    - Allora, Annie, hai deciso se andare all’appuntamento? –

    - All’appuntamento! – Ripeté la fanciulla guardando Betsie come trasognata.

    - Ci vai, allora? –

    - Da sola ho vergogna! – Arrossì Annie.

    - Ti accompagno io! – Si offrì Betsie entusiasta.

    - Oh, allora sì, grazie! – Il visetto di Annie si distese felice.

    -- Oh, peccato! – Betsie si fermò in mezzo alla strada.

    - Che c’è ora? - Annie la guardò preoccupata.

    - Oggi vado da Frida con la mamma. Vuole vedere come sono cresciuti Pat e Miriam, e anch’io! Glielo abbiamo promesso… -

    - Verrei anch’io ma… come vedi non posso. – Sorrise Annie arrossendo di nuovo – Allora chi mi accompagna? Vi prego! –

    - Io no! – Esclamò Pretty spaurita.

    - Se vuoi vengo io con te. – Sospirò Hilda.

    - Oh, sì, grazie! – Annie alzò il braccio verso l’amica per accarezzarle la coda sempre più lunga e lo sguardo le cadde sul piccolo orologio da polso. – Ragazze, è tardissimo! – Esclamò allarmata.

    - E ho una fame! Affrettiamoci, o manderanno i soccorsi. I nostri bravi bambini saranno già beatamente a tavola! – Hilda allungò il passo, seguita dalle altre, che continuavano a meravigliarsi come, parlando parlando, fosse passato tutto quel tempo. Betsie fu la prima ad arrivare a casa e già la mamma aspettava affacciata al balcone.

    - Ti raccomando, comportati bene, non mostrarti troppo riservata. – Disse ad Annie, che la guardò interrogativa. - Ma come è diventata esperta! – Rise poi.

    - Eh, una vera donna! - Borbottò Hilda guardandola allontanarsi nel golfino celeste, i biondi capelli vaporosi, svelta e snella, un ancheggiare che le sembrò eccessivo.

    - Lo sai che è fatta così. In fondo è buona e generosa e io le voglio bene. - Disse Annie.

    - E anch’io, - rispose Hilda – ma deve smettere di frequentare quella Gloria. Le sta montando la testa. –

    - E poi la storia di quel Kin… Spero proprio che sia una bolla di sapone. – Annie sospirò.

    - Penso che Betsie stia attraversando un periodo…… - Intervenne Pretty.

    - Certo che è un po’ cambiata. Ma capirà che Gloria non può essere sua amica, sono troppo diverse. – Annie era pensierosa – Sono preoccupata per Kin Boone… -

    - Davvero! Vuole inimicarsi tutte le grandi ! – Pretty mostrava una vera apprensione a riguardo.

    - Se James scopre qualcosa ne vedremo delle belle … - Annie un po’ rideva, un po’ era seria.

    - Le vuole veramente bene, lui . – Affermò Hilda - Non gli passa nemmeno per la testa cercare le altre per sembrare grande. –

    - E’ vero, non corteggia nessuna eppure vedi quante smorfiose gli svolazzano attorno. Tra qualche anno sarà altro che Kin Boone. James è il ragazzo più bello che io conosco. – Annie disse con convinzione.

    - Aspetta di vedere Johnny. – Rise Hilda.

    - James è bello e leale, mi piace molto. – Affermò candidamente Pretty.

    - Però di più Victor, eh? - Fece Annie un po’ preoccupata: sapeva quanto il fratello ci tenesse all’esclusiva! Pretty arrossì: - E’ diverso. –

    - Ecco, chiariamo bene ! – Annie l’abbracciò. Era arrivata anch’ella a casa e salutò le amiche, ricordando a Hilda l’appuntamento, il sorriso un po’ esitante, le guance rosate. Subito dopo anche Pretty giunse a destinazione. Le treccine bionde sul petto, il suo fare aggraziato, guardò Hilda. – Una mattinata strana… - Commentò. Hilda era saggia. Si sentiva sempre rassicurata a parlare con lei.

    - Non farci caso. E’ la crescita, dice mamma. -

    - Non pensi che essere tanto bella possa essere anche un problema? – Pretty aggiunse, volendo rifletterci su.

    - Quando diventa una specie di mito, di dovere. Ti ricordi Narciso? E’ finito male. Ma noi le impediremo di cadere in acqua, vedrai. Buon appetito! – Hilda scosse la bella coda fluente, sorrise all’amica che restava a guardarla e si allontanò, girandosi a salutare la signora Rosy che agitava la mano sulla soglia.

    Camminò svelta, stretta ai suoi libri, ma sentiva una strana depressione nel cuore. Anche se non voleva ammetterlo, si sentiva sola. Non le importava di essere ammirata, si diceva, ma essere così ignorata dai ragazzi! Perché? Nessun alunno della sua classe sembrava accorgersi di lei, nessuno la guardava in quel modo particolare o le scriveva bigliettini. Era davvero così brutta? Non amava guardarsi allo specchio, ma quando lo faceva esso le rimandava un viso non così repellente, poi! Quando era contenta si trovava almeno simpatica! Betsie ora le diceva che era deliziosa! Ma era sincera o voleva farsi perdonare qualcosa? Passò ad esaminare il proprio comportamento: timida non era, a volte un po’ scontrosa, se era di cattivo umore, questo sì. Certo non aveva l’allegria piena di sguardi azzurri ammiccanti, di sorrisi sgargianti, quale era quella di Betsie, né la vivacità birichina di Annie con quegli occhi scuri che sembravano due zolfanelli, così vivi e mobili, e nemmeno aveva la grazia delicata di Pretty Sospirò profondamente. A casa la mamma le chiese perché avesse tardato tanto, mentre George era già a pranzo.

    - Scusa, mamma, ci siamo messe a parlare… Te lo avrà detto George . - Hilda sembrava distratta. Si diresse subito nella sua stanza, lasciando la signora Janet a guardarla un po’ perplessa: aveva scorto un’ombra di tristezza sul volto di solito disteso e tranquillo della figlia, e una ritrosia nuova…

    Hilda, nella sua stanzetta, si tolse il giubbino e si avvicinò al grande specchio dell’armadio guardandosi tutta intera, spietatamente: la figura magra, alta più della media, cominciava ad avere le sue rotondità, che però erano invisibili ai suoi occhi. Si chinò ad osservare il viso delizioso: l’ovale irregolare, dagli zigomi evidenti, alla luce riflessa della finestra era livido, ma pure interessante (anche questa nota le sfuggì), perché i tratti decisi davano intensità agli occhi chiari, orlati da una frangia di ciglia straordinariamente dritte e fitte (perché non erano ricurve come nella norma?), e la bocca la vedeva troppo grande, rossa, tanto che spesso la imbarazzava. La faceva sentire troppo esposta. A cosa? Se si fosse rivolta un sorriso avrebbe capito come poteva avere fascino quel viso giovane, limpido, ingenuo e pure soffuso da un velo leggero di ironia che traspariva nel taglio delle labbra adulte! C’era in lei qualcosa dell’espressività forte e dolce di Gaston, del resto suo cugino, ma lei l’avvertiva senza prenderne coscienza e, non avendo mai sorriso a se stessa, non sapeva ancora come poteva essere bella! Quindi per ora si rafforzò nella convinzione che Betsie avesse voluto lusingarla…

    Nonostante tutto aveva fame. Scrollò le spalle e lasciò la sua camera, il suo regno, sottile nell’abitino verde, elegante nelle movenze e ignara di esserlo. Il padre leggeva il giornale; la guardò interrogativo. George aveva già mangiato ed era nel padiglione in giardino assieme a Gaston, che aveva pranzato dagli zii. Il suo piatto era coperto, anche quello della mamma. Hilda se ne vergognò.

    - Scusate, non succederà più - Disse, seria e convinta. Janet sedette a tavola con lei.

    - Dai, ti facciamo compagnia . - Il signor Carter le fece cenno di sedere. – Io sono geloso, eh? Buon appetito! – Scherzò, tornando a leggere. Hilda sorrise: - Ti sarò sempre fedele. – E prese a mangiare più serena, assieme alla madre.

    Dal padiglione giungeva il suono della chitarra di Gaston e la sua bella voce da tenore precoce, limpida, intonata, accompagnata da quella baritonale di George con la sua fisarmonica (per ora avevano messo a riposo le trombe, con gran soddisfazione dei familiari e degli amici).

    " E’ così bello tutto questo. – Pensò Hilda guardando fuori. – Ma cosa cerca, Betsie!" Chiacchierò tranquilla con la mamma, l’aiutò in cucina, poi raggiunse i due ragazzi in giardino.

    - Le trombe, dunque, le avete definitivamente abbandonate ? – Chiese ridendo – Cosa farete sentire a zio John quando verrà? –

    - No no, alterniamo. – Rispose George, e guardò la sorella, un velo di curiosità.

    - Avete finito con i vostri segreti? – Chiese. Hilda alzò le spalle. – Niente di serio. – Rispose, sedendo sul pavimento erboso e circondandosi le ginocchia con le braccia.

    - Sai che Robert Kerr ha fatto la dichiarazione alla Hudson? L’ho sentito con le mie orecchie raccontarlo da lui mentre ero al bagno. – Annunciò Gaston smettendo di suonare. – Anche noi abbiamo le nostre chiacchiere di ragazzi, che credi! – Continuò poggiando a terra la chitarra. Hilda lo guardò interessata. – Cosa le ha detto? – Domandò. – Bah, le solite chiacchiere che si dicono per far girare la testa alle ragazze come la Hudson, ma quella ora si è fissata con James. –

    - Tu pensi che la testa giri solo a ragazze di quel tipo? – Chiese George, il mento sulla sua fisarmonica.

    - Certo, spero bene che le nostre non siano così idiote! – Hilda drizzò le orecchie.

    - Questo secondo il tuo punto di vista . – Obiettò George. – Per lo più le ragazze sono vanitose e amano essere corteggiate. Ti dirò di più: se fossi in James starei invece più attento alla romantica, dolce Betsie. – La solidarietà femminile ebbe la meglio sullo spirito critico, e anche la speranza.

    E’ normale che Betsie abbia dei corteggiatori, così bella com’è. Sono convinta che voglia bene a James più di quanto lei stessa si renda conto. E James farebbe bene a lasciar stare le ripicche! – Hilda concluse con una certa veemenza. George guardò il visetto deciso della sorella

    - Mica ti sta contagiando… - Cominciò.

    - Di chi stai parlando ? – Hilda era un po’ seccata.

    - Di quella Gloria che va in giro sui trampoli. –

    - Non sopporto quella tipa. Voglio dire che James e Betsie sono così giovani… Forse devono fare altre esperienze prima di potersi considerare dei veri fidanzati! –

    - Io li vedo bene insieme, secondo me non si lasceranno mai, è vero amore! – Sentenziò Gaston e i due fratelli lo guardarono sorpresi. Gaston arrossì e poi sorrise, il suo sorriso largo, simpatico, che Hilda osservò con un interesse particolare.

    - Io sono un romantico, che credete . – Sbuffò – Se fate i bravi prima o poi vi leggerò una mia poesia. –

    -Tu! – George lo guardava a bocca aperta.

    - E’ bello questo. Sì voglio leggerla! – Hilda, chissà perché, si sentì felicissima a questa rivelazione.

    - Tempo verrà … - Iniziò a recitare Gaston – Adesso non ce l’ho con me, e non la ricordo. –

    - Andiamo a studiare, dai. – George si alzò – Ecco perché non capisci la matematica. –

    - Ma a scacchi ti batto il più delle volte. Potere del genio della fantasia! – I ragazzi rientrarono a casa, continuando a scherzare e si diressero i due nella stanza di George, Hilda nella propria Erano le tre del pomeriggio. Hilda cominciò a studiare il lungo capitolo di Storia. Leggeva in silenzio, sottolineando, annotando ogni tanto un nome, una data, una frase. Dalla finestra la luce entrava bianca e fresca, posandosi sui mobili scuri, di buon gusto, carezzava tutta la sua personcina china sul libro, una ruga verticale sull’alta fronte nello sforzo di concentrazione. D’un tratto Il telefono squillò ed ella si ricordò immediatamente di Annie. Corse a rispondere, scontrandosi con la mamma che veniva a chiamarla.

    - Hilda , - le fece una voce alquanto ansiosa – non vieni? –

    - Scusa, Annie, lo avevo dimenticato, stavo leggendo il libro di Storia. E tu hai studiato? –

    - Insomma… -

    - Copieremo i problemi da George. Arrivo – Hilda si vestì in fretta. Disse alla madre che andava da Annie a spiegarle la Matematica.

    - Magari dopo facciamo una passeggiata da Frida. Salutami Gaston e George. – Volle essere in qualche modo sincera, non poteva proprio mentire del tutto. Uscendo sbirciò la propria immagine nel grande specchio nell’ingresso: il giubbino rosso la fasciava allegro e sembrava dare un riflesso nuovo ai suoi occhi. Di chi era quel visetto frettoloso dalle guance rosate? Poteva piacere a un qualsiasi ragazzo come un Johnny o addirittura a un Kin Casanova? Non si rispose.

    Annie l’aspettava sul portone di casa. – Andiamo subito, - le disse prendendola sotto braccio – ho detto a mamma che andiamo da Frida. Meglio che non parli con te. Si capisce se non sei sincera… - Hilda sorrise, ma poi si corrucciò: tutti si fidavano di lei! Anche Annie non voleva farla mentire davanti alla madre. Ma era proprio condannata ad essere seria? Poi si distrasse ad osservare l’amichetta. Era curiosa di vedere l’espressione del suo viso, del viso di una ragazza che andava a sentire una dichiarazione d’amore a lei medesima rivolta! Annie indossava lo stesso soprabito grigio perla del mattino e questo la rincuorò, per l’atmosfera di normalità che creava. Sotto però si intravvedeva l’abitino rosso che le stava così bene, i lunghi capelli lisci, sciolti, gli occhi da Cleopatra splendenti, come il sorriso. Acqua e sapone, come diceva Betsie, così tenera e fresca!

    - Ho una paura! - Diceva – Ma anche tanta voglia di conoscere questo Johnny, da dimenticare perfino la fifa che mamma venga a sapere qualcosa; e Victor… -

    - Anch’io sono curiosa di vederlo. Tu come dici che sarà? –

    - Oh, lo immagino piccolo, esile… e biondo! E molto timido… -

    - Perché mai? –

    - Ma sì! Chi può scrivere frasi tanto romantiche se non uno così? – Rise Annie allegramente, rinfrancata da tali supposizioni. Hilda pensò a Gaston, alla poesia che diceva di aver scritto e alla sua allegria.

    - Insomma, non lo immagini molto attraente, a quanto pare. –

    - No, certo. –

    - E allora perché ci vai? – Domandò Hilda divertita.

    - Così, per curiosità, credo. Sai, io non penso che ci si possa innamorare seriamente a questa età. Almeno così dicono le nostre mamme… - Continuarono a camminare sottobraccio, parlando allegramente, anche per darsi coraggio, attirando lo sguardo dei passanti, così giovani e all’aspetto spensierate. Finalmente giunsero in vista dei giardinetti della scuola.

    - Attenta, - fece Annie all’amica, fermandosi – non ti sembra che quel ragazzo vicino alla panchina sia in attesa di qualcuno? – Hilda si girò nella direzione che l’amica le indicava e accennò di sì col capo. Avanzarono lentamente di qualche passo, coperte dai cespugli.

    - Guardalo, Hilda, - mormorò Annie – è biondo davvero, ma alto, atletico… e sembra anche bello! Oh, io me ne vado! – Hilda si voltò a guardarla. Annie era impallidita e gli occhi sembravano immensi nel visetto delicato. –

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