Teatro: strumento per comprendere e promuovere l'interazione sociale
By Samuel Nava
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Avvalendosi di vari materiali, tra cui testi di importante rilievo nella tematica trattata, persone che operano nel settore del teatro sociale, e della sua personale esperienza laboratoriale sul Teatro dell’Oppresso e del tirocinio universitario sul Teatro Sociale, ha cercato di rispondere al suo interrogativo. Con l’obiettivo di scoprire se il teatro possa essere utile, per chi lavora nel sociale e per gli utenti che ad essi si rivolgono, come strumento di indagine dei bisogni dei soggetti in situazioni di disagio oltre che di intervento, adattando esercizi e metodi in base ai casi da trattare, permettendo così di stabilire un contatto tra operatore e utenti con un approccio creativo al lavoro in ambito sociale.
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Teatro - Samuel Nava
Il teatro educa al senso della misura, alla conoscenza dei propri e altrui spazi, arricchisce la fantasia e la cultura, stimola nel provare nuove strade e nuovi orizzonti, portando alla riflessione che le soluzioni che si possono trovare per la realizzazione di uno spettacolo sono molteplici e contraddittorie come nella vita.
Giovanna Pini
INTRODUZIONE
1. ESPERIENZA TEATRALE COME METAFORA DELL’AZIONE SOCIALE
1.1. Rito teatrale e la sua evoluzione nella società
1.2. La maschera sociale e la metafora del teatro di Eving Goffman
2. TEATRO SOCIALE PER LAVORARE NEL SOCIALE
2.1. Cos’è il teatro sociale, le sue forme
2.2 Teatro come strumento per promuovere l’interazione, e la possibilità di educare alla consapevolezza attraverso il dialogo
2.3. Lavorare nel sociale avvalendosi del teatro
3. LE MIE ESPERIENZE PRATICHE DI TEATRO SOCIALE
3.1. Esperienza laboratoriale sul Teatro dell’Oppresso
3.2. Esperienza tirocinio universitario sul Teatro Sociale
3.3. Conclusioni
BIBLIOGRAFIA
BIOGRAFIA AUTORE
INTRODUZIONE
La tesi da me esposta si propone di rispondere al seguente quesito: può il teatro fungere da strumento per comprendere e promuovere le interazioni sociali?
Avvalendomi di vari materiali, tra cui testi di importante rilievo nella tematica trattata, persone che operano nel settore del teatro sociale, e della mia personale esperienza laboratoriale sul Teatro dell’Oppresso e del tirocinio universitario sul Teatro Sociale, ho cercato di rispondere al mio interrogativo. Con l’obiettivo di scoprire se il teatro possa essere un valido strumento da usare per chi lavora nel sociale e per gli utenti che ad essi si rivolgono.
Per tanto ho diviso il seguente elaborato in tre capitoli.
Il primo capitolo Esperienza teatrale come metafora dell’azione sociale
riguarda l’uso del teatro come metafora per analizzare la vita quotidiana elaborata da Goffman per comprendere i ruoli e le interazioni ad essi vincolati poiché in base alla maschera che si porta, imposta dalla società, gli individui agiscono, come attori più o meno consapevoli della loro vita. Viene analizzato il forte legame tra società e teatro basandosi sull’evoluzione della società attraverso la storia del teatro, per evidenziare come il rito teatrale possa rivelarsi un importante rito collettivo atto a creare legami identitari e di appartenenza.
Nel secondo capitolo Teatro sociale per lavorare nel sociale
ho esposto alcuni metodi utilizzati da questo tipo di teatro cercando di valutare la sua valenza per quanto riguarda il processo di comprensione e di cambiamento sociale. Dopo aver analizzato le diverse forme di Teatro Sociale in base agli utilizzi ed al contesto, mi sono concentrato sul metodo Freire per quanto riguarda la possibilità di educare alla consapevolezza attraverso il dialogo, e sul Teatro dell’Oppresso di Boal che, ispirandosi alla Pedagogia degli oppressi, ha elaborato una pratica teatrale che si muove tra politica, teatro e società con l’obiettivo di produrre un cambiamento in situazioni di disagio e disparità. Ho inoltre analizzato la valenza del teatro come metodo alternativo o di supporto nei lavori sociali per la creazione di una relazione operatore-utente basata sul dialogo e sulla cooperazione finalizzata ad un cambiamento delle condizioni di vita. Per conoscere meglio le dinamiche e gli utilizzi pratici del teatro ho contattato Giulia P. Serranò, operatrice di teatro sociale che opera sul territorio reggino, che durante l’intervista tenuta presso gli spazi dell’Associazione di Promozione Sociale Pagliacci Clandestini
mi ha esposto i risultati da lei riscontrati durante il suo lavoro.
Nel terzo e ultimo capitolo Le mie esperienze pratiche di Teatro Sociale
ho esposto, come si evince dal titolo, la mia esperienza laboratoriale sul Teatro dell'Oppresso con Ciccio Tedesco, descrivendo alcuni esercizi del metodo Boal, oltre all'esperienza di tirocinio con Santo Nicito dell’Associazione di Promozione Sociale Pagliacci Clandestini
dove mi è stata data la possibilità di scoprire vari aspetti fondamentali sull’incontro con l’altro partendo da me stesso. Entrambe le esperienze le ho reputate molto importanti per la mia ricerca poiché la teoria da sola non basta, bisogna affiancare sempre la pratica. Attraverso di esse ho cercato di capire quale può essere l’uso del teatro come strumento, da parte di chi opera nel sociale, di indagine dei bisogni dei soggetti in situazioni di disagio oltre che di intervento, adattando esercizi e metodi in base ai casi da trattare, permettendo così di stabilire un contatto tra operatore e utenti con un approccio creativo al lavoro in ambito sociale.
1. ESPERIENZA TEATRALE COME METAFORA DELL’AZIONE SOCIALE
1.1. Rito teatrale e la sua evoluzione nella società
Non si può vivere senza, l’umanità non può vivere senza il Teatro. Forse un giorno si potrà vivere senza il cinema, ma senza il Teatro è impossibile. Almeno finché esiste l’uomo, finché esiste lo specchio, il riflesso di noi stessi che respira, vivo come noi. L’uomo ha bisogno dell’uomo, di essere riconosciuto, di vedersi di fronte e farsi delle domande, per cui non penso che il Teatro morirà mai. C’è una crisi ideologica, questo sì, ma io credo che il Teatro, quello che si può fare con una lampadina in scena, non tramonterà mai, perché non è la mancanza di soldi o l’assenza della borghesia in sala o la moda a fermarlo. Non è legato alle mode il Teatro. La sua vocazione principale è quella di indagare nell’umano, nella forma vivente.
Emma Dante
Il teatro è il luogo in cui un testo prende vita attraverso il corpo di un attore, davanti a un pubblico che ne condivide il tempo distaccato dal quotidiano.
Esso nasce come risposta al bisogno dell’uomo di dare un senso alla propria vita, di esorcizzare le proprie paure, di spiegare ed entrare in contatto con eventi naturali che non conosce e non può controllare.
Le sue origini sono incerte. Le poche informazioni giunte fino a noi provengono da geroglifici, dipinti murali, decorazioni e manufatti che mostrano scene di caccia, fasi della vita e i suoi passaggi, cicli stagionali, storie di miti e leggende che vengono drammatizzate attraverso la presenza di rituali in cui vi sono:
- azioni e formule ripetute e ripetibili;
- regole precise per eseguirle, che scandiscono i vari passaggi;
- elementi simbolici facilmente riconoscibili, che possono essere persone, cose o eventi legati alla vita quotidiana, alla storia o al mito;
- un messaggio da trasmettere, con finalità politica, sociale, militare, educativa ecc.;
- diversi codici, cioè l’insieme di segni (e le regole per combinarli insieme) usati per comunicare, come ad esempio il canto e il racconto (che fanno parte del linguaggio verbale) oppure la musica e la danza (che fanno parte del linguaggio non verbale);
- il contesto, vale a dire il luogo di svolgimento del rito;
- un mittente che esegue il rito;
- il ricevente, destinatario del messaggio.¹
Infatti come i riti, che secondo il sociologo Durkheim costituiscono dei modi di agire che sorgono in mezzo a gruppi riuniti e sono destinati a suscitare, a mantenere o a riprodurre certi stati mentali di questi gruppi
², anche il teatro, essendo un mezzo comunicativo, presenta un mittente (attore), un ricevente (pubblico), un mezzo trasmissivo (corpo dell’attore e oggetti di scena), un contesto (teatro o altro luogo in cui avviene la rappresentazione) ed un messaggio da trasmettere.³
Le azioni rituali, associate al verificarsi di un determinato evento, davano l’illusione di controllare ciò che non poteva essere controllato e quindi di maggiore tranquillità e stabilità per chi partecipava al rito. Ed è proprio nel rito che alcuni studiosi alla fine dell’Ottocento individuano la genesi del teatro. Basta pensare al teatro greco, dal quale ha origine la tradizione europea del teatro e dell’arte drammatica, in cui non era solo intrattenimento ma aveva una valenza politica, sociale e religiosa assimilabile ad un vero e proprio rito collettivo. Perfetta sintesi di queste funzioni era la festa delle Grandi Dionisie che era gestita direttamente dallo Stato attraverso l’arconte e avveniva ad Atene in primavera, cioè nel periodo di riapertura dei mari alla navigazione per cui la città si riempiva di mercanti e il rituale in onore di Dionisio diventava occasione per celebrare la città stessa oltre che per impressionare gli stranieri. Le Grandi Dionisie erano la festa più importante per le polis, a cui partecipavano persone appartenenti a varie classi sociali, persino donne, bambini e schiavi, poiché considerata un’occasione per educare la massa. Il teatro era una cassa di risonanza per le idee, i problemi e la vita politica e culturale proprio per il suo carattere collettivo, in cui venivano rappresentati racconti mitici ed eroici come metafora dei problemi profondi che viveva la città. Il teatro, quindi, come punto d’incontro:
- tra persona (cioè la maschera