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Piove su Marte
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Piove su Marte

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Andare su Marte è un lungo viaggio. Ci vuole più o meno lo stesso tempo che impiega un’anguilla a raggiungere il Mar dei Sargassi partendo dalle valli di Comacchio. Servono dei buoni motivi per farlo.
LanguageItaliano
Release dateFeb 5, 2017
ISBN9788826016245
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    Piove su Marte - Marco Pecchiari

    Conrad

    Prologo

    Cosa c'era di strano nell’aria, quella sera d’autunno? Non era diverso il tramonto, dai tanti passati. L’essere si spinse fuori dall’acqua. Riparato dal buio della notte, strisciò nell’erba umida fino al canale. Era questo l’inizio di un viaggio verso un mare lontano.

    -Care colleghe, cari colleghi. Molti anni fa, un giovane laureato pieno di sogni e di attese varcava col cuore colmo di emozione il cancello là fuori, per iniziare un’entusiasmante e indimenticabile avventura. Ricordo con particolare nitidezza il mio primo giorno all’Agenzia e spero possiate comprendere la grande commozione che provo nel riconoscere tra voi qui riuniti, molti di coloro che quel giorno mi accolsero. Non posso quindi perdere questa occasione per ringraziarvi nel modo più sincero, come uomo e come amico, per la vostra sempre completa disponibilità, per il vostro supporto disinteressato e cordiale, per la vostra splendida umanità, che mi hanno permesso di vivere serenamente anche i momenti più duri della mia vita lavorativa.

    Ore 6:30. Odo un rumore ovattato. La gola riarsa mi brucia. Appare uno spiraglio di luce: mi alzo. Tutto è bianco, abbagliante. Mi siedo. Al centro un cerchio nero, poi marrone. Liquido bollente sulla gola dolorante. Mi alzo di nuovo. La serratura scatta, scroscia acqua fredda sulle mani, gelida sulla faccia: sono sveglio. Alcuni precisi movimenti e sono nudo, dopo poco vestito nuovamente. La serratura scatta di nuovo, prendo giubbotto e zaino, e saluto. Ascensore, portone, cancello, destra, dritto, destra, sempre dritto: stazione.

    Ore 7:02. Attendo.

    -In qualità di collega, rivolgo a voi un ancor più sentito ringraziamento per il costante e rinnovato impegno che sempre avete mostrato nel condurre gli ambiziosi progetti che danno lustro e meritata fama all’Agenzia. Impegno che si concretizza, giorno dopo giorno, nel conseguimento di nuovi, fino a ieri inarrivabili, obiettivi. In certi momenti, mi ritrovo a riflettere come dietro al famigliare volto di un amico si celi uno dei più grandi scienziati del nostro tempo. Sono allora involontariamente sopraffatto da una strana sensazione, quasi non mi ritenga all’altezza di ricoprire questo ruolo; è solo un attimo, perché in breve questo disagio si trasforma in nuovo stimolo e sprone. Non è soltanto grazie al vostro spirito di abnegazione e alle vostre eccezionali professionalità che i successi dell’Agenzia sono resi possibili, ma soprattutto è grazie al vostro incredibile spirito di gruppo, a questa vostra inesauribile capacità di unire gli sforzi di ciascuno per superare con determinazione caparbia ed ostinata i molteplici ostacoli che si frappongono al raggiungimento del traguardo agognato.

    Ore 7:10. Arriva il treno delle 7:02. Salgo e mi siedo. Apro lo zaino. Teoria della probabilità. Rescaldina. Assioma della somma. Saronno. Probabilità condizionata. Novate. Problema della rovina: due giocatori A e B continuano una partita fino alla completa rovina di uno dei due. Sapendo che il capitale di A è a, quello di B è b… Bovisa. Chiudo lo zaino. Un cantiere. Domodossola Fiera. Mi alzo. Cadorna.

    -Non è quindi stupefacente, certo non per me che vi conosco, il vedervi tutti presenti a questa riunione, pur sapendo quali numerosi e delicati impegni ognuno di voi debba assolvere in questi giorni. Qualche giorno fa la mia segretaria entrò nel mio ufficio e con tono incredulo mi disse Non ci crederà direttore, ma la prossima settimana tutte le persone invitate saranno presenti. Rimase di sasso, poveretta, alla risposta che mi uscì spontanea e un po’ piccata Beh, con chi credeva di avere a che fare?. Per rispetto verso il vostro tempo prezioso non mi dilungherò in futili premesse e verrò subito al nocciolo della questione, nella certezza che ognuno di voi già conosca e comprenda le ragioni che mi hanno spinto a convocare questa assemblea. Da alcuni mesi ci stiamo scontrando con notevoli difficoltà nella pianificazione a medio termine delle strategie attinenti la scienza planetaria. Oggetto del contendere sono decisioni relative a quel pianeta che tanta importanza ha avuto nella storia dell’uomo e che tanto cruciale è per noi oggi, Marte. Stando alla preesistente scaletta di progettazione, una volta completato il processo di revisione dei dati sino ad ora ottenuti, avremmo dovuto possedere sufficienti elementi per poter stabilire se la prossima missione dovesse o meno prevedere il ritorno di campioni sulla Terra. Su questo punto, si sono formate due linee di pensiero nette e contrapposte che non hanno permesso la stesura di un programma condiviso.

    Ore 7:50. Scendo dal treno, veloce mi muovo verso l’uscita, prendo il primo giornale omaggio, prendo il secondo giornale omaggio, svolto a sinistra arrivo a un albero, mi fermo e attendo. Autobus arancione, salgo, mi siedo. Uccide il padrone di casa a martellate. Via dell’Orso. Sarà una guerra sanguinosa. Piazza della Scala. Italiani sovrappeso. San Babila. Scoperto il gene della curiosità. Indipendenza. Non era rigore. Dateo. Sale la solita tipa. Strambio. I vecchi dell’Istituto Tumori si trascinano alla loro meta, io al capannone impianti pilota.

    Ore 8:15. È chiuso. Mi dirigo al settore didattico, scendo le scale, giro a destra, giro a sinistra:

    -È arrivato il Vogel?

    -Come?

    -V-O-G-E-L

    -Ah sì, è arrivato. Sono 174.

    Dò 204 ricevo 30. Esco. A ritroso al capannone: è aperto. Deposito zaino e giubbotto, firmo il registro, saluto Angelo. Correggo la relazione: resultati y oservazione esperimentale: si vede che el campione presenta efeti che non saranno caraterizati… Perché abbiamo fatto la TGA? Perché…

    -Per ironia della sorte, quello che per gli astrologi è il pianeta del conflitto, si rivela tale anche per noi uomini di scienza. Proprio noi, così nemici della superstizione, sembriamo avvalorare con il nostro comportamento le tanto disprezzate teorie, mettendo in atto quel dualismo di passione e di rabbia che comunemente si associa al pianeta rosso. Si avvicina, cari colleghi, il momento di presentare la richiesta di finanziamenti agli organi governativi e le due alternative implicano costi estremamente differenti. Storicamente la scienza planetaria ha rappresentato una voce di spesa incidente per il dieci per cento sull’intero bilancio dell’Agenzia e metà di questo ammontare è sempre stato dedicato all’esplorazione di Marte. Ora, una missione con ritorno, avrebbe un’incidenza almeno doppia e renderebbe necessaria una decisa riorganizzazione degli altri obiettivi.

    Ore 9.00. Lezione. Corso di reologia seconda parte: viscosimetri e reometri. A rotazione, a cilindri coassiali, a piatti paralleli, a piatto cono, a palette, a capillare, a caduta, a risalita.

    Ore 10:30. Pausa. Perché abbiamo fatto la TGA? Perché… Strano, non mi pareva difficile da capire.

    Ore 11:00. Viscosimetria e reometri: controllo di stress, controllo di velocità, gamma punto, eta, teta, fame, molta fame.

    Ore 12:30. Bar di chimica: panino, caffè, brioche. Un buono pasto. Perché abbiamo fatto la TGA? Perché… Sarò io che mi spiego male.

    -Entro la fine dell’anno dobbiamo giungere a una decisione univoca, per poter presentare il programma della missione entro i termini prefissati e formalizzare la richiesta di fondi. Un ulteriore ritardo ridurrebbe i tempi tecnici al punto tale da compromettere la realizzazione di qualunque progetto, indipendentemente dalla scelta fatta. Un mancato accordo avrebbe ripercussioni estremamente negative per l’immagine dell’Agenzia e non solo. Parrà molto veniale e forse fuori luogo, ma il mio e il vostro impiego, il mio e il vostro salario, dipendono anche da questo. Vi prego pertanto di fare ogni possibile sforzo per trovare una soluzione alla controversia, mettendo da parte tutte le prese di posizione, spesso più emotive che scientifiche, che sono di ostacolo ad una corretta e ragionata gestione della programmazione. A partire da oggi, mi occuperò personalmente della cosa, coordinando tutte le attività fino alla risoluzione del problema. Propongo di iniziare a delineare i principali punti di divergenza in questa sede: chiedo pertanto agli esponenti delle due linee di pensiero di illustrare in maniera chiara e il più possibile coincisa, la propria posizione. Dott. Evans vuole cominciare lei?

    Ore 13:00. Capannone e relazione. Zirconio, zirconia, zircon.

    Ore 14:15. Corso di reologia: la viscosità dell’olio, del ketchup, del calcestruzzo. Un tempo ero sereno. Un bambino in ginocchio su un tappeto gioca ascoltando la musica da un mangiadischi arancione: una signora grassa stira nella stessa stanza. Sarai nuovamente sereno? Mai. È difficile resistere. Perché abbiamo fatto la TGA? Non lo so. Forse così non insiste.

    Ore 17:15. Relazione.

    Ore 18:00. Esco dal capannone, vado a destra, cancello a sinistra, al semaforo dritto, nella piazza a destra, in fondo alle scale, altre scale, un treno. Rumore di treno, Cadorna. Scendo veloce, salgo le scale, un tornello, altre scale, mi siedo sul vagone al terzo binario. Leggo gli articoli. Bullona. Dove va il vanadio? Bovisa. Sostituisce il silicio. Saronno. Sostituisce lo zirconio. Rescaldina. È interstiziale. Castellanza. Scendo, sempre dritto, a sinistra dritto, a sinistra cancello, portone, ascensore, bagno, ascensore, porta, garage, bicicletta.

    -Cari colleghi. Non ho mai fatto mistero della mia posizione nei confronti del tema di oggi. È noto come io sia il principale promotore della missione con ritorno, sebbene non sia stato certo io l’ideatore di tale programma. Già all’inizio del millennio, l’Agenzia dichiarava che le missioni programmate per il primo decennio sarebbero servite per prepararne una con ritorno, in vista della pianificazione di una missione dell’uomo su Marte. Ogni singola missione svolta sino ad oggi ha avuto tra i propri obiettivi la risoluzione di problematiche attinenti a un’eventuale missione umana. Molti fra di voi qui presenti, hanno personalmente contribuito alla stesura di questo programma. Siamo tornati sulla Luna per collaudare Orion e studiamo da anni le problematiche relative alla convivenza prolungata di astronauti nello spazio. Abbiamo dichiarato di aver raggiunto il cento per cento degli obiettivi e quindi siamo potenzialmente in grado di lanciare una missione umana. Se così non fosse, ciò significherebbe che gli obiettivi non sono stati effettivamente raggiunti, oppure che la programmazione fatta sino ad oggi, è in realtà errata e presuntuosa. La prova del nove per verificare la bontà del lavoro svolto, è una missione con ritorno. Se siamo coerenti con ciò che noi stessi abbiamo scritto di comune accordo, non abbiamo alternative. Non inventiamo nulla di nuovo: la strada per una missione con ritorno sulla terra era stata studiata già nel 1975 in Russia con il progetto 5NM sotto la guida di Kryukov. Pensate, nel lontano 1975 si affrontava una sfida che oggi cerchiamo di evitare. Il progetto apparve troppo complesso e il ministro Afanasiev interruppe i lavori: la differenza rispetto alla situazione odierna è che a quei tempi il progetto era realmente troppo complesso. Oggi, le difficoltà che allora bloccarono il progetto, sono risolte senza bisogno di ulteriore ricerca. La mia proposta prevede l’utilizzo di una rotta di congiunzione semidiretta, limitando la permanenza sul pianeta a ventisette settimane. Il materiale campionato potrebbe stazionare in orbita marziana, nell’attesa di intraprendere la rotta di rientro, evitando quelle permanenze su Marte eccessivamente lunghe a cui molto spesso si associano l’insorgere di problematiche legate ai capricci dell’atmosfera marziana. Dovremmo essere pronti a mandare l’uomo su Marte e tergiversiamo su una missione con ritorno? E’ inutile che io vi annoi in questa sede esponendovi dettagli tecnici che certo conoscete: so benissimo che sarebbe più semplice rimandare, lanciare l’ennesima missione di esplorazione, perfezionare le tecnologie esistenti. Ma così facendo noi metteremmo a tutti gli effetti un freno alla scienza. Cosa ci manca? Abbiamo orologi atomici che commettono un errore di un secondo ogni miliardo di anni, siamo in grado di conoscere la posizione delle nostre sonde con precisione un tempo neppure immaginabile, abbiamo a disposizione calcolatori che rendono quasi superflua la nostra stessa presenza. Cosa stiamo aspettando?

    Ore 19:30. Scuola guida: eseguire i comandi. Specchio retrovisore centrale, laterale, gira la testa, si parte, sinistra, dritto, destra la prima, meno acceleratore, frena in sosta.

    Ore 20:00. Veloce a casa.

    Ore 20:15. Mangio la pasta, mangio la carne, mangio la frutta, la gola comincia a far male, piano, più forte, fortissimo.

    Ore 20:45. Accordo il la, il re, il sol, il mi.

    Ore 22:00. Chiudo il violino, metto il pigiama, flessioni, lavo i denti. Tre pastiglie, cento trazioni, un bicchiere d’acqua.

    Ore 23:00. A letto. Silenzio. Un rumore ovattato: è mercoledì.

    Iniziazioni

    -Bevi, bevi, questo è l’asé, preparato con scorze e radici gradite a Ogun...

    Una luce argentea penetra dalla finestra del capanno. Per terra, su un giaciglio di foglie di palma, siede un uomo bianco, pallido e gracile, nudo fino alla cintola.

    -Rilassati, rilassati e bevi, è la forza del dio...

    Una donna nera porge all’uomo un vaso di terracotta ed egli beve, rapito dalla voce cantilenante.

    -Resisti, ora arriveranno gli invitati, resisti, non cadere nel sonno, questa è la grande notte…

    Il caldo è soffocante, l’uomo è confuso, ciondola la testa in un bagno di sudore. La porta del capanno si apre e alcuni uomini entrano in silenzio. Si dispongono lungo le pareti del capanno, i loro volti si confondono nel buio.

    -Benvenuti nella foresta dei morti, nella lunga notta prima dell’iniziazione. Salutate il futuro elegun! Consacriamo questo luogo a Ogun!

    Un uomo prende una pala e inizia a scavare una buca nel pavimento di terra battuta. La donna vi versa del liquido dal vaso di terracotta quindi fa un cenno a uno degli astanti. Quegli esce dal capanno e rientra con un piccione in una mano e un piccolo cane appeso a un laccio nell’altra. Tiene il cane sospeso per la corda sopra la buca, un altro uomo lo afferra per le zampe posteriori e lo tira orizzontalmente con forza. Il cane cerca di divincolarsi ma è quasi soffocato dal cappio. Un terzo si avvicina con un machete, lo fa passare tre volte attorno al corpo della bestia, quindi con un solo colpo ne spicca la testa dal collo. Il sangue viene fatto gocciolare nella buca e vi viene deposta anche la testa del cane. Stessa sorte subisce il piccione. La donna accompagna la cerimonia con un canto:

    -Ogun che ha dell’acqua nella sua casa e si lava col sangue,

    -Ogun che ama solo i combattimenti e la guerra,

    -Ogun che mangia carne di cane e beve vino di palma.

    -Ogun violento guerriero, l’uomo folle dai muscoli d’acciaio,

    -Ogun che mangia vermi senza vomitare,

    -Ogun che è la paura nella foresta e che fa paura al cacciatore.

    -Egli uccide il marito nel fuoco e la moglie sul focolare,

    -egli uccide il ladro e il proprietario della cosa rubata,

    -egli uccide il proprietario della cosa rubata e colui che critica il suo gesto.

    Intanto viene versato dell’olio, del burro di palma e il liquido che fuoriesce dal guscio rotto di una lumaca. Alcune polveri nere sono sparse sulla buca e in ultimo vengono gettate delle noci di cola. Allora si ricopre tutto di terra e sopra viene srotolata una piccola stuoia sulla quale viene posto un mortaio capovolto.

    Ultimo piano del grande centro commerciale, doppie porte scorrevoli automatiche all’ingresso, tre rampe di scale mobili, aria raffreddata, deumidificata, filtrata, disinfettata. Un tempo, una bottega in Via Veneto vicino al cartolaio, di fronte alla caffetteria dove si acquistavano la meringata per le

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