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E-book19 pagine12 minuti
Il commiato al Corriere
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Il 28 ottobre 1922 il re Vittorio Emanuele III dava al capo del fascismo, Benito Mussolini, l’incarico di formare il nuovo governo. Sul carro fascista, composto in gran parte da quei patrioti incostanti che vollero la guerra del’15 e l’intervento a Fiume del ’19, salirono i liberali borghesi spaventati da due anni di scioperi e quella parte silenziosa del proletariato agrario che vedeva nell’ex socialista di Predappio l’uomo giusto per risollevare l’antica Italia povera e rurale. Dapprincipio, anche il più autorevole giornale italiano, il «Corriere della Sera», non scorgeva nella rivoluzione delle camicie nere una pericolosa minaccia, ma un argine per contrastare la marea socialista che in quegli anni spaventava quella borghesia italiana che come punto di riferimento prendeva le colonne del giornale milanese diretto da Luigi Albertini. Convinto che il fascismo potesse inserirsi nello Stato attraverso le normali vie costituzionali, cambiò idea quando la violenza delle squadre fasciste divenne parte integrante del nuovo movimento rivoluzionario. Dalla fine del ’22 in poi l’opposizione di Albertini al nuovo regime fu decisa e intensa, toccando il punto più alto nel ’24, dopo l’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti. Mussolini conosceva bene il potere della stampa e in quegli anni scriveva: “Il giornalismo ha formato il mio spirito, il giornalismo mi ha condotto a conoscere la materia con cui si fa la storia”. Da quel momento, tutti i giornali che non si allineavano alle nuove disposizioni dettate dal Min.Cul.Pop. vennero chiusi o privati degli elementi indesiderati dal regime. I proprietari della maggioranza delle quote del «Corriere», i fratelli Crespi, decisero di allinearsi col fascismo e aprirono un contenzioso coi fratelli Albertini (Alberto Albertini prese in mano la direzione nel ’21 ma il giornale rimaneva di fatto nelle mani di Luigi) i quali lasciarono il giornale nelle mani del nuovo direttore Pietro Croci, il quale normalizzò il giornale secondo il volere della propaganda fascista. In un articolo intitolato “Commiato”, pubblicato il 28 novembre del ’25, quando ormai la libertà di stampa in Italia era sepolta, Luigi Albertini prendeva congedo da quei lettori che per venticinque anni avevano visto nel «Corriere» il faro illuminato della borghesia italiana.
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