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Uno sceriffo per Cheyenne
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Uno sceriffo per Cheyenne

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About this ebook

Cal Rymes è reduce dalla guerra civile e dal tempo trascorso sotto il comando di un famigerato assassino, il colonnello confederato William Clarke Quantrill. Lascia i guerriglieri di Quantrill con una notevole esperienza e il desiderio andare il più lontano possibile dal suo passato. Tutto ciò cui aspira è una vita tranquilla, un piccolo ranch dove allevare una mandria e dei cavalli. Ambizione elevata per un uomo che non sa nulla in materia, ma sa come uccidere.

Un concorso di tiro al fucile a Dodge City gli dà la possibilità di un nuovo inizio. Vince un prezioso fucile, il Winchester “Golden Boy”, e si guadagna il soprannome di “Calico Kid”. Partito da Cheyenne per dare la caccia ai bisonti, Cal finalmente comincia a intravedere uno spiraglio di felicità. Ma una banda di fuorilegge capeggiati dal brutale Neil Sutter si frappone tra lui e la sua agognata meta. Con l’imminente arrivo della ferrovia la cittadina di Cheyenne è alle soglie di un importante sviluppo commerciale. E una città ha bisogno di uomini coraggiosi che diano la caccia ai banditi. Tempi violenti per uomini violenti. E Neil Sutter e i suoi uomini stanno per scoprire che non avranno più pane per i loro denti nel momento in cui hanno deciso di mettersi di traverso ai piani di "Calico Kid".

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateJun 7, 2017
ISBN9781547503759
Uno sceriffo per Cheyenne

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    Uno sceriffo per Cheyenne - Joe Corso

    Un cowboy che si rispetti non prende ciò che appartiene a qualcun altro e, se lo fa, merita di essere impiccato e lasciato alle mosche e ai coyote ~ giudice Roy Bean

    Capitolo 1

    21 agosto 1863

    Una mezza dozzina di uomini, accovacciati intorno a un piccolo falò nascosto da grossi cipressi, a Mount Oread, discuteva dell’imminente incursione nella piccola città di Lawrence, Kansas, mentre il resto della truppa, sparpagliato, era in attesa dell’ordine di montare a cavallo.

    Quantrill[1] lesse per la seconda volta la lettera che la signora Loren gli aveva inviato.

    «Bene, questa lettera ci fornisce informazioni dettagliate. Abbiamo una buona mappa della città e ora sappiamo quali case risparmiare.» Levò gli occhi verso i suoi luogotenenti e rise, il che, quella notte, gli diede l’aspetto ultraterreno di uno squilibrato che prediceva l’orrore che avrebbe visitato quella cittadina. «Stanotte cavalcheremo per tutta Lawrence e la ripuliremo. Svaligeremo la banca, i negozi, le case; ci prenderemo tutto ciò che ha valore e, quando avremo finito di saccheggiare la città, massacreremo ogni uomo, donna e bambino». Tenne in alto il foglio perché tutti gli uomini lo vedessero e, dopo una pausa a effetto, «fatta eccezione per i pochi amici menzionati in questa lettera.»

    Cal Rymes, John Mercer, conosciuto dai suoi amici come Bear per le sue dimensioni, l’abilità e la spietatezza in combattimento, e un altro giovane cavalleggero, un ragazzo di sedici anni di nome Jesse James, erano seduti a bere caffè e a discutere dell’assalto imminente. Il riflesso delle fiamme che danzavano nel fuoco del bivacco si specchiava nei gelidi occhi di Jesse.

    «Ho intenzione di arricchirmi stasera. Mi concentrerò sulla banca. C’è sicuramente un sacco di denaro nella cassaforte e voglio fare in modo di avere la mia parte. Poi ho intenzione di andare a cercarmi un po’ di Yankee da uccidere.»Disse lui con gli occhi sbarrati, la voce un tono più alto rispetto al normale, mentre si prefigurava il massacro cui stava per prendere parte.

    John Bear Mercer sorrise maligno. «Io voglio far fuori un sacco di Yankee oggi e poi ho intenzione di raggiungere Jesse e servirmi qualche soldo yankee.»

    Cal sedeva curvo vicino al fuoco cercando di scaldarsi. «Posso anche approfittare dei soldi, ma non mi piace l’idea di uccidere persone indifese, soprattutto donne e bambini.»

    «È la guerra e in guerra la gente muore» Jesse rise nervosamente... «e, quando farà giorno, molte persone moriranno e questo è un dato di fatto che nulla al mondo può cambiare. È la vita e non c’è niente che tu o io possiamo fare.»

    Mercer, ventun anni, ragazzo del Missouri davvero abile nel maneggiare la sei colpi, era d’accordo con lui. «Jesse ha ragione. È la guerra e quello che facciamo è uccidere gli Yankee.»

    Cal scosse la testa mentre attizzava il fuoco che stava perdendo vigore. Aveva raggiunto la truppa di Quantrill nella primavera del ‘63 ed era stato orgoglioso di entrare a far parte degli incursori di Quantrill, credendo che il ventiseienne colonnello dei Confederati fosse un patriota. Ma, al suo seguito, aveva imparato che le cose stavano diversamente. Quantrill era un pazzo assassino che utilizzava la guerra come una scusa per rapinare, uccidere e saccheggiare gli Yankee.

    «Cosa vuoi fare quando veniamo fuori da questa guerra, Cal?» Chiese Jesse.

    «Mi piacerebbe avere una di quelle nuove Colt Navy[2] degli Yankee e poi, una volta che avremo preso Lawrence, magari potrò procurarmi un buon cavallo mentre sono lì.»

    Jesse annuì. «Ho capito... ma non è ciò che ho chiesto. Voglio sapere che cosa hai intenzione di fare dopo la guerra.»

    Cal sbatté due volte le palpebre e poi guardò Jesse. «Sai, non ho mai fatto progetti a lungo termine ma, ora che mi ci fai pensare, mi piacerebbe avere un podere e allevare un po’ di bovini... e anche qualche cavallo magari.»

    «Occorrono soldi per questo.» Aggiunse Jesse.

    «Sì, lo so. Non ho mai ricavato molto denaro dalle nostre incursioni. Credo che quando finirà questa guerra farò un po’ di caccia al bisonte. Stanno guadagnando bei dollari con le pelli e, se ne uccidessi abbastanza, potrei forse avere soldi a sufficienza per avviare un piccolo ranch.»

    «Perché vorresti fare una cosa del genere quando potresti rapinare un treno o una banca yankee e, semplicemente, prendere ciò che vuoi e il gioco è fatto? Questo è ciò che ho intenzione di fare io, quando questa guerra sarà finita. Ho intenzione di farla pagare agli Yankee per quello che hanno fatto al Sud e voglio farlo per gli anni a venire.»

    Mercer annuì per confermare. «Questo è ciò che immagino di fare anch’io. Ci sono un sacco di banche tra qui e la California che sono in attesa di essere assaltate da un uomo che non ha paura di morire o di uccidere, e quell’uomo sono io.»

    Jesse sorrise. «Ecco, quello di cui sto parlando. Forse dopo la guerra metterò insieme una banda e farò proprio questo. Svaligiare banche yankee.»

    Cal notò lo sguardo sul volto del suo amico e capì che diceva sul serio. «Guarda, Jess, sono tuo amico e, qualunque cosa farai, sappi che sarò sempre tuo amico... ma mi sono unito a Quantrill per combattere gli Yankee, non per derubare e uccidere civili inermi come stiamo facendo. Non è giusto. Queste persone hanno il diritto di vivere. Sono cristiani timorati di Dio che lavorano sodo, anche se sono Yankee.»

    Furono distolti dalla conversazione da un comando del colonnello.

    «Lawrence è laggiù, subito al di là di quella montagna, e possiamo essere lì in un’ora, perciò, in sella. Cavalchiamo verso Lawrence. Quando entriamo in città, uccidete chiunque vediate e non m’importa se siano uomini, donne o bambini. Uccideteli tutti, intesi?» Gli uomini, alla domanda di Quantrill, emisero un avido risonante «SÌ.»

    «Badate, ho assegnato alcuni di voi a guardia delle poche case amiche di quella città ma, non preoccupatevi, avrete comunque una parte del bottino quando farò la spartizione. Ora, in marcia.»

    Un’ora dopo, la mattina presto del 21 agosto, quando Quantrill e i suoi cavalleggeri entrarono a Lawrence, si scatenò l’inferno. Quantrill galoppò giù da Mount Oread alla testa di quattrocentocinquanta guerriglieri e attaccò la città. Il primo obiettivo, il senatore Lane, sfuggì in camicia da notte attraverso un campo di grano, ma il resto degli abitanti non fu così fortunato. Il colonnello ordinò ai suoi di eliminare tutti gli uomini e i ragazzi sostenendo che quelli che erano abbastanza grandi per portare un fucile erano abbastanza vecchi per morire. E diede l’esempio usando le rivoltelle francesi PinFire, le sue preferite, per uccidere molti uomini, trascinandoli fuori dalle proprie case e giustiziandoli di fronte ai familiari.

    Cal ebbe l’ordine di dare fuoco a un negozio di armi ma prima vi entrò alla ricerca di una Colt Navy calibro .44 a ripetizione. Sotto il bancone trovò un set con una coppia di Navy e lo prese. Mentre stava per uscire, poi, notò un espositore con varie impugnature d’avorio intagliato così prese anche un paio di quelle. Reperì una tanica di kerosene e versò il contenuto generosamente in giro per il negozio quindi accese un fiammifero e lo gettò sul pavimento di legno ormai imbevuto del combustibile che, istantaneamente, fece divampare l’incendio. Quantrill, ancora in groppa al suo cavallo, guardava con soddisfazione l’edificio avvolto dalle fiamme. Non appena Cal mise piede fuori, sulla strada, all'improvviso, veloce come un lampo, estrasse la sua malconcia vecchia Remington dalla fondina che aveva al fianco, si voltò e sparò.

    Il colonnello si abbassò e, pensando che Cal volesse sparare a lui, estrasse la pistola e girò il cavallo, in tempo per vedere un uomo che cadeva, ucciso da quella pallottola proprio mentre stava per colpirlo alle spalle.

    Non disse nulla. Fece appena un cenno col capo a Cal che stava riponendo la pistola nella fondina, poi tirò le redini, girò su sé stesso e se ne andò al galoppo lungo la strada. I combattimenti terminarono quasi con la stessa rapidità con cui erano iniziati. Quella mattina, alle nove, Quantrill aveva lasciato cadaveri centottantatré fra uomini e ragazzi, di età compresa tra i quattordici e i novant’anni, e la maggior parte degli edifici di Lawrence stava bruciando a eccezione di due negozi.

    Rientrati al campo, il colonnello sedeva accanto al fuoco presso una quercia pendente sorseggiando caffè quando Cal gli passò davanti. Questi non aveva notato il suo superiore a causa delle ombre proiettate dai rami dell’albero. Il graduato lo chiamò e, quando ebbe ottenuto la sua attenzione, gli fece cenno di avvicinarsi e di sedersi accanto a lui.

    «Grazie per avermi guardato le spalle oggi, soldato. Quella pancia azzurra mi avrebbe colpito di certo se tu non gli avessi sparato per primo. Ti sono debitore per aver ucciso quello Yankee e non mi piace avere debiti con nessuno, perciò, che cosa posso fare per pareggiare il conto?»

    «Potrei avere un buon cavallo?»

    «È tutto quello che desideri?»

    «È tutto, colonnello. Un buon cavallo mi farebbe piacere.»

    «Abbiamo preso un certo numero di ottimi cavalli da quella città oggi, così... va’ a scegliere quello che vuoi. È tuo.»

    «Grazie, colonnello.» Cal stava per allontanarsi ma Quantrill lo fermò.

    «Prima di andare, volevo solo dirti che sono rimasto impressionato dal tuo modo di maneggiare la pistola. È stato un tiro abbastanza estroso quello che hai fatto oggi. Dove hai imparato a sparare in quella maniera?»

    «Mio padre era un armaiolo e io ho cominciato a maneggiare armi quasi da prima di essere capace di camminare. Aveva uno spiazzo sul retro del suo negozio e sono stato lì per ore a fare pratica. Non vi avevo mai dato molto peso prima di diventare soldato. Quando ho visto quanto fossero cattivi tiratori gli altri mi sono accorto che il mio costante esercizio nello sparare ha fatto di me un tiratore molto più mortale di loro.»

    Capitolo 2

    I due anni successivi furono spiacevoli per Cal. Da quando aveva salvato il colonnello Quantrill ed era stato posto all’attenzione degli uomini, quelli avevano preso atto del modo in cui maneggiava la pistola e, quando ne parlavano, si riferivano a lui sempre con il suo nome di battesimo, Calico, il che lo irritava. Il giovane preferiva essere chiamato Cal, ma non ammise mai di sapere della reputazione di pistolero che aveva presso di loro. Credeva nella causa del Sud ma era scottato e, sebbene fosse un soldato, non approvava il modo in cui il colonnello combatteva per essa. L’uccisione insensata di centocinquanta Negros gli fece rimpiangere di servire sotto di lui, ma era un soldato e compiva il suo dovere, sia pure con riluttanza. Disperatamente aspettava il giorno in cui avrebbe potuto lasciare Quantrill e i suoi banditi. Sapeva che se si fosse allontanato in quel momento per scomparire, una notte, il colonnello lo avrebbe scovato e lo avrebbe fatto fucilare come un disertore.

    Anche se la guerra stava rapidamente volgendo al termine, nella primavera del 1865, Quantrill, con solo poche decine di uomini, mise in scena una serie di incursioni nella parte occidentale del Kentucky. Il 9 aprile il generale Robert E. Lee si arrese al generale Grant e il 26 aprile il generale Johnston consegnò il suo esercito al generale Sherman. Il 10 maggio Quantrill condusse il suo piccolo esercito, circa una dozzina di uomini, in un’imboscata a Wakefield Farm e, poiché il suo cavallo era ombroso, non poté fuggire e fu colpito alla schiena da un soldato dell’Unione. Cal e Bear, vedendo tutti i loro compagni uccisi dagli Yankee, si accorsero con orrore che l’assalto si stava trasformando in una carneficina e riuscirono a scampare alla morte solo perché erano stati gli ultimi a entrare nella fattoria. Nel momento in cui le forze dell’Unione aprirono il fuoco e cominciarono a uccidere gli uomini, sotto i tiri incrociati, voltarono i cavalli e corsero via verso la salvezza.

    Cal seppe in seguito che Quantrill era stato portato da un carro all’ospedale della prigione militare di Louisville, Kentucky, paralizzato dal torace in giù, dove, il 6 giugno 1865, all’età di ventotto anni, era morto per le ferite. Fortunatamente, Jesse James non era con lui; stava combattendo gli Yankee al fianco di Bloody Bill Anderson[3] quando questi fu colpito al petto. Ciò che allontanò Cal da Jesse fu la parte che quello aveva giocato nel massacro di Centralia, che i testimoni descrissero come un ‘carnevale di sangue’. Mentre la banda saccheggiava e uccideva tutti coloro che incontrava sul proprio cammino, un convoglio con ventuno soldati dell’Unione in congedo, disarmati, fu attirato verso il centro della città. Quei soldati furono uccisi così come altri centocinquanta catturati e a Jesse fu attribuita l’uccisione, durante lo scempio, del maggiore dell’Unione A.V.E. Johnston. Nella mente di Cal, lui, aveva passato il segno quando la banda mutilò, sventrò e prese lo scalpo ai cadaveri.

    Da quando aveva trovato la coppia di Colt Navy a Lawrence, sul finire della guerra, indossava due pistole. Era destrorso ma, sebbene non sparasse male con la mano sinistra, i colpi mortali erano quelli esplosi con la destra, così indossava le pistole nella posizione più idonea perché questa potesse rapidamente raggiungerle entrambe. La collocazione più veloce era quella con la fondina alla cintura oppure all’anca. Era capace di estrarre la rivoltella tanto velocemente quanto lo scatto di un serpente a sonagli e teneva testa a qualunque uomo ne portasse una. La sua seconda arma si trovava sul lato sinistro in una fondina modificata in modo che il calcio fosse girato verso destra in orizzontale per poterla afferrare al bisogno.

    Nel giugno del 1865, in Kansas, fu congedato. Ficcò la sua poca roba nelle bisacce, salutò Bear, montò a cavallo e si diresse a ovest verso le pianure, a caccia di bisonti. Avrebbe potuto cacciare anche lì, ma volle mettere una certa distanza fra sé e il Kansas, i suoi ricordi di Quantrill e di Bloody Bill Anderson, la guerra e la parte che lui vi aveva giocato. Per lui, il Kansas era come un foruncolo purulento che doveva essere inciso e l’unico modo per farlo era quello di mettere parecchia strada tra lui e quello stato. Non avendo fretta di arrivare in alcun posto se la prese comoda e, a poco a poco, assunse la rilassata abitudine di percorrere dalle venticinque alle trentacinque miglia circa al giorno. Aveva un buon cavallo e due eccellenti pistole ma gli mancava un fucile da sella e aveva bisogno di una buona arma per bisonti. Per quello, però, avrebbe dovuto attendere fino a che non avesse avuto i soldi per comprarne una.

    Per uscire dal Kansas sarebbe dovuto passare attraverso Dodge City. Controllò nelle tasche, tutto quello che aveva erano quindici dollari e settantacinque centesimi. Abbastanza per pagarsi un bagno, una rasatura e una camicia per il viaggio. Si guardò gli stivali, erano ancora in buono stato. In un certo senso era stato fortunato perché cavalcare con Quantrill e saccheggiare le città distrutte significava, alla fin fine, avere avuto stivali ai piedi e vestiti addosso mentre la maggior parte dei soldati confederati era a piedi nudi.

    Attraversò la città che sembrava un fantasma. I suoi vestiti erano a brandelli e pendevano sul suo corpo scarno. Non si radeva da settimane e il suo volto era quasi nascosto dalla lunga barba nera che accentuava gli occhi affossati in orbite profonde sotto folte sopracciglia nere, il che gli dava l’aria di uno spettro. Insomma, sembrava un cadavere ambulante. Vide un cartello che diceva ‘Pasto 25 centesimi’ così vi si diresse, smontò, legò il cavallo al palo di aggancio ed entrò. Il posto era affollato e non c’erano tavoli liberi ma, sul punto di andarsene, notò che due persone si alzavano dal loro posto. Si avvicinò e stava per sedersi quando qualcuno afferrò il suo braccio per fermarlo.

    «Questo è il nostro tavolo, signore.»

    Cal guardò prima la mano che teneva il suo braccio poi spostò lo sguardo e fissò l’uomo direttamente negli occhi. «Vorrei che la vostra mano lasciasse il mio braccio, finché siete in tempo, signore.»Parlò con calma ma con fermezza. «Non ho intenzione di ripeterlo.»

    L’uomo liberò il braccio e inclinò la testa verso la porta. «T’insegneremo noi le buone maniere Reb[4], così la prossima volta ci penserai due volte prima di occupare il tavolo di qualcun’altro. Ti aspettiamo fuori.»

    I clienti ai tavoli circostanti che avevano ascoltato la conversazione esaminarono il giovane mentre si sedeva tranquillamente e affrontava la cameriera che prendeva il suo ordine. Non sembrava particolarmente preoccupato che degli uomini lo aspettassero fuori.

    «Che cosa prendi, cowboy?»

    «Portatemi il vostro menu speciale da venticinque centesimi.»

    «Due uova, pancetta, pane tostato e caffè. Arriva subito.»

    «Potreste fare tre uova, signorina? Non ne mangio da due anni.»

    Lei guardò la divisa lacera e si dispiacque per lui. Si accorse che doveva aver attraversato momenti difficili. «Certo che ti do un paio di uova in più, e non le pagherai.» Guardò fuori per vedere se i due attaccabrighe fossero in attesa come avevano detto e, con delusione, vide che stavano ancora bighellonando davanti al suo locale. Tornò pochi minuti dopo con la colazione di Cal e quando gliela mise di fronte sussurrò, così che gli altri clienti non sentissero «Quegli uomini sono ancora là fuori. Potresti andartene dalla porta sul retro così non ti vedranno.»

    Lui divorò le sue uova come chi non mangiava da un mese, il che non era lontano dal vero. La donna attese la sua risposta ma, vedendo che non arrivava, si voltò per andarsene. «Grazie per l’interesse, signorina, ma dopo quello che ho passato, quei due non mi preoccupano minimamente. Se saranno ancora là quando uscirò, allora non infastidiranno più nessuno.»

    Bevve un sorso di caffè e finì il suo pasto. Quando la cameriera tornò per pulire il tavolo le chiese «Dove potrei fare un bagno e una rasatura da queste parti?»

    «Tony Barber Emporium. È proprio in fondo alla strada, non ti puoi sbagliare.»

    «Grazie, mi avete servito un pasto davvero raffinato.»

    «E di quei due uomini? Non sei preoccupato?»

    «Niente affatto. Dopo quello che ho fatto durante la guerra, sono loro che dovrebbero preoccuparsi di me.»

    Quelle parole risvegliarono in lei il senso materno e provò compassione per il cowboy. Diede un’occhiata più da vicino al patetico ex soldato seduto al tavolo del suo locale e notò i suoi vestiti laceri e il suo contegno fiero. Sì... aveva attraversato l’inferno, ma era ancora vivo e sapeva che, per essere sopravvissuto al combattimento, quest’uomo doveva aver sperimentato quanto fosse difficile essere sotto tiro. «Sei sicuro di non voler utilizzare l’uscita posteriore?»

    «No, signorina, sono entrato dalla porta principale e da lì intendo uscire. Ma apprezzo il vostro interessamento.»

    Tutti gli occhi erano rivolti verso di lui quando si alzò, si diresse verso la porta e lì si fermò. Per istinto, sollevò lievemente la Colt dalla fondina che aveva al fianco. Soddisfatto, trasse un respiro profondo e s’incamminò sulle assi del marciapiede della strada dove i due uomini lo attendevano.

    A quel tempo, dopo la guerra, Dodge era una città senza legge, attraversata da anime inquiete; alcune si fermavano appena, non indugiando per lungo tempo prima di lasciare la città, altre rimanevano in cerca di guai; ex soldati sia del Nord sia del Sud, pistoleri, bari, prostitute e gente della loro specie che predavano i deboli o gli sfortunati.

    Ai due provocatori Cal sembrava un esile e facile bersaglio. Sembrava non potesse stare in piedi a lungo e tanto meno che potesse sostenere una lotta e quei due vagabondi in sella depredavano i deboli. Notarono la divisa strappata e logora e poi l’anomalia delle due Colt Navy con l’impugnatura d’avorio che indossava, e si fermarono per un secondo. Avrebbero potuto prendere quella pausa come un avviso che avrebbero dovuto lasciare andare quell’uomo, ma non lo fecero. Erano pieni di sé, sicuri che due uomini che vivevano della propria pistola avrebbero potuto certamente uccidere l’ex soldato, apparentemente patetico e dalla corporatura scheletrica, che stava di fronte a loro, con gli abiti stracciati, nelle strade di Dodge.

    Si disposero in cerchio e i passanti corsero fuori dalla linea del fuoco. A questo punto spettatori curiosi si radunarono su entrambi i lati della strada per osservare un giovane ex soldato confederato sul punto di essere ucciso dei noti Yankee attaccabrighe.

    Uno dei due gridò a Cal. «Avresti dovuto lasciare che avessimo quel tavolo e niente di tutto questo sarebbe accaduto ma, voi Reb, proprio non sapete quando darvi per vinti. Vi abbiamo uccisi in guerra e ora abbiamo intenzione di uccidervi per la strada.»

    Lui non disse una parola e ciò diede loro l’errata convinzione che fosse un codardo. Li osservò mettersi in posizione mentre lo circondavano. Improvvisamente, l’uomo alla sua sinistra si mosse per estrarre la pistola, ma Cal fu più veloce e lo colpì in pieno petto e, senza preavviso, si voltò per affrontare l’altra pancia azzurra mentre, nello stesso tempo, in un unico fluido movimento, tirava indietro il cane della pistola e sparava al compagno del morto prima che quello potesse far fuoco. L’azione avvenne tanto velocemente che i due spari risuonarono quasi come un sol colpo... quasi, ma non proprio.

    Cal si voltò e disse ad alta voce alla folla riunita sulle tavole del marciapiede «È stata una lotta leale. Avete assistito tutti, così, quando gli uomini di legge andranno in giro per sapere cosa è successo qui, assicuratevi di dire loro ciò che avete visto.»

    Mentre poi si dirigeva verso il suo cavallo estrasse dalla fondina che portava sulla spalla la seconda pistola, che era completamente carica, e la sistemò in quella che aveva sul fianco. Avrebbe sostituito le due cartucce alla prima occasione. La cameriera era in piedi sul marciapiede di fronte al suo locale quando lui si avvicinò.«Torna più tardi, questa sera, per la cena. Offro io. Il mio nome è Lorraine... e il tuo?»

    «Cal, signorina.»

    «Beh! Va’ a darti una ripulita e, quando sarai pronto, torna qui che troverai un buon pasto preparato per te.»

    Lui la guardò con meraviglia chiedendosi come mai lo trattasse con tanta gentilezza. Nessuno si era più dato pena per lui da quando sua madre era morta d’emorragia. Non espresse i propri pensieri. Si voltò e s’incamminò verso il barbiere ma, dopo due passi, si fermò. «Scusatemi, Lorraine, per caso sapete dove sono i cavalli dei due piantagrane?»

    «Li ho visti prendere qualcosa dalle bisacce di quel cavallo laggiù.»

    Cal guardò nella direzione che lei gli stava indicando e vide due cavalli. «Grazie.» Attraversò l’affollata carreggiata polverosa e si diresse verso di loro.

    Entrambi avevano bisacce, così, iniziò a rovistare in quelle del cavallo a lui più vicino. Vi trovò una camicia di ricambio e un paio di pantaloni; si chiese se gli sarebbero calzati. Pensò che, dopo aver fatto il bagno, li avrebbe provati per vedere se gli si adattavano. Si avvicinò al secondo gruppo di borse laterali, vi guardò dentro ma non trovò nulla se non una piccola sacca di pelle e un po’ di munizioni. Quando guardò nella piccola sacca trovò quarantadue dollari d’argento e se li mise in tasca. Stava per dirigersi dal barbiere quando notò un fucile lungo in un fodero da sella.

    Sfilò il fucile e gli diede una buona occhiata. Era quello che gli mancava. Si trattava di un’arma molto speciale: un Kentucky Rifle calibro .50 con una canna di quarantuno pollici invece di quella standard di trentasei e pesava ben diciotto chili. Quella carabina, nelle sue mani, avrebbe potuto colpire un bersaglio a circa mezzo miglio di distanza. Era perfetto per la caccia al bisonte. Raccolse le munizioni dalle bisacce, sganciò la guaina da sella e il fucile e li portò entrambi al suo cavallo, dove li assicurò alla sua sella.

    Capitolo 3

    Cal rimase una mezz’ora in ammollo nella vasca da bagno per permettere all’acqua calda di fare il suo lavoro e sciogliere la sporcizia e il sudiciume del suo corpo. Solo quando l’acqua si fu raffreddata decise che, dopo il piacevole relax, era tempo di uscire dal bagno. Si asciugò e provò i pantaloni e la camicia nera e fu felice di scoprire che, sebbene fossero un po’ larghi, gli si adattavano perfettamente. La tappa successiva fu il barbiere per un taglio di capelli e barba.

    Quando tornò al ristorante Lorraine non lo riconobbe. Gli indicò un tavolo. «A quel tavolo non è seduto nessuno, signore.»

    Cal rise perché

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