Il Profumo del Vento
By Maria Dotto
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Il Profumo del Vento - Maria Dotto
Song
Capitolo 1
Mi ero bevuta il cervello. Completamente.
Cosa ci faccio qui?
Come al solito mi facevo trasportare da chi aveva più verve di me. Mia madre ha sempre avuto ragione a proposito. Mi guardai intorno: una folla di ragazze in pants e stivali da cowboy era completamente su di giri e, ne ero sicura, ubriaca. Al bancone dietro di noi, i ragazzi fumavano come delle ciminiere. L’odore di tabacco mi fece quasi lacrimare. La ragazza alla mia sinistra, in un tubino rosso, masticava un chewingum rumorosamente dandomi sui nervi. La guardai di soppiatto. Sembrava appena uscita da una rivista sofisticata, il che faceva sembrare la mia salopette jeans roba da neonati. Non sono mai stata un tipo alla moda. Mi piace essere unica nel mio genere, con i capelli castani legati in una coda bassa e i vestiti comprati nel mercatino sotto casa. Tuttavia, alla mia destra, la mia migliore amica Amanda si comportava allo stesso modo delle altre ragazze.
Le lanciai un’occhiata furiosa.
«Oh dai, Nina. Non senti l’eccitazione dentro di te?» mi chiese saltellando sulle punte.
«No, assolutamente» risposi aggiustandomi la grossa borsa sulla spalla.
Essere una studentessa di fotografia ha i suoi svantaggi: ogni volta che mi spostavo dovevo portarmi dietro una quantità di roba.
«Devi lasciarti andare». Fu la solita, classica, esasperante risposta di Amanda.
Io e Amanda eravamo amiche fin dai tempi dell’asilo. La nostra amicizia aveva superato tanti ostacoli nel corso degli anni e ci aveva riavvicinate sempre di più. Siamo le classiche ragazze diverse ma inseparabili
che fanno tutto insieme, persino andare a un concerto country pop in un piccolo paesino sperduto del North Carolina. Condividevamo insieme un appartamento a Raleigh. Amanda frequentava la facoltà di medicina alla Duke University a Durham e io quella di belle arti a Chapel Hill.
Sbuffai e presi la macchina fotografica dalla pesante borsa. Non ero mai stata a un concerto country pop. Che poi che genere era? Dovevo immaginare una musica di campagna o una canzone di Britney Spears? Sospirai rumorosamente e la bionda alla mia sinistra mi guardò male. Prediligevo la musica da camera, la musica classica. Che ci facevo in un posto squallido circondata da esaltati? Amanda saltellava più agitata dall’imminente arrivo della band. Le scoccai la stessa occhiata che avevo appena ricevuto io da Miss Mondo. Come al solito, era sempre colpa di Amanda.
La band iniziò a salire sul piccolo palchetto allestito alla meno peggio. Amanda mi strinse la mano. I suoi capelli lunghi e nerissimi sembravano aver assorbito tutta l’elettricità pervasa nel locale.
«Buonasera Wilmington, noi siamo i Western’s Boys» proruppe il cantante nel microfono e la folla esplose a mo’ di boato.
Mi portai la macchina fotografica al viso e chiudendo l’occhio sinistro, girai la focale dell’obiettivo per avere dei primi piani nitidi. Amanda ne sarebbe stata entusiasta. Era una band composta solo da tre membri: un cantante, un bangioista e un chitarrista. Quest’ultimo indossava un cappello da cowboy e molto spesso guardava verso di me. Il solito ego maschile.
Suonarono qualche canzone di Barry Mann e di Dolly Parton. Non ne conoscevo nessuna, ma dovevo ammettere che non era poi cosi male. La bionda al mio fianco ballava e strepitava come un’oca.
Scattai numerose foto e mi accorsi che quasi sempre il chitarrista guardava nell’obiettivo della mia reflex. Aveva degli occhi cosi azzurri che sembravano ghiaccio. Durante l’ultima canzone, riposi la macchina fotografica e mi godetti l’abbraccio di Amanda che cantava a squarciagola. Mister Occhi di Ghiaccio continuava a fissarmi.
Dopo essere scesi dal palco, i ragazzi si dispersero tra la folla adulante. Amanda si passò una mano tra i capelli.
«Come sto?»
«Sei bellissima, come sempre» le dissi sincera.
Lei sorrise in risposta e mi trascinò verso i musicisti. Odiavo non avere voce in capitolo.
Il cantante si fece strada verso Amanda, che gli lanciò le braccia al collo. I due si scambiarono un bacio appassionato. Tutte le ragazze lì intorno li guardavano invidiosi. Alzai gli occhi al cielo, notando il chitarrista che faceva lo stesso. Ecco il motivo per cui eravamo lì. Il cantante, Austin, era il fidanzato di Amanda. Lui viveva a New York e non si vedevano spesso ultimamente e, quando la sua band arrivava nel North Carolina, Amanda faceva di tutto per stare con lui. Anche trascinarmi dietro come un cagnolino.
"Puoi fotografare il concerto" mi diceva ogni volta. E io andavo, come sempre. Ma lo facevo soprattutto per lei, anche se questo significava tornarmene a Raleigh da sola. La mia migliore amica rimaneva sempre con Austin per la notte per poi tornare il giorno dopo allegra e pimpante. Amanda era cosi. Impareggiabile, bellissima e soprattutto autentica. Era la mia guida. Certo, una guida spericolata ma pur sempre una guida! Avere ventitre anni e dipendere ancora dalle persone era insolito, ma ne avevo completamente bisogno. Le distrazioni e gli imprevisti non facevano parte della mia vita e ogni volta che mi trovavo nei guai invocavo sempre l’aiuto degli altri.
Amanda e Austin si diressero in silenzio ad un tavolino vuoto. Io feci spallucce e li seguii con il cowboy che mi veniva dietro.
«Mi sei mancata tanto» disse Austin alla mia amica mentre si coccolavano a vicenda.
Avrei potuto vomitare.
«Ciao»
Mi voltai verso Mister Occhi di Ghiaccio che mi stava fissando nuovamente. «Sono Christian, ma puoi chiamarmi Chris»
Puoi chiamarmi
cosa gli faceva pensare che l’avrei chiamato? Era la prima volta che lo vedevo come membro della band di Austin. A lui piaceva sempre cambiare membri con cui suonare.
«Nina»,risposi cercando di sorridere.
«La mia gatta si chiama Nina» Austin riemerse dall’abbraccio dell’amata e mi fece l’occhiolino.
Amanda gli diede un buffetto che lo fece quasi cadere dalla sedia: «Oh, sei ripetitivo Austin. Ogni volta che la vedi lo dici »
«Lo dico perché le voglio bene» rispose lui sulla difensiva.
Io risi allegra. Austin era davvero un bravo ragazzo ed era diventato mio amico prima ancora di diventare il ragazzo di Amanda. Ci eravamo conosciuti nella libreria dove lavoravo part-time per pagarmi le attrezzature e gli studi, durante una sua tournee nella nostra città.
«Anche io ti voglio bene».
«Secondo me il nome Nina è molto carino», si intromise Christian. Aveva una voce profonda e sexy che mi procurò una fitta allo stomaco. Il suo sorriso poteva illuminare quasi tutto il locale. Mi chiesi come sarebbe stato immortalare quel viso perfetto, ma scacciai subito il pensiero. Sentivo il suo ego schiacciarmi come una morsa.
«Nina ha scattato delle foto del concerto» lo informò Austin.
«Allora eri tu la ragazza con la Nikon» mi additò.
Nessuno aveva mai pensato a me come La ragazza con la Nikon. Mi piaceva.
«Sono solo una studentessa di belle arti, la fotografia è uno dei miei indirizzi accademici»
«Ma smettila! Sei la migliore del corso». Amanda ci teneva a farmi brillare come lei. Peccato che io non aspiravo ad essere una supernova, né tanto meno ad una normalissima stella.
«Posso vedere le foto?» Mister Occhi di Ghiaccio mi lanciò uno sguardo indecifrabile e il mio stomaco ebbe un altro colpo.
«Non faccio mai vedere le foto appena scattate. Devo lavorarci sopra» Gettai un braccio sulla borsa accanto a me come a proteggerla.
Austin gli diede una gomitata. «Fa sempre cosi».
E risero insieme.
Maschi.
Ero sempre del parere che avrei fatto meglio a stare a casa, a finire il nuovo libro di Patricia Cornwell che stavo leggendo.
Passarono alcuni minuti, fin quando mi accorsi che per me era ora di andare.
«Dovrei proprio andare» mi alzai infilando il cappotto di lana. Marzo, quell’anno, era decisamente freddo.
«Sicura che non vuoi rimanere? La madre di Austin sarebbe felice di ospitarti»,mi disse Amanda.
Scossi la testa. «Non vorrei essere d’intralcio a voi due piccioncini e poi domani devo alzarmi presto, ho lezione. E il pomeriggio devo lavorare in libreria. Devo recuperare le forze».
Amanda mi abbracciò. «Stai attenta, mi raccomando».
Anche Christian si alzò. Lo guardai fugacemente. Indossava una canotta nera con una camicia a quadri aperta, dei jeans sbiaditi e stivali da cowboy come il cappello. Sembrava appena uscito da una serie tv texana.
«Ti accompagno alla macchina». Il suo tono era perentorio e prese la mia borsa. Non mi andava di replicare, quindi gli feci strada.
Mi avvicinai accanto alla mia Berlina grigia e feci scattare le sicure. Christian aprì la porta del sedile posteriore e vi poggiò la borsa.
«Grazie» gli dissi sincera.
«Figurati, mi ha fatto piacere conoscerti»
«Anche a me». Il che era vero.
Prima che potessi pensare a qualcos’altro da aggiungere, Mister Occhi di Ghiaccio mi abbracciò.
Ma che diavolo?
Rimasi impalata, con le braccia lungo i fianchi. Non ero un tipo molto espansivo. O meglio una volta lo ero. Era stato prima che Ryan fuggisse a gambe levate alla mia proposta di andare a vivere insieme. Con la scusa di un master a Tokyo, mi aveva lasciato sola e indifesa. Era passato un anno e mezzo da allora, ma alcune ferite non si dimenticano mai. Puoi andare avanti con la tua vita, puoi costruirti un nuovo futuro, ma ci sarà sempre una scheggia nel tuo cuore. Una scheggia che non andrà mai via, qualsiasi cosa tu decida di fare. Mi ero chiusa nel mio mondo, mi ero chiusa nei miei sogni e non ero in grado di farci entrare nessuno. Non ancora e forse mai.
Christian si ritrasse subito. «Scusami, ho agito d’ impulso»
«Figurati, è che non me lo aspettavo» cercai di sorridere.
«Sono molto impulsivo, mi dispiace».
Scossi la testa, sembrava davvero dispiaciuto. «Nessun problema».
«Bene, allora