L'ultima estate da buttare
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Book preview
L'ultima estate da buttare - Riccardo Moroni
Indice
Prefazione
Prologo
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
XVIII
XIX
XX
XXI
XXII
XXIII
XXIV
XXV
XXVI
XXVII
XXVIII
XXIX
XXX
XXXI
XXXII
XXXIII
XXXIV
XXXV
XXXVI
Epilogo
Ringraziamenti
Riccardo Moroni
L'ultima estate da buttare
Youcanprint Self-Publishing
Titolo | L'ultima estate da buttare
Autore | Riccardo Moroni
Immagine di copertina a cura dell'autore
ISBN | 9788892640832
Prima edizione digitale: 2016
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)
info@youcanprint.it
www.youcanprint.it
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Prefazione
Mi presento, sono una studentessa di Filosofia, ho 24 anni e sono una bibliofila. Una vera e propria amante dei libri e della buona letteratura. Quando Riccardo mi chiese di leggere il suo libro e, magari di scrivere pure una prefazione, ne fui subito entusiasta.
Ho sfogliato le pagine del libro con una curiosità diversa da quella che solitamente accompagna le mie avventure tra la cellulosa, sarà stata la consapevolezza di dover scrivere una prefazione oppure il fatto di conoscere personalmente l’autore. Nelle righe che scorrono credo si possa leggere l’entusiasmo e la tenacia con le quali Riccardo si è sempre presentato.
Come suo solito fare, il suo libro si legge con una lente che non punta diretta sull’obiettivo svelando tutto immediatamente, ma preferisce procedere diagonalmente, permettendo così di essere illuminati dalle sue storie un passo alla volta, senza alcun bagliore precoce. Una luce dal filo timido iniziale che si scalda all’essere sfogliata; una prospettiva che parte dagli angoli, da quei punti dove il folletto non arriva mai
. Ed è proprio lì che spesso si addensano le storie migliori; storie che, all’insaputa di tutti, riposano all’ombra.
Iniziata la lettura delle prime pagine, una prima ansia da prestazione
è scomparsa e devo ammettere di aver letteralmente divorato
questo libro che vi accingete a leggere. L’ultima estate da buttare
è un romanzo che si tinge di vari colori, come differenti sono le storie dei personaggi che compongono la gallerie delle pagine che Riccardo ci propone. In uno stile mai eccessivo ma di piacevole lettura, vi troverete a incontrare personaggi che sanno di quotidiano. Un quotidiano che a volte scambiamo per ovvio o per scontato quando in realtà, nella sua maschera di ordinaria routine, nasconde scene di vita che difficilmente si ha il coraggio di mettere in bella vista. Saranno i protagonisti a guidarvi nelle loro storie, prendendo per mano il giovane Marco o la matura Sandra, camminerete tra vie che vi diverranno familiari, incrociando personaggi che, pur essendo impressi su carta stampata, non vi sembreranno mai del tutto nuovi, sconosciuti o classici esempi di finzione retorica
. L’ultima estate da buttare
è una lettura di un presente che spesso preferiamo non ammettere, una scusa per fermarci e riflettere se tutto ciò che sembra felice e perfettamente ordinario, non sia soltanto una patina che nasconde un tumulto di emozioni e sentimenti.
Un libro che conferma la mia teoria, ovvero, che a un certo punto l’autore si ferma per lasciare libero il lettore di vagare nella sua storia, che poi in realtà non è più così tanto sua, perché, in fin dei conti, ogni opera è di chi la legge non di chi la scrive.
Buona lettura!
Flavia Vittorini
Quanto narrato in questo libro è opera di fantasia. Ogni riferimento a cose, persone o fatti realmente accaduti è da ritenersi puramente casuale.
L’adolescenza è l’epoca in cui l’esperienza la si conquista a morsi.
Jack London
Adolescenza: la più delicata delle transizioni.
Victor Hugo
"È raro che una felicità si posi proprio sul desiderio che l’aveva invocata.
Marcel Proust
Per coraggio di abnegazione la donna è sempre superiore all'uomo, così come credo che l'uomo lo sia rispetto alla donna per coraggio nelle azioni brutali.
Mahatma Gandhi
Prologo
Nell'aria, quella sera, c'era un profumo intenso di gelsomini, un odore che faceva pregustare l'estate che stava iniziando. L'estate delle vacanze, del mare, delle serate passate fuori casa a cazzegiare con gli amici, l'estate piene di ragazzine che ti girano intorno. L'estate fuori al bar, dei primi amori, delle feste di piazza. Era questa l'estate che Marco odiava tanto. Avrebbe passato un'altra estate chiuso in casa, nell'attesa che riprendesse la scuola. L'ennesima estate da buttare.
I
Marco era un bambino, ma forse sarebbe meglio dire ragazzino... No, ragazzo direi!... Sì, se sapesse che sto scrivendo la sua storia è così che avrebbe voluto essere chiamato all'epoca. Ragazzo!
Marco aveva quasi quindici anni e a quindici anni si è ragazzi, eccome se lo si è. Casomai è strano essere chiamati ragazzi a ottant'anni. Eppure il nonno di Marco era così che chiamava i suoi coetanei, ogni volta che qualcuno di loro se ne andava
:
– … anche Eugenio ci ha lasciati... aveva solo ottantuno anni. Quel povero ragazzo ha patito tanto, ma da un certo punto di vista è meglio che sia finita quella sofferenza...
– Nonno, a ottantuno anni non si è più ragazzi, ragazzo sono io che ne ho quindici, alla tua età siete vecchi...
– … Vecchi un par di coglioni, tu sei vecchio! Tu e tutti gli smidollati come te che non capite un cazzo della vita.
A Marco veniva da ridere ogni volta che si toccava questo tasto, ma non lo dava a vedere. Lui voleva bene a nonno Gaetano ed era contraccambiato dal vecchio. Loro erano una famiglia.
Gaetano dovette faticare parecchio per far si che suo nipote non gli fosse strappato via dagli assistenti sociali: test su test, domande su domande e, ogni tanto la visita di cortesia, così la chiamava l'incaricata di turno:
– Buongiorno signor Gaetano, tutto bene?… Marco tu a scuola come vai, posso dare un'occhiata?... So che esci poco, come mai? Problemi d'inserimento con i tuoi amici?
Queste e tante altre domande cretine faceva Sandra, l'assistente sociale che controllava se l'esistenza di Marco fosse all'altezza di un ragazzo della sua età.
Come se ci fosse un'esistenza con degli standard minimi da rispettare. E poi Sandra, cosa mai poteva capire di bambini... ehm scusate... ragazzi? Non aveva figli e nemmeno un nipote. Sandra non era male come donna. No, non parlo fisicamente, anche se da quel punto di vista era molto meglio. Parlo in generale. Umanamente. Non era cattiva o stronza, purtroppo lei faceva solo quello che erano gli ordini, quello che aveva studiato, insomma, di esperienza ancora ne aveva poca, soprattutto di vita, nonostante fosse arrivata alla soglia dei quarant'anni. Era zitella e senza un uomo. Figlia unica, con i genitori entrambi morti da pochi anni e aveva un rapporto con i parenti molto approssimativo.
Però in compenso a Gaetano e Marco quando arrivava non dispiaceva affatto. Il ragazzo aveva gli ormoni in subbuglio quando la vedeva, e al vecchio quella presenza ricordava la parola sesso.
Sandra era una bella ragazza... mmmh... cioè, donna! Aveva due tette che sembrava sarebbero volate via da un momento all'altro per quanto erano gonfie. Un culo che parlava da solo per quanto aveva da dire e due gambe che non finivano mai. E di viso?... ah sì scusate!... Aveva gli occhi verdi, capelli neri, credo nemmeno tinti e poi un naso e una bocca e due orecchie... Non ricordo nemmeno come erano le orecchie, ma credo siano state normali, come del resto il naso e la bocca.
– Ma allora perché quella donna era senza un uomo? – ... se aspettate un poco ve lo dico!
Nonno Gaetano era un'ottantenne ancora lucido. Stava in pensione da una ventina d'anni e da due era rimasto vedovo. Aveva pochi capelli bianchi, Marco gli diceva che se li avesse rasati a zero avrebbe dimostrato dieci anni meno, aveva ancora un fisico massiccio, con delle dita che sembravano mazze, e anche se ti dava una semplice pacca dietro alle spalle per farti coraggio, ti faceva buttar fuori il catarro dell'influenza dell'anno precedente.
Andava ancora in giro con la sua Fiat Punto blu del 93, presa di seconda mano; stendiamo un velo pietoso sulla frizione, perché non sentendoci bene, le consumava come si consuma una candela accesa sotto il sole di luglio.
Nonna Rosa era morta per un tumore due anni prima e Gaetano l'aveva assistita fino alla fine, quell'orrenda malattia l'aveva consumata poco a poco. Di sicuro la brutta storia della figlia aveva influito non poco sulle cellule maligne partite dall'utero e poi propagatesi per tutta la pancia. La paura di sottoporsi ai controlli di prevenzione avevano fatto il resto. Certo è, che per Rosa sentirsi gli occhi puntati delle malelingue, in un paese come Acquarolo, di poco più di tremila anime, non doveva essere stato facile. Quei sorrisini, i capannelli di persone