Piciocas. Storie di ex bambine dell'Isola che c'è
By Michela Murgia, Simona Tilocca, Barbara Parodo and
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Piciocas. Storie di ex bambine dell'Isola che c'è - Michela Murgia
www.caraco.it
UNA PICCOLA PROMESSA
di Francesco Abate
In un momento in cui i piccoli, che siano librai o editori, sono in difficoltà perché devono fare i conti con un mercato globale e con la grande distribuzione, noi come scrittori sardi ci siamo chiesti: Cosa possiamo fare?
. Domanda che è rimbombata nelle nostre menti nei giorni in cui Michela Murgia organizzava una grandissima manifestazione pubblica a Sassari a favore di una libreria che stava chiudendo. Un momento in cui ognuno di noi, poi, portò una testimonianza in difesa delle librerie di quartiere, dei piccoli editori, perché non può esserci spazio soltanto per ciò che vende tantissimo, sta in classifica o per i megastore.
Cosa possiamo fare? Siamo solo scrittori
mi sono detto. La risposta è stata: Unisco un po’ di forze e insieme regaliamo il nostro lavoro, una nostra storia a una giovane casa editrice che ci piace, che agisce in sintonia con i nostri pensieri
. E mi sono chiesto: Ma che libro possiamo regalare?
. Che libro può in questo momento toccare le corde giuste dei lettori, far sì che non passi inosservato e raccolga intorno a sé attenzione? Raccontiamo storie di ragazzini!
, questo mi venne in mente: cercare attraverso la narrazione della nostra gioventù di riportare a galla storie condivise, sensazioni perdute, divertenti o agrodolci. Piccole narrazioni, a un piccolo costo.
Volli che a raccontarle fossero degli amici che, nel frattempo, sono diventati scrittori, ma con i quali realmente ho condiviso l’adolescenza. Detto ciò, a dicembre dello scorso anno, con Paolo Maccioni, Gianni Zanata, Silvia Sanna e Gianluca Floris è nato Piciocus. Mille copie che a Natale sono volate via in una settimana, tantissime presentazioni e altre due ristampe a seguire nei due mesi successivi. Dati che metto in evidenza non per vanagloria ma solo perché rafforzano, pure in noi che ci abbiamo provato, il pensiero che può esistere uno spazio anche per chi è piccolo.
«Il progetto Piciocus non termina qui, ma prevede un’ulteriore pubblicazione di Piciocus 2
su cui stiamo lavorando. Il mio ruolo è quello di fare un po’ da collante su una memoria che non è solo dei cinquantenni, ma anche dei quarantenni e dei trentenni, di ricomporla e conservarla.» Questo dissi durante un’intervista nei giorni di entusiasmo pensando che la seconda avventura sarebbe dovuta essere tutta al femminile, visto che con Piciocus avevamo tenuto stretta la forbice raccontando solo storie al maschile, e che avrebbe dovuto offrire possibilità di pubblicazione a chi desiderava esordire.
Ogni promessa è debito. Ed ecco che con Piciocas quel debito in parte è saldato. Sei scrittrici che hanno voluto rispondere entusiaste all’appello, che hanno voluto donare questa loro storia, che fossero famosissime o esordienti. Buona lettura e occhio!, perché il debito non è del tutto esaurito.
L’ARAGOSTA
di Michela Murgia
«L’aragosta data te l’hanno?»
«Tranquilla, già c’è.»
Quando gli feci questa domanda, il disastro che doveva succederci non era ancora successo. Giacomo Contu era figlio di un grossista di pesce e agli spuntini ferragostani la mamma lo foraggiava di roba grossa, mica come a noi, che ci davano una parmigiana di melanzane fritte leggera come un blocco di arenaria e a volte mezzo pollo alla griva con il mirto rubato dalle siepi comunali di piazza Azuni. Per questo noi le volevamo bene, alla mamma di Giacomo Contu. Quel Ferragosto gli prestavano anche il fiorino, ma quel bonus per noi non cambiava niente: davanti c’era posto solo per lui e la sua pivella Nenna Manca, e il cassone era zona chimica impraticabile: il babbo ci portava le cassette di pesce da vendere a Tiesi e l’odore aveva posseduto la vetroresina come un demone, uscendone a zaffate in modo talmente intenso che avresti detto che usasse apposta l’Arbre Magique all’anguilla. Le salite dei monti di Santu Lussurgiu ce le saremmo perciò fatte in scooter, senza rimpianto. Santu Lussurgiu, sì.
Era lì che andavamo, perché il mare nel ’99 ci aveva anche un po’ rotto, che se uno nasce e cresce con i piedi a bagno a un certo punto comincia a sognarsi la giungla, la prateria, le cime innevate, la foresta pluviale, qualunque