Penny steampunk vol2
By AA.VV.
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Penny steampunk vol2 - AA.VV.
stazione)
Prefazione e ringraziamenti
L’idea dei Penny Steampunk nasce da un connubio di menti malate, due umane e una canina.
Conoscere tanti autori di grande levatura e non immaginare un volume che ve li racchiudesse tutti era impossibile: e da questa folle cino-intuizione di Peregrino Tuc prendono avvio i Penny Steampunk, dapprima veri e propri dime novels
, stampati in pamphlet e in vendita a pochi centesimi, e poi finalmente raccolti in un unico volume nel 2016 sotto il fantasiosissimo titolo di Penny Steampunk
.
Quello che avete tra le mani è il secondo volume dei Penny Steampunk, frutto di immani sforzi mentali dei due co-ideatori Roberto Cera e Anna Pullia - nel frattempo il Deus ex Machina, infatti, si è dato alla macchia, troppo impegnato ad annusare nuove e fantasiose piste - e dell’indispensabile aiuto di amici, parenti e occasionali passanti impietositi.
Siamo davvero grati a:
Peregrino Tuc, grazie al quale tutto è nato (disgraziato cane, ce la pagherai);
Laura Silvia Boeri, per aver ispirato narrazioni folli causate dalla bagna cauda;
Niccolò Volpi, per aver evitato che l’editor morisse di inedia;
Augusto Chiarle, per aver aiutato nella stampa ed essersi occasionalmente prestato al ruolo di psicoterapeuta;
Massimiliano Enrico, per non essere scappato di fronte alle grida di aiuto;
Francesca "Andrea Wise" D’Amato ed Emanuela Valentini, per il prezioso supporto nell’editing, e Francesca anche per i Racconti Variabili (v. p. 291);
Nicoletta Carrino, Serena Fioramonti, Massimiliano Monti e Alessandro Schümperlin, per averci spontaneamente consegnato un’ottima introduzione allo Steampunk, sotto la minaccia di nostro suicidio.
Ma soprattutto, vogliamo ringraziare tutti gli autori dei racconti: per aver voluto collaborare con noi, forse anche voi siete un po’ folli.
Roberto Cera
Anna Pullia, L’Aggiustalibri
A.P.P.A.
Aid Progress Pharmacist Agreement Onlus
Il Progetto A.P.P.A.®, progetto di Cooperazione Sanitaria Internazionale, è frutto di un’intensa collaborazione tra il mondo accademico rappresentato dall’Università di Torino -ex Facoltà di Farmacia (ora Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco)- e la realtà territoriale nell’ambito della farmacia.
Si tratta di un Progetto basato su un lavoro di volontariato senza nessun fine di lucro, teso ad aiutare i Paesi in via di sviluppo in ambito sanitario sfruttando le conoscenze professionali dei proponenti. Lo scopo è quello di realizzare, presso strutture sanitarie dislocate in tali Paesi, laboratori per preparare medicinali galenici in base alle specifiche esigenze terapeutiche individuate dai medici locali. I medicinali galenici sono quei medicinali che in Italia e nel mondo possono essere allestiti, in base a normative specifiche, nel laboratorio della farmacia dalla figura professionale del farmacista.
I proponenti del Progetto A.P.P.A.® - farmacisti di comunità e docenti del Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco dell’Università di Torino - intendono insegnare al personale preposto al laboratorio in questione il modo migliore, compatibilmente con la realtà locale, per allestire i suddetti medicinali, i quali dovranno nel tempo sempre dimostrare di possedere un livello di qualità, sicurezza ed efficacia tale da poter essere a tutti gli effetti considerati medicinali
.
Pertanto lo scopo principale del Progetto A.P.P.A.® e di conseguenza dell’Associazione onlus Aid Progress Pharmacist Agreement è quello di facilitare i Paesi in via di sviluppo nel porsi nelle condizioni pratiche di poter curare i propri malati conferendo loro la possibilità di poterlo fare con le proprie strutture e in piena autonomia.
Insegnare a preparare medicinali essenziali e di qualità mette i Paesi in via di sviluppo nella condizione di non dipendere più totalmente dalle industrie farmaceutiche per quei prodotti che le stesse industrie non hanno più interesse di produrre o che non sono reperibili nei dosaggi o nelle forme farmaceutiche utili alle specifiche esigenze locali. L’allestimento di medicinali galenici permette inoltre di contrastare il diffuso fenomeno della contraffazione dei medicinali nei Paesi i via di sviluppo. Con questa iniziativa, sia ben chiaro, che non vogliamo e non possiamo neanche supporre di sostituirci all’Industria Farmaceutica, ma la si vuole affiancare per ciò che la stessa non è in grado di fornire per i motivi descritti.
Riassumendo, a parere degli ideatori del Progetto, i vantaggi del Progetto A.P.P.A.® sono:
la personalizzazione di dosaggi e forme farmaceutiche in base alle effettive esigenze dei pazienti;
la possibilità di allestire medicinali che rispondano ai requisiti essenziali di qualità, sicurezza ed efficacia, cosa non da poco considerando che una percentuale importante di medicinali acquistabili nei Paesi in cui A.P.P.A.® opera sono contraffatti, come si è dimostrato con studi condotti negli ultimi anni;
l’impiego di personale locale cui insegnare un nuova professione, in modo da sensibilizzare gli organi preposti ed incentivarli alla realizzazione di scuole idonee e soprattutto con lo scopo di diventare sempre meno utili, in pieno accordo con gli obiettivi generali della Cooperazione Sanitaria Internazionale.
Fonte:
www.progettoappa.it
Introduzione
Steampunk: genesi, origini e mutamenti
Nicoletta Carrino, Serena Fioramonti, Massimiliano Monti, Alessandro Schümperlin
Steampunk: filone della narrativa fantastica-fantascientifica che introduce una tecnologia anacronistica all’interno di un’ambientazione storica, spesso l'Ottocento e in particolare la Londra vittoriana dei romanzi di Conan Doyle e H. G. Wells.[1]
Lo Steampunk ha una genesi complessa e ancora oggi i suoi confini si perdono fra nuvole e vapori del tempo, dello spazio e delle contaminazioni.
Tuttavia, per convenzione, la sua nascita si fa risalire alla seconda metà degli anni Ottanta, nonostante alcune opere risalenti agli anni Sessanta siano state dichiarate, a posteriori, appartenenti al movimento.
Un po’ di storia
Già nel 1968 Ronald W. Clark scriveva il libro Queen Victoria’s Bomb, profondamente figlio della sua epoca: nelle sue tematiche, infatti, riflette la Guerra Fredda, il terrore atomico ed il senso di inquietudine che quel periodo portava con sé, ipotizzando l’uso di una bomba atomica ante litteram per la risoluzione della guerra di Crimea.
Gli anni Ottanta hanno visto fiorire - e spesso appassire - decine di movimenti artistici e filosofici sia nel mainstream che negli ambienti più di nicchia o, per dirlo in termini più artistici, underground. Proprio alla fine di questo periodo il movimento Steampunk viene portato alla ribalta grazie a una lettera inviata dallo scrittore K.W. Jeter alla rivista americana di narrativa Locus, oggi diventata il sito web www.locusmag.com, in cui definisce sé stesso e alcuni altri autori con il termine Steampunk
.
In quello stesso periodo il cinema, con film come Predator, L’implacabile, Robocop e molti altri, faceva conoscere al grande pubblico il Cyberpunk, che da sempre intreccia la sua storia con quella del parente Vittoriano. I due movimenti non sono prossimi per le tematiche trattate, ma perché hanno almeno due padri in comune: William Gibson e Bruce Sterling. I due scrittori hanno addirittura lavorato a quattro mani al libro Steampunk The Difference Engine[2].
*Punk: dissimili o simili?
Lo Steampunk è di fatto una grande ucronia: racconta di un mondo diviso fra la tecnologia Vittoriana e la volontà dell’uomo di andare oltre, esercitando il proprio ingegno. Tutta la tecnologia viene ridisegnata e rielaborata, mettendo al centro il vapore quale principale fonte energetica.
Inoltre la produzione letteraria Steampunk, classica e moderna, fa largo uso delle stesse suggestioni della letteratura tradizionale del periodo Vittoriano: dai grandi mostri
dell’immaginario come Frankenstein e Mister Hyde fino alle influenze minori della letteratura horror e weird, quali ipnosi, scienziati pazzi, esperimenti oltre il limite, mummie e fascino per il soprannaturale.
La cultura Steampunk celebra l’immaginario, è vero: al contempo però è permeata di Positivismo, di entusiasmo, di quell’onda di fiducia nei confronti della tecnologia che non trova eguali nella letteratura moderna. Ciò deriva direttamente dallo spirito tipico dell’epoca Vittoriana: una corrente di rinnovata fiducia nella scienza e nei mestieri che in qualche modo fece da contraltare al Romanticismo prima e al Decadentismo poi.
Una sorta di dualismo con il Cyberpunk: mentre nella finzione fantascientifica la tecnologia è spesso antagonista, alienante e disorientante, nello Steampunk l’uomo è sempre protagonista, controllore e padrone - che sia inventore, gadgeteer o semplice esperto. La mente corre facilmente al rapporto fra il Capitano Nemo e il suo Nautilus e, sul fronte opposto, alla relazione fra il Neuromante fra Case e il cyberspazio.
Ispirazioni Steampunk
Il Cinema
Nel cinema troviamo, già in tempi non sospetti, la definizione di genere con suggestioni assimilabili allo Steampunk: scienza, creatività, ucronia, positivismo scientifico ed esplorazioni.
Troviamo così, in alcuni casi, la trasposizione delle opere letterarie della fantascienza di fine Ottocento quali The fabulous World of Jules Verne (1958), Time Machine (1960) riproposto qualche tempo fa con Jeremy Irons nella parte del super Morlock, Master of the world (1961), Time after time (1979), The mysterious Castle in the Carpathians (1981), Laputa: Castle in the sky (1986) lungometraggio a cartoni animati di Miyazaki che riprende l’antica leggenda di un castello volante di nome Laputa.
Purtroppo però tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta lo Steampunk è stato adombrato dal figlio (o potremmo dire anche ‘fratello gemello’, visti i padri spirituali), il Cyberpunk: filone fantascientifico con approccio completamente differente, dato che il concetto di base è la macchina che parzialmente sostituisce e obnubila la capacità dell’essere umano; di fatto, questo punto di vista era molto più in sintonia con il processo evolutivo umano e con le aspettative tecnologiche del periodo.
Come sempre, però, l’immaginario ha bisogno di tempo per germogliare
in modo intenso: non a caso, dopo alcuni timidi passaggi, verso la metà degli anni Novanta ci si ritrova con una serie sempre più cospicua di pellicole, di libri e di sceneggiature.
I film annoverabili nel filone dello Steampunk di questo periodo sono:
The city of the lost children (1994): pellicola sottovalutata per un piccolo errore di gestione che di fatto ha reso semi sconosciuto questo ottimo lavoro;
Wild Wild West (1999): film croce e delizia
per gli appassionati del genere, vista la banalizzazione che ha portato sul movimento;
Atlantis: The lost empire (2001): trasposizione a cartoni animati con fortissimi rimandi a Ventimila Leghe Sotto i Mari;
Treasure Planet (2002): film fantascientifico non conforme al genere puro, ma che di fatto riporta molti temi cari allo Steampunk anche perché ripercorre il romanzo L’Isola del Tesoro;
The League of Extraordinary Gentlemen (2003): buona trasposizione del capolavoro di Alan Moore;
Steamboy (2004): lungometraggio giapponese assolutamente spettacolare per la storia, per le scelte ucroniche e per le immagini;
Van Helsing (2004): da prendere in considerazione soprattutto per il Frankenstein e per alcune armi del protagonista, ma da non considerare al 100% film Steampunk;
The prestige (2006)
The golden compass (2007): film fantasy con Daniel Craig e Nicole Kidman con fortissimi rimandi Steampunk;
Stardust (2007) tratto dal libro per bambini di Neil Gaiman, in cui troviamo i pirati delle tempeste che trattano e commerciano in fulmini capitanati da un Robert De Niro fuori dagli schemi;
Mutant chronicles (2009), più per la componente dei fucili a vapore e per le trincee tipiche del dieselpunk;
Hellboy 1 e 2 (2004-2009), per gli accessori presenti a più riprese;
9 [Nine] (2009): lungometraggio a cartoni animati post apocalittico;
Sherlock Holmes 1 e 2 (2009-2011), per le scelte degli accessori (si vedano il bastone dei fulmini a dinamo nel primo e le armi di Moriarty nel secondo);
The Three Musketeers (2011), trasposizione un filino azzardata ma degna di nota per lo steampunk;
Sucker Punck (2011), per alcune parti delle visioni della protagonista;
Hugo Cabret (2011), che in Italia ha inspiegabilmente avuto poco successo.
La Letteratura
Per quanto riguarda invece la letteratura di fine Vecchio ed inizio Nuovo Millennio, possiamo citare:
La trilogia Steampunk di Paul Di Filippo[3] (1995), tradotto in italiano parecchio tempo dopo la sua uscita;
Perdido Street station di China Melvile (2000), che alcuni inseriscono più facilmente nel filone new weird che non nello Steampunk;
Mortal Engines Quartet di Philip Reeve[4] (2001), libro per ragazzi tradotto nel 2004 dalla Mondatori;
Fitzpatrick’s war di Theodore Judson (2004), per ora non ancora tradotto in italiano e facente parte del filone Postapocalittico.
Ovviamente tutto quello che è il pregresso, da Verne in poi, lo possiamo categorizzare all’interno di quello che per noi è Steampunk, ma che allora rientrava nella fantascienza a tutti gli effetti: potremmo dunque dire che gli autori di fantascienza di fine Ottocento sono autori Steampunk inconsapevoli.
Il Fumetto
Per quanto riguarda i fumetti, è doveroso citare:
The league of extraordinary gentlemen (1999) di Alan Moore;
Sebastian O (1993) di Grant Morris, miniserie edita da Vertigo;
Full Metal Alchemist (2001), da cui è stata tratta anche la serie anime;
Iron west (2006), graphic novel di Doug TenNapel basata sul vecchio West in salsa androide.
Giochi e Videogiochi
Per quanto riguarda i videogiochi ed i giochi in generale:
Syberia (2002);
Final Fantasy VI (1994);
Dishonored (2012);
Bioshock infinite (2013)
Sui quali non saranno fatti commenti, in quanto si tratta di titoli più che conosciuti e famosi.
La Moda e le tendenze effimere
Un aspetto interessante consiste nel fatto che, negli stessi anni, moda e macchine siano state colpite dalla steampunkmania
. Basteranno tre nomi: Prada, Mini Cooper, Dolce & Gabbana.
Prada, in occasione della sua collezione Autunno Inverno del 2012, ha vestito personalità del calibro di Willem Defoe, Garrett Heldlung, Gary Oldman, Jamie Bell in puro stile vittoriano steampunk.
Stessa cosa, ma in modo più sobrio, ha fatto la D&G con la Collezione Uomo del 2013, con rimandi alle divise austroungariche ed inglesi di fine Ottocento, e poi con la Collezione Donna del 2014 con giacche a cavallo tra gli aviatori e gli ufficiali dell’esercito d’annata.
Per quanto riguarda la Mini Cooper, esiste un’officina specializzata in modifiche che ha reso la vettura un gioiello di ottone, pelle e legno in puro stile Steampunk.
Come poi non citare la Steampunk Home: per la modica cifra di $ 1.750.000 è possibile acquistare un loft con ispirazione zeppelin a Chelsea (USA). In ogni caso vi sono altre case Steampunk meno costose, ma purtroppo sempre negli Stati Uniti.
Il Vapore Italiano
Gli anni in cui viene tradizionalmente immaginato lo Steampunk costituiscono un periodo di grande fermento per la nostra Penisola, fra la Rivoluzione Industriale (1810-1820), i Moti Mazziniani e la prima Guerra di Indipendenza Italiana: siamo ben lontani dalla Londra della regina Vittoria, ed è per questo che lo Steampunk italiano deve ancora ricercare nelle radici storiche del nostro Paese la propria identità.
In Italia, infatti, la scena Steampunk nasce inizialmente come imitazione della cultura internazionale, in particolare quella degli immaginari più diffusi dell’Inghilterra Vittoriana e degli Stati Uniti ai tempi del Far West.
Tuttavia, pur arrivando decisamente in ritardo rispetto al panorama internazionale, la scena italiana gode oggi del contributo di artisti, performers, scrittori, associazioni e iniziative, sia online che nel mondo reale, che la rendono interessante ed in continua crescita.
Augusto Chiarle come scrittore della saga Le ombre di Marte, Francesco Dimitri con la sua opera Alice nel paese della vaporità, Andrea Falaschi in qualità di scultore ma anche di musicista del Progetto Sommossa
, Stefano Marchetti come pluripremiato modellista, sono solo alcuni tra i primi, non rimasti fortunatamente gli unici, esponenti del vapore Italico. Molti scrittori italiani, infatti, hanno deciso di cimentarsi in questo genere che, in fin dei conti, permette di giocare con il tempo. Elencarli tutti sarebbe troppo lungo e, sicuramente, darebbe a chi scrive la possibilità di dimenticare qualcuno; vi basti pensare che gli autori presenti in questa raccolta, così come nella prima edizione dei Penny Steampunk, sono solo la piccola parte di un movimento che si sta diffondendo a macchia d’olio. Se, infatti, fino a qualche anno fa lo Steampunk era considerato un genere assolutamente di nicchia, oggi, grazie ad autori del calibro di Dario Tonani, Alessandro Forlani, Davide Tarò, la coppia Corella-Soprani, Alain Voudì, Davide Del Popolo Riolo e, naturalmente, Bruce Sterling, presente anche in questo volume con un racconto tutto italiano, finalmente si può parlare di letteratura steampunk all’italiana. Un grande lavoro in questa direzione è stato svolto da realtà editoriali che, con impegno e professionalità, hanno investito lavoro e fondi perché tutto questo potesse avvenire: Delos, Dunwich e Vaporteppa sono solo le punte di diamante in un universo che si sta aprendo al mondo del vapore.
L’amore per lo Steampunk sta contagiando anche i registi italiani: segnaliamo The Technician, primo cortometraggio italiano con riferimenti Steampunk, girato qualche anno fa come tesi di laurea da uno studente della scuola di cinema di Milano; il film strizza l’occhio a Blade Runner, miscelando la fantascienza del futuro a quella del passato che noi tanto amiamo. Esistono diversi esperimenti sul genere e, in questa sede, non possiamo non citare il progetto Like a Frankensteam, nato da un’idea di Roberto Cera e Augusto Chiarle: grazie alla Lacumbia Film, nel corso di quattro edizioni di VaporosaMente ha visto la luce una favola a tinte oscure che ha come protagonista un automa e il suo carnefice.
Ed avendo contagiato cinema, musica, letteratura e design... come può la moda essere da meno?
Essendo la qualità visiva ciò che di primo impatto più colpisce di questo stile, ecco che atelier dedicati come Crepundia Coffin Shop o Nocturnal Garden Atelier riescono a soddisfare gusti che ondeggiano tra il gotico e il vittoriano più romantico. Per la prima volta in Italia, la stilista e jewel designer torinese Steamcow ha progettato e presentato al pubblico la prima collezione pret-à-porter completamente Steampunk, intitolata Steam-à-porter. Negli anni, diverse realtà si sono distinte nel panorama italiano per quanto concerne l’handmade legato al mondo Steampunk. Riguardo agli accessori, una menzione speciale va a OneOff Emotional Hardware, che crea veri e propri gioielli recuperando antiche pietre e rosari e miscelandoli con eleganza e sapienza a ingranaggi e parti di orologi. Nel campo dell’oggettistica possono essere citati, tra i tanti, Ti Ottocento, coi suoi fantastici prodotti, e Steampact Project, fucina di idee capace di presentare una vera Dreamachine funzionante.
E poi, naturalmente, c’è Steampunk Italia, la prima Associazione Culturale Steampunk Italiana.
Nata nel 2011, quando ancora di Steampunk in Italia non parlava quasi nessuno, porta tuttora avanti due principali impegni: innanzitutto divulgare questa cultura nel nostro Paese attraverso il sito internet e mediante la presenza ad eventi e manifestazioni, quali fiere del fumetto, conferenze e articoli, laboratori per bambini e adulti e tutorial per la creazione di outfit ed accessori. Il secondo obiettivo era quello di riunire, o cercare di farlo, tutti gli appassionati di questa corrente sotto un’unica bandiera: un unico grande gruppo, da nord a sud passando per le isole. Questa la visione, forse utopica, dei fondatori.
Attraverso la finzione scenica, questa corrente insegna valori attuali come l’importanza delle materie prime e l’esaltazione della creatività individuale, la celebrazione dell’ingegno, oltre al recupero di un rapporto con la tecnologia che metta al centro la persona e non gli oggetti che la circondano. Per non dimenticare che lo Steampunk non è solo apparenza e per ricordare che uno dei suoi aspetti fondamentali è la creazione autonoma e artigianale di accessori, abbigliamento ed elementi di scena; soprattutto, nel caso dei fondatori dell’associazione, attraverso il riciclaggio ed il riuso di materiali altrimenti destinati alla discarica.
Il nostro impegno consiste nel fare in modo che questa cultura raggiunga le persone senza perdere la propria identità, e che trasmetta i valori che la contraddistinguono; ecco forse che il punk
potrà così ritornare attuale, con una connotazione più positiva: l’individualità, intesa come manifestazione di ingegno e indipendenza di pensiero.
Penny Steampunk
Volume II
Il bisturi partenopeo
Bruce Sterling
Avevamo sopportato al meglio i mille intrighi del ministro, ma quando avvelenò la mente del Santo Padre contro la nostra causa nazionale, giurammo vendetta.
Tirammo a sorte tra i membri del cenacolo e con grande soddisfazione l’onore toccò a me. L’usurpatore sarebbe morto per mia mano e sarebbe morto sui gradini della Cancelleria, pugnalato in mezzo alle sue guardie svizzere, alla luce del sole. E quando avesse esalato l’ultimo respiro, avrei gridato al disgraziato le parole ripetute molte volte ad alta voce: vendicavamo il popolo esasperato.
Non avendo dubbi sulla mia capacità di compiere l’attentato, accettai la missione con calma e risolutezza.
Qualche giorno dopo appresi dal cenacolo, con qualche dispiacere, che avrei avuto un complice.
Sfortunatamente non eravamo l’unico gruppo carbonaro a Roma. Per difenderci dalle numerose spie, la nostra cospirazione era affidata a molte cellule. Uno dei cenacoli gemelli – giustamente indignato come il nostro – aveva deciso a sua volta di assassinare il ministro.
Incontrai il mio rivale in una cella illuminata dalla fiamma di una torcia, a mezzanotte. Il mio omologo era un fanatico dagli occhi sporgenti e l’aspetto epilettoide. Non mi piacque fin dal primo momento, anche se aveva un compito simile al mio. Se per un caso strano avessi fallito nel tentativo di uccidere il ministro, le guardie avrebbero tentato di portarlo in salvo nella sua carrozza. Il pallido ragazzo che avevo di fronte, travestito da prete, lo avrebbe aspettato in strada, proprio davanti alla carrozza. Lì avrebbe usato il suo infernale strumento.
Il ministro e le sue guardie sarebbero esplosi in tanti brandelli.
In un primo momento lo considerai un affronto al mio onore. Il pugnale è la nobile arma di Bruto: chiunque sa che i tiranni finiscono sotto la sua lama, mentre la bomba è un vile strumento moderno fatto di molte e complesse componenti. Solo un ingegnere può apprezzare una bomba.
Ma poi, riflettendo più pacatamente, compresi la saggezza del piano. Meglio essere franchi e obiettivi: un omicidio politico è una forma di pubblico spettacolo. In che modo lo avrebbe organizzato un regista sapiente, un maestro?
Supponiamo che nel mio ruolo di debuttante, di eroe storico, la fortuna mi arridesse. Bene e bravo! Che male avrebbe potuto esserci nella presenza del mio rivale nei paraggi, intento a trastullarsi con la sua bomba? Se invece avessi fallito… Ma non avrei fallito.
Ragionando così, perdonai l’affronto e mi dedicai alle prove.
Il cenacolo mi aveva dato qualche consiglio generale: «Metti il pollice sul piatto della lama e colpisci verso l’alto». Saggezza popolare provata nel tempo, certo; ma dov’era la scienza moderna dietro la regola del pollice
?
Feci alcune ricerche nella sala anatomica della facoltà. Le costole umane formano la cosiddetta gabbia toracica: è necessario far penetrare la lama attraverso le sbarre, bucando la cartilagine che unisce le costole solide. Se la lama è stretta ed elastica, come è logico, occorre un secondo e più deciso movimento per lesionare gli organi vitali.
La facoltà di medicina disponeva di cadaveri in quantità. Innumerevoli poveracci esalavano l’ultimo respiro nelle fangose vie di Roma, vittime della tisi, della febbre terzana e la maggior parte della fame. Provai metodicamente il mio stiletto sui corpi che non facevano resistenza e mi consolò il pensiero che anche i morti contribuissero a vendicare la miseria del nostro paese.
Bruciai accuratamente i miei taccuini, dissi addio alla mia amante che pianse alla prospettiva di tornare alle fredde carezze del marito. Scrissi lettere di addio indirizzate agli ultimi recapiti della mia famiglia sparsa tra Providence, Charleston, Nizza, Ginevra e Buenos Aires.
Una volta ero appartenuto a un illustre casato della Repubblica partenopea. Eravamo nobili nei sentimenti, pieni di ambizioni e propositi, ma il nostro attaccamento personale a Murat aveva scatenato su di noi il folle odio del Borbone.
Quell’indegna persecuzione aveva