Italian Psycho
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Book preview
Italian Psycho - Onorato Lamante
ITALIAN
PSYCHO
di Onorato
Lamante
2016 NUOVA PALOMAR EDITRICE
by Ass.ne Culturale L'altra Voce
http://www.nuovapalomar.it/
editricepalomar@gmail.com
ISBN 978-88-99601-04-01
Cover design by LIVE Concept
www.liveconcept.it
INTRODUZIONE FINALE
Mattia sussurrò:
- Pensi che ci seguiranno? Ho paura. È un tradimento per chi ci vuole bene e per chi ha sempre creduto in noi. Non ne sono sicuro.
- Senti, – dissi sottovoce quasi poggiando le labbra sul suo orecchio e poi volsi gli occhi a destra e sinistra per accertarmi che nessuno stesse ascoltando, - su un papiro redatto in copto oltre millesettecento anni fa, fu riscontrato che Giuda non tradì volontariamente il figlio di Dio, ma lo fece sotto sua esplicita richiesta. Sì, hai capito bene. Gesù chiese a Giuda d’essere tradito. Il Giuda odiato per tradizione dal popolo cristiano è stato il perno, il fulcro, il fondamento d’essa. Togli Giuda dalla storia e cosa ti ritrovi? Un dio che da solo non riesce nemmeno a raggiungere il suo scopo. Senza qualcuno che gli dia una mano, Dio non è nessuno. Giuda fu il discepolo più importante per il Signore. Quel che è peggio è che questo l’uomo non lo sa e nemmeno vuol saperlo. Tu ed io, Giuda e Dio... la verità non interessa a nessuno. E tu ora hai paura di tradire? La nostra terra è immersa nel caos generato dall’ordine schematico che l’uomo ha creato. Un albero che va marcendo, si sa, produce frutti spregevoli. Da’ retta a me. Stai tranquillo, è tutto un grande gioco. Forse nessuno ci darà peso. Sono solo regole. Dieci frasi disordinate. Dieci, come i comandamenti. Sul serio, ci stiamo preoccupando troppo. Quelli là fuori non ci faranno nemmeno caso, e se veramente avverrà, stai sicuro che li avremo liberati dai loro fittizi schemi mentali. Saranno salvi una volta per tutte. Senza vie di mezzo. Li porteremo a quel livello di redenzione che hanno sempre ricercato... nemmeno Dio c’è mai riuscito.
Mattia fece un cenno con la testa. Lo avevo convinto. Poi lo guardai nell’orecchio e dissi al suo condotto uditivo:
- E sai perché i dieci comandamenti della Bibbia sono diversi da quelli che ci insegnano al catechismo? Perché vogliono controllarci a modo loro. Fino ad oggi, siamo stati le pedine malconce di un gioco monotono. I comandamenti insegnati nel catechismo della Chiesa cattolica sono in verità soltanto nove. Il secondo, nel quale Dio vieta l’adorazione e la venerazione di altre entità, è stato totalmente cancellato e del decimo comandamento ne sono stati ricavati due a sostituzione di quello eliminato. Se la Chiesa cattolica non avesse tolto il secondo comandamento, non avrebbe potuto più riempire le chiese di statue di madonne, santi e personaggi vari della combriccola, insegnando ai fedeli ad adorarli e venerarli. Idolatria e venerazione che Dio condanna. Come avrebbe potuto l’uomo comprendere una tale violazione della parola del loro Dio? Facile. Tolta la legge, il reato non c’è più. Dio avvertiva: Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore Dio vostro che io vi prescrivo
. Questo è quello che voleva imporre quel pover’uomo, ma proprio coloro che avrebbero dovuto professarlo hanno cambiato le leggi a modo loro. Quel che è peggio del peggio è che gli hanno dato pure retta. Figurati ora che andrò io lì fuori a servirgli s’un piatto d’argento il libero arbitrio che hanno tanto ricercato negli anni, elencandogli le nostre modifiche…
- Noi siamo i vostri Signori
- Nomina il nostro nome invano
- Ricordati di festeggiare tutti i giorni come fosse l’ultima domenica della tua vita
- Non onorare chi ti ha messo al mondo: inesorabilmente ti ha dato la morte
- Uccidi
- Commetti atti impuri
- Ruba
- Di’ falsa testimonianza
- Desidera la donna d’altri
- Desidera la roba d’altri
Quel che è peggio del peggio del peggio è che quei pazzi diedero retta anche a me.
1
- È notte. Il silenzio è interrotto da fastidiosi ma brevi rumori. Cammino su un prato che sembra interminabile. La luna gioca a nascondersi tra le nuvole che si divertono a svelarla. Non ho paura. Non ho nulla da perdere. Non si ha mai nulla da perdere se non ci si sente realizzati. Proseguo il mio viaggio verso un fondo ripetutamente oltrepassato. Seguo come meta il solo brivido dell’emozione. Poi ricordo il mare, le onde, il vento che mi toccava.
- È tutto qui quello che ricorda di ieri notte? - mi chiese lo psicologo.
- Sì, non ricordo altro, - gli risposi.
Diagnosi completata. Lo psicologo annuì, mise in tasca il pennino, quel genere di pennino cromato utilizzato da tutti i dottori, poi mi raccomandò di passare dalla segretaria per riprendere appuntamento. Così terminava l’ennesimo scontro sociale che avrebbe dovuto portare alla salvezza la mia psiche che, a mio dire, non è mai stata malata. Forse il vero problema fu proprio quello.
Era un periodo piuttosto ambiguo, amplificato dai vaghi ricordi che ronzavano irrequieti nella mia mente da quando avevo perso mia madre: uniche braccia che mi hanno sempre stretto e difeso, unico vero sorriso rivolto a una vita che non fa altro che piangere.
È da qualche tempo che va avanti così, proprio da quando mia madre se n’è andata e da quando Angelina è arrivata. Angelina! Mia madre mi ha sempre indottrinato su come provvedere nei rapporti sentimentali e di quanto sia difficile amare, ma io non seguii i suoi consigli. Ricordo che il giorno prima della sua morte mi guardò intensamente negli occhi e mi raccontò un’antica fiaba che sua madre raccontò a lei, e che la madre di sua madre raccontò a sua volta. Tutte queste donne si tramandavano quello che il cuore aperto di mia madre disse ai miei occhi chiusi:
- C’era una volta, in un’intima fantasia, una ragazza che fece un sogno. Sognò un posto dove tutto era perfetto, dove ogni cosa era come lei voleva. La fragranza di un profumo, la forma e la consistenza di un oggetto; ogni cosa, artificiale o naturale, era precisamente come lei la immaginava. In quel posto incantato, il caldo poteva essere gelido e la neve poteva scottare, se solo lei lo desiderava. Non c’erano temporali. Nessun tuono disturbava la quiete che lei aveva tanto ricercato, ma un giorno, per suo volere, piovvero stelle. Una di queste finì tra le sue mani chiedendole di soffiare sulla polvere brillante che la ricopriva. La ragazza, soffiando sulla stella, espresse un desiderio e, come avrebbe fatto qualsiasi ragazza sognante, espresse di veder comparire il suo amato. Il suo intento risultò vano giacché quella stella si sgretolò. Si domandò come mai, nemmeno nel suo sogno, fosse come lei desiderava e poi, piangendo, si accasciò a terra. Le sue lacrime bagnarono quella polvere di stelle e il suo amato prese vita. La ragazza, asciugandosi le ultime lacrime, sorrise e gli domandò come mai non fosse apparso prima. Sussurrando, lui le rispose che furono le lacrime a dar vita al desiderio giacché soltanto con la sofferenza si possono realizzare i sogni.
Quella ragazza, finalmente, era innamorata e non sapeva più cosa fosse la tristezza. Nemmeno un matto sognerebbe di essere triste. Si fece promettere che il loro amore sarebbe durato fino a che i suoi occhi avrebbero potuto guardare e le sue labbra baciare. Lui promise. I corpi dei due combaciarono. Le braccia si strinsero. Le labbra si toccarono.
La ragazza si svegliò piangendo. Disorientata, si guardò attorno. Si alzò dal letto e si mostrò allo specchio toccandosi freneticamente il viso. Notò le sue labbra coperte di polvere brillante, la stessa di cui era composto il suo amato. Si coprì totalmente il volto con le mani e pianse. Le lacrime le attraversarono il viso, bagnandole le labbra, ma questa volta la magia non avvenne. Quella era la realtà, dove nulla era come lei immaginava. Esasperata, passando la lingua sulle labbra bagnate, capì che l’amato aveva mantenuto la sua promessa. Ogni giorno, infatti, quella ragazza si sveglia in lacrime e ogni mattina, quando va a specchiarsi, osserva come le labbra siano ancora coperte di polvere brillante e appena la sua prima lacrima raggiunge il labbro superiore, lei assapora il gusto del suo amato, lo stesso gusto del loro ultimo bacio da sogno.
Questi erano i ricordi delle parole di mia madre che ronzavano nella mia mente mentre attendevo la segretaria uscire dalla toilette. Era lì dentro da troppo tempo, doveva avere il ciclo o qualche altro imbarazzante dilemma femminile. Al suo arrivo, mi allungò un bigliettino con l’ora e la data dell’incontro successivo. Un cuoricino mal abbozzato enfatizzava il tutto.
Mi diressi verso casa. Vidi staccarsi dagli alberi alcuni boccioli che restavano come sospesi nell’aria. Un gatto nero cominciò a stridere su un muro mentre una farfalla fluttuava davanti ai miei occhi. Pensai all’immagine di quella farfalla sminuzzata sotto gli artigli del gatto.
Appena arrivai a casa, mi cambiai d’abito, indossando qualcosa di comodo, poi mi sedetti al pianoforte e iniziai a suonare.
Suono, musica, melodia, vibrazioni che entrano nel corpo salendo fino al cervello.
Riesco finalmente a dimenticare tutto: passato, presente, futuro. E sì, è proprio questo il vero miracolo. Non so bene se esista qualcosa di più estasiante. Ho anche provato a ricercare altri tipi di emozioni, emozioni diverse, originali, entusiasmanti.
Forse cercavi: suicide is painless.
2
Mi svegliai che il sole era debole, più di quanto lo erano i miei sentimenti verso la vita. Non avevo voglia di alzarmi dal letto, così presi a immergermi in vili pensieri. Caduta libera verso un tunnel senza uscita né ritorno.
Pensai a uno a uno a tutti quelli che avrei desiderato non rivedere più.
Puoi danneggiare impunemente chiunque finché il rimorso non danneggerà te.
Ripresi la concezione della realtà quando il sole era alto.
Decisi di alzarmi e girovagare per la casa vuota e abbandonata. Mio padre era al lavoro, e mia madre... mia madre...
Io e la casa finimmo di patire la solitudine quando Angelina venne a bussare alla porta.
Io adoro Angelina. È bella e incantevole, è intelligente e ammirevole, dolce e sensuale, perfida quanto geniale. Devo ammetterlo, lei è davvero meravigliosa. Possiede l’eleganza e la purezza di una fanciulla. Che peccato che quella bellezza fosse destinata alla decomposizione.
Viviamo insieme io e lei, da dopo la morte di mia madre. Prima potevo vederla solo ogni venerdì e solo per poche ore. Ora vive con me, e mio padre non dice più niente.
Non avevo più di diciassette anni la prima volta che c’incontrammo, e lei era in camera mia mentre si ostinava a guardare ripetutamente la scena di un film. Ricordo che il televisore suonava Hip to be square quando la baciai.
- Buongiorno! Ti ho portato