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La principessa del Nord
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La principessa del Nord

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About this ebook

Tre anni dopo le vicende delle tsantsas la cittadina di Briserio vuole solo voltare pagina. In quell’atmosfera di rimozione collettiva, Borgo, il medico detective, si sente isolato ed emarginato. Oltretutto attraversa un pessimo momento esistenziale, essendo stato abbandonato anche dalla moglie.Ma ecco che la morte di una vecchia paziente fa da preludio a nuovi tragici eventi. A Borgo viene recapitata una busta contenente un’inquietante poesiola e una fotografia che ritrae tre finte monache con indosso il pentacolo dei rituali satanici. Costoro sono le seguaci superstiti della Grande Madre e della sua setta di maniache.Un meccanismo perverso si rimette in moto e una giovane donna, vittima di un sinistro incantesimo, si suicida insieme ai suoi figli. Elizabeth, che da Dublino si tiene in continuo contatto con Borgo, gli ha inviato in aiuto il marito Alfredo e un singolare personaggio, Pieradolfo Diamante, musicista ed esperto di magia.La nemica numero uno è Sandra, una personalità sociopatica complessa che al tempo stesso è strega, artista e grande seduttrice.
LanguageItaliano
Release dateJan 10, 2017
ISBN9788869824937
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    La principessa del Nord - NINO RIMA

    Nino Rima

    La Principessa del Nord

    Cavinato Editore International 

    © Copyright 2016 Cavinato Editore International

    ISBN: 978-88-6982-493-7

    I edizione 2016

    Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati. I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi

    © Cavinato Editore International

    Vicolo dell’Inganno, 8 - 25122 Brescia - Italy

    Q +39 030 2053593

    Fax +39 030 2053493

    cavinatoeditore@hotmail.com

    info@cavinatoeditore.com

    www.cavinatoeditore.com

    Indice

    Prefazione dell'autore

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    8

    9

    10

    11

    12

    13

    14

    15

    16

    Prefazione dell'autore

    Bentornati a Briserio, la cittadina delle tsantsas.

    Briserio è il luogo dove le mie fantasie di autore votato agli aspetti grotteschi del reale, fino a sconfinare al di là del reale stesso, trovano il substrato più fertile. È il luogo dove i personaggi e i fatti sciolgono gli ormeggi verso l’alto mare dell’immaginazione onirica.

    Qui si svolgono le vicende narrate, che cominciano là dove finisce la memoria piuttosto labile della gente. Cittadina imprecisata, abbastanza vicina all’aeroporto di Malpensa, ad alto tasso di cattiveria, tanto da meritarsi l’appellativo di covo di vipere.

    Nessuno cerchi improbabili identificazioni geografiche, o fatti reali, o inesistenti personaggi in carne ed ossa. Solo così il lettore sarà completamente appagato da una storia noir che rappresenta il degno e avvincente sequel della vicenda delle tsantsas.

    Buona lettura.

    Post scriptum: un particolare ringraziamento all’artista

    Giuseppe Alfano, che ha creato per la copertina di questo libro una strega da sogno.

    1

    Solo tre anni erano passati dalla terribile vicenda delle tsantsas ma la cittadina di Briserio sembrava avere rimosso tutto molto in fretta, come se il ricordo di tanta tenebra e di tanta violenza potesse assomigliare ad un brutto sogno che si cerca subito di dimenticare. Così solo menzionare, anche in modo appena accennato, certe trucide faccende suscitava l’immediato sdegno da parte di persone abituate alla faccia sempre uguale della dissimulazione.

    Non se ne parlava, non se ne poteva parlare. Ad un certo punto sembrò che non fosse mai veramente accaduto nulla di atroce. La tomba dello stregone Mariano Nigro era stata rimossa quasi subito. Si diceva che i resti dell’inquietante personaggio fossero stati traslati in un ossario segreto chissà dove, comunque molto lontano da lì.

    Restavano come muti testimoni i sepolcri delle scomparse, e poi decapitate, Geromina Bellotti e Carolina Franchi, ma nessuno vi passava davanti se non perché imposto dal proprio personale itinerario. La gente del paese conosceva la loro ubicazione e quindi cercava accuratamente di evitarli, magari costringendosi a giri incredibilmente tortuosi. La stessa cosa accadeva alla tomba della famiglia Borsero, dove riposavano Maria Assunta Ferradini e il figlio Mario, accanto al marito e padre Aristarco, morto almeno un decennio prima dei fatti di cui sopra. Raramente, quando tornava al paesello da Dublino, dove ormai viveva dopo aver sposato Elizabeth Mac Loughin, vi sostava in silenzioso raccoglimento l’ex assessore Alfredo Borsero. Chi vi passava accanto, in quelle straordinarie occasioni, faceva finta di non conoscere l’uomo assorto in preghiera. Quanto alle tombe delle sorelle assassine, le sanguinarie Boccadenti, semplicemente non esistevano. I parenti ne avevano fatto cremare i corpi, collocando in un luogo ignoto le urne cinerarie. In qualche casa privata, si disse, ma non certamente a Briserio.

    Nemmeno la tomba del povero don Leandro stava in quel cimitero. Troppo ingombrante la figura di quel prete, invischiato come un insetto nella ragnatela del male, per poterne soltanto accennare. Un fantasma innominabile anche lui.

    Esistevano ancora però Giuseppina e Sara Marelli, processate per una serie di orrendi delitti insieme alla contumace Jacira Chusig. Poiché il loro ruolo era stato quello di complici e fiancheggiatrici delle assassine, erano state condannate a vent’anni di reclusione, con qualche timida speranza di poter un giorno rimettere piede nel loro paese, che peraltro sperava con tutto il cuore di non rivedere più le loro facce in circolazione. Ma il sistema giudiziario italiano, come ben sappiamo, ci ha abituati a sorprese di ogni genere. La Grande Madre, a sua volta condannata ad un ergastolo molto teorico, non aveva mai fatto parte della realtà locale e quindi era più facile ignorarne l’esistenza. Il fatto che esistesse da qualche parte, qualcuno diceva in Sudamerica, non sfiorava i pensieri della gente perbene di Briserio, che la considerava una figura leggendaria, tutt’al più una specie di babau per far paura ai bambini capricciosi.

    Il conte Valdemaro, invece, continuava ad esercitare un fascino occulto su molti bravi cittadini. Intanto la sua chiesetta era ancora in piedi. La cripta era stata murata e la mummia, come sappiamo, incenerita insieme ai rifiuti urbani, Tuttavia il suo nome non aveva subito lo stesso destino della condanna all’oblio che aveva accomunato i suoi tristi seguaci. Lui no, anzi all’opposto, stava beneficiando di un singolare processo di revisione della sua figura e delle sue opere. Era in atto un tentativo di riabilitazione postuma del personaggio, che ne accreditava importanti studi scientifici di classificazione delle specie botaniche, oltre all’impegno in prima fila nel sostenere a spada tratta le teorie trasformistiche di Lamarck. Insomma, scordiamoci del Valdemaro occultista, massone e sacrilego, dedito a riti satanici e orrende sperimentazioni che precorrevano i tempi di Mengele, e valorizziamo invece lo studioso e tenace sostenitore delle moderne teorie evoluzionistiche.

    L’ex eroe delle tsantsas, il dottor Borgorame, aveva assistito con sconcerto a simili rivolgimenti di pensiero ma non aveva avuto modo di preoccuparsene più di tanto, assorbito com’era dalle sue vicissitudini personali. La sua storia con Laura si era infatti conclusa nel modo più imprevedibile e la fanciulla aveva preso il volo per altri lidi, lontano da lì. Solo e immalinconito, Borgo aveva ripreso la sua routine di medico in un ambiente che gli risultava sempre più estraneo e al quale lui stesso risultava estraneo. E poiché a tutti quanti il dottore ricordava vicende che si era deciso di comune accordo di rimuovere, la sua stessa figura sopravviveva contro ogni logica all’aura di rimozione che lo circondava. Per questo motivo aveva perso molti pazienti indigeni, ma in compenso ne aveva recuperati altri, per lo più gente arrivata da poco in paese, persone che andavano controcorrente per principio, agnostici o ignari, oltre a un discreto drappello di immigrati extracomunitari. In fondo il suo lavoro lo faceva bene e così era rimasto a galla il medico Borgo, se non l’uomo. Quest’ultimo non se lo filava quasi più nessuno. Ma, per fortuna, c’erano sempre le eccezioni.

    Il centro medico sorgeva sempre vicino alla chiesa e al cimitero, comunque, così come i suoi pazienti non avevano cambiato le loro patologie, anzi, casomai ne avevano accumulate di nuove sopra a quelle vecchie, in una trama intricata che lui, tutto sommato, sapeva ancora dipanare bene. E fu proprio durante uno dei quei lavori di sapiente sbrigliamento, in un contesto tecnico fin troppo familiare, che la paziente stesa sul lettino ruppe la consegna del silenzio e si lasciò andare ad uno sfogo del tutto imprevisto.

    Dottor Borgorame, non so proprio a chi rivolgermi se non a lei proruppe l’anziana signora all’improvviso, in un tono quasi di supplica. Ultrasettantenne, magra come un chiodo, la voce roca e tremolante, la signora Beatrice Quantopoco (ma dove diavolo li avevano presi i cognomi questi strani cittadini di Briserio?) alzò l’indice della mano destra fissandolo quasi in estasi mistica.

    ???

    Si tratta di mia figlia. Questo paese la sta crocifiggendo

    Si spieghi meglio, Beatrice

    Lei si rimise seduta sul lettino e sospirò rumorosamente.

    Mia figlia Amanda lei la conosce. Siete amici, lo so. Ha quarantatré anni, due figli, ed è ancora una bella donna…

    Borgo annuì. Certo, la conosceva bene. Non era soltanto bella. Era anche una donna colta, intelligente e soprattutto sensata. Con lei parlava volentieri. Non apparteneva alla congrega delle Marie addolorate. Proprio non riusciva a capire cosa intendesse dire sua madre con la faccenda della crocifissione. Per quale assurdo motivo qualcuno poteva pensare di dare addosso ad una persona del genere?

    Ora dicono che sia la sua amante

    Sua? Sua di chi?

    Sua di lei, dottore!

    Borgo rimase a bocca aperta, incredulo. Le orecchie presero a fischiargli, anzi l’orecchio destro, quello del danno cocleare subito solo pochi mesi prima.

    Ma… su che basi lo dicono? Io non…

    Borgo socchiuse gli occhi. Sì, erano andati a bere il caffè insieme abbastanza spesso, negli ultimi tempi. Parlava volentieri con lei, che era una delle poche persone di Briserio che se ne fregavano del divieto di ricordare. E poi, a volte, si era lasciato andare a qualche sfogo per l’abbandono di Laura e per la sua difficile solitudine.

    Non lo so. Dicono che si sta separando dal marito per causa sua. Sua di lei, dottore

    Cavolo

    Appunto

    Beatrice, lei lo sa che non c’è niente di vero in tutte queste chiacchiere

    Quando le chiacchiere sono insistenti e cattive, diventano una mezza verità

    Borgo continuava a scuotere la testa perplesso. Si sottopose ad un ulteriore esame di coscienza, in cerca di qualunque minimo appiglio avesse potuto giustificare il gossip. Niente, cielo limpido, chiaro, trasparente.

    Come l’ha presa sua figlia?

    Ci sta male. Anche perché il marito è venuto a saperlo e…

    E…?

    Ce l’ha con lei

    Con lei chi, con sua figlia?

    Anche. Ma soprattutto con lei, dottore

    Non capisco

    Qualcuno al bar lo ha sfottuto in modo pesante. Insomma, sa com’è, siamo nel ventunesimo secolo ma le corna restano corna

    Un momento. Qui non ci sono corna. Qui ci sono solo un mucchio di palle

    Non è così semplice, dottore. Le chiacchiere, come le dicevo, diventano mezze verità

    Borgo scosse la testa spazientito.

    Insomma, che cosa dovrei fare, Beatrice? Andare a convincere Attilio (si chiama così suo genero, vero?) che io non c’entro nulla e che lui ha solo mezze corna ma non le corna intere?

    La vecchia signora sospirò.

    Fosse così semplice. Attilio penserebbe che c’è davvero sotto qualcosa

    Sempre più spazientito, Borgo tornò alla scrivania. Non era la prima volta che circolavano chiacchiere sul suo conto nella cittadina. L’acme era stato raggiunto quando Laura se n’era andata. Allora si era sparsa la voce che lui avesse dei gravi problemi sessuali e che Laura l’avesse lasciato per quello. Non contenti, altri farabutti avevano ulteriormente intorbidato le acque, sostenendo che in realtà Laura fosse lesbica e che, scoperta la sua vera natura, se ne era andata a vivere con un’amica dei tempi dell’Università.

    Chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere. Briserio viveva di quelle chiacchiere per costruirsi un mondo artefatto, pieno di quelle mezze verità che tanto piacevano ai cultori degli scandaletti locali.

    Comunque c’era un problema. E lui, uscita la tremolante Beatrice, cominciò a spremersi le meningi in cerca di una non facile soluzione.

    Spremi spremi, molto più tardi, nel buio della sua camera dove come sempre stentava a prendere sonno, Borgo pensò di rimettere in funzione un vecchio meccanismo che sapeva di possedere ma che non aveva più adoperato dopo l’epopea delle tsantsas (ora argomento tabù per eccellenza). E che cavolo, l’istinto di detective, no?

    Quello ce l’aveva ancora. Stava in agguato da qualche parte, pronto a risvegliarsi quando un’incazzatura lo pungeva sul vivo. La cara Beatrice lo aveva appena fatto con quella supplica o confessione che dir si voglia.

    La mattina dopo, prestissimo, chiamò Eugenio Grondani, una delle gole più profonde di Briserio, uno che sapeva tutto di tutti e uno dei pochi che ancora osasse frequentare il dottore messo all’indice. Grondani era sveglio, intelligente e creativo. E poi, ulteriore vantaggio, si muoveva da navigatore esperto nell’ambiente della pubblica amministrazione, non fosse altro perché ci lavorava.

    Mentre bevevano il caffè insieme, in un bar rigorosamente fuori da Briserio, Borgo cominciò a raccontare l’ultimo accidente di gossip che lo riguardava. Vide che l’altro aveva subito alzato le spalle sogghignando. Era un tipo alto e magro, un fascio di nervi sempre sul chi va là.

    So benissimo che non puoi non sapere

    Così dicendo Borgo aveva sollevato il mento alla sua volta.

    Ovvio che non può che essere così. La faccenda è calda, anzi direi bollente. Se ne parla alla grande

    Cavolo

    Già

    Tu che conosci bene i flussi direzionali dei gossip, in questo caso riesci a risalire all’epicentro?

    Eh, la Madonna, non sono mica un indovino! Diciamo che studio i fenomeni, sì…

    E…?

    L’altro strinse le labbra pensoso. Voleva dire e non voleva farlo. Forse non voleva sbilanciarsi troppo, prendersi una responsabilità troppo grande. Forse non voleva, ma al tempo stesso gli spiaceva per il povero Borgo. Non poteva perdonare alla città di Briserio di avere trattato così male il doc, dopo che questi aveva messo a repentaglio la sua stessa vita per sgominare una setta malvagia che stava trascinando tutti quanti negli abissi del Male. E poi, insomma, quella voce aveva dato fastidio anche a lui per via dell’assurdità di alcuni dettagli.

    Ecco, decise di partire proprio da questi ultimi. I dettagli assurdi di un quadro possono aiutare a vedere l’intera cornice.

    Ehm, cominciamo dalla visione. Qualcuno sostiene di averti visto pomiciare di brutto con la suddetta Amanda De Scalzis nell’area di parcheggio prospiciente il cimitero. In macchina, ovvio

    Pazzesco. E quando mai mi avrebbero visto?

    Borgo scoppiò a ridere di gusto. Pensò che nessuno sano di mente avrebbe mai potuto credere ad una simile scemenza.

    Se io avessi voluto pomiciare con la povera Amanda, avrei di sicuro trovato diecimila posti migliori. E magari, perché no, lontani da Briserio

    Te lo concedo

    Chi potrebbe inventarsi una scenetta così surreale? Forse un ubriacone?

    L’altro tentennò stringendo le labbra. Fuochino.

    Diciamo che la cornice potrebbe essere quella. Chi potrebbe credere ad una panzana del genere se non un ubriacone o un decerebrato?

    Borgo schioccò le dita.

    Quindi l’ubriacone l’ha sentita da qualcuno che ha sparato la scemenza. Ed essendo ubriacone, per l’appunto, l’ha giudicata vera

    Bravo. E adesso dimmi, quali sono i luoghi di ritrovo per eccellenza degli ubriaconi di Briserio?

    Borgo si illuminò tutto.

    Ma certo! Ci sono diversi bar molto frequentati da questa tipologia di soggetti

    Bravo. Ma ora cerchiamo di dare una possibile identità all’ipotetico untore. In questo caso chiamerei untore o untrice, colui o colei che diffonde la bufala. Insomma colui o colei che vuole darla a bere all’ubriacone

    Deve essere una persona perfida, abietta, estremamente stronza. E deve avercela con il sottoscritto, per qualche ragione tutta sua. Non so perché ma penso più a una donna che a un uomo

    Grondani lo fissò con gli occhi che gli ridevano dalla contentezza. Fuoco.

    Sai una cosa, Gronda? Adoro il tuo metodo socratico

    C’erano vari bar ad alto afflusso etanolico a Briserio. Ma il più famoso di tutti era gestito da un personaggio femminile che Borgo aveva sempre considerato sgradevole. Si trattava di una donna ormai abbastanza avanti con gli anni, famosa per avidità, tendenza al latrocinio e cattiveria gratuita.

    Allora? ammiccò Gronda con un lieve sogghigno.

    Allora credo di avere capito che abbiamo a che fare con la Laida replicò il doc, covando tra sé mille pensieri di vendetta.

    Ovvio che si trattava solo di elucubrazioni, sia pure concertate insieme ad una Gola Profonda tra le più scaltre del circondario. Per tutta la giornata Borgo non riuscì a fare a meno di girarci intorno, a quel pensiero e a quella persona. Però, per quanto frutto di una ricerca socratica, si trattava sempre di una ipotesi da verificare.

    Restava da spiegare il perché di quell’origine visionaria della diceria. Il parcheggio del cimitero, davvero strano. Perché identificare proprio quel luogo come teatro dell’ipotetico adulterio? Era un luogo tristemente famoso per lui. Per i cittadini di Briserio, capaci di incredibili doti di rimozione collettiva, forse no, ma non poteva credere che tutti avessero davvero dimenticato le turpitudini che erano state commesse laggiù.

    Provò a scervellarsi in cerca di una radice credibile, magari un fatto senza alcuna importanza che lo avesse visto in macchina in quel luogo e in compagnia di una donna somigliante alla De Scalzis. Niente, non trovava niente. A meno che qualcuno con una macchina come la sua si fosse trovato a pomiciare proprio davanti al cimitero insieme ad una donna abbastanza simile ad Amanda. Possibile, possibilissimo. Borgo possedeva una vecchia Classe A, una macchina piuttosto comune. Qualcuno poteva aver visto un tizio dentro una Classe A e averlo scambiato, o meglio averlo voluto scambiare, per il dottor Borgorame. La voglia di calunnia ha il potere di prendere lucciole per lanterne, quando serve.

    Mentre visitava la gente nella rassicurante routine dei soliti gesti, tecnica medica, burocrazia all’ennesima potenza, arte della persuasione e così via, il suo pensiero andò a stagnare nelle acque oscure del male. Un male di genere diverso rispetto a quello terribile che aveva combattuto tre anni prima, ma un male comunque sporco e untuoso, capace di appiccicarsi ai tuoi vestiti con tanta forza che quando esci di casa la gente ti scruta in un modo strano e diverso dal solito. E tu non puoi farci niente, anche se non ne hai alcuna colpa, perché persone laide sono riuscite in qualche modo ad appiccicartelo addosso. Era forse quello, la bruttura che ti hanno affibbiato, il senso della mezza verità della calunnia secondo la saggia Beatrice. Ora lui ce l’aveva addosso, il male, e la gente di Briserio riusciva a vederlo.

    Avrebbe voluto chiamare Amanda ma gliene mancava il coraggio. E poi per dirle cosa? In che modo avrebbe potuto sottrarla alle sue angosce? Magari non avrebbe gradito la sua telefonata, l’avrebbe considerata ambigua, il frutto di un senso di colpa o, addirittura, un indizio vero e proprio di quella mezza colpevolezza di cui

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