Il Rapinatore
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Book preview
Il Rapinatore - Massimiliano Levrangi
sarà.
Il fatto
Una scia di sangue misto a cervello attraversa la strada incanalandosi quieta lungo il bordo del marciapiede. Il corpo giace poco più su, riverso a terra.
Una rapina in banca finita male. Per un rapinatore, e non solo. Gli agenti l’hanno crivellato di colpi, anche se sarebbe bastato il secondo, quello preciso ad attraversargli il cranio. Tuttavia la polizia ha preferito accanirsi un po’, facendo sobbalzare quella sagoma inerte sotto la scarica di altri proiettili, come un pupazzo nelle mani schizofreniche di un neonato divertito.
Fortunato, Fortu per i pochi amici, è il nome di quel corpo straziato a mezzogiorno. Al suo fianco Angelo, il suo angelo custode che lo accarezza mestamente. Angelo gli ha salvato più volte la vita, ma non in questo caso perché il disciplinare di servizio gliel’ha impedito; agli angeli custodi sono concessi un massimo di tre interventi e per Fortunato sarebbe stato il quarto.
Angelo guarda il corpo che giace a terra e pensa che Fortunato, nella sua vita, non ne ha avuta poi molta di fortuna.
È tempo di volare. Angelo dischiude le ali e si allontana. Una brezza leggera sfiora il volto di chi rimane.
I barellieri nel sollevare il cadavere di Fortunato sentono un odore inconfondibile. Se l’è fatta addosso, per paura direbbero i più.
L’hanno imbustato e lo portano via a sirene mute. Destinazione
medicina legale.
A pochi metri di distanza il corpo privo di vita di un poliziotto che di nome fa Gustavo.
Il Pubblico Ministero, Dott. Luce, si accoscia al fianco di Gustavo e solleva il lenzuolo che lo cela agli occhi dei presenti. Solo qualche istante e lo ricopre, pietosamente.
Per Gustavo un solo colpo, alla tempia destra. È adagiato su un fianco, accoccolato sull’asfalto come se stesse dormendo. Testimoni?
chiede il PM alla poliziotta intervenuta con lui.
Quando siamo arrivati c’era della gente, ma sentendo i primi spari del rapinatore sono fuggiti tutti.
risponde lei con un groppo alla gola.
È stato identificato?
domanda Luce rivolgendosi a un altro agente.
Dai documenti risulta un certo Fortunato Sandri, incensurato. In tasca aveva una cartolina spedita da Rimini con scritto ‘ci manchi, papà’. In calce le firme di Maria e Marcello. Probabilmente si tratta di moglie e figlio in vacanza. Ci siamo messi in contatto con i colleghi della zona sperando di scoprire qualcosa.
E i familiari del poliziotto?
Informati.
aggiunge laconica la poliziotta.
Era solo o si tratta di una banda?
I due poliziotti rispondono all’unisono All’arrivo della gazzella un’auto rossa è partita a razzo e la volante dietro, ma a quanto pare si sono fatti seminare. L’unico componente della banda identificato è lì a terra, morto.
D’accordo! Speriamo che i colleghi di Rimini riescano a rintracciare la moglie e che lei abbia qualcosa in più da dirci. Fatemi sapere appena ci sono novità. Arrivederci.
Il Dott. Luce, visibilmente perplesso, si sistema la giacca sulle spalle allontanandosi dal luogo della mattanza. Ha un’andatura incerta, eredità di una grave malattia d’infanzia.
Stanno ripulendo la strada e tutto torna alla normalità. La banca riapre i battenti, le auto s’infilano in sosta a ridosso del marciapiede, anziane signore ciondolano con le borse della spesa e alcuni uomini discutono di calcio e amenità varie. Nessuno sta reclamando il corpo di nessuno. Nemmeno un fiore riposa sul marciapiede.
C’è anche un bambino. Ha assistito a tutta la scena da dietro un pilastro. A quanto pare un testimone era presente.
Il ragazzino ha su per giù otto anni e un nome, Guido. Indossa una camicia bianca a manica corta, ben stirata, e dei pantaloncini beige con il risvolto. Ai piedi dei sandaletti con il calzino al polpaccio.
Si è pisciato addosso. Il rivolo d’urina, come per una piccola magia, è sceso a terra lasciando intatto il pantalone.
Guido ha una famiglia che lo aspetta e ha deciso di correre a casa.
Il prologo
Fortunato si è alzato presto stamattina. È una giornata calda come sono calde le giornate di agosto. È in ferie, ma non ha ancora deciso se rimarrà in città o andrà via. La moglie, Maria, è già partita con Marcello, il loro figlioletto, alla volta della riviera adriatica. Dice che fa bene al bambino ma non è vero, fa bene a lei, che si considera separata in casa da un paio d’anni.
Maria e Fortunato si conobbero al bar Simpa, in occasione del concorso Una barzelletta per un anno
. Avevano entrambi una trentina d’anni e un passato da single non proprio per scelta. Lei, donna minuta e risoluta, lavorava come commessa in un negozio di bottoni. Lui, all’epoca, era disoccupato. Fortunato presentò la freddura sulla pelle di daino: Sapete perché la pelle di daino non può stare al freddo? Perché le viene la pelle d’oca!
L’infelice battuta lo relegò in coda alla classifica, penultimo per l’esattezza, prima della signora Tina che per l’emozione aveva fatto scena muta.
Fortu, vista la bruciante sconfitta, prese posto al bancone del bar ordinando una limonata media, la sua bibita preferita.
Maria, seduta lì a fianco con una birretta chiara a portata di mano, s’intenerì.
A me non dispiaceva.
esordì per rincuorarlo.
Davvero?
Sì!
Nel giro di poche parole nacque l’idillio.
Maria fu colpita dalla sua semplicità. Lui era esattamente quello che vedevi, un medioman senza filtri o maschere sociali. E a lei poco importava che non eccellesse in qualcosa, anzi lo riteneva un valore aggiunto. Diffidava degli uomini con grandi qualità, votati inesorabilmente alla competizione e centrati soltanto su se stessi.
A dire il vero li odiava proprio e la ragione non era di certo filosofica, ma personale. Semplicemente non era riuscita ad accantonare la storia con il suo uomo perfetto, terminata di punto in bianco con un sms menzognero di lui.
In verità l’uomo perfetto si era semplicemente trovato un’altra, ma preferì mentire sottraendosi a giudizi che lo avrebbero ricondotto alla mediocrità umana.
Dopo nemmeno un anno di fidanzamento col giovane Fortu, Maria rimase incinta e i due si sposarono di lì a pochi mesi con rito civile.
Durante la gravidanza cominciarono i primi screzi legati alla precarietà lavorativa di Fortu, ma la vera ragione dei frequenti dissidi purtroppo era un’altra: l’uomo perfetto era ricomparso come d’incanto nella vita di Maria.
L’incontro avvenne casualmente in un negozio d’abbigliamento.
Due convenevoli, un caffè in un bar lì a due passi, e poi via a infilarsi in auto come i giovincelli. La gravidanza di Maria, ormai al quarto mese, non era un grosso problema, anzi un pregio per l’uomo perfetto che, divenuto sterile a causa di una grave forma di varicocele bilaterale, aveva sviluppato una fissa comicamente espressa durante l’orgasmo: ‘Ti metto incinta, ti metto incinta!’ le parole gridate alle attonite compagne d’avventura dell’infecondo.
Così fece anche con Maria, costringendo il futuro nascituro a sorbirsi, suo malgrado, il teatrino dell’uomo.
La relazione durò fino alla nascita del piccolo Marcello, che prese il nome dell’amante. Fu un parto cesareo, per scelta della madre che