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Non siamo Dèi
Non siamo Dèi
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Non siamo Dèi

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About this ebook

Si può evitare la più grande tragedia del pianeta e salvare tremila persone? Per una stupenda ragazza, che sembra essere fuori dal tempo, sembra di sì, ma a quale prezzo? I suoi argomenti sono molto convincenti, anche se da alcuni piccoli dettagli Daniel inizia a sospettare che ci sia dell'altro dietro la sua allettante proposta. Se una persona segue solo la logica, la vita di molti conta sempre più di quella di pochi. Questo però è ancora vero, quando in gioco c'è la vita dei nostri cari?

In dieci frenetiche ore, il nostro eroe capirà se basta avere il potere di una divinità per conferire a un uomo il diritto di esserlo. Una sottile riflessione, mai fatta prima d'ora in romanzi dello stesso genere, sulle implicazioni e sulle potenziali conseguenze dei viaggi nel tempo.

E dopo questa avventura, la vita di tutti gli abitanti di Aedis non sarà più la stessa.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJul 19, 2017
ISBN9788892675131
Non siamo Dèi

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    Non siamo Dèi - Daniele Missiroli

    scriverla.

    Personaggi principali

    Il protagonista di questo quinto episodio si chiama Daniel Sung, ha trentasette anni ed è laureato in Matematica, Fisica e Statistica. È alto e snello, capelli scuri di taglio giovanile, occhi nocciola, non porta la barba e tiene spesso le mani in tasca. Non è uomo d’azione, ma quando serve non si tira indietro. Beve molti caffè e va sempre di corsa. Qualche volta riunisce gli amici per una serata con pizza e ama vestirsi con eleganti casacche grigie di taglio sportivo dal colletto rialzato.

    Ha sposato l’anno scorso Samira Sulyman, e vivono in un appartamento a Newpolis, nella trentasettesima strada, che dista solo mezz’ora dal Palazzo del Governo, dove lui ha l’ufficio e ricopre la carica di vice governatore di Aedis, il secondo pianeta di una stella rossa a 2.492 anni luce dalla terra.

    Come una colonia terrestre sia arrivata fin qua, è narrato nei primi episodi, dove Daniel, superate parecchie avversità, incontra Samira e insieme costituiscono una famiglia. Questo pianeta è come la nostra Terra cinquecento milioni di anni fa, con l’ottanta percento di acqua e la terraferma divisa in due grandi continenti: quello civilizzato e il Territorio Inesplorato. Gli avvenimenti di questa storia si svolgono nella stagione calda dell’anno 276 dopo lo sbarco, a un mese dalla conclusione dei fatti narrati nel quarto episodio. Anche se è il seguito degli altri, questo racconto può essere letto in modo indipendente, ma alcune situazioni sono più godibili leggendo almeno il precedente.

    Samira è laureata in Biologia e lavora all’università come ricercatrice. Ha trent’anni, un viso dolce e minuto, è alta e slanciata, porta capelli castani che le coprono parte della fronte e ha occhi verde intenso. Le piace molto indossare abiti corti e aderenti con motivi floreali. Se veste i panni dell’esploratrice, invece, utilizza la sua tenuta standard: pantaloncini, maglietta leggera con sopra un giaccone multi tasche, calzini lunghi e spessi per camminare tra gli arbusti e cappello di paglia a larghe tese.

    Hanno adottato da poco Peter, un bambino di dieci anni dai capelli ricci e biondi, che in realtà è un piccolo androide. L’unico esistente in tutto il pianeta, poiché non si dispone ancora della tecnologia avanzata necessaria. Di solito porta pantaloncini corti, camicia a quadretti e scarpe da ginnastica.

    Daniel ha un amico di nome Jeremy Ibarras che è stato suo compagno d’università, ma poi ha cambiato facoltà e si è laureato in Ingegneria Meccanica. Dopo tre anni nello studio del padre, alla sua morte ha intrapreso la carriera di scultore, perché la trovava più creativa. Si è specializzato in opere in creta di media grandezza e ha già fatto alcune mostre, dove ha riscosso un discreto successo. È molto disordinato e veste con quello che trova negli armadi, senza badare al colore. Da poco si è fidanzato con Lisbeth Hivaret, una bella ragazza molto alta di venticinque anni, con capelli lunghi e neri e viso perfettamente ovale, che s’intona molto con la sua figura snella e filiforme.

    Samira ha una sorella di nome Alisha di trentanove anni, che lavora come Addetta Stampa nello stesso palazzo di Daniel. Nonostante l’età, è molto giovanile e recentemente si è tinta i capelli di biondo, lasciandoli allungare un po’, soprattutto per distinguersi dalla sorella, poiché i suoi occhi sono verdi come quelli di Samira e se le copri la fronte e la bocca ti sembra di vedere la sua gemella. Sul lavoro indossa sempre dei tailleur molto eleganti: pantaloni grigio scuro e giacca chiara, con una camicetta rosa e a volte un foulard.

    Quando esce con gli amici, invece, si sbizzarrisce con abiti succinti sul rosso e sul nero o bianchi, ma sempre dotati di stampe giganti. Vestita così, ha molto successo con gli uomini, ma lei è ancora single, nonostante il fisico slanciato e armonioso e il viso d’angelo.

    Nella catena di comando, il posto di Governatore è occupato da Melverin Sharwani, un uomo di un’età indefinibile, molto suscettibile su questo argomento, che ha spesso simpatici battibecchi con Daniel. Melverin è una persona molto diretta, che deve risolvere tanti problemi ogni giorno e vuole quindi che tutti facciano ciò che dice senza perdere tempo in inutili spiegazioni. Ritiene che compito del governo sia tutelare la popolazione, anche se non saprà mai da cosa e perché.

    A palazzo c’è anche l’ufficio di Kayla Kendrick, Commissario capo da un anno di tutte le forze di polizia della regione. Trentaquattro anni, di statura media, ha capelli corti e neri e occhi scuri. Adora vestire con completi di pelle o giubbotti militari grigi. Gira armata e ha diverse squadre ai suoi ordini, pronte a intervenire nei casi particolari. Essendo abituata a farsi ubbidire, decide sempre lei quando i casi sono particolari. L’unico che può darle ordini, infatti, è Melverin.

    Un altro buon amico di Daniel è il sottotenente Fabian Lee, della polizia di Newpolis. Ha ventiquattro anni, un viso allungato, occhi marrone e capelli neri e corti, ma non di taglio militare.

    È un tipo alto e muscoloso, già cintura nera di Kun Jet, un’arte principalmente offensiva, che mette al primo posto il principio d’intercettazione.

    Oltre a lui, Daniel è anche diventato amico di Logan Bechan, un uomo sui quarantacinque anni, stempiato e con una barba folta e nera. È un valente tecnico informatico, socio in una ditta di nome Nova, e sul lavoro indossa un camice azzurro e porta occhiali sottili.

    Per chi non ha letto i primi quattro episodi, in fondo a questo libro ci sono i riassunti.

    Prologo

    Sdraiato sul tetto di una scuola, con la coda dell’occhio tengo sotto controllo una bambina di nove anni e sudo freddo.

    È vicina al bordo e potrebbe cadere da un momento all’altro.

    La superficie è pianeggiante, come se fossimo su una grande terrazza. È ben conservata, ma non dovevano lasciare incustodita la porta di accesso dopo le pulizie, maledizione!

    Non ci sono protezioni e siamo a due piani di altezza. Chiunque tentasse di avvicinarsi, potrebbe farla cadere, se lei si ritraesse spaventata.

    Sono a dieci metri da lei: non voglio darle l’impressione di essere venuto quassù per causa sua. Guardo in alto. Ci sono molte nuvole, ma non si muovono, perché è una calda mattina estiva senza vento. Mi stiro, intreccio le dita sotto la testa e mi appresto a fare un pisolino. O almeno, questo è quello che voglio farle credere.

    La mia idea di salire al posto del padre ha funzionato, perché vedo che ha la bocca aperta e questo mi tranquillizza. Spero sia incuriosita e non pensi di buttarsi giù. La mia sensazione è che non sia salita per questo, tuttavia sto rischiando grosso e il battito del mio cuore impazzito me lo ricorda bene.

    Mentre il mio cervello elabora il modo migliore per riuscire a salvarla, chiudo gli occhi un minuto e penso a tutti gli eventi delle ultime ventiquattro ore: Daniel, come hai fatto a cacciarti in questa situazione?

    Il giorno prima

    Mi piace iniziare la giornata di lavoro sorseggiando con calma un buon caffè nel mio ufficio.

    Una scrivania di legno chiaro e una comoda poltrona di pelle nera è tutto quello che mi serve, oltre agli armadietti bassi in cui ripongo i documenti che riguardano il mio incarico. L’unica cosa che devo ricordarmi di cambiare sono i quadri astratti alle pareti, perché mi piacciono di più i paesaggi.

    Mentre sono assorto in questi importanti pensieri, stringo la tazzina fra le mani e controllo il contenuto. Un sorso? Anche due, se li faccio piccoli. Oggi non ho molta voglia di iniziare il lavoro.

    Guardo l’orologio sulla parete e vedo che è tardi. Il dovere mi chiama, per cui butto giù il resto e citofono in portineria informandoli che possono far salire le persone in attesa.

    Tempo fa il governatore ha incaricato il mio ufficio, tra le altre cose, di aprirsi al pubblico e ascoltare, e poi risolvere, i problemi della popolazione riguardanti il rapporto con l’amministrazione. Uno sportello che due giorni a settimana ascolta le lamentele e poi cerca di appianare questioni di confini, diritti di passaggio, colori inadeguati per facciate di palazzi, spazzatura maleodorante e amenità del genere.

    Alle nove e venti in punto la vedo. Compare all’improvviso sulla mia soglia in tutta la sua sfolgorante bellezza. È altissima e longilinea, infatti dista solo una spanna dallo stipite superiore della porta. Ha i capelli lunghi e biondi, e indossa uno strano completo attillato grigio chiaro che mette in risalto le sue forme perfette. La blusa senza maniche è leggermente più scura ed è bordata di nero, con tanti piccoli bottoni color rame. Sembra una divisa militare, ma non ne ho mai vista una così. E i pantaloni sono aderenti al punto che faccio fatica a credere che possa respirare e camminare nello stesso tempo.

    Sono impietrito e non riesco nemmeno a dirle di farsi avanti, perché c’è qualcosa in lei che blocca le mie corde vocali. Strizzo gli occhi e la esamino dall’alto in basso, ben conscio di un comportamento ai limiti della maleducazione. Sono alla ricerca di un difetto, anche minuscolo, che mi convinca della sua esistenza. La pelle delle sue braccia e del suo viso è ambrata e perfetta: non ha un solo neo. Non le do più di trent’anni. Il suo fisico è talmente aggraziato che ho l’impressione di avere di fronte una statua. Tra l’altro è immobile proprio come una statua e mi sta fissando anche lei con i suoi occhi azzurri e indagatori. Solo i capelli ondeggiano leggermente, per via della debole corrente d’aria causata dalla mia finestra spalancata. Se non apre bocca, temo che rimarrò in contemplazione di questa incantevole ragazza per sempre.

    «Vice governatore Daniel Sung: le devo parlare di una cosa di vitale importanza.»

    Dopo aver detto questo, la sconosciuta entra nella stanza con una falcata proporzionata alla sua altezza, porgendomi la mano. Cerco di assumere un atteggiamento rispettoso, poi dico: «Accomodatevi signorina, posso fare qualcosa per voi? Con chi ho il piacere?»

    «Il mio nome è Victoria. Sono qui per affidarle una missione che avrà conseguenze meravigliose per l’intero pianeta. Lei è l’unico che può riuscirci.»

    Ormai sono rientrato in me, e comincio a ragionare sulle sue parole.

    «Scusate Victoria, ma sento che mi state dando del lei. Non ho problemi per questo, ma l’allocutivo di cortesia è sempre stato il voi

    «Ops, errore mio, scusate. Fin da piccola ho sempre usato il lei e non mi sono ancora abituata alle vostre usanze.»

    «Venite da molto lontano?»

    «Sì, molto.»

    «Facciamo così, allora» le dico sorridendo e stringendo la sua mano tra le mie «diamoci del tu e lasciamo stare i formalismi. Vedo che indossi un vestito particolare. Fai parte di qualche organizzazione?»

    «Ah, l’hai notato: che acuto osservatore» mi dice, ricambiando il sorriso e lasciando la sua mano tra le mie.

    Di solito non mi comporto così, ma la sensazione che provo è così piacevole che indugio in quella posa innaturale e continuo a fissarla, aspettando di saperne di più.

    «Faccio parte del Comitato Anti Disastri e questa è la nostra divisa. Abbiamo un sistema statistico in grado di prevedere il verificarsi di determinate situazioni pericolose. In questo modo possiamo intervenire prima che accada il peggio.»

    Lascio andare a malincuore la sua mano, mentre lei si siede su una delle due poltroncine per gli ospiti, e aggrotto le sopracciglia. Una meraviglia simile non può essere fuori di testa in questo modo. Addirittura prevedere i disastri!

    Sospiro e poi le dico: «Non sono sicuro di aver capito bene. Hai usato il verbo prevedere, per cui avrete già evitato qualche sciagura, suppongo. Puoi farmi degli esempi?»

    «Finora ci siamo limitati a casi singoli. Abbiamo evitato che una persona fosse travolta da una macchina e abbiamo ritrovato oggetti smarriti. L'incarico attuale però è delicato: ho proprio bisogno del tuo aiuto.»

    «Mi stai dicendo che se tu prevedi che avrò un incidente uscendo da qui a mezzogiorno, basta che tu me lo dica e io, uscendo dieci minuti dopo, l’avrò evitato.»

    «Devo spiegarti il sistema, altrimenti non puoi capire.»

    «Va bene, ti ascolto.»

    «Non posso farlo ora, perché è più complesso di qualsiasi cosa tu possa immaginare. Possiamo vederci alle quindici in punto a casa tua?»

    «Io devo stare in ufficio fino alle sei di sera. E non porto mai il lavoro a casa.»

    «Non c’è problema, Daniel» mi dice lei, sfoderando un sorriso irresistibile e piegando la testa di lato. «Ho già parlato col governatore e puoi uscire quando vuoi.»

    Il profumo che ha invaso la stanza è inebriante. Delicato e avvolgente. Un momento: cosa ha detto?

    «Hai parlato con Melverin?» le chiedo, sorpreso.

    «È stato lui a consigliarmi di venire da te. Io mica ti conoscevo. Quando sono arrivata in città, sono andata da lui, gli ho spiegato il mio progetto e lui ha detto che se c’era qualcuno capace di realizzarlo, quello eri tu.»

    «È stato Melverin a mandarti da me» le dico fissandola imbambolato. «A questo ci credo senza neanche bisogno di controllare: lui fa sempre così.»

    «Non sei contento di avere la sua fiducia?»

    «Senza rischiare la vita… sì! Sai cosa si prova ad avere la certezza di morire entro pochi minuti? Non so come sia riuscito a cavarmela, quella volta.»

    «Con me non correrai nessun pericolo, stai tranquillo. Dovrai solo parlare a una persona.»

    «Tutto qui?»

    «È molto importante, Daniel» dice lei, facendosi seria e prendendomi una mano.

    Poi si guarda intorno sospettosa e avvicina il suo viso a pochi centimetri dal mio.

    «Stiamo parlando di una tragedia che coinvolge tremila persone» mi confida a bassa voce «e sarai proprio tu a evitarla. Questa è una missione che solo tu puoi compiere, e alla fine solo tu ne avrai il merito.»

    In questo momento i suoi occhi verdi mi stanno radiografando l’anima e sento l’impulso di dirle subito di sì.

    Aspetta un attimo: prima gli occhi erano azzurri. Questo mi fa tornare con i piedi per terra e le chiedo, sbalordito: «I tuoi occhi hanno qualcosa? Scusa se te lo chiedo, ma ero sicuro che fossero azzurri, mentre adesso sono verdi.»

    «Sei l’uomo giusto Daniel, non ti sfugge nulla. Io sono affetta da eterocromia dell’iride a causa di una scarsa quantità di melanina. Ho un occhio verde e uno azzurro, ma in base alla luce incidente, possono sembrare entrambi verdi o entrambi azzurri.»

    Sorrido, poi le chiedo: «Non puoi dirmi nulla ora? Un accenno? Anch’io ho studiato statistica e potrò capirti anche se userai termini tecnici.»

    Mentre si alza per uscire, la vedo pensierosa.

    Mi alzo anch’io per accompagnarla alla porta, quando mi dice: «Meglio di no, Daniel. Non è per sfiducia nei tuoi confronti, credimi. Ti ho appena detto che sei l’unico in grado di compiere questa missione. Però ci sono argomenti che non si possono comprendere con la teoria. Ti dico solo questo: succederà una cosa meravigliosa, incredibile, affascinante, e la tua vita non sarà più la stessa. Mi raccomando, le quindici in punto.

    Il tempo è fon-da-men-ta-le

    Dopo aver scandito in sillabe l’ultima parola, si avvicina, io le porgo la mano per salutarla, ma lei la ignora, mi bacia su una guancia ed esce.

    Sono ancora stordito dal suo profumo, un misto di verbena e altri fiori, ma mi riprendo subito ed esco anch’io per vederla andar via. Il corridoio è deserto. In fondo ci sono le scale, ma per raggiungerle così in fretta dovrebbe aver fatto una corsa. È tutto così strano che riesco solo a grattarmi la nuca, perplesso su quell’incontro.

    Sarò incaricato di una missione che salverà migliaia di persone. Ahimè, più ci penso e più temo che Victoria e i suoi amici siano tutti matti. Come si fa a pensare di poter prevedere il futuro? Chiudiamoci tutti in casa e nessuno avrà più incidenti stradali: un’idea davvero geniale. Eppure parlava seriamente e il suo tono di voce era molto persuasivo. Qualche anno fa le avrei detto subito di sì e sarei partito con lei per la missione senza indugi, ma per fortuna quel periodo della mia vita è passato. Ne ho avuto abbastanza volando con la navetta di Robert.

    Ora sto telefonando a Melverin per sentire la sua opinione.

    «Buongiorno signore, come vi sentite oggi? Ve lo chiedo perché quando si raggiunge una certa età...»

    «Sto benissimo e ti ho detto cento volte di non ricordarmelo, dannazione.»

    «Mi fa piacere sentirlo, signore. Volevo farvi sapere che ho parlato con la signorina Victoria, come da vostre indicazioni, ma non ho capito nulla di ciò che ha detto. Voi potete fornirmi altre informazioni?»

    «Victoria? Chi sarebbe questa donna?»

    «Quella splendida ragazza bionda! Giovane, alta, un corpo da favola in una strana tuta grigia. È impossibile non ricordarsi di lei.»

    «Sono appena arrivato e non ho visto nessuno. Se vuoi che le parli, mandamela fra un’ora, adesso sono occupato. Melverin, chiudo.»

    Che peccato, penso, mentre riattacco. Questo avvalora ulteriormente l’ipotesi che Victoria abbia qualche rotella fuori posto. Non solo dice cose strampalate, ma ha affermato anche di aver incontrato Melverin e non è vero. Se lo sarà immaginato? Non mi sembrava una persona capace di mentire.

    Dopo mezz’ora sento squillare il mio telefono. Ero appena uscito in corridoio per farmi un caffè e devo rientrare di corsa. Succede sempre così: qualcuno mi odia e chiama appena si accorge che sono fuori ufficio.

    «Pronto, chi parla?»

    «Sono io: dovresti farmi il favore di telefonare allo scultore.»

    «Che è successo, governatore?»

    «Quell’imbranato di Winslow, mentre faceva le pulizie, ha urtato la mia statua e l’ha rotta. È in mille pezzi ora; devi dire al tuo amico di farmene un’altra. Ah, digli di farla più grande e con un animale diverso, grazie.»

    «Come desidera signore, lo chiamo subito.»

    Non credevo che Melverin fosse così attaccato a quella statuetta. È un’opera molto bella, questo si deve ammettere. Jeremy è diventato bravissimo da quando ha lasciato la carriera d’ingegnere meccanico per intraprendere quella di scultore. Anche la sua ultima mostra è stata un successo. Adesso poi che lavora insieme alla sua ragazza, crea opere anche migliori. Sentiamo un po’ che dice.

    «Ciao Jeremy, scusa il disturbo.»

    «Nessun disturbo, non stavo dormendo.»

    «Non sei a letto a quest’ora? Bravo, vedo che cominci ad alzarti a orari normali, finalmente.»

    «Non ho detto che non sono a letto. Ho solo detto che non stavo dormendo. Mi sento debole e mi sono steso un attimo. Non capisco se sia per il troppo lavoro o perché sto prendendo l’influenza.»

    «Vedrai che non è niente. Saluta Lisbeth da parte mia.»

    «Ciao Daniel» le sento dire in sottofondo. Lisbeth è la ragazza migliore che poteva trovare il mio amico. Scultrice come lui, è molto simpatica e decisa. Infatti vivono insieme dopo appena tre mesi che si sono conosciuti.

    «Ti chiamo perché si è rotta la statuetta che avevi regalato a Melverin.»

    «Quella rappresentava un piccolo volatile, se ricordo bene. Ne vuole un’altra uguale?»

    «Non proprio. Ha chiesto se puoi farla un po’ più grande e con un animale diverso.»

    «Ne ho giusto una che sarebbe perfetta. L’ho finita ieri e raffigura uno scoiattolo in piedi sulle zampe posteriori, mentre tiene una noce fra quelle anteriori e cerca di sgranocchiarla. E poi brilla al buio, grazie a un nuovo tipo di creta. A luci spente, l’effetto è spettacolare.»

    «Come fa questo nuovo materiale a brillare? Lo vernici con un pigmento fosforescente?»

    «No, è una proprietà dei microorganismi fossili inglobati all’interno del materiale. Almeno è quello che ha detto il fornitore quando me l’ha portata il mese scorso.»

    «Sicuramente gli piacerà» gli confermo io.

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