Forse le malattie sono soltanto fiori: spuntati nel posto sbagliato
By Lucianna
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«Dare di sé la parte più buona non solo per rendere migliore il mondo, soprattutto per essere protetti dalle stelle. Sarebbe quindi spontaneo farlo, ma subentra la paura. Così, l'attimo prima del miracolo che li salverebbe, gli uomini si fanno scorpioni e si avvelenano reciprocamente per un verme.».
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Forse le malattie sono soltanto fiori - Lucianna
Lucianna
Forse le malattie sono soltanto fiori
spuntati nel posto sbagliato
L'immagine della copertina è di Susanne Bauerfeind
UUID: 50e81ad0-d81a-11e7-a9cf-17532927e555
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Prologo
Fuochi d’artificio di tanto in tanto attraversavano il cielo, ma le teste restavano chine. L'umanità non rispondeva più agli stimoli, in silenziosa rivolta contro il progresso. I rumori pian piano si affievolivano e una triste forma di serenità emerse. La storia si fermò, per un attimo. Ferma non poteva stare così, per non perdere l'equilibrio, fece i suoi primi passi a ritroso senza che nessuno se ne accorgesse. Albe e tramonti continuavano a scandire i giorni.
Finché dal sottobosco si levò un suono flebile, simile a un calpestio di fate. Quella melodia, sempre esistita, non aveva mai varcato la soglia di orecchie circuite, fino ad allora, da schiamazzi e risa. Sfiorate da quelle note arcane, le anime assopite si ridestarono e con loro i sogni, quelli schiacciati all'andata a ogni passo indietro della storia resuscitavano.
Il cambiamento portò molti a credere che la creazione fosse avvenuta una seconda volta, il mondo effettivamente rifiorì, la scoperta dell'anima da parte degli uomini pot é il miracolo.
Dal cardiologo
Alle spalle otto decenni di incontrastata irruenza e mia madre, non solita voltarsi indietro, avanzava asfaltando ogni dubbio, troppo spavalda per perdersi in riflessioni, mai intercettato il suo calore. Ora, seduta in febbricitante attesa del responso, sembrava umana.
Sotto minuziosa indagine, quel cuore impavido conosceva per la prima volta i propri limiti. L'ecocardiografista richiese spesso la presenza del collega, il cardiologo nostro punto di riferimento prese così visione dei vari punti critici e nel frattempo noi, attenti, scopriamo che il versamento pericardico è importante, il cuore fa un rumore detto sfregamento, il dolore allo sterno non è un caso. Uno tsunami nel cuore di mia madre o un acquazzone estivo?
Scongiurato il ricovero immediato – in principio l'aria allarmata dei due sembrava premonirlo – siamo indirizzati in uno studio. Sulla soglia un desiderio di fuga, giunti alla sosta finale sarei voluta sparire prima dell'impatto. Chiusi dentro quella stanza ad attendere il precipitarci addosso di uno scoglio anziché farsi attraversare dalla serena brezza lungo il litorale al tramonto. Su una spiaggia simile a quella che avevo in mente l'uomo concepì per la prima volta la medicina in un caldo pomeriggio di settembre dimenticato dalla storia, quando vide i propri passi risucchiati dalla battigia fu lambito dal desiderio di sprofondare nell'infinito e si tuffò nella speranza di combattere malattie e morte.
Ci accomodammo in punta di piedi, accorti a non calpestare la fede nella guarigione ben radicata in noi. Su tutto il resto in penombra, spiccavano le foto dei familiari, il preludio di solleone piombava diretto proprio sui loro volti che, così illuminati, acquisivano la solennità di santità laiche inchiodate alla parete per testimoniare la presenza di un cuore oltre che di un dottore, eppure mi sentii un'intrusa, con il mio ingresso – non a caso defilato – portavo dentro una nuvola di preoccupazione e intanto il loro occhi ridevano tra spighe di grano, il profumo dei fiordalisi sparsi non arrivava.
Il medico era già al suo posto, seduto così assorto da sembrare dormiente mentre riguardava le immagini a ventaglio dell'ecocardiodoppler, con quella fetta di torta avvelenata la nostra estate si preannunciava infernale. Almanaccai sui possibili pensieri nascosti dietro quel volto ascetico e poco incline al riso, in più attraversato da uno strabismo connaturato alla professione medica con un occhio fisso sulla malattia, l'altro all'inseguimento della speranza. Mi assalì però il sospetto che non volesse sperare per noi ma per sé soltanto. Immaginai quell'uomo fuori dal camice e dall'ambulatorio tentare responsabilmente il suicidio, affrontare il vuoto tra un'astrazione filosofica e l'altra, svolazzante nel ruolo di funambolo alla ricerca di un paradiso dove il dio rigorosamente non parla. Medici e filosofi, loro già sanno tutto e i più, simili a pipistrelli appesi a un filo logico, si lasciano dondolare dall'eco della propria voce. La parola può, così credono, illuminare la verità, allontanare il male e dare ordine all'universo intero.
Annusai l'andazzo appena entrata, l'odore salmastro del silenzio non apparteneva a quel luogo. Ovunque ci assaliva una folla di frasi, sentivamo le conversazioni delle stanze attigue sventolare come panni stesi, senza però la freschezza del bucato. Nei discorsi imbastiti dai cardiologi la presenza del sangue tempesta un po' ogni argomento, tra atri e ventricoli ci si addentra in un sotterraneo dove le valvole mitraliche insidiano le anime, su tutto grava l'assenza di orizzonti mozzafiato, il galleggiare di quegli scenari giganteschi fa apparire il mondo come il palcoscenico dei sogni, paure e tensioni si sbullonano e le corazze cominciano a saltare una dietro l'altra lasciando fuoriescire le emozioni autentiche, sono quelle trapanate di fiducia nel cuore che saldano alla vita. Parole umide di saliva, piene di sentenze destinate all'insignificanza eterna, riempiono l'atmosfera esposte alla stessa trafila che asciuga gli stoccafissi, ma di esse non resta neanche una lisca, il vento spiffera ogni significato profondo. Forse nella brezza serotina si aggira muto ogni responso, manca negli uomini la necessità di ossigenarsi a pieni polmoni di poesia. La temuta cascata di parole a breve ci avrebbe raggiunti e in attesa che la voce della scienza fuoriuscisse dalla bocca del medico mi aggrappai con tutte le forze alla speranza ci fosse, sotto il pavimento o nei muri, un dio sopravvissuto alla presunzione umana pronto a salvarci. Non avevo ancora idea che spesso la medicina è anch'essa campata in aria, quando vidi roteare diretto verso di noi quello scoglio furibondo, era già troppo tardi.
Dal trono della sua esperienza aveva seguito il nostro altalenare tra attese ed esami, democraticamente ora ci accoglieva nelle rete della sua aura, nonostante la scrivania si inframezzasse. Con la maestria di una lavandaia che attinge i panni senza rompere l'idillio che il cielo magnanimo – cantiere instancabile di sogni – riflette sul molle specchio d'acqua, il dottor Erba affogò il silenzio in frasi semplici, dette con cura e a voce bassa, ben cosciente di quanto noi avremmo preferito non stare in croce ad ascoltarlo. A un certo punto uscì in soccorso di altri pazienti, prima di comunicare la diagnosi. Mettiamo che accidentalmente si spenga il monitor nel momento cruciale di un film giallo, così in quel frangente, con la mente sospesa e l'agitazione a palla, mi ritrovai a riflettere su quanto nefasta per la nostra società fosse la progressiva scomparsa della borghesia illuminata, incarnata da quel professionista alla perfezione. Rispettare la giusta distanza senza sbadigliare frasi con indifferenza, dare spiegazioni semplici di referti medici complessi. Come bambini nel lettone, con lui si stava in una botte che credevamo d'acciaio, invece si rivelò di ferro, la ruggine affiorò presto, quando ci ritrovammo all'aperto pioveva anche.
Al momento della diagnosi filtrava ancora il sole dalle persiane complici della nostra leggerezza: dare fiducia a chi non merita. Usciamo convinti di avere in mano la bandiera della vittoria, la lista delle munizioni di cui ci riforniamo subito.
La pericardite – diagnosticata acuta – in principio sembrò arrendersi, la temperatura scese, con essa anche la nostra preoccupazione. Di fronte a noi si aprì un varco, all'orizzonte tornato roseo vidi i ben noti profili delle montagne sciogliersi in una maestosa valle e il contorno terrestre, persa ogni asperità, divenire liscio come un uovo o pompelmo, o come se fosse l'alba ogni momento – sempre pronti a ricominciare.
I controlli a scadenza settimanale confermavano il buon andamento, con il versamento pericardico in via di riassorbimento la completa guarigione era