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La terza età
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La terza età

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Giovanni Sforza nacque il 23 agosto 1930 ad Opi, in provincia dell’Aquila, un piccolo paesino dell’entroterra abruzzese nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo. Uomo di umili origini, era figlio di contadini e boscaioli. Negli anni Sessanta emigra a Roma, dove trova impiego come manutentore in una nota clinica romana. È in quel periodo che comincia a scrivere: butta giù bozze di poesie (ne scrive un centinaio), testi di argomento politico e il racconto di una storia d’amore dedicata ad una donna che non si sa se veramente esistita oppure solo immaginata. Il materiale raccolto in questo libro è dunque parte del materiale manoscritto, raccolto e conservato dalla famiglia e ora trascritto dalla medesima. Giovanni Sforza, infatti, non vedrà mai pubblicate le sue opere, nonostante tanto lo desiderasse, poiché muore il 30 maggio 2012 stroncato da una malattia. Soprannominato dai compaesani “Scescevanne” e dal genero Giuseppe Giacomo Rosi (venuto a mancare nel 2004), “Serenella”, è ricordato ancora da tutti come una persona capace, piena di iniziativa e disponibile, dotato di una forza mentale poco comune, «Abbiamo terminato le sue opere onorando il suo nome e rispettando il suo desiderio» (la figlia Cesidia Sforza, i nipoti Giacomo e Marzia Rosi).

LanguageItaliano
Release dateDec 19, 2016
ISBN9788856780680
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    La terza età - Giovanni Sforza

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2016 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatrosilfilo.it

    ISBN 978-88-567-8068-0

    I edizione elettronica ottobre 2016

    Le parole

    Se fossi un oratore, come quei signori di bocca buona che sanno le canzoni, per fortuna non quelle d’amore! Ma fanno bene i governatori, per riformare la leva delle pensioni. Queste età riformatorie, al governo, ci danno gloria, perché è fatta vittoria sulle vecchie generazioni. Sono bravi cantautori, dalle parole ai fatti tuoi, niente va a buon fine. La parlantina ci porta alla rovina. Sono belle alle elezioni quelle ore e sante parole. Sanno bene la lezione per darla ai lettori. Che lezione dà l’oratore? Ci danno dell’ignoranza con costanza e lontananza, mai detta con le parole. L’hanno incisa nei loro cuori. Viceversa dell’amore, danno l’impressione che l’amore sono le elezioni. Sarei curioso di sapere se l’hanno cancellato. Tutti, dico a tutti, se nei libri dei governanti non c’è mai stata la parola amore! E se c’è, non l’hanno vista o l’hanno ignorata. Se ci sta, perché ribaltare tutto sull’umanità che non ci ha a che fare? Delle cose che nemmeno sa? Che significato ha non far lavorare e far pagare? Non mi pare giusto. Non c’è gusto, e non c’è posto né costo, se la parola amore, per voi, ci fosse. Così non fosse... con le parole si fa tanta confusione e i fatti non ci sono. Le persone sono la nazione, non voi da soli. Date una ragione alla ragione, alle elezioni. Detto da una persona elementare, c’è tanto bene da fare. La gente sta ad aspettare a chi più si dà da fare per pretendere il voto. Se non va, non sarà, perché il vostro cuore, l’amore non lo sa come si sa.

    Ragguaglio

    È storica la parola tetto massimo sulle paghe della gente. Però, la gente che copia non ha memoria. Perché? Perché, chi ha fatto i tetti, non ha fatto le paghe. Niente si può copià, ma solo inventà, se ce la fa. Solo a noi si può copià, perché c’è realtà, verità, sincerità e vero amore. Con amore, sì che fa copione in questo modo. Questo mondo di mala fede, buona parte infedele, nessuno fa un buon mestiere, non capendo i doveri. Non da padre né da padrone, da pilastro fanno i garzoni al palazzo dei signori. Ma nessuno di loro si domanda cosa vuole. Tutti hanno e niente danno, per paura di far danno. Al palazzo, con l’intrallazzo e coll’andazzo, di far palazzi, i pilastri son d’avanzi. Senza pranzo, solo il tetto ci viene detto, ma di casa nessuno parla. Se non c’è struttura, nemmeno il tetto, chi l’ha dettato questo tetto che non c’è? Sospeso all’aria, lo fa vedé? L’invenzione è pure buona, come le donne a Roma, ma chi paga solo la busta paga? Non certo il mago, coi deputati. Loro sono onorati, fanno parte dei rimborsati, e scortati invidiando i carcerati, sotto il tetto riparati, passandoci sopra i pensionati su quei tetti befanati. Quella mente che ha pensato, sotto a un tetto ci ha abitato. Perciò, ci ha ricamato. Non pioveva a quell’abitato. Chi sta fuori ha reclamato. Paga sempre il senza tetto. Mai nessuno l’ha benedetto, perché non ha neanche un letto. Chi c’ha rispetto e bell’aspetto, anche i tetti non sono uguali, ma non c’entrano col campari. Vediamo cosa fare, se vogliamo civilizzare un po’ gli italiani, di tutto fare, sopra ai tetti arrampicare.

    Prima lettera – Come primo passo

    Parto con le più umile scuse che esistono a questo mondo, ma consapevolmente di quello che faccio. Cara dolce signora, la tua simpatia è grande. È proprio questo che mi ha spinto a tanto, tanto per cominciare a dialogare di come sfogare le mie pene. Magari trovassi una degna persona, la quale fosse disposta ad ascoltare, come e quando ascolta attentamente le cose più interessanti. So bene che sono stato un po’ svelto ad aprire subito il libro della mia storia. Anche quello è un modo per poter iniziare il discorso, e da lì si capisce se si può avviare un sano discorso. Facciamo che per incominciare, diciamo la parola regina di questo mondo, che sarebbe l’amore. Ogni cosa e ogni due persone si fanno e si dicono tutto con Amore. Sicuramente, tutto è ben fatto, resta il fatto della simpatia, che entrambi si piglia di mira. È precoce dirlo, ma è bene parlare veramente con il libro aperto. Sei bella. Mi auguro che queste umili e schiette e sincere parole siano bene accolte da una persona colta. Richiedo ancora scusa, che senza autorizzazione, ti do del tu. Però, sono più che sicuro, che con quel dolcissimo viso, col sorriso, accogli tutte le mie parole. Con questo, ti assicuro che tutto ciò che viene pronunciato da questa bocca è un dettato del cuore, Lui, cuore, che mi ha sempre dettato parole d’amore. La sfortuna è che poche donne hanno intuito il significato e scarsamente contraccambiato. Dolce signora, domando a te, perché? Quando c’è l’onestà a provà, a parlà del più e del meno, perché non confidarsi? Approfitto a chiamarla cara, perché è il mio modo, abbracciando tutto con amore. Vivere con amore, come dice il sacerdote, quelle sono le parole che fanno copione, dette dalla religione. Campione è quella parola imbattibile e raggiungibile nello stesso tempo, distinguendo le categorie. Faccio un esempio, quello mio. Son palese e son con Dio. Vado a modo mio, non diverso a quello tuo. Solo questo ti rassicura. Dico amore, finché vita dura. Bella, parlo a cuore aperto, perché son certo. Questo intruglio di parole servono per iniziare una onestissima dichiarazione d’amore. Nel mio cuore venoso e arterioso, ogni vena schizza amore. La sincera verità è con te a svelà la verità. Subito, mi sei piaciuta. Te lo dico chiaramente che, già, mi stai nella mente. Quel giovedì 23, ci incontrammo io e te. Chissà com’è proprio quel 23? Non so se credi al destino

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