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Il Cristallo di Atum. Aki e le Sfere del Tempo
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E-book174 pagine1 ora

Il Cristallo di Atum. Aki e le Sfere del Tempo

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Info su questo ebook

Durante l'ultimo giorno di vacanze al mare, Aki riceve un enigmatico messaggio da parte di Lilith e, al suo ritorno a Pieve Olimpia, scopre che è scomparsa, svanita nel nulla insieme con la sua famiglia. Disperato per l'improvvisa sparizione, si precipita a casa del signor Filippotti che gli rivela che Lilith è partita per un viaggio su un cristallo parallelo, quello di Atum dove vivono e dimorano le divinità e le creature della mitologia dell'Antico Egitto. Un sogno ricorrente, infatti, le rivela che l'Occhio di Horus, l'antico e potente amuleto egizio è in pericolo. Aki decide allora di andare alla ricerca della sua amica. La Sfera del Tempo lo catapulterà sul cristallo di Atum dove si ritroverà nel mezzo di una feroce guerra tra divinità e dovrà affrontare pericolose e intrepide avventure prima di trovare Lilith e di scoprire quale minaccia incombe sull'Occhio di Horus.
LinguaItaliano
Data di uscita25 mag 2017
ISBN9788892661349
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    Anteprima del libro

    Il Cristallo di Atum. Aki e le Sfere del Tempo - Gianni Perticaroli

    633/1941.

    UNO

    RITORNO A CASA CON SORPRESA

    Finalmente a casa!

    Ad alcuni suonerà molto strano, ma quando papà spense il moto re dell’auto davanti alla nostra casa, mi sentii felice e provai un senso di sollievo. Non fraintendetemi, in vacanza ero stato bene e mi ero divertito ma, dopo due settimane lontano da casa, avevo sentito il desiderio di ritornarci, anche se ciò significava che presto la scuola sarebbe ricominciata.

    Dopo due estati consecutive trascorse a Pieve Olimpia, finalmen te, quell’anno, i miei genitori si erano messi d’accordo e avevano trovato una località che li accontentava entrambi: vicina al mare per la gioia di mamma e poco distante da alte colline boscose per la soddisfazione di papà. Così, durante i quindici giorni di vacanza, avevo potuto scegliere tra divertenti bagni al mare e interessanti gite nei boschi. Mia sorella Aurora, invece, aveva preferito di gran lunga il mare perché era andata con papà solo una volta e al ritorno si era lamentata per il male ai piedi.

    Era stato un periodo divertente e mi era sembrato che la vacanza avesse contribuito ad alleviare la tensione tra i miei genitori che, ne gli ultimi mesi, si era generata a causa della perdita del lavoro di mia madre, che non era riuscita a trovarne un altro nonostante i nume rosi colloqui. Anche Aurora ne aveva giovato perché solo raramente era stata capricciosa e rompiscatole.

    Vi chiederete, allora, perché avevo voglia di tornare a casa. La ragione era una... Due, veramente.

    La prima era che mi era mancato il signor Filippotti. Da quando avevo scoperto di essere un Erede delle Entità Superiori, apprezzavo la sua compagnia ancor più di prima. Mi era sempre piaciuto ascol tare le sue storie incredibili su mondi strani e irraggiungibili oppure su eroi e divinità d’altri tempi ma ora, che avevo scoperto chi ero, chi ero veramente intendo, i suoi racconti erano divenuti molto più interessanti perché in alcuni di quei mondi io c’ero stato e avevo incontrato dei e uomini che avevo creduto fossero appartenuti solo ai miti e alle leggende.

    Il signor Archimede Filippotti è un Maestro di Conoscenza e possiede un potente dispositivo, chiamato la Sfera del Tempo, che consente a noi Eredi di raggiungere quei mondi irraggiungibili il cui nome è cristalli paralleli. Questi sono stati generati per volontà degli dei che li abitano insieme con altre divinità e con creature incredi bili come draghi ed elfi oppure demoni alati e uomini scorpione.

    Ci sarebbe tanto, tantissimo da scrivere per ben dare un’idea di cosa si può trovare in quei mondi paralleli, ma non voglio dilungar mi oltre.

    Per coloro che hanno già letto alcuni dei miei racconti, niente di ciò che sto scrivendo giungerà nuovo, per chi, invece, non ha mai sentito parlare di me né delle mie incredibili avventure prima d’o ra... Beh, continuate a leggere e avrete la risposta alle domande che vi frullano nella testa.

    Ah, naturalmente, dopo aver letto le mie avventure, sarete liberi di pensare che sia tutto una balla colossale e che mi sia inventato ogni cosa di sana pianta, ma se fossi in voi non lo farei.

    Non si scherza con gli dei e non si sa mai cosa possa accadere. Conoscere cosa vi aspetta, potrebbe essere fondamentale per salvarvi la vita in situazioni di pericolo.

    Io vi ho avvertito. Ora fate come credete. Adesso, però, ho perso il filo.

    Dov’ero rimasto...

    Ah, già, la seconda ragione per cui desideravo tornare a casa. Beh, aveva un nome ben preciso... Lilith. Ecco, l’ho detto senza tentennare!

    Lilith è una ragazza siriana che era arrivata a Pieve Olimpia du rante il primo quadrimestre e, nonostante le difficoltà della lingua, era riuscita comunque a essere promossa a pieni voti per cui si ap prestava a iniziare l’anno scolastico nella II° B. Io, invece, ero nella A, l’altra sezione della scuola media di Pieve Olimpia.

    Le materie che preferiva erano...

    Ecco, lo sapevo, la sto prendendo alla larga e sto scrivendo cose che non interessano a nessuno e che rischiano di farmi perdere un’altra volta il filo del discorso.

    Ma lo sapevo ancora prima d’iniziare. Parlare delle femmine non mi risulta semplice. Molto meglio scrivere di demoni e mostri.

    E questo perché non sono mai stato un fenomeno con le ragazze e mi sentivo in imbarazzo in loro compagnia. Spesso bastava poco per farmi avvampare e farfugliare come se fossi diventato improvvi samente incapace di formulare una frase di senso compiuto.

    Invidiavo alcuni ragazzi della terza che si mostravano molto più disinvolti, anche se poi non tutti sapevano farci davvero e finivano per rimediare delle figuracce memorabili.

    Con Lilith, però, era diverso. Era timida e riservata e non mi sen tivo a disagio a stare seduto al suo fianco, cosa che facevamo spesso a scuola durante l’intervallo di metà mattina. Avevamo sviluppato una buona sintonia e ci capivamo anche senza bisogno di dover parlare. E poi era proprio bella. Aveva occhi scuri con lunghe ciglia, i capelli lunghi fino a metà schiena e neri come il carbone e la pelle olivastra.

    Beh, lo avrete capito, Lilith mi piaceva, anche se mia madre non doveva venire a saperlo perché dinanzi a lei avevo negato ferma mente.

    E, credetemi, avrei detto di Lilith le stesse cose anche se non avessi scoperto che era un’Erede, proprio come me.

    E sì, Lilith era nata il mio stesso giorno alla stessa ora, nel mo mento in cui si era verificato l’allineamento di tutti i cristalli paralleli con il mondo primario, quello in cui viviamo noi. Tale fenomeno è un evento molto raro, dura settantasette secondi e avviene ogni set tantasette anni, calcolati secondo il conteggio del tempo primario.

    Nessuno, a parte il signor Filippotti, sapeva di me e Lilith, del fatto che fossimo Eredi delle Entità Superiori, intendevo dire, e que sto nostro essere ragazzi speciali aveva contribuito a farci sviluppa re una maggiore intesa tra noi e a farci sentire più uniti.

    Inoltre, avevamo vissuto un’incredibile avventura sul cristallo di

    Nammu e l’esperienza ci aveva fatto avvicinare ulteriormente.

    L’avevo salutata la sera prima di partire per le vacanze e da quel giorno non c’eravamo più sentiti. Avevo provato a chiamarla a casa di nascosto dai miei ma avevo riappeso quando mi aveva risposto suo padre. Era geloso e possessivo e non volevo metterla in difficoltà poiché ero certo che le avrebbe insistentemente chiesto spiegazioni per la mia telefonata.

    Così mi sorpresi molto quando l’ultimo giorno al mare ricevetti un sms sul mio cellulare nuovo di zecca. Era il regalo per la promo zione e il compleanno.

    Il messaggio proveniva da un numero sconosciuto ma quando lo lessi mi balzò il cuore in gola. Fortunatamente in quel momento ero solo sotto l’ombrellone perché mi sentii la faccia in fiamme e mia madre mi avrebbe certamente scoperto.

    Ciao, sono Lilith, dove sei?

    Questo era il messaggio.

    Mi affrettai a risponderle.

    Ciao, ultimo giorno di mare. Domani torno a casa. Tu come stai?

    Inviai e attesi la risposta.

    Trascorse un minuto poi un altro finché divennero dieci senza nessuna risposta.

    «Dai, vieni a fare il bagno?» Era mia sorella.

    «No, adesso non ho voglia.»

    «Dai, dai» insisté. Non avrebbe ceduto. Era testarda ed era capace di prenderti per sfinimento. Ormai la conoscevo bene. Aveva cinque anni però sapeva come ottenere ciò che voleva, soprattutto da me.

    «Ti ho detto che non ne ho voglia» le risposi.

    «Achille, metti via il cellulare e vai con tua sorella» intervenne mia madre.

    «Ma veramente...»

    «Quali erano i patti?»

    «Hai ragione. Il cellulare va usato con moderazione» ripetei.

    «Giusto. Ora mettilo nello zaino e vai in acqua con tua sorella.» Così feci.

    Aurora mi fece la linguaccia e corse verso il mare. La inseguii ma i miei pensieri erano rivolti a Lilith e al cellulare nella tasca dello zaino.

    Lilith non rispose quel pomeriggio e non ricevetti alcun messag gio nemmeno durante la sera.

    Fui tentato di inviargliene un altro ma pensai che fosse troppo rischioso. Non sapevo a chi appartenesse quel numero.

    Immaginai che l’avesse inviato con il cellulare di suo padre oppu re con quello di sua madre e che avesse dovuto restituirlo prima di essere riuscita a rispondermi.

    Mi dissi che certamente era andata così.

    Aiutai mio padre a scaricare i bagagli dall’auto e poi portai le mie cose in camera mia. Sistemai la valigia sotto il letto e lo zaino nell’ar madio in modo che mia madre pensasse che avessi messo tutto a posto poi presi la bici e uscii.

    «Torna a casa presto che tra poco si cena» mi urlò mia madre mentre uscivo dal garage.

    Feci cenno d’aver capito.

    Pieve Olimpia è un piccolo borgo che si può girare in bicicletta senza nemmeno metterci molto tempo, però c’è tutto quello di cui si ha bisogno: la biblioteca, le scuole, l’ufficio postale, l’ambulatorio medico e quello veterinario di papà, un supermercato, qualche lo cale e un cinema che però non proietta quasi mai prime visioni. Era un posto tranquillo, fin troppo, direi. Non succedeva mai niente e gli ultimi eventi da segnalare erano stati l’inaugurazione di una piz zeria tre anni prima e la ristrutturazione dell’edificio del comune e della biblioteca l’anno precedente. Da alcuni anni si sentiva parlare del progetto di costruire un centro sportivo con piscina e campo di calcio ma per il momento si stava ancora discutendo dell’area su cui edificarlo.

    Lilith abitava in un appartamento al primo piano di un edificio su due livelli a circa un chilometro da casa mia. Pedalai velocemente e attraversai il centro del paese, passai davanti alla chiesa e, in fondo alla strada, svoltai a sinistra e arrivai a destinazione. Notai subito che le tapparelle dell’appartamento in cui abitava erano abbassate come se in casa non ci fosse nessuno. Restai a osservarle

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