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Oggi ricorrono i morti... (speriamo vinca mio nonno)
Oggi ricorrono i morti... (speriamo vinca mio nonno)
Oggi ricorrono i morti... (speriamo vinca mio nonno)
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Oggi ricorrono i morti... (speriamo vinca mio nonno)

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Il custode del cimitero di Velletri ama moltissimo il suo lavoro e costringe i suoi uomini a dedicarsi alle "grandi pulizie", estirpando le erbacce intorno alle tombe a terra, spolverando le lapidi, lucidando tutti i vasi e le cornici, controllando quante e quali tombe abbiano la luce votiva spenta, eccetera. Nello stesso tempo odia i dolenti maleducati che scambiano il cimitero per la piazza principale della cittadina e lasciano i rifiuti a terra, incuranti dei numerosi cassonetti dell'immondizia. È una data cruciale... la ricorrenza dei defunti, che per lui richiede un lungo periodo di preparazione psicologica all'idea di affrontare ciò che lo aspetta: problemi, discussioni, reclami. E quel che è peggio, vanno tutti a lamentarsi da lui. Ogni anno, da quando lavora in quel cimitero, spera sempre che diluvi tutto il giorno, costringendo la gente a starsene a casa. Ma non succede mai. Riuscirà ad arrivare all'orario della chiusura del cimitero senza diventare pazzo?
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateApr 28, 2017
ISBN9788892661660
Oggi ricorrono i morti... (speriamo vinca mio nonno)

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    Oggi ricorrono i morti... (speriamo vinca mio nonno) - Eugenia Guerrieri

    VT)

    IL 2 NOVEMBRE

    Ci risiamo! Da qualche mese, all’alba, è sempre la stessa storia. Grazie a lui non ho più bisogno della sveglia, non sgarra di un minuto. Peccato avere dormito al massimo quattro ore da quando hanno smesso gli altri. Ho un sonno da diventare scemo.

    Ormai è inutile tentare di riaddormentarmi, tra poco sarà ora che mi alzi. Mi aspetta una giornata da cui purtroppo non posso fuggire, anche se lo vorrei più di ogni altra cosa al mondo. Dovrò affrontarla, ma almeno non sarò obbligato a farlo con il sorriso sulle labbra.

    Rassegnato al mio triste destino, spalanco la finestra per controllare le condizioni metereologiche e resto deluso perché le nuvole ci sono ma non sembrano minacciare pioggia imminente. Dopo il diluvio di ieri sera un po’ ci speravo. Servirebbe un bel nubifragio come dico io... ma deve durare tutto il giorno, non cinque minuti!

    Mi consolo abbastanza in fretta ammirando il panorama sottostante, lo spettacolo suggestivo delle centinaia di lucine votive che brillano tremolanti. Amo guardarle e non mi stancherei mai. Vivere a ridosso del cimitero non è orribile come molti pensano.

    Quando scendo a fare il primo giro di ispezione tra le tombe, subito si avvicina un’anziana dai capelli bianchi come cotone e un abito a pois. «Buongiorno!», mi saluta gentile e cerimoniosa. «Il tempo non è dei migliori, vero?»

    «No, per niente», convengo con una scrollata di spalle.

    «Che sfortuna, proprio in un giorno come questo!»

    Che sfortuna? Farei la danza della pioggia! Ma è così contenta che oggi sia quel giorno che mi sentirei un verme a contraddirla.

    «Secondo te verrà molta gente?»

    I suoi occhi sono incredibilmente vispi per essere trapassata, quando l’ho incontrata per la prima volta non avrei mai pensato che potesse essere una di loro. Chissà in quali condizioni era nell’ultimo periodo della sua vita terrena. Se era lucida e arzilla come la vedo io, oppure se viveva in ospizio, ridotta a un vegetale e ignorata dai familiari.

    «Non saprei risponderle.» Allargo le braccia. «Ma credo sarà come l’anno scorso!»

    Per fortuna non mi chiede cosa penso in merito alla possibilità che qualcuno in particolare si fermi davanti la sua tomba e deponga dei fiori nel vaso. Vorrei evitare di essere sgarbato con la Buona Vecchina, ricordandole che non sono un indovino.

    La mia abilità non consiste nel prevedere il futuro.

    I fantasmi esistono, sono in grado di vederli e di interagire con loro. Non l’ho mai confidato a nessuno, chi mi crederebbe se raccontassi in giro che non sono trasparenti, non fluttuano e non emettono solo versi agghiaccianti, ma hanno conservato un aspetto antropomorfo e i loro sentimenti terreni sono rimasti immutati?

    Ho scoperto di possedere tale capacità da ragazzo, in seguito a una serie di circostanze che inizialmente mi fecero temere di essere impazzito, finché i miei genitori mi svelarono che la nonna di mio padre era una vera spiritista e non si dava pace all’idea che i propri discendenti fossero tutti ciechi.

    Era preoccupata che in tre generazioni nessuno avesse ancora ereditato il dono. Temeva che non si manifestasse mai più e morì quando avevo dieci anni, senza sapere che il fortunato ero io.

    Nella mia famiglia nessun altro ha dimostrato di possederlo, ma è anche vero che io sono sempre stato l’unico appassionato di cimiteri al punto da trascorrerci intere giornate. Non ho mai osato chiedere né a mia sorella Elisa né ai miei cugini se abbiano mai fatto qualche strano incontro. Se n’è parlato soltanto i primi tempi, quando tutti volevano sapere come fosse e in che modo funzionasse, poi basta. Il dono stesso innalza una barriera invisibile tra me e loro.

    Secondo quanto mi è stato riferito la bisnonna affermava che i trapassati non si possono allontanare dal luogo in cui dimora il loro corpo, o quello che ne rimane. È un sollievo, almeno le poche volte in cui esco da qui non rischio di incontrarne qualcuno.

    Tutte le mattine inizio la mia giornata lavorativa con il proposito di non rivolgere la parola a nessuno per primo e aspettare invece che gli altri lo facciano al mio posto, soprattutto nei giorni in cui è prevista una grande affluenza di visitatori.

    Proprio per il loro aspetto antropomorfo è difficilissimo distinguere i trapassati da chi è vivo. È chiaro che vedere qualcuno con indosso degli abiti fuori moda non lascia spazio ai dubbi, ma di solito faccio molta fatica e più di una volta mi è capitato di chiacchierare con qualcuno per poi scoprire casualmente che è morto da anni.

    Quando fui assunto in qualità di operatore cimiteriale ero convinto che se mi fossi preso cura delle tombe non avrei avuto problemi. Sbagliavo, non sapevo ancora degli Sgorbio e della loro simpatica abitudine di giacere durante il giorno e manifestarsi la notte.

    Il loro cognome in realtà è Scorpio, sono io a storpiarlo di proposito perché mi stanno antipatici. Sono esclusivamente nottambuli, escono dalla tomba di famiglia intorno al crepuscolo e bivaccano fino a tardi, facendo una tale confusione che se fossero vivi si sentirebbero a chilometri di distanza.

    Succede ogni maledetta notte, il che mi impedisce di addormentarmi a un’ora decente. Chiedergli di smetterla è stato inutile, mi hanno riso in faccia. Li denuncerei per schiamazzi e disturbo della quiete, per me che possiedo il dono sono insopportabili.

    Prima o poi ricorrerò alle maniere drastiche, dando fuoco alla tomba e togliendomeli definitivamente dai piedi. Difatti, secondo quanto ho capito, i defunti cremati non tornano.

    Quando finiscono di fare chiasso ormai è tardissimo e di tempo per dormire me ne resta veramente poco, prima che attacchi quello che al sorgere del sole intona canti gregoriani.

    IL METODO GORDON RAMSAY

    Oggi ricorrono i morti. Speriamo vinca mio nonno.

    È una frase vecchia, ma riesce sempre a farmi ridere con tutto che oggi è una giornata decisamente poco allegra. Ci sarà per tutto il giorno un incredibile viavai di persone, il delirio assoluto.

    Non capisco perché siano così ipocrite da ricordare i propri defunti una volta l’anno, a comando. Per quanto riguarda me, il 2 novembre rappresenta lavoro, lavoro e ancora lavoro.

    Odio i dolenti che incuranti delle buone maniere lasciano la spazzatura ovunque, parlano a voce troppo alta e si riuniscono a spettegolare, credendo di essere a passeggio per le vie della cittadina il sabato pomeriggio. Solo perché il cimitero è aperto a tutti, si sentono autorizzati a fare come se fossero a casa loro. Se glielo faccio notare reagiscono come se li avessi insultati.

    Non oso immaginare cosa troverò alla fine della giornata per colpa dei sudicioni che insozzeranno i viali e i vialetti con chili di immondizia. Cartacce, mozziconi di sigarette e fiori secchi andranno scopati via di continuo e smaltiti. Bisogna farlo più volte, altrimenti i chili diventeranno quintali. Al mio posto, chi non sarebbe di pessimo umore?

    Più si avvicina questa fatidica data, più sento di aver bisogno di un bravo psicologo che mi aiuti ad affrontare problemi, reclami e discussioni e mi renda consapevole di dover mantenere il sangue freddo per non inveire contro le persone che verranno a lamentarsi da me.

    La gente incivile e menefreghista mi rende estremamente intrattabile, c’era più educazione ai tempi delle invasioni barbariche.

    La settimana scorsa ho portato i miei collaboratori all’esaurimento, costringendoli a dedicarsi insieme a me alle grandi pulizie in vista della ricorrenza dei defunti: abbiamo estirpato le erbacce nei campi di inumazione, potato le siepi, spolverato le lapidi, lucidato ogni vaso e cornice, controllato quante e quali tombe avessero la luce spenta.

    Loro hanno protestato dicendo che sarebbe stato un lavoro inutile. Quando si tratta di notare la cura e l’ordine impeccabili sono tutti ciechi, ma se c’è una cartaccia a terra e nessuno la raccoglie entro cinque secondi si scatenano con polemiche e accuse, gridando allo scandalo.

    Io non mi aspetto che qualcuno venga a complimentarsi o a stringermi la mano, l’ordine e la pulizia mi sforzo di mantenerli esclusivamente per me stesso.

    Per esempio sto sempre attento che l’erba fra le tombe a terra non cresca troppo, ai dolenti non piace la Foresta Amazzonica e non è carino che debbano munirsi di un machete per raggiungere i propri cari.

    Sporcizia e ragnatele ovunque, vasi desolatamente vuoti o fiori ormai secchi è lo scenario pietoso che si presenta agli occhi di chi passa davanti alle sepolture abbandonate. Chi lavora con me sa bene quanto io tenga alla dignità delle tombe. Sostituisco i fiori a mie spese e pago le bollette per i defunti che hanno la luce votiva spenta e nessuno che si occupi di loro.

    Con mio grande disappunto, trovo un casino indescrivibile.

    Ieri pomeriggio e ieri notte ha piovuto e una volta smesso si è alzato un vento fortissimo che sembrava un uragano. In giro c’è un disastro: foglie e petali dappertutto, le composizioni floreali dei funerali recenti si sono rovinate e ad alcune manca addirittura la fascia. I miei lavoranti non le hanno portate al riparo come gli avevo raccomandato e oggi li aspetta una ramanzina molto severa, non esiste che il decoro e la dignità del cimitero interessino solo a me.

    A volte mi convinco che per fare andare le cose come dico io dovrei imitare Gordon Ramsay, il famoso chef scozzese, sbraitando ordini e intercalandoli con qualche volgarità. Solo che non mi ci vedo proprio. Bernardo, il mio defunto predecessore, ci sarebbe riuscito senza troppi problemi, ma io sono diverso e anche se perdo abbastanza spesso la pazienza non arrivo mai a tanto.

    Posso intimare ai miei uomini di muovere il culo e mettere quella cazzo di bara nella sua fottuta tomba, senza beccarmi una meritata rispostaccia? Immagino lo sconcerto, soprattutto delle signore, se ordinassi di ficcare quei dannati fiori nel loro cazzo di vaso e affrettarsi a togliersi dalle palle, perché tra dieci fottuti minuti chiuderò i cancelli e li lascerò dentro fino al fottutissimo giorno dopo.

    La mia proverbiale signorilità mi impedisce un simile frasario, eppure sono sempre più tentato di fare una prova.

    Proseguo nel giro di ispezione per valutare i danni causati dal vento, sentendomi sempre più depresso via via che esploro le varie aree. Alla fine la faticaccia dei giorni scorsi non è servita, a rimettere tutto in ordine impiegheremmo come minimo un’altra settimana.

    Molti addobbi funebri, probabilmente per le forti raffiche, sono caduti a terra e dei più fragili restano soltanto i frammenti. Sebbene per la maggior parte siano dozzinali e pacchiani, ce n’era anche qualcuno di squisita fattura che doveva essere costato un patrimonio.

    Sarà difficile spiegarlo ai parenti, non vogliono capire che noi non possiamo fare nulla contro i fenomeni atmosferici. Al massimo gli raccomandiamo di non portare oggetti troppo leggeri o che non si possano fissare, soprattutto se fragili, ma nessuno ci ascolta. Perciò che altro dobbiamo fare?

    Ricordo una tomba che ha così tanti gadget della squadra del cuore di chi la occupa da somigliare alla vetrina di un negozio, la succursale dell’A.S. Roma Store.

    Vado a controllare e scopro che sono finiti tutti a terra, per fortuna integri tranne un salvadanaio a forma di pallone da calcio. I familiari dell’inquilino ce ne diranno di tutti i colori, crederanno che l’abbiamo fatto cadere apposta per dare poi la colpa al vento.

    Questa giornata promette di cominciare malissimo e per ritrovare un po’ di buonumore vado a fare colazione al bar.

    FUORI LE MURA

    «Ehilà!» mi saluta allegramente l’autista della linea circolare che dalla stazione arriva al cimitero. Fresco come una rosa e sorridente, viene a fare colazione prima di cominciare il suo turno.

    Turno che tra l’altro è anche l’unico, non ci sono altre vetture né altri autisti che coprano lo stesso percorso. Se il bus si guastasse, oppure se Mauro dovesse ammalarsi, i dolenti resterebbero a piedi.

    «Buongiorno!»

    Un buon giorno non lo è certo per me, anche a causa sua. Se avesse deciso di scioperare, molta gente rimarrebbe a casa invece di venire a stressarmi. Sono consapevole che occuparmi del cimitero cittadino sia il mio lavoro e che me lo sono scelto io, ma i vivi sono un optional di cui farei volentieri a meno. Neanche Mauro verrà risparmiato dal mio malumore. «Con te non parlo», gli dico freddamente.

    «Perché? Cosa ti ho fatto? Con tutte le comitive di anziani che ogni giorno ti scarico davanti al cancello...!»

    «Appunto, te le riporti sempre via!»

    Segue un attimo di silenzio sbalordito. Poi, finalmente, capisce che (forse) scherzo e si fa una risata. «Ti offro il caffè.»

    Ci siamo appena seduti quando un anziano incavolatissimo si avvicina al nostro tavolo e batte un paio di energiche manate sulla schiena di Mauro, sfoggiando un cipiglio guerrafondaio. «Lei non è l’autista della navetta che porta al cimitero?» lo apostrofa sgarbatamente.

    «Sì, perché?»

    «Ieri mattina, sullo stradone, ha tirato dritto invece di fermarsi. Le avevo anche fatto segno, ma niente. Ha preferito ignorarmi!» Il vecchio agita debolmente le dita della mano.

    «Ah! Secondo lei quello sarebbe far segno di fermarsi?» sbotta Mauro, spazientito. «Dovete stendere il braccio, non agitare le dita! Dalle fogne non sbucherà nessun orribile mostro a strapparvelo via con un morso!»

    Mi viene da ridere pensando che in alternativa i passeggeri si potrebbero piazzare in mezzo alla strada, nella posizione del crocifisso. Se Mauro non riuscisse a frenare in tempo, arriverebbero comunque a destinazione... ma dirlo susciterebbe reazioni poco simpatiche.

    Il bar dove io e i miei lavoranti facciamo colazione ogni mattina è frequentato anche dagli autisti dei carri funebri. Per fortuna a Doriana, la proprietaria, non dispiace averci come clienti. Cosa le importa di quale lavoro fanno gli avventori del suo bar, se le consumazioni vengono pagate regolarmente?

    Stamattina, forse perché è ancora presto, c’è soltanto un cliente, un ex autista di carri funebri in vena di chiacchiere, che racconta a Doriana il motivo per cui è stato licenziato. Tutti noi gli ridiamo ancora dietro, con il suo errore è diventato la barzelletta del secolo.

    «Avevo fatto una sosta in una tabaccheria del centro per comprare un pacchetto di sigarette, lasciando incustodita per pochi minuti la vettura col feretro da portare in chiesa. Giusto il tempo di prenderle e pagarle, sono uscito e non c’era più!»

    «Impossibile, un morto non può essere andato via sulle sue gambe e nemmeno in macchina!»

    «Infatti qualche figlio di buona donna ha chiamato la rimozione. Li ho visti mentre portavano via il carro funebre e gli sono corso dietro a perdifiato per mezza cittadina, fino al semaforo vicino il Tribunale! Credo, senza esagerare, di avere messo il record nei cento metri... altro che Usain Bolt!»

    «Addirittura!» Doriana mostra un sincero interesse per quell’insolita storia, che sicuramente racconterà a chi verrà a prendere il caffè nel corso della giornata. «Sei riuscito a raggiungerli?»

    «Sì, per fortuna, ma ti lascio immaginare il casino che è successo dopo! Quegli imbecilli della Municipale non hanno voluto sentire ragioni, né chiudere un occhio e restituirmi la vettura.»

    Il funerale è stato rimandato al giorno seguente, i parenti del morto erano inferociti e a lui lo hanno licenziato in tronco. Anzi, gli ha detto bene che non sia stato seppellito al suo posto.

    A Mauro scappa uno strano rumore dal naso, come se cercasse di trattenersi dal ridere. «Un premio per la furbizia non glielo avrebbero comunque dato!»

    È successo il 2 novembre dell’anno scorso. In questa giornata non sempre ricorrono i morti, a volte si rincorrono!

    La prossima tappa prima di rientrare è la tabaccheria adiacente al bar, dove compro le sigarette ai miei lavoranti in modo da non offrirgli pretesti per allontanarsi e restare fuori un’eternità. Di solito glielo permetto, capisco che trascorrendo tutta la giornata in mezzo le tombe ogni tanto abbiano voglia di evadere un po’, ma non oggi.

    «Dammi due pacchetti da dieci, è più facile nasconderli nella borsa!» sento dire la vecchina in fila prima di me. «A mia figlia non piace che fumi, ma a settant’anni suonati voglio sentirmi libera di concedermi l’unico vizio che ho! Le ho già detto che quando sarò morta voglio che mi metta le sigarette nella bara, non sia mai che mi risvegli e non le abbia!»

    Cosa mi tocca sentire! Se qualcuno disgraziatamente si risvegliasse nella bara si preoccuperebbe più di gridare aiuto, di cercare di salvarsi. Di certo non si tasterebbe le tasche del vestito in cerca delle sigarette!

    «Scusi, se fumare le piace tanto perché non si fa cremare? Almeno è anche sicura di non risvegliarsi!»

    La signora mi guarda malissimo, come puntualmente accade ogni volta che interagisco con i vivi.

    Le relazioni sociali non fanno proprio per me. Non riuscirei a salutare sempre tutti, a dire grazie e arrivederci anche ai cafoni e agli antipatici, invece di mandarli dove meriterebbero. Per stare a contatto con il pubblico occorre molta pazienza, una dote che io non possiedo. Fortunatamente non sono obbligato a sopportare nessuno, né a trattare con affabilità chiunque visiti i propri defunti e abbia la malaugurata idea di farmi saltare i nervi.

    A differenza dei commercianti, per me non esiste il rischio di perdere la clientela. L’idea mi consola, permettendomi di affrontare con maggiore positività le innumerevoli seccature che mi tocca sopportare ogni giorno a dispetto della leggenda metropolitana, purtroppo molto diffusa tra la popolazione vivente, che il lavoro degli operatori cimiteriali sia tranquillo e di tutto riposo.

    NE DANNO IL TRISTE ANNUNCIO

    «Attento a non rovinarli!» ammonisco un giovanotto dai capelli chiari e il pizzetto, bloccandolo un attimo prima che strappi i manifesti funebri attaccati sul tabellone fuori l’ingresso principale del cimitero.

    Quando ci riesco (o per meglio dire, quando arrivo in tempo), preferisco staccarli di persona con la massima delicatezza. Purtroppo, nonostante le mie accortezze, non sempre restano interi. Sarebbe molto più semplice se non li incollassero come se avessero paura che qualcuno possa portarseli via durante la notte.

    Mi avvicino e lo spingo via con le dovute maniere. «Lascialo fare a me, li toglierò senza danneggiarli!»

    «Ma io...» L’attacchino si gratta la testa, perplesso. Prima d’ora non avevamo mai parlato, non mi conosce ed evidentemente ritiene questa fissazione una mia stravaganza. «Cosa te ne fai?»

    Non mi sembra di avere detto che ne farò qualcosa, ma se lui vuole credere il contrario è liberissimo. Anzi, già riesco a immaginarlo mentre lo racconta ai suoi colleghi, quando sarà tornato in Comune.

    «Sapevate che il custode del cimitero preferisce togliere di persona gli annunci mortuari dal tabellone, perché non vuole che si rovinino?»

    Quelli gli risponderanno sicuramente di lasciarmelo fare senza sollevare obiezioni e che sarebbe addirittura meglio se badasse ai fatti suoi, perché sono un tipo strano e non si può mai sapere come reagirò.

    Vista da quest’ottica, se mi si attribuisse una stranezza in più, non mi cambierebbe nulla. Scrollo le spalle. «Ci voglio tappezzare il salotto di casa mia. La carta da parati va cambiata, ma purtroppo non sono riuscito a trovarne una che mi piacesse!»

    «Stai scherzando!» esclama l’attacchino.

    «Secondo te?»

    Allarga le braccia senza avere idea di come rispondere e io alzo gli occhi al cielo. Perché nessuno capisce mai quando faccio una battuta, il mio senso dell’umorismo fa così pena?

    «Vuole metterli al posto della carta da parati a casa sua! Quello là non è mica tanto giusto!»

    I colleghi gli diranno che sono matto, ma bisogna compatirmi perché ho perso la testa quando mia moglie è morta.

    In realtà sono semplicemente un bel ricordo della mia infanzia, di quando ho cominciato a frequentare assiduamente i cimiteri. Avevo paura di essere guardato con sospetto, o addirittura scacciato in malo modo dal custode o dai suoi collaboratori, che potevano agguantarmi rudemente per un orecchio e spedirmi oltre il cancello con un calcione nel didietro.

    I manifesti erano un espediente per poter rimanere. Se avessi memorizzato tutti i nomi stampati lì sopra, nel caso in cui mi avessero chiesto che diavolo fossi entrato a fare, avrei potuto rispondere di essere lì per qualcuno di quelli.

    Non avevo mai visto cartelli con sopra scritto vietato l’ingresso ai minori, ma un conto era entrare accompagnato da un adulto mentre un altro era farlo da solo e bighellonare.

    Evidentemente i lavoranti avevano altre cose molto più serie a cui pensare, nessuno ha mai sollevato obiezioni sulla mia presenza ed era come se non ci fossi. Nonostante ciò, il timore di imbattermi in qualcuno particolarmente intollerante ai ragazzini mi ha accompagnato per tutta l’infanzia e l’adolescenza.

    Ma era più forte di me, non riuscivo proprio a resistere alla scritta ne danno il triste annuncio. Così cercavo le tombe di quelle persone, curioso di scoprire quali sembianze avessero e se corrispondevano all’idea che mi ero fatto di loro.

    Ecco perché non voglio che i vecchi manifesti funebri vengano rovinati, mi riportano alla memoria tanti bei ricordi e sono sempre contento quando è possibile staccarli dal tabellone senza danneggiarli.

    Mi dispiace che l’attacchino sia talmente agitato dalla mia presenza da lavorare con gesti nervosi, come se avesse una fretta indiavolata di allontanarsi. Una volta finito prende il barattolo di colla e si defila.

    Io non lo guardo proprio, preso come sono a leggere i nuovi manifesti. Ce n’è uno che mi fa particolarmente ridere: IGNAZIO PORCO, ottantanove anni, tre giorni fa è venuto improvvisamente a mancare all’affetto dei suoi cari.

    Porco! Poveraccio, chissà quanto lo hanno preso in giro a scuola. Esistono

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