Baltra, il leone marino che non voleva fare la guerra
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Anteprima del libro
Baltra, il leone marino che non voleva fare la guerra - Palieri Roberta
Rhys)
CAPITOLO PRIMO
Baltra e la leggenda di Alcedo
Era morbido, rotondo e bagnato, quando vide la luce del suo primo giorno. Per lunghi mesi, nella pancia di sua madre, aveva dormito beato, si era nutrito quasi fino a scoppiare e si era lasciato cullare in quel grande spazio liquido. E a volte si era divertito a ballare allo stesso ritmo del respiro materno.
Poi, a un tratto, un vortice potente lo aveva risucchiato, portandolo lontano attraverso un tunnel di bollicine, fino a una luce che diventava sempre più grande. Una forza misteriosa lo aveva spinto proprio dentro quella luce, così forte da fargli chiudere gli occhi.
«Benvenuto, piccolo Baltra» gli disse con dolcezza una voce che aveva già sentito altre volte. Socchiuse appena un occhio, cercando di non farsi notare, ma prima di riuscire a capire dov’era, chi era e perché tutto era così diverso, si sentì percorrere il corpo da una strana cosa ruvida. Grossa e di colore rosa. Era la lingua di lei che lo puliva con grande cura, mordicchiandolo ogni tanto con estrema delicatezza. Era strano, ma piacevole.
«Ma… dove sono?» domandò ancora intontito dal viaggio appena terminato.
«Sei entrato a far parte del mondo dei leoni marini. Noi siamo leoni marini della California».
«E tu chi sei?».
«Sono Isabela, tua madre».
Baltra la guardò negli occhi color nocciola. E si vide per la prima volta. Comprese di essere quasi minuscolo, vicino al corpo grande di lei. E si sentì al sicuro.
«Siamo mammiferi marini» continuò Isabela con solennità «Apparteniamo all’ordine dei pinnipedi e alla famiglia degli otaridi».
Anche Baltra si sentì orgoglioso di discendere da una famiglia così importante. E Isabela intuì la sua fierezza: tutte i leoni marini, appena nati, percepiscono di essere una parte nobile dell’universo.
«Devi sapere» disse allora Isabela «che i nostri antenati vivevano lungo le coste dell’oceano Pacifico settentrionale già undici milioni di anni fa».
«Oh, dev’essere moltissimo!». A Baltra piaceva ascoltare la voce di sua madre, anche se non capiva bene tutto quello che le stava dicendo. Sapeva che era importante. E sapeva anche di avere molta fame. Così spinse con il muso sotto il ventre di Isabela, che si girò placidamente sul fianco, guidandolo con una pinna verso la piccola protuberanza da cui sarebbe sgorgato il latte, denso e nutriente.
«A quel tempo, eravamo tutti delle stesse dimensioni, maschi e femmine» raccontò Isabela «Poi i maschi divennero più grossi, infinitamente più grandi delle femmine».
Baltra non si lasciò sfuggire la goccia di latte che stava scivolando via sulla pelle lucida di sua madre.
«E perché sono diventati più grandi delle femmine?» domandò incuriosito. Non capiva bene per quale motivo fosse arrivato alla conclusione di essere un maschio.
Isabela lo cullò dolcemente.
«Secondo una leggenda, che mi raccontava sempre mia madre, avvenne un giorno che un maschio di nome Alcedo stava nuotando nelle acque calme del mare, in cerca di cibo, quando all’improvviso comparve un grande squalo tigre».
Baltra si sentì impaurito. Alzò gli occhi verso il muso di sua madre. Sapeva di latte, di acqua salata e di pesce. Un odore buono, che gli ricordava il mondo liquido in cui era nato. Lo squalo tigre, ora, gli sembrò meno spaventoso.
«Alcedo sapeva che poteva solo cercare di fuggire. Così iniziò a nuotare, più veloce che poteva, virando a destra e a sinistra, con vigorose pinnate, per disorientare il nemico. Ma lo squalo era implacabile e non intendeva rinunciare a quel sontuoso banchetto».
Baltra si aggrappò alle pinne di Isabela, terrorizzato. Lei lo abbracciò e riprese il racconto con tono rassicurante:
«Devi sapere che Alcedo era un grande sognatore. Chiuse gli occhi e sognò di diventare grande, sempre più grande, almeno quanto lo squalo tigre. Quando riaprì gli occhi, sentì una forza possente che lo sollevava: migliaia di pesciolini luminosi lo avvolgevano facendolo oscillare tra gli spruzzi e la schiuma bianca».
Il cucciolo fece un sospiro di sollievo.
«Poi tutto si calmò» continuò a narrare Isabela «e Alcedo vide la grande onda di luce che si portava via lo squalo tigre, mentre una possente montagna di lava e fuoco era emersa dal mare, proprio nel punto in cui il suo nemico aveva iniziato a inseguirlo. Quando i fiumi di lava si fermarono e quando non uscirono più lapilli incandescenti dal cratere del vulcano, Alcedo comprese che la nuova isola nata nelle acque dell’oceano, era un luogo sicuro per la vita dei leoni marini. E in quel momento si accorse anche di essere diventato molto più grosso e più muscoloso. Il suo sogno si era avverato. Da allora, tutti i maschi dei leoni marini sono sempre stati molto più grandi delle femmine. Per proteggerle e difenderle dai pericoli».
Baltra si era addormentato, mentre