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Pietre e amarene
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Pietre e amarene

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Le pietre -massicce, dure, taglienti- e le amarene -intense, agrodolci, rotonde- sono le due anime di questa silloge, che spazia tra tematiche intimiste e sociali, rivolge lo sguardo alla storia del recente passato così come agli eventi del presente, racconta la passione amorosa fotografandola sia nella potenza che i piccoli momenti di ogni giorno hanno, sia attingendo a immaginari favolistici e rarefatti che suscitano una gamma emozionale più impalpabile.

Il coraggio dei singoli alle prese con difficoltà di vario genere, le patologie e le contraddizioni della società contemporanea, l’affascinante varietà delle dinamiche interiori, e poi i tracolli esistenziali, il disagio e i tentativi di superarlo, lo straordinario che si sprigiona nel quotidiano, il tutto nell’imprescindibilità di una contestualizzazione storica: su questi argomenti si soffermano le liriche della silloge: pietre scagliate per denunciare e offrire un punto di vista netto; amarene porte nella semplicità e nella particolarità del loro sapore.
LanguageItaliano
Release dateJan 1, 2017
ISBN9788863969641
Pietre e amarene

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    Pietre e amarene - Chiara Nobilia

    poesie. 

    Ristagnare

    Arrotolarsi su se stessi

    come formichieri squamosi.

    Bacchettare le emozioni,

    impaludare ogni bisogno.

    Praticarsi anestesie quotidiane.

    Chiudere le orecchie

    e stare lì, senza musica.

    In difesa.

    Compilare una lista

    di motivazioni alla sfiducia.

    Cedere, senza opposizioni,

    tra le braccia della forza d’inerzia.

    Non aprire le finestre;

    non muoversi.

    Consultare il soffitto,

    perché non risponde.

    Sedare i pensieri.

    Credere esclusivamente alle punte dei piedi

    scartando i non si sa mai.

    Intossicare il fegato.

    Rallentare il flusso sanguigno.

    Le finestre, non pulirle.

    Spiantare convinzioni

    che stavano mettendo radici.

    Lasciare lì a seccare

    quei preziosi fiori emotivi.

    Alzare polveroni.

    Rinfocolare sospetti notturni.

    Aizzare le ipocondrie.

    Riesumare,

    uno per uno,

    pregressi insuccessi,

    rimestare nella palude

    del lasciato a metà,

    riaprire le cicatrici.

    La ruggine sugli ingranaggi,

    lasciare che sia.

    Visualizzare il legno delle bare.

    Trattare le giornate

    come multe comprensive di mora.

    Abbassare le palpebre,

    abortire domande

    e richieste d’aiuto.

    Tenere il conto

    dei tentativi andati a male.

    Indugiare su quel ricordo doloroso,

    ancora una volta.

    Fantasticare ossessivamente

    su come vendicarsi.

    Sentirsi,

    invariabilmente,

    nel giusto. 

    Andrebbe così

    Lui saprebbe aprire la porta della stanza,

    entrare,

    camminare,

    come se avesse sempre aperto,

    fosse sempre entrato,

    avesse sempre camminato.

    Lui che non ha mai visto questa stanza

    saprebbe guardarla,

    ammirando, uno per uno, tutti i quadri che non ho

    mai appeso,

    ed ascolterebbe, in un solo attimo,

    tutta la musica che le pareti hanno assorbito in anni;

    i miei sogni che danzano in alto

    si lascerebbero accarezzare dal suo sguardo senza giudizio,

    e le mie paure uscirebbero fuori dalle loro tane

    per farsi conoscere.

    Nella stanza che non ha mai visto

    lui saprebbe muoversi

    anche meglio di me,

    e saprebbe raggiungermi

    oltre tutti i muri che tiro su,

    fino negli angoli in cui mi rannicchio

    per non farmi trovare.

    Lui sarebbe tranquillo

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