La Congrega
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La Congrega - Ezio De Falco
destino.
A mamma, papà e Claudia
le mie luci nell’oscurità
Prologo
Matthew Ward scese dal motorino con il casco sotto braccio. Camminò tranquillo sull’erba, arrivando di fronte a Ethan. – D’accordo, Towell, facciamola finita.
Una parte di Ethan rimpiangeva di aver accettato d’incontrarlo nel parco a quell’ora tarda, con nessuno nelle vicinanze. Ma l’altra voleva portare a termine quello che aveva cominciato.
– Devi smetterla di fare domande in giro. Tanto sai che la farò franca ancora – disse Matthew con un ghigno.
Ethan lo guardò con rabbia. Era vero. Quell’animale aveva già fatto ad altre ragazze quello che aveva fatto a sua sorella, e l’aveva passata liscia. Non voleva permetterlo mai più. Alzò gli occhi per ribattere e impallidì. Riusciva a vedere l’interno del corpo di Matthew come se avesse la vista a raggi X. Distingueva chiaramente una sostanza grigiastra nel sangue che scorreva nelle sue vene.
Il ferro.
– Cosa c’è? Hai perso la lingua? – lo provocò Matthew. – Se fossi una ragazza, adesso mi divertirei anche con te.
L’esitazione svanì. Ethan ritrovò la furia, che gli esplose dentro come l’eruzione di un vulcano. Quel bastardo andava fermato. Una scossa quasi elettrica lo attraversò e, davanti ai suoi occhi, il ferro ribollì nel sangue di Matthew. Ethan ebbe l’impressione che reagisse alle sue emozioni. Al suo volere.
Agendo per puro istinto e senza sapere come ne fosse capace, solidificò una porzione di ferro nel sangue del cervello di Matthew, formando una piccola sfera.
Lo sentì rantolare e a quel punto la vista gli si annebbiò. Indietreggiò e strizzò gli occhi, svegliandosi come da uno strano stato di torpore, e vide Matthew cadere a terra.
Ethan tremò. Matthew aveva lo sguardo fisso nel vuoto.
Nel buio e nel silenzio del parco sussurrò: – Che cosa ho fatto?
Capitolo 1
In piedi sul materasso, Ethan stava strappando l’ultimo pezzetto di adesivo dal retro del poster della locandina di Giovani streghe che era appesa alla parete. Saltò giù e restò a fissarla tenendola distesa con entrambe le mani. Aveva visto e rivisto quel film con sua sorella fino a imparare a memoria quasi tutte le battute.
– Quello forse è meglio che lo lasci qui – disse sua madre comparendo sulla porta della camera da letto.
– È di Clea. Forse lo vorrà riappendere nella sua stanza, nella nuova casa – rispose.
Catherine Towell si piegò e raccolse dal pavimento lo scatolone riempito fino a metà. – Per il momento tua sorella non abiterà con noi. Abbiamo trovato un’altra sistemazione. – Gli voltò le spalle per uscire dalla stanza.
– Non ne parleremo più, è così? – disse d’un fiato Ethan, obbligando la madre a fermarsi. – Mi avete detto quello che sono… ma non mi avete spiegato niente di più.
– Non c’è nient’altro da sapere – rispose secca Catherine.
– Ma…
– Sbrigati. Io e papà vogliamo partire prima dell’ultimo camion dei traslochi.
Ethan la osservò sparire dietro il muro, oltre le scale, senza poter e nemmeno avere voglia di ribattere. Quel cambio di vita, che era in realtà una fuga, era stato organizzato a causa sua. Diede un ultimo sguardo al poster. In parte capiva perché sua madre non voleva che lo portasse con sé. La motivazione della sistemazione alternativa a cui aveva accennato sua madre per Clea, qualunque essa fosse, non c’entrava nulla. Era quello a cui il film si ispirava a metterla a disagio.
Ethan lo arrotolò e lo lasciò ai piedi del letto. Forse ai nuovi proprietari non sarebbe importato del genere di cui trattava la pellicola e avrebbero riposizionato la locandina su uno dei muri della casa.
Uscì dalla camera e scese le scale fino al pianterreno, vide gli addetti della ditta caricare gli scatoloni sul camion e sua madre che urlava contro di loro. Il nuovo inizio non partiva sotto i migliori auspici.
Ethan li superò con indifferenza e percorse il vialetto trascinando i piedi. A scuola sapevano che quello era il suo ultimo giorno in città e molti gli avevano detto addio lì. Pur negandolo a se stesso, sperava che almeno uno o due amici sarebbero venuti a salutarlo. Ma per tutto il pomeriggio non si era visto nessuno.
Immobile a osservare l’orizzonte deserto, Ethan ebbe un brivido, pensando che forse qualcuno sarebbe potuto venire per un’altra ragione.
Fece dietrofront. Aprì la portiera posteriore dell’auto parcheggiata vicino al marciapiede e si rifugiò nel sedile dietro il posto del passeggero. Il suo zaino era abbandonato lì accanto. I genitori lo raggiunsero pochi minuti dopo. Sua madre si sedette davanti a lui sbuffando e suo padre al posto del guidatore, raddrizzando lo specchietto retrovisore
– Sei pronto, Ethan? – domandò James Towell.
Ethan annuì e sospirò. La domanda sembrava prevedere una scelta, ma lui non ne aveva. Se anche non fosse stato pronto ad affrontare una nuova città, una nuova scuola, un’intera nuova vita, non aveva la facoltà di sottrarsi a quella decisione. – Non mi avete detto dove ci trasferiamo – disse, frugando nella tasca inferiore dello zaino alla ricerca dell’iPod.
– A Dark Lake – rispose laconica sua madre.
– Mai sentito – replicò Ethan.
Suo padre girò la chiave e mise in moto. – Abbiamo ancora qualche parente lì. Ti piacerà.
Ethan premette il polpastrello dell’indice destro sul simbolo del play e avviò la musica nelle cuffie, infilate nelle orecchie. Suo padre aveva snocciolato poche e inutili informazioni, come da copione. Aveva capito che se voleva saperne di più su di sé, su cosa era in grado di fare, avrebbe dovuto cercare da solo le risposte, ovviamente mantenendo la massima discrezione con tutti.
Questo sarà il mio piano
pensò. D’ora in avanti nessuno mi noterà per nessuna ragione. Sono bravo a passare inosservato e in un posto sconosciuto come Dark Lake, sarà ancora più facile.
Capitolo 2
L’estate era agli sgoccioli, settembre era già iniziato da una decina di giorni ed Ethan era rimasto rintanato in casa a svuotare gli scatoloni dal pomeriggio del loro arrivo a Dark Lake. Solo da un paio di mattine aveva preso coraggio e aveva fatto qualche giro per il quartiere in cui abitavano.
I vicini sembravano uguali a quelli nei film, interpretati però da attori scadenti: cortesi il minimo indispensabile, desiderosi di ficcanasare per scoprire quali oscuri segreti nascondesse la sua famiglia, ma senza il coraggio di farlo davvero. Cliché in carne, ossa e abiti da negozio del centro commerciale.
Anche per quel motivo aveva deciso di uscire, pur non avendo un posto in cui andare. Se fosse rimasto a casa ancora, avrebbero cominciato a girare voci sul suo conto, sicuramente tanto lusinghiere da appiccicargli la reputazione dello strambo, e non era quello il biglietto da visita con cui voleva entrare nel nuovo liceo. Inoltre in quel modo non avrebbe rispettato il suo piano.
Ho anche una ricerca da portare avanti
si disse, superando un negozio di giocattoli. Sicuramente qualcosa di interessante sulla mia situazione lo troverei nella roba che i miei hanno chiuso in cantina, e da cui ho l’ordine di stare lontano.
Ethan alzò il capo e vide alla sua sinistra una libreria con un biglietto giallo attaccato alla porta d’entrata, su cui era scritto: Saldi per chiusura attività
. La vetrina era semivuota e si poteva scorgere un po’ di gente all’interno. Spinse la porta e un campanello trillò, senza che nessuno ci facesse caso. Le persone erano occupate ad accumulare volumi sotto le braccia, sottraendoli rapidamente dagli scaffali come se fossero pepite d’oro.
A quanto pare una svendita è pur sempre una svendita, non importa di che merce si tratti
ragionò Ethan, osservando che c’erano clienti di ogni età e si contendevano i libri con una tale foga, neanche se la loro vita dipendesse da quanti ne riuscivano a recuperare.
Facendosi strada all’interno del negozio, cercando di raggiungere una zona meno affollata, si ritrovò di fronte al reparto Storia e folclore. Nessun libro era stato toccato, erano ancora tutti esposti in modo ordinato. Ethan fece scivolare il dito sulle coste e gettò un’occhiata ai tioli.
Stregoneria. Basi di magia e storie antiche.
Si bloccò. Curiosando aveva trovato qualcosa di utile. Prese il libro e lo sfogliò. Sembrava un trattato un po’ generico su streghe e credenze popolari, ma era meglio del niente a cui aveva accesso in casa.
– Ottima scelta. È un buon punto di partenza, se vuoi cominciare a studiare la storia della stregoneria.
Ethan alzò la testa di scatto. Una donna alta e magra, con i capelli grigi che le cadevano sulle spalle e un maglione verde scuro, lo guardava con aria gentile.
– Quel reparto non è tra i più frequentati – aggiunse senza dargli il tempo di rispondere. – Quindi i volumi sono scontati al sessanta per cento.
– Ecco… veramente io… – iniziò Ethan.
– Uno sconto del sessanta per cento? – ripeté quasi urlando una donna grassoccia con una pila di tascabili in equilibrio sulle mani intrecciate, e subito più della metà delle persone puntarono gli occhi nella sua direzione.
Di certo fissavano i libri, ma Ethan si sentì a disagio. Mise il libro sotto braccio e si defilò, giusto un attimo prima che anche quella sezione venisse presa d’assalto.
– La cassa è da questa parte – disse la donna dai capelli grigi, facendogli strada.
Ethan la seguì sperando di avere abbastanza soldi con sé. – Ha un sacchetto? – domandò porgendole le banconote.
– Certo – rispose lei. Infilò il volume in una busta di plastica e gliela consegnò. – Buona giornata – lo salutò con un sorriso.
Ethan ricambiò il sorriso, uscì dalla libreria stringendo la busta al petto e corse verso casa. Finalmente aveva qualcosa che lo avrebbe tenuto impegnato fino all’inizio della scuola, ma avrebbe dovuto trovare un posto tranquillo fuori casa in cui mettersi a leggerlo, perché di certo i suoi genitori non gli avrebbero mai permesso di studiare testi sulla magia.
Capitolo 3
Si era perso di nuovo. Nonostante fosse passato quasi un mese da quando aveva iniziato a frequentare il liceo di Dark Lake, Ethan non riusciva ancora a orientarsi nella nuova scuola. Si guardò intorno confuso, vergognandosi di dover chiedere informazioni per raggiungere la biblioteca.
Si mosse alla ricerca di qualcuno e due ragazzi gli andarono a sbattere contro. Lei aveva i capelli neri a caschetto e lui capelli scuri e occhi del colore del mare. Lo guardarono ridendo e si allontanarono prima che lui potesse aprire bocca.
– Scusate tanto – bofonchiò. Da quando era arrivato, nessuno si era dimostrato gentile o socievole nei suoi confronti.
– Non prendertela. Morgana e Damian sono fatti così, ma non sono cattivi.
Ethan si voltò e si trovò di fronte una ragazza sorridente. Avrebbero potuto essere gemelli. Entrambi con i capelli rossi come il fuoco. Ma quelli della ragazza erano anche ricci e l’espressione del suo volto era molto più solare.
– È tutto a posto? Sembri uno che si è perso – gli disse.
– In effetti sì – rispose, abbozzando un sorriso. – A quanto pare continuano a spostare la biblioteca.
Lei rise. – Tranquillo. Anch’io all’inizio non riuscivo a trovarla. Se vuoi ti accompagno.
– Grazie. – Ethan si asciugò la mano sudata sui jeans e gliela porse. – Sono Ethan Towell.
– Ciao. Sono Amanda Rich. Non Ami. Non Mandie. Solo Amanda – rispose, stringendogli la mano.
– D’accordo. Me lo ricorderò – disse Ethan.
Amanda gli infilò un braccio sotto il suo e lo tirò verso le scale alle loro spalle. La borsa che la ragazza portava a tracolla, sbatté contro la sua gamba. – Vieni, la biblioteca è al pianterreno. – Mentre scendevano la seconda rampa, Amanda buttò uno sguardo alla lista che Ethan teneva in mano e disse: – Ti mancano i volumi più difficili da trovare. E forse ormai le poche copie in biblioteca le hanno già prese.
Arrivati davanti all’ingresso, Ethan entrò da solo lasciando Amanda ad aspettarlo fuori. L’addetta stava mangiando un panino e le briciole erano tutte in fila nella fessura della rilegatura del libro che stava leggendo.
– Buongiorno. Mi servirebbero questi due volumi. – Ethan le mise sotto il naso il foglio con i titoli che voleva evidenziati in giallo fluorescente.
Continuando a masticare, la donna gli rispose: – Elementi di chimica, finito. Storia internazionale volume 2, finito. – Senza perdere altro tempo ritornò a guardare la pagina del libro sul tavolo.
– Grazie lo stesso. – Ethan uscì imbronciato.
– Niente da fare? – domandò Amanda.
– Già. Ormai è un mese che li cerco. Sono stufo di dover pagare per fare le fotocopie.
Amanda lo prese di nuovo a braccetto. – Se non hai impegni, dopo le lezioni potremmo andare in centro. La libreria più grande della città ha la maggior parte dei libri che usiamo qui a scuola. Anche se è ottobre, è facile che sia rimasto qualcosa. E la commessa è molto più gentile della bibliotecaria. – S’incamminò tirandoselo dietro e continuò: – Poi se vuoi possiamo fermarci a mangiare da qualche parte.
Ethan fu sorpreso. Quella ragazza tanto gentile e disponibile lo aveva invitato a uscire dopo solo pochi minuti averlo conosciuto. – Sì, volentieri – rispose, contagiato dalla strana allegria che lei gli trasmetteva.
– Perfetto – disse Amanda, sorridendo soddisfatta.
La libreria in centro era davvero enorme, appena entrati Amanda prese il foglio dalla mano di Ethan e si diresse sicura al banco informazioni dalla commessa con i capelli castani raccolti in una coda di cavallo. Ethan la seguì silenzioso.
– Buongiorno signorina Monroe – la salutò sorridente Amanda. – Avremmo bisogno di questi due testi. Può aiutarci?
– Ciao cara. Certo, vediamo cosa posso fare. – La donna si raddrizzò gli occhiali a lenti rettangolari, poi si spostò da dietro il banco e con il foglio in mano partì sicura verso lo scaffale in fondo alla stanza.
– O sei molto famosa o frequenti spesso questo posto – disse Ethan sorpreso. – Non ho mai visto una commessa scattare tanto volentieri per aiutare un cliente.
Amanda rise di nuovo, una risata leggera, ma allegra. – Mia mamma organizza eventi e da due mesi sta lavorando per promuovere un giovane scrittore. La signorina Monroe ci aiuta per la presentazione nella libreria. Ormai vedo più spesso lei che mia madre.
La donna tornò compiaciuta con i due libri sotto braccio. – Siete stati fortunati. Ultima copia per entrambi.
Ethan prese i libri. – Grazie mille.
Dopo aver pagato, uscirono e, sovrastando il rumore della città, la ragazza chiese: – Hai qualche preferenza? Qui dietro c’è un ristorante cinese buonissimo.
– Vada per il cinese – rispose Ethan con un sorriso.
I due si incamminarono e in pochi minuti arrivarono al ristorante. La sala era piena, ma la cameriera riuscì a