La principessa della giungla lineare: Città lineare 2
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Fantascienza - romanzo breve (91 pagine) - L'atteso seguito di Un anno nella città lineare. «Il miglior scrittore in America al momento» Harlan Ellison
Siamo già stati nel Mondo della Città Lineare: un’unica, infinita città, larga due isolati e lunga milioni. Da un lato la ferrovia, dall’altro il fiume; in mezzo una teoria senza soluzione di continuità di edifici. Nessuno sa dove inizi né dove finisca. Le origini della Città Lineare si perdono negli abissi del tempo. Ma in questo mondo perfetto è accaduto qualcosa di spaventoso. Un disastro forse naturale, forse astromomico, forse causato dall’uomo, ha creato una Discontinuità: nel distretto di Vayavirunga la città è stata sopraffatta da un’oscura e fitta giungla popolata da esseri misteriosi. Per Merritt Abraham, giovane studentessa di polipolisologia, potersi unire a una spedizione guidata dal famoso professore esploratore Arturo Scoria è un’occasione unica per poter finalmente svelare i misteri della leggendaria Giungla Lineare.
Paul Di Filippo è nato nel 1954 a Providence, Rhode Island. È noto per essere uno scrittore eclettico, originale e mai prevedibile. I suoi racconti spaziano in tutti i sottogeneri della fantascienza. Ha esordito con grande successo nel 1995 con La trilogia Steampunk, a cui hanno fatto seguito nove romanzi – molti ancora inediti nel nostro paese – e nove raccolte di racconti. Il romanzo Un anno nella città lineare, uscito in Italia nella collana Odissea, è stato finalista ai maggiori primi del settore, e ha introdotto il Mondo Lineare, una delle sue creazioni più originali, un omaggio a grandi scrittori d’avventura come Edgar Rice Burroughs e Jack Vance, mondo al quale è tornato col recente La principessa della Giungla Lineare. Di Filippo esercita inoltre l’attività di critico letterario per le più importanti riviste americane di sf. Nel 2005 si è poi impegnato nella stesura di testi per fumetti, realizzando la mini serie Beyond the Farthest Precinct illustrata da Jerry Ordway basata sulla serie Top 10 creata da Alan Moore per la America’s Best Comics.
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La principessa della giungla lineare - Paul Di Filippo
9788825408201
Per Deborah, Principessa di Poplar Street
Dejah Thoris mi narrò un gran numero di fatti interessanti e di leggende su questa razza scomparsa, nobile e gentile. Disse che la città in cui ci trovavamo era stata con ogni probabilità un grande centro culturale e commerciale, anticamente noto con il nome di Korad. Era stata edificata intorno a un magnifico porto naturale, racchiuso tra incantevoli colline. La piccola valle a ovest della città, mi spiegò, era tutto quello che restava del porto, mentre il passaggio attraverso le colline in direzione del mare prosciugato era stato un tempo il canale che conduceva le navi fino alle porte della città.
Le sponde dei mari antichi erano costellate di città simili. Città più piccole e più rade si trovavano convergendo verso il centro degli oceani, perché la gente aveva sentito l’irresistibile necessità di seguire le acque che si ritiravano, finché era stata costretta a far ricorso all’estrema ancora di salvezza, i cosiddetti canali
marziani.
Edgar Rice Burroughs, La principessa di Marte
1
Viaggio post-laurea
Bordeggiando lentamente il Fiume a soli due nodi, ovvero otto Blocchi l’ora, in prevalenza con le vele gonfie di un vento caldo profumato di aria marina, impiegando inoltre due piccoli motori supplementari, ultima invenzione di Roger Kynard & Figli, Ingeniator, funzionanti con le poche centinaia di watt di energia del Sol di giornata, la Samuel Smallhorne, partita dal suo Scalo al numero 42 del Distretto di Stagwitz (Blocchi da 33.011.576 a 33.011.676 della Città Lineare), navigava all’altezza del confine periferico dei leggendari Blocchi della Giungla di Vayavirunga, intorno alle dieci del mattino del dodici maggio.
Tutti i passeggeri, appena cinque viaggiatori, corsero sul lato del robusto ketch di media stazza che fronteggiava la Via, a prua accanto alla polena, una raffigurazione a seno nudo dell’eroina del romanzo di Diego Patchen Arianna delle Strade Celesti (un amato classico vecchio di duecento anni), tenendosi alla balaustra dell’imbarcazione momentaneamente sbilanciata e stupendosi, con mute esclamazioni come di piccioni agitati, alla vista della vegetazione multicolore e ridondante che si innalzava verso il cielo nascondendo in parte le armature degli edifici in rovina, come un branco di gamberi di Fiume impazziti in lotta per sfuggire a una pentola d’acqua bollente, ognuno arrampicato sull’altro.
I tersi cieli azzurri sopra l’enigmatica distesa di Vayavirunga sembravano ospitare meno Psicopompi di ogni altro punto della Città, come se la popolazione umana presumibilmente scarsa in quella landa desolata richiedesse meno pastori di morte. Le diafane Ittiodomine e i marmorei Ornitauri che si vedevano in alto si sarebbero detti annoiati e apatici nella loro mancanza di occupazione, se tali emozioni umane si potessero plausibilmente attribuire a quegli esseri mistici e taciturni.
Il pigro ketch, metodo preferito per i viaggi inter-Distrettuali tra chi aveva tempo a sufficienza e cercava di evitare i treni fuligginosi o la claustrofobica Sotterranea, risaliva indolente il Fiume al suo ritmo regolare, favorendo la contemplazione. (Alla Samuel Smallhorne occorrevano circa dodici ore per attraversare i cento Blocchi di ogni singolo Distretto. Ma, mancando dei servizi igienici e di ristoro, la nave sostava regolarmente negli Scali e ormeggiava risolutamente ogni notte, con il prudente Capitano Canebrake che si guardava bene dal condividere le acque oscure con i grossi mercantili.)
Merritt Abraham studiò lo spettacolo della giungla con occhi intensamente accesi. Emozione e timore reverenziale le scorrevano nelle vene in egual misura. Era sicuramente la vista più esotica che avesse contemplato nei suoi ventidue anni. Che meraviglioso viaggio! Come aveva avuto ragione, mesi addietro, a fare domanda per il suo primo vero lavoro, seppure lontano da casa, al momento della laurea a Stagwitz. E come era stata fortunata a ricevere, subito dopo la cerimonia di consegna dei diplomi, due settimane prima, la lettera di convocazione per quell’invidiabile impiego.
L’orgia rigogliosa di fogliame e fiori rampicanti, che crescevano dove di norma compariva una sezione degli sconfinati insediamenti umani della Città Lineare, ricordava a Merritt i dipinti di Rosalba Lucerne, l’artista primitivista su cui aveva scritto una delle sue tesi più riuscite quando frequentava il Jermyn Rogers College a Stagwitz, e si sentì obbligata a condividere quell’intuizione estetica con i suoi compagni.
– Il panorama non somiglia alla giungla immaginaria nel Posatore di binari dormiente della Lucerne?
La retorica affermazione di Merritt produsse nei suoi colleghi una varietà di reazioni.
Alla sua immediata sinistra stava Balsam Troutwine, un individuo elegante, maturo ma ancora azzimato e attraente che, nel più puro esempio di nomen omen in cui Merritt si fosse mai imbattuta, lavorava come grossista di alcolici in un territorio di una ventina di Distretti, accentrati intorno alla nuova casa di Merritt, il Distretto di Wharton. Accanto a lui c’era Dan Peart, un ciclista professionista che aveva appena vinto le eliminatorie del Leydenfrost Memorial KiloBlock, con i muscoli delle gambe, perennemente esibite in multicolorati pantaloncini di seta, che si avvicinavano al modello anatomico della perfezione, simulacri d’acciaio rivestiti di pergamena.
All’altro lato di Merritt si trovava Cady Rachis, un’affascinante e statuaria bruna dagli occhi scuri di circa una dozzina d’anni più vecchia di lei. La mondanità e il senso della moda di Cady – era una cantante di night-club di una certa rinomanza – facevano sentire Merritt goffa e sciocca. La bellezza di Cady induceva sempre Merritt a rassettare la sua solita camicia a fiori o la tunica sopra i fianchi generosi, fasciati nei classici pantaloni kaki, e a guardare nello specchio in cerca dei segni di qualche caratteristica che potesse essere definita sexy
piuttosto che carina
.
Infine, dietro Cady si stagliava Ransome Pivot, allampanato, dai lineamenti larghi, un’indomabile ciocca di capelli fulvi a coprirgli perennemente un occhio, coetaneo romanticamente infatuato di Merritt e, con suo disappunto, anche iscritto al suo futuro istituto, la Swazeycape University del Distretto di Wharton.
Dan Peart sputò nel Fiume. – Mai avuto molto a che fare con tutto ciò che sa di fabulismo spontaneistico. Datemi un duro lastrico e catene di trasmissione ingrassate, non tutte queste sciocchezze.
Ransome accorse in difesa di Merritt con fare erudito. – Credo che la fortuita similitudine sia degna di nota, considerato che Lucerne in realtà non ha mai visto Vayavirunga. Mi pare che il catalogo di una recente esposizione della sua opera lo puntualizzasse, persino.
– Ho sentito dire che ci sono mostri di ogni specie nei Blocchi selvaggi – intervenne Troutwine. – Quasi tre interi Distretti sfuggiti al controllo. Settantacinque miglia di Vasuki-sa-cosa.
– Era un grande muro quello che ho visto verso la fine della Parte Bassa della Città? – chiese Cady Rachis.
– Sì – disse il sempre bene informato Ransome, desideroso di far colpo. – Il Muro si estende dagli Scali fino alla riva del Fiume, oltre qualunque cosa sia rimasta della Via, e poi giù fino ai Binari, e persino per una certa distanza dentro le discariche. Nulla cresce nelle discariche. Troppe scorie industriali. E le strane creature della Giungla sembrano rifuggire dall’attraversare sia l’acqua sia i detriti. Nel Muro c’è un cancello che si apre automaticamente per lasciar passare i Treni. E quando i treni passano per Vayavirunga, il macchinista tira degli scuri d’acciaio sulle finestre delle carrozze passeggeri.
– Il Muro continua nella Parte Alta, immagino – suggerì Peart freddamente.
– Così nessuno ha mai davvero visto la Giungla da vicino? – chiese Cady.
– Be’ – continuò Ransome Pivot, ignorando l’interruzione di Peart – i posatori di binari nella carrozza macchine vedono i margini di Vayavirunga quando la attraversano, ma non l’interno. E sono comprensibilmente reticenti persino sulle rapide occhiate che vi danno, per non alimentare paure nei cittadini dei dintorni.
Cady si afferrò a un bicipite di Pivot con entrambe le mani. – Oh, Ransome, sei capace di rendere chiaro ed eccitante un soggetto così inconsueto!
Pivot arrossì come un bambino. Cady sbatté le ciglia e premette in maniera provocante il seno florido contro il braccio del giovane.
– Vieni con me, Ransome. Approfondiamo l’argomento al riparo dal sole.
La cantante sentimentale e lo studente specializzando si allontanarono a braccetto.
Merritt era disgustata. Ransome Pivot, come tutti gli uomini, evidentemente possedeva due centri somatici della volontà e il più basso era sempre in alto, per così dire.
Non che per lei avesse un briciolo di attrattiva. Lo aveva conosciuto a malapena allo Jermyn Rogers College, quando lui per qualche motivo aveva maturato una sbandata per lei, e lo considerava un sempliciotto e un bamboccio immaturo. Era seccata che, intenzionalmente o per caso, l’avesse seguita nel nuovo lavoro. Avrebbe preferito la sensazione di una completa rottura con il suo monotono passato.
In ogni caso, gli uomini maturi le interessavano di più. Uomini come Troutwine, o anche