Sogni fuori dai cassetti
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Sogni fuori dai cassetti - Valeria De Gioia
Gioia
1
Era il suo sogno fin da bambina. Lo era sempre stato. Si addormentava tra le braccia di sua madre che la coccolavano e sognava l’aria natalizia, il gigante albero di Natale che tutti i passanti si soffermavano ad ammirare stupiti, la pista di ghiaccio dove avrebbe pattinato, gli elfi nei grandi centri commerciali e poi la musica. Tanta, tantissima musica.
Era convinta che New York le sarebbe piaciuta in tutte le vesti e in tutte le stagioni, eppure Sonia immaginava l’aria natalizia, festosa e calorosa come se fosse così per tutto l’anno. Sognava la sua tazza di cioccolata calda seduta a un tavolino del cafè, sognava le luci, l’emozione. Forse perché di luci ed emozioni era abituata a vivere, ogni volta che si esibiva in un locale della sua città con la sua voce e le sue canzoni.
Era quello il suo lavoro, a venticinque anni, con una laurea in Lettere che ancora non le era servita a niente. Certo, fare la cantante e la musicista era il suo sogno, ma non nei piccoli locali del suo paese delle Marche dove la ascoltava sempre la stessa gente e dove non la pagavano poi così bene. Anche se la musica per lei era sempre emozione, era vita, e non poteva non essere orgogliosa ogni volta che cantava o suonava il pianoforte. Due cose che messe insieme le riuscivano benissimo. In ogni caso voleva andarsene dall’Italia, voleva scappare e andare a cercare la sua felicità da qualche altra parte. Magari in un altro posto sarebbe stata appagata anche nella vita sentimentale e non solo nella carriera. Ultimamente anche da quel punto di vista si sentiva un vero disastro. Le storielle che aveva avuto si erano rivelate delle pessime esperienze, tutte irripetibili.
Quando era uscita con un giocatore di pallavolo molto carino aveva pensato che quella potesse essere la volta buona, si sentiva abbastanza presa da lui, fin quando aveva scoperto che a breve si sarebbe sposato con una fotomodella. Certo, nessuno poteva garantirle che a New York sarebbe andata meglio, ma lei almeno voleva provarci. Era davvero così coraggiosa? Sua madre non le credeva, non avrebbe mai pensato che sua figlia, la sua unica figlia, un giorno avrebbe avuto il coraggio di andarsene da casa.
Eppure quel giorno, armata di tanta fiducia, Sonia le disse: <
Da quando suo marito l’aveva tradita, la signora Laura Manzi soffriva di solitudine e di depressione e Sonia lo sapeva bene. Nonostante avesse poco più di cinquant’anni, sua madre le sembrava sempre più anziana, poco curata, niente vita sociale, mai con un sorriso sul volto segnato dalle rughe. L’unica cosa che in lei rimaneva viva era il blu dei suoi occhi. Quelli, non si spegnevano mai. Sonia li aveva ereditati da lei e a dire il vero si sentiva un po’ narcisista ogni volta che si guardava allo specchio: sapeva di essere una bella ragazza, magra e con quei capelli castani così lunghi, che sua madre diceva sempre che la notte non avrebbe avuto bisogno di usare la coperta.
Sonia ammirava il blu intenso degli occhi di sua madre e vi si specchiava. Si assomigliavano, anche se lei, ovvio, era più giovane.
Ora temeva la reazione che avrebbe avuto. Lasciarla sola proprio nel periodo di Natale non sarebbe stata una cosa facile.
La signora Manzi sgranò gli occhi, impallidendo. Sonia congiunse le mani sulle labbra pregando che andasse tutto bene, che sua madre non svenisse o cose del genere.
D’altronde, in quale altro modo avrebbe potuto dirglielo?
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Sua madre deglutì. <
<
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Sua madre si sedette sulla poltrona e sospirò. <Natale a New York, non immaginavo ti ci saresti innamorata.>> Accennò un sorriso malinconico.
Sonia si appoggiò al bracciolo della poltrona, accanto a sua madre, e le cinse le spalle. <<È il mio sogno, mamma. Voglio provare a costruirmi una vita lì. Qui non ho futuro. E lo so che andarmene proprio a Natale non è una bella cosa per te, per noi due, ma se andrà male, se non riuscirò a raggiungere i miei obiettivi in quella città, almeno avrò vissuto per un breve tempo il mio sogno.>>
<
<
La signora sospirò, rassegnata. <
Sonia abbracciò sua madre e fu come se i ruoli si fossero invertiti: la mamma che era diventata la bambina da consolare, la figlia che era diventata una donna carica di forza e di coraggio.
<
<
2
Sonia aveva pensato a tutto. Aveva iscritto sua madre al club del cucito, aveva chiesto gentilmente alla vicina di casa di tenerla d’occhio e di andare insieme agli incontri del club, al quale la signora Antonietti era già iscritta. Aveva fatto una spesa abbondante che potesse bastare per almeno due mesi, aveva comprato dei libri per sua madre, dei cd con buona musica da ascoltare e aveva chiesto al suo insegnante di pianoforte, pagandolo in anticipo, di andare a casa sua per dare qualche lezione alla signora Manzi, col pianoforte a muro che di certo lei non avrebbe potuto portare con sé a New York. Sua madre non avrebbe imparato facilmente, ma almeno si sarebbe tenuta occupata e, forse, si sarebbe anche divertita.
Si sentiva soddisfatta, ora poteva preparare i bagagli e concentrarsi sulla partenza.
<
La signora Manzi sorrise. Era davvero fiera di avere una figlia così. La ragazza ricambiò il sorriso e le accarezzò la guancia, sentendo sotto il palmo della mano le rughe sempre più evidenti. Poteva leggere negli occhi di sua madre la malinconia. Un nodo le strinse la gola.
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<
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Sonia prese un libro dalla mensola e dalle pagine vi estrasse qualcosa. Un biglietto aereo.
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A quel punto sua madre la strinse in un forte abbraccio, riempiendola di baci.
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Sonia fece spallucce. <
Ci fu un momento di silenzio.
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<
3
L’aereo partì, con a bordo Sonia e tutti i suoi sogni, le sue speranze, le sue preoccupazioni, i suoi pensieri. Un volo che poteva cambiarle la vita.
Si guardava intorno chiedendosi se anche quei passeggeri stavano partendo per trovare la loro strada, oppure stavano semplicemente andando in vacanza. Sotto Natale era molto probabile.
Fu felice di arrivare in orario. L’aereo atterrò. New York. Non poteva crederci. Fuori dall’aeroporto faceva freddo, non vedeva l’ora di riscaldarsi nell’autobus che l’avrebbe accompagnata alla zona del suo appartamento.
Per un momento temette di non riuscire a trovare un posto per stare comoda. Fortuna che aveva prenotato il biglietto online, anzi, era pure compreso nel prezzo del viaggio aereo, c’era un’offerta in quel periodo.
Il controllore la bloccò proprio mentre stava salendo.
<> disse in inglese, con rigidità. Sonia conosceva molto bene l’inglese grazie ai suoi studi extra, lo capiva perfettamente ed era anche in grado di tenere una conversazione.
<
<
Solo allora si rese conto di aver stampato erroneamente un biglietto che in realtà non era un biglietto e di essere stata così affrettata e distratta da non aver neanche letto quello che c’era scritto. Ecco perché odiava le prenotazioni online. Sorgeva sempre qualche problema, non era mai tutto perfettamente chiaro.
<
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Sonia lanciò un’occhiata disperata a tutti i suoi bagagli: cosa avrebbe fatto in tre ore con tutta quella roba? E soprattutto, avrebbe trovato dei biglietti disponibili?
<
Di tutta risposta, il controllore chiuse la portiera.
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Un ragazzo alto, con indosso un Woolrich marrone e un cappello di lana dello stesso colore, da sotto il quale uscivano dei ciuffi di capelli neri, le stava sorridendo. Sonia notò immediatamente i suoi occhi di un verde molto profondo che, solo guardandoli, le trasmisero una bella sensazione di calore.
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<
Il ragazzo le porse la mano. Era calda, morbida. Ancora calore. <
<
<
<
<
Sonia sospirò. <
Si guardarono, come se entrambi in quell’istante fossero stati