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La farina del diavolo: Il ponte maledetto
La farina del diavolo: Il ponte maledetto
La farina del diavolo: Il ponte maledetto
Ebook178 pages1 hour

La farina del diavolo: Il ponte maledetto

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About this ebook

Un appassionato di storia, che ama approfondire la conoscenza della natura umana, si reca in un antico monastero del Sudtirolo dove ha la possibilità di accedere alla prestigiosa biblioteca, sogno di chiunque, scrigno di antichi testi.
Un manoscritto su tutti attira la sua attenzione e lo porta alla decisione di tradurlo.
La farina del diavolo. Il ponte maledetto ci regala un’appassionante avventura con svariati personaggi, dal saggio Abate, uomo colto e integerrimo, alla strega che si fa ripagare soddisfacendo i propri desideri carnali, all’uomo solitario e dalla grande inventiva, fino al duca con la brama di lasciare un ricordo epocale ai posteri.
L’incontro con il diavolo e una sua proposta allettante con un prezzo da pagare daranno il via a una vicenda misteriosa e inquietante. Perché il diavolo mantiene le promesse, ma c’è sempre un secondo fine che la mente umana non è in grado di contemplare…
Nocentini, con uno stile raffinato ed elegante, è in grado di costruire un romanzo dalle tinte fosche in cui le peculiarità dell’essere umano emergono preponderanti, mostrandoci il lato più profondo e recondito delle persone.
 
Mastro Oliviero, non mi interessa la tua perduta animaccia da quattro soldi, io voglio l’anima splendente di un virtuoso, di qualcuno che non me la darebbe mai di sua spontanea volontà: un innocente, il primo che passerà sul ponte. E dovrà essere qualcuno all’oscuro di questo patto: una vittima sacrificale insomma, della quale tu porterai il peso per tutto il resto della tua vita, che peraltro ti auguro lunga e feconda.
LanguageItaliano
Release dateApr 5, 2017
ISBN9788867933044
La farina del diavolo: Il ponte maledetto

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    La farina del diavolo - Stefano Nocentini

    @micheleponte

    Stefano Nocentini

    LA FARINA

    DEL DIAVOLO

    IL PONTE MALEDETTO

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.

    La farina del diavolo va in crusca.

    Proverbio italiano

    Personaggi (in ordine di apparizione)

    Il Granduca di Castiglion Che Dio Sol Sa - feudatario imperiale, con manie di grandezza.

    Mastro Oliviero dell’Armentara (Meister Oliver von Kreuzkofel) - artigiano e architetto tirolese, con una passione irrefrenabile per i cani.

    Satana - massima potenza infernale, conduce un grandioso progetto di perdizione.

    Jenovefa - strega ninfomane, amante di Satana.

    Abate-Conte Stephanus da Anterselva (Graf Steffenhart von Antholzertal) - abate di Neukapelle in Sudtirolo, sapiente fra i sapienti, santo fra i santi.

    Masticabrodo (Lauterfresser) - stregone tirolese.

    Padre Robert Louis Stevenson - teologo innovativo.

    Dottor Henry Jekyll - assistente del Padre R.L. Stevenson.

    Padre Jorge Luis Borges - bibliotecario dell’abbazia di Neukapelle, centenario e cieco.

    Lancillotto - cane ruffiano e molesto.

    Ancora una volta, un manoscritto

    Laus tibi altissime aetherne Deus

    Così comincia il manoscritto che scovai in uno scaffale della biblioteca dell’antico monastero di Neukapelle, in Sudtirolo.

    L’abate che governa il complesso mi consente per lunga amicizia di soggiornare in quel massiccio edificio fuori dal tempo, e così, quando la città in cui vivo mi diventa insopportabile, la lascio alle spalle e mi reco in questa realtà diversa e immutata dal Medioevo.

    Il monastero è carico di storia: eventi decisivi avvennero qui, sotto antichi potenti abati. Quello attuale è uomo di vasta cultura, laureato in filosofia all’università di Innsbruck, e discutere con lui della natura e dell’uomo è sempre un piacere. Nell’aspetto somiglia un poco al suo grande predecessore, l’abate-conte Graf Steffenhart von Antholzertal, il cui ritratto a figura intera dipinto dal pittore brunicese Michael Pacher capeggia sul muro del refettorio e attrae irresistibilmente l’attenzione del visitatore. L’abate Graf Steffenhart von Antholzertal vi appare in una posa eretta, fiera, più adatta a un guerriero che a un religioso. La mano sinistra alza un crocefisso, la destra impugna una spada; lo sguardo è diritto, fermo; gli occhi intensamente azzurri fissano il visitatore con penetrante potenza. Il dipinto trasmette un senso di acuta intelligenza e di forza virile: è il ritratto di una personalità eccezionale che si eleva sopra la schiera dei comuni mortali.

    Sul muro di fronte un vasto affresco, anch’esso di Michael Pacher o forse di Friedrich Pacher suo omonimo allievo, rappresenta Gesù a tavola con le devote Marta e Maria e il loro fratello Lazzaro resuscitato. Anche qui compare il grande abate Steffenhart, in abbigliamento da profeta biblico. L’Abate sta illustrando qualche concetto al Salvatore che, torcendosi verso di lui dall’angolo di una sedia, lo ascolta in atteggiamento da discepolo, prendendo appunti su un tovagliolo. Ai lati, Marta, Maria e Lazzaro fissano l’Abate in postura adorante a mani giunte.

    Curiosità che i buoni frati non mancano di far notare al visitatore, è uno dei cani che, come in molti dipinti conviviali dell’epoca, divora resti di cibo sotto la tavola. Il corpo della bestia è canino, mentre il muso è umano: un ibrido fra uomo e cane, che richiama un po’ lo stile di Hieronymus Bosch. Questa bizzarria è forse collegata alla curiosa regola che fin dai tempi del grande abate Steffenhart bandisce da Neukapelle i cani di ogni razza? Può darsi, ma oggi nessuno sa più come e perché questo divieto, tuttora rigorosamente osservato, si sia originato: il motivo è sepolto dall’oblio nel grande baratro del tempo.

    A sera, ben fornito di candele (il monastero non è dotato di energia elettrica, una civetteria anti-modernistica dell’abate), nella grande biblioteca navigo nel mare magnum dei manoscritti, greci, latini, alt Deutsch, copiati e miniati nei secoli da pazienti e abili amanuensi. Da Omero a Sofocle, da Tito Livio a Marco Aurelio: scritti ben noti. Capita tuttavia di imbattersi anche in testi poco noti; allora al piacere della lettura si somma quello della scoperta.

    Fu così che scovai il manoscritto in questione, illustrato con belle miniature, alcune delle quali riportate in questo libro. Mi sorprese il nome dell’autore: Stefanardo da Vimercate, il colto frate domenicano priore del convento di Sant’Eustorgio a Milano, titolare della cattedra di teologia nella Schola del Duomo. Mi incuriosì il titolo: Narratio fidelis de vita magni peccatoris, sive Magister Olivarius. Non avevo mai sentito parlare di questa opera di Stefanardo, del quale conoscevo il Liber de gestis in civitate Mediolani e il De controversia nominis et fortunae, oltre ai manoscritti della Biblioteca Ambrosiana, il De irregularitate e il Questiones super certi locis apparatus. Una telefonata all’università mi confermò che questa Vita di un grande peccatore era sconosciuta: il sogno di ogni topo di biblioteca, l’inedito di un autore famoso.

    La qualifica di Magister attribuita a questo Olivarius lo identificava come un professionista o un artigiano, quindi non un nobile né un ecclesiastico. Chi era dunque costui, e quali peccati aveva mai commesso, per interessare Stefanardo da Vimercate, dotto teologo e storico insigne, solitamente interessato solo ad alte personalità? E a quali eventi si riferivano le curiose miniature che illustravano il manoscritto? Quale messaggio stava consegnando il diavolo al misterioso personaggio inginocchiato davanti a lui?

    La scoperta mi appassionò. L’idea che non fosse casuale, e che la mia frequentazione del monastero di Neukapelle facesse parte di un piano predisposto dall’alto per farmi imbattere nel manoscritto, mi prese al punto da farmi vedere in una "O" miniata da Stefanardo in persona che mi affidava il suo libro perché lo rendessi noto al mondo!

    Lo scritto era composto di tre parti separate, ma unite da un comune filo conduttore: il progetto di Satana per portare alla perdizione l’umanità intera, con l’involontaria complicità di questo Mastro Oliviero. Unico ostacolo al piano demoniaco, ultimo baluardo per la salvezza della specie umana, un santo fra i santi: non altri che lo stesso abate-conte Graf Steffenhart von Antholzertal. Lo stesso del grande ritratto nel refettorio, sotto il quale è ancora leggibile un cartiglio aggiunto nell’Ottocento che recita:

    La farina del diavolo va in crusca.

    Certo di un’importante scoperta, mi accinsi alla trascrizione in lingua moderna, che mi richiese un anno di assiduo lavoro. La affido oggi alle stampe per la gioia del lettore che saprà trarne tutto il godimento che merita, e che per me fu assai grande.

    Buona lettura.

    Stefano Nocentini

    Avvertenze riguardo la trascrizione

    Nel trascrivere il latino medievale di Stefanardo da Vimercate, ho sfrondato l’originale riformulandone i periodi lunghi e involuti, cercando però di conservarne il senso.

    Stefanardo usa una punteggiatura scarna e diversa dalla nostra: ho quindi introdotto la punteggiatura moderna per rendere il testo leggibile al lettore di oggi.

    Ho tagliato le lunghe digressioni di Stefanardo, come gli elenchi di personaggi e le storie di santi, senza però ometterle del tutto, per non compromettere troppo lo stile del testo.

    Ho invece trascritto fedelmente le citazioni di autori classici inserite nel testo dal colto monaco vimercatese, nella loro forma originale latina, e per ognuna specificando a piè pagina la traduzione e la fonte.

    S. N.

    Il Granduca di Castiglion Che Dio Sol Sa

    ode a te altissimo, eterno Dio, dispensatore della vita, che nella tua infinita saggezza tutto vedi e prevedi, e predisponi per le tue creature quei sentieri che, se al nostro limitato sguardo possono apparire incomprensibili e inutilmente aspri, seguono invece una logica a noi oscura, ma che porta infallibilmente al compimento di quei disegni che sono da sempre chiari nella Tua mente, e che neppure i più potenti fra gli uomini possono contrastare.

    E proprio da uno di questi potenti, comincia la mia storia. Un re? Non proprio: solo un granduca, che abitava nel mezzo della bella terra toscana. Ma sbaglierebbe chi lo pensasse signore di un’intera provincia, o di uno stato addirittura. No, era codesto un granduca che governava solo un piccolissimo feudo, anzi, a dirla tutta, soltanto il ridente paesino di Castiglion Che Dio Sol Sa e il territorio intorno. Settecento anime in tutto: nessuno di loro sapeva né leggere né scrivere né far di conto, e nessuno possedeva nulla che non fosse lo stretto necessario per campare col raccolto dell’anno prima e per coltivare quello dell’anno dopo. Sicché invidie e gelosie erano sconosciute a Castiglione, e tutti erano contenti di vivere poveri in canna come i loro padri e nonni e bisnonni; e non vedevano ragione perché anche i loro figli e nipoti non potessero vivere allo stesso modo.

    Ma allora perché granduca? Beh, c’era sotto un piccolo imbroglio. Il nostro uomo era in realtà solo duca, ma da quando aveva ricevuto la nomina imperiale, non poteva più dormire la notte pensando a chi invece era granduca; sicché alla

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