La vera storia degli extraterrestri
By Marti Gruter
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Ecco perché ha senso chiedersi se esistono o no gli extraterrestri. Ritrovamenti, archivi segreti, contatti, visioni e persino rapimenti. Non solo cronaca bizzarra e bassa letteratura, persino la religione si occupa di UFO e molta gente ne ha fatto un vero e proprio culto, forse in contrapposizione a quelli deludenti forniti dalla tradizione.
Ma perché mai il Creatore dovrebbe avere difficoltà a lanciare altri mondi? Anzi, è verosimile ch’Egli stesso ne abbia ardentemente desiderato almeno un altro, come persino noi sappiamo fare dei nostri figli. Un pianeta nuovo di zecca, dove le dilette creature avessero, forse, rinunciato a sgranocchiare una mela perdente, restandogli sostanzialmente fedeli e perciò stesso, inaugurando tutta un’altra Storia.
Certo, sono diversi e bruttini... goffi e grassottelli. Sembrano stupidi e incapaci, ma anche questa volta l’apparenza inganna.
Come un diario di bordo, il racconto si sviluppa in prima persona del comandante la missione interplanetaria proveniente da Nede, il pianeta nostro contrario in tutto, anche nel nome. Le vicende si susseguono, paradossali, improbabili, dolcissime e pericolose come in un sogno da cui non si vorrebbe uscire.
Ma era un sogno?
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La vera storia degli extraterrestri - Marti Gruter
GRUTER
PREMESSA DELL'AUTORE
Sinossi
Capita spesso di sorprenderci a pensare che il mondo si sia rovesciato. Quando sarebbe avvenuto il capovolgimento? A un certo punto, lontano, lontanissimo o forse poco fa, ci siamo voltati da un’altra parte e ce ne siamo andati. Che dire se non avessimo svoltato, se fossimo andati avanti per la stessa strada: non potrebbe esserci un mondo ancora girato per il verso giusto?
Ecco perché ha senso chiedersi se esistono o no gli extraterrestri. Ritrovamenti, archivi segreti, contatti, visioni e persino rapimenti. Non solo cronaca bizzarra e bassa letteratura, persino la religione si occupa di UFO e molta gente ne ha fatto un vero e proprio culto, forse in contrapposizione a quelli deludenti forniti dalla tradizione.
Ma perché mai il Creatore dovrebbe avere difficoltà a lanciare altri mondi? Anzi, è verosimile ch’Egli stesso ne abbia ardentemente desiderato almeno un altro, come persino noi sappiamo fare dei nostri figli. Un pianeta nuovo di zecca, dove le dilette creature avessero, forse, rinunciato a sgranocchiare una mela perdente, restandogli sostanzialmente fedeli e perciò stesso, inaugurando tutta un’altra Storia.
Certo, sono diversi e bruttini... goffi e grassottelli. Sembrano stupidi e incapaci, ma anche questa volta l’apparenza inganna.
Come un diario di bordo, il racconto si sviluppa in prima persona del comandante la missione interplanetaria proveniente da Nede, il pianeta nostro contrario in tutto, anche nel nome. Le vicende si susseguono, paradossali, improbabili, dolcissime e pericolose come in un sogno da cui non si vorrebbe uscire.
Ma era un sogno?
CAPITOLO PRIMO
Esodo 34, 10
Il Signore disse:
"Ecco, io stabilisco un’alleanza:
in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie,
quali non furono mai compiute
in nessuna terra..."
È tutta colpa mia. Che cosa mi è saltato in mente di prendere la parola durante il Simposio? La Guida ha intuito che l’idea è semplice quanto efficace e invece di dimenticarsela, mi ha cercato qualche giorno dopo per discuterne. Ormai, non si torna più indietro.
Non sono mai stato nella nicchia di una Guida Locale e francamente mi sento un po’ emozionato, con le mani e il naso sudati. Suono il campanello e mi viene ad aprire lui in persona:
- Carissimo...
- Riverisco, Nostra Guida...
Ci accomodiamo nello studio, dove un grande monitor diffonde musica celeste mescolata a giochi d’acqua.
- Posso offrirti un profumo?
- No, grazie. Ho appena fatto colazione...
- Qualcosa da bere?
Per la verità, ci sono sul vassoietto dei croccantini di semi e sono goloso, ma l’idea di sgranocchiarli rumorosamente mi imbarazza:
- Troppo gentile... dell’acqua, grazie... piovana, se possibile...
Strusciando i piedi, raggiunge la mensola e digita qualcosa sullo schermo inserviente:
- Piovana, hai detto?
- Sì, se non è un problema... – rispondo impacciato, pensando a cosa sarebbe successo se gli avessi chiesto un succo di frutta.
La vetrata dà direttamente sul giardino, un bel muschio dorato dove sporgono alte pietre e grosse zucche rosa dalle splendide foglie bluastre. La Prima Luna sta tramontando e tra i rami sottili dei salici ridenti, un’alba scintillante s’annuncia nella calda brezza del terzo mattino.
Finalmente, riesce a porgermi il bicchiere di gomma trasparente e si lascia lentamente cadere nell’amaca:
- Vedi, fratello...
- Jess, Nostra Guida...
- Jessie certo... tu sai come funziona il Gran Simposio dei Saggi...
- Veramente no, Signore, ma immagino che non stiano tanto a farla lunga... altrimenti, che razza di saggi sarebbero?
- Esatto.
Sbaglio o i capelli arruffati assecondano l’espressione del suo volto?
- Sai anche quali sono i problemi pratici sul tappeto...
- Siamo troppo pochi... – confermo distrattamente.
Mi spiega che in caso di approvazione del progetto, mi chiederanno di realizzarlo, io stesso... e che allora, avrei dovuto essere disponibile, senza se e senza ma.
- Hai legami affettivi? – mi chiede improvvisamente aggrottando la fronte.
- No, Nostra Guida...
- ...la salute?
- Ottima, finora...
Devo spiegagli che non so nulla di spedizioni intergalattiche:
- Non preoccuparti di queste cose... ci sono i tecnici e i mezzi sono illimitati.
- Menomale...
Il meccanismo virtuoso che nel tempo ha formato la ricchezza planetaria è geniale e molto semplice. Una delle prime edizioni del Gran Simposio dei Saggi, parliamo di migliaia di sezioni fa, si è posto come obiettivo principale l’indipendenza economica delle famiglie e dei gruppi distinti per omogeneità territoriale. Sempre alle prese con i piagnistei dei fratelli cui mancava questo o era capitato quell’altro, stanchi di mettere pezze che rabberciando qualcosa, aprivano buchi peggiori con altri lamenti da qualche altra parte, si riunirono in seduta plenaria ad oltranza, decisi a non uscire prima di aver trovato la soluzione vera. Dopo decimane trascorse in preghiera incessante e accese discussioni, probabilmente ispirati dal Padre impietositosi per tanto affanno, ecco arrivare l’illuminazione. Nella visione di quei primitivi Saggi, era maturata la convinzione che i fratelli fossero capaci di cavarsela con le proprie risorse e che sarebbe bastato premiare la realizzazione di progetti e aspirazioni, per diffondere fiducia e benessere. Allo scopo di tradurre concretamente il loro apprezzamento, i Saggi avevano ideato l’emissione di premi sotto forma di moneta circolante.
Venne così coniato il glorioso Attestato, poi comunemente soprannominato testone, per via della sorridente incisione sui vari tagli di gomma indelebile. Fin dall’origine, il conseguimento dei premi non costituiva solo una mera contropartita al lavoro, all’ingegno e al grado di utilità sociale dell’impresa, ma di per sé dava lustro e prestigio, grande considerazione tra i fratelli. Sorsero così edifici, ponti, strade, opifici e piantagioni di ogni genere, mezzi di trasporto e macchinari sempre più sofisticati, seminari, ospedali e accademie scientifiche, artistiche e religiose, per non parlare della fioritura delle più disparate forme di arti e mestieri. Chi otteneva premi ne accumulava, investendoli a sua volta in ulteriori iniziative, così premiando il lavoro e l’ingegno di altri fratelli. Col tempo, il Gran Simposio si dedicò prevalentemente alla conservazione del prezioso meccanismo, limitando la propria attività a questioni pedagogiche e a promuovere le principali iniziative di pubblica utilità. Ci fu, a onor del vero, un drammatico intermezzo, malignamente causato da un equivoco e forse anche dalla sempre più frustrante sensazione di ininfluenza che i Saggi provavano rispetto alle vicende fraterne. Ormai infatti, la Fraternita progrediva in tutti i campi senza più bisogno neppure di informare il Simposio e tantomeno di ottenerne l’apprezzamento. Quando un giovane Saggio, affascinante e spigliato, distintosi per alcune innovative riforme nel settore dell’assistenza sanitaria, aveva paventato il problema dei problemi, i colleghi anziani erano stati felici di tornare finalmente ad un ruolo determinante, anche se causato da un terribile dubbio: che cosa sarebbe successo se qualcuno avesse fatto incetta di testoni, abusando del potenziale per influenzare, orientare e addirittura corrompere la fragile mente dei fratelli?
Il sistema si basava sul merito, sulla fiducia reciproca e sulla totale assenza di sentimenti distruttivi come l’invidia sociale e l’ambizione personale. Tutti fattori saldamente connessi all’Armonia, ma labili e impossibili da monitorare. Il giovane dubbioso aveva ottenuto una decisione sofferta ma unanime, l’introduzione della leva fiscale, ritenuto l’unico strumento in grado di rimpiazzare la fiducia perduta. Si cominciò da una semplice micro tassa sulle preghiere quotidiane, giustificata dalla necessità di offrire al Padre divertenti fuochi d’artificio e nuove spettacolari fontane. Poi, con la scusa di indispensabili rilevazioni statistiche, si passò ad una raffinata catena che imponeva la registrazione di ogni fornitura di beni e servizi su cui calcolare una quota fissa da versare entro tre decimane, con sanzioni e interessi in caso di ritardo. Quando infine, venne introdotto il prelievo sull’accumulazione dei premi, il sistema smise di crescere e cominciò a regredire. Invece di emettere nuovi premi, si cominciò ad erogarne tanti quanti ne venivano drenati dalle saccocce dei fratelli. La reciproca fiducia s’era trasformata in reciproco sospetto e in poco tempo, la Fraternita aveva imboccato l’oscura strada del declino. In quell’infelice periodo, abbiamo rischiato la perdizione e il Simposio dei Saggi era diventato una congrega di contabili privi di idee, tranne quella fissa di maneggiare valanghe di testoni ed inseguire il pareggio di bilancio . Ma la Misericordia del Padre Creatore, di solito impassibile, non ha permesso il precipizio e grazie ad una terrificante epidemia virale, ha annientato il Simposio dei Saggi, con buona parte della popolazione ormai caduta in confusione. Finalmente, si è potuto ricominciare da capo e nessuno ha mai più parlato di tasse. Ancor oggi però, a memoria della pericolosa sbandata, vige il salutare principio della cosiddetta refusione e quanto accumulato in vita da un fratello trapassato, viene automaticamente riversato nelle casse del Gran Simposio.
Mentre bevo ancora un sorso d’acqua, la Guida si alza:
- Domani, facciamo alle ventisette... no, ventisette e mezza in punto. Qui da me?
- D’accordo, grazie, Nostra Guida...
- A te...
Mentre esco sotto il pergolato, mi rendo conto che la mia vita è a una svolta. Ho dodici sezioni suonate, peso quarantadue massi e supero di poco le nove spanne. Ho sempre avuto problemi per il mio aspetto insignificante, senza segni particolari, il volto anonimo dai tratti troppo regolari e persino i capelli lisci, appena ondulati come la criniera di unicorno... le ragazze del Seminario, soprattutto le più carine, non facevano finta di non accorgersi di me, proprio non mi vedevano. Intanto, i miei compagni se la spassavano... belli, robusti, dotati di adorabili tic, decorati da turgori variopinti, con quel mento sporgente volitivo e le tempie scarmigliate, attiravano le loro attenzioni ed io, mi sentivo escluso. Forse da allora, sogno di andarmene per un po’ di tempo e magari di ottenere un successo personale che faccia prima o poi risaltare qualche mia qualità, almeno immateriale... per poi tornare e avere anch’io un po’ di soddisfazione nelle relazioni fraterne, così rare e limitate alla stretta cerchia famigliare. Mi consolo, ricordando che il folle progetto si basa proprio sul mio aspetto, particolarmente compatibile con una missione sulla Terra, il pianeta popolato dagli insignificanti umani, tutti uguali, permalosi, asciutti e nevrotici... chi meglio di me potrebbe tranquillamente scorrazzare in quel loro mondo globalizzato? Magari spacciandomi per qualche eccentrico magnate siberiano e avvicinando al momento giusto i fratelli umanoidi, se li trovo e se le mie teorie paragenetiche saranno confermate sul campo.
La mia nicchia, o meglio, la nicchia dei miei, è dall’altra parte dell’aggregato e a piedi ci vogliono non più di tre mezzore... camminare non mi piace, ma camminando si riesce a ragionare, liberamente e senza interruzioni.
Che io sappia, il Simposio dei Saggi non è composto necessariamente da vecchi, anzi. L’importante è, manco a dirlo, un minimo di saggezza. Non si può intervenire e sparare stupidaggini... l’ignominia sarebbe intollerabile. D’altra parte, mi rassicura la consapevolezza che il Simposio è da sempre orientato al bene collettivo, all’armonia tra i fratelli e con il Padre. La Fraternita intera conta su questo nobile consesso per dirimere le questioni di principio, comporre conflitti, promuovere l’equità e la misericordia nei rapporti fraterni, sollecitando continuamente l’educazione al bene e il disgusto per il male, inteso come complesso di forze antagoniste dell’Armonia.
Salgo i gradini del portico ed entro in nicchia accaldato. I miei sono in camera e stanno amoreggiando, tanto per cambiare:
- Sono io! – Grido per tranquillizzarli... non che ci sia pericolo di intrusioni, ma per dar loro il tempo di ricomporsi. Sicuramente ‘mhà vorrà sapere tutto del colloquio con la Guida, mentre ‘bhà si girerà dall’altra parte, sbuffando deluso e si addormenterà:
- Allora, piccolo... com’è andata?
- Non chiamarmi così, ‘mhà! Ho dodici sezioni e sono un adulto, rassegnati...
- ...oh, scusa, amore mio, raccontami...
- Domani andiamo al Planetario insieme...
- Al Planetario, il mio bambino?
Mi dà sui nervi perché mi fa sentire esile, come in effetti sono, mentre vorrei