Morgànt dei Nerogatti: I Nerogatti di Sodw 2
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Fantascienza - romanzo (201 pagine) - La guerra con gli inframondi non è finita: è appena iniziata. Il secondo capitolo dell’affascinante Trilogia degli Inframondi dal Premio Urania Lukha B. Kremo
C'è una quinta dimensione oltre quelle che l'uomo conosce. E una sesta, e una settima, fino a undici. Sono dimensioni arrotolate nelle brane dell'infinitesimale, senza limiti come l'infinito e senza tempo come l'eternità. È in queste dimensioni che esistono gli inframondi, universi simili al nostro ma diversi.
Quando sopra al vulcano Makar cominciano a verificarsi anomalie simili a quelle che avevamo conosciuto nel precedente romanzo, I nerogatti di Sodw, si teme che sia in corso una nuova invasione dall'inframondo. Ma questa volta più cauta, più infida. E allora è chiaro che c'è un solo modo per fermarla e soprattutto per sventare ulteriori tentativi: andare alla radice del male. Inviare una spedizione nell'inframondo stesso.
Il secondo romanzo della Trilogia degli Inframondi dall'autore vincitore del Premio Urania 2016
Lukha B. Kremo è autore di romanzi e racconti non solo di fantascienza. Ha diretto la rivista Avatär, vincendo tre Premi Italia. Ha pubblicato racconti su varie antologie tra le quali Supernova Express (2006, Fantanet), Frammenti di una rosa quantica (2008, Kipple) e Avanguardie Futuro Oscuro (2009, Kipple). Un suo racconto è uscito anche su Robot.
Ha pubblicato cd di musica elettronica con lo pseudonimo di Krell e organizzato il progetto Sonora Commedia.
Ha pubblicato i romanzi Il Grande Tritacarne (2005), Gli occhi dell’anti-Dio (2008), Trans-Human Express (2012). Con Pulphagus® - Fango dei cieli ha vinto il premio Urania 2016.
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Morgànt dei Nerogatti - Lukha B. Kremo
Parte prima
Makar
Nulla sarà cambiato della luce!
Colori come grigio e marrone
Tutti stampati uno sull’altro
Trovai un vuoto
Una macchia Bianca
Gli altri guardarono
Che bella giornata! Che bel tempo!
Ma sentii la rotativa
What If…?, Teho Teardo & Blixa Bargeld (2013)
1. Calypso
L’oceano è nervoso. Sembra un foglio accartocciato che il forte vento prova inutilmente a spianare. Le palette dell’anemometro scompaiono per l’enorme velocità, ma la Calypso procede cocciuta puntando la silhouette conica dell’isola. L’ex dragamine, riconvertita a laboratorio scientifico, è sballottata come una barchetta di carta e scarroccia parecchio, ma non sembra subirne conseguenze.
L’equipaggio è sottocoperta. Non è preoccupato. La grande isola di Makar e l’omonimo vulcano, il maggiore di una serie, sono ormai in vista. Le cromoeruzioni, che nelle settimane precedenti hanno caratterizzato il vulcano, appaiono quasi come si potevano vedere da mille miglia: i pennacchi colorati che si allargano a formare aurore, le scariche elettriche che solcano il cielo, i suoni sinistri, i piccoli terremoti e le tenui vibrazioni. Tutti questi fenomeni non si sono particolarmente intensificati con l’approssimarsi all’isola. E anche le anomalie elettromagnetiche sono nella norma. Si registra un piccolo innalzamento della radioattività, che però rimane sotto la soglia di allerta. L’equipaggio dovrà soltanto aspettare che il mare si calmi un po’ per approdare.
Il fischio del vento viene sovrastato dal suono prolungato della sirena dell’ex dragamine. In cabina di comando il responsabile della spedizione si riprende dall’atteggiamento meditabondo del viaggio: – Che succede?
– Imbarcazione a tribordo! – informa il comandante della nave.
Il capo della spedizione inquadra il peschereccio con il binocolo: – Ci stanno venendo incontro. Senza bandiera, senza segnalazioni.
– I makari sono dei selvaggi – dice il comandante.
– Questo è quello che si racconta – dice il responsabile – i makari appartengono alla specie dei Blanki.
– Appunto – ribadisce la sua visione il comandante.
L’umano avvisa l’equipaggio. Non si dovranno trovare impreparati.
Il peschereccio dei makari è vecchio, rugginoso, una vera carretta del mare. Gira, si accosta a qualche decina di metri dalla Calypso, procedendo nella stessa direzione. Tentare un abbordaggio sarebbe da incoscienti, il mare sembra proprio impedirlo. Sul ponte esterno compaiono alcuni makari, che pendolano come marinai inesperti. Hanno l’aspetto magro e diafano, come fossero anoressici che vivessero solo di notte. Sono indaffarati nei pressi del verricello, sembra vogliano calare le reti per una grossa battuta di pesca. Attorno a loro una decina di grossi nerogatti che si aggirano sicuri come vecchi compagni di viaggio.
L’equipaggio della Calypso osserva con sospetto i makari e i loro animali.
– Cosa vogliono? – chiede qualcuno al comandante. Ma le parole si perdono tra gli scrosci delle onde contro lo scafo.
I makari scoperchiano uno strano marchingegno; dalla Calypso non è facile riconoscerlo, anche se ha tutto l’aspetto di un mortaio. I nerogatti ci gironzolano attorno, emettono bruiti di minaccia, qualcuno di loro ha cominciato a leccarlo.
– Non mi piace per niente – dice il comandante.
Le sue parole sono le ultime comprensibili, sull’ex dragamine.
I makari fanno esplodere un primo colpo di mortaio a distanza ravvicinata che va a sfondare lo scafo della Calypso sopra il bagnasciuga, il secondo invece squarcia le lamiere sotto il livello del mare, il terzo colpisce la cabina.
La Calypso annaspa, si piega su un fianco in pochi secondi, quindi rotea come una trottola e cola a picco dopo pochi minuti.
Dall’esterno non si sentono nemmeno le urla dell’equipaggio, coperte dal frastuono delle onde, dal rumore delle lamiere che s’inabissano e dal motore del peschereccio, che torna avanti tutta verso l’isola, tra le grida di giubilo dell’equipaggio e l’eccitazione dei nerogatti, che si strusciano contro le gambe dei marinai, facendo le fusa.
2. Tre delitti impossibili
Quando l’anziano apre la porta la ragazzina è sorridente, ritta sulle scarpette collegiali e la veste cerimoniale. L’umano comprende subito che si tratta della richiesta rituale. La fa entrare e richiude la porta, le carezza la folta capigliatura perlacea, e si dirige verso la dispensa. La casa è molto elegante, celebri opere sono appese alle pareti, le stanze sono ariose. La ragazzina lo segue in cucina, a passi svelti.
Mentre l’anziano sceglie i doni rituali, la ragazzina, con la destrezza di una nomade, brandisce il manico di un coltellaccio da cucina e lo conficca nella schiena dell’umano.
L’anziano s’inarca in modo innaturale, cadendo sul pavimento, senza nemmeno avere il tempo di gridare. La ragazzina trattiene il coltello stretto tra le mani, quindi lo infilza più volte sull’addome prominente dell’umano. L’anziano grugnisce, fa dei rantoli convulsi, la sorpresa è troppa per comporre qualsiasi pensiero, e i suoi lamenti si disperdono nel sangue che cola copioso, bagnando il pavimento della cucina.
La ragazzina non fiata, continua a pugnalare l’umano in modo automatico, seguendo un ritmo regolare, finché si ritrova a infilzare un corpo inerme. Riserva l’ultimo fendente per la gola. Non sgorga molto sangue, l’umano ne ha già perso parecchio. A quel punto si ferma, si guarda un attimo, distrattamente: la sua veste è fradicia di rosso, si sente come una piccola macellaia davanti a un grosso bovino. Si alza, va in sala e si siede sul divano, senza evitare di sporcarlo di sangue. Scarta quella che sembra una caramella, la mette in bocca e la mastica, socchiudendo gli occhi.
In città le strade sono quiete, il traffico dei pochi mezzi elettrici è ordinato, la precedenza è per i pedoni e i cicli e, se capitassero, gli animali. Il cielo è terso e l’aria è secca.
Cittadini, buongiorno!
Oggi a Neathin è unodì 20 fiorile, la temperatura è di 296 Kelvin, l’umidità è al 39 percento. Il Presidente del Governo Raji augura buona giornata alla Democrazia Perfetta.
Ora comunicheremo i responsabili sorteggiati per oggi, seguiti dalle famiglie scelte aleatoriamente per i bonus e i malus.
La città utilizza esclusivamente energia derivata da fonti rinnovabili, principalmente dal sole. Le emissioni sono nulle e le materie prime sono riciclate per intero. Neathin riesce a essere più virtuosa rispetto ad altre grandi città, come Dominus o Angelus, soprattutto grazie al basso consumo dei propri cittadini.
Sul Belvedere del Forum c’è un mattiniero viavai di studenti, lavoranti e athos. Da qui si riescono a scorgere i laghi, le paludi e i boschi che circondano la città, separandola dal resto del continente. Un anziano procede placido su una carrozzina a energia solare. Dietro di lui, solo ora se ne accorge, c’è un signore che lo spinge. L’anziano si volta a osservare quel tizio smagrito, pallido, con un po’ di bava alla bocca. A Neathin non è raro ricevere un aiuto o una manifestazione di solidarietà da uno sconosciuto, e l’anziano gli sorride. L’umano ha gli occhi sbarrati, e il vecchio in carrozzina interpreta l’espressione come una patologia muscolare, una paresi o qualcosa del genere.
L’umano lo spinge per qualche metro, tranquillamente. Quindi devia bruscamente verso la balaustra in plexiglas del Belvedere e spinge l’anziano contro la parete trasparente con una forza tale da sfondarla. Il plexiglas si spacca con un fragore che atterrisce i passanti, cui non resta che assistere i due volare giù dal Belvedere insieme alla carrozzina e raggiungere il terreno trenta metri più in basso.
Il clima mite del Belvedere è rotto dalle grida di panico della gente, che non può far altro che constatare l’incidente. Perché può essere solo questo: un incidente. A Neathin non si verificano omicidi da molti anni, gli unici reati in questa città sono causati da errate interpretazioni della legge.
Xalça Qulluq è un quartiere centrale di Neathin, qui i lavoranti sono meno degli studenti e degli athos. È un luogo elegante, ma non molto differente dal resto della città. Nel mercato rionale si trova un po’ di tutto, carne e pesce esclusi, che a Neathin non sono ammessi. Si tratta esclusivamente di prodotti di origine organica, provenienti da terreni ben controllati.
Una donna anziana e corpulenta cammina a passo deciso tra i banchi della verdura e si dirige direttamente alle casse. A quel punto, richiama l’attenzione di un anziano signore vestito in modo elegante, in coda.
– Mi dica pure, signora – risponde l’umano, utilizzando il tono amichevole in uso a Neathin.
– Signore, mi faccia toccare la nuca, ho una sorpresa – chiede la donna. La frase è biascicata, l’espressione è neutra.
Nonostante la stranezza della richiesta, l’umano alza le spalle e non esita a lasciarsi toccare. Sicuramente la donna è un’athos, deve aver percepito qualcosa del suo futuro e si deve concentrarsi per avere un responso o qualcosa del genere.
Ma la vecchia afferra la testa dell’anziano e la sbatte con violenza contro lo spigolo del banco della cassa. Il rumore metallico si mescola con quello dei tessuti lacerati, come un gorgoglio sordo. L’umano accenna un lamento soffocato. La donna ripete il gesto più volte, riuscendo a far cozzare lo spigolo contro la dentatura del malcapitato, finché viene momentaneamente bloccata da due o tre avventori.
A quel punto la donna estrae un grosso coltello e le persone si staccano da lei. Sul pavimento l’anziano è in posizione fetale con il volto e la bocca pregni di liquido rosso, tra cui si riconoscono alcuni denti, sradicati dalla loro sede. La donna solleva il coltello mostrandolo ai presenti, che rimangono di sasso. Poi si accovaccia e recide la giugulare del vecchio, suscitando altre grida di orrore.
Ma il lavoretto non è terminato. La donna si rialza, si punta il coltello sul proprio addome, lo affonda e sale verso il petto, come il più rituale dei suicidi. Le budella escono dalla pancia come se non aspettassero altro, scivolando verso il pavimento, prima che l’intero corpo le segua, rovinando sopra al cadavere dell’umano.
3. Makar
La gente non guarda il sole viola, è indifferente anche alle cromonuvole e ai suoni sommessi che sembrano far parte dell’atmosfera stessa. La gente di Makar passeggia per le strade, presa dalle proprie occupazioni.
Anno dopo anno, il vento sta espandendo le sabbie delle coste aride orientali e le dune avanzano come onde coprendo gli abeti e rosicchiando ettari ai boschi occidentali. Nelle zone di confine si è creata una fascia di punte rinsecchite di alberi, i cui fusti sono ormai sommersi dalla sabbia. L’avanzata è inesorabile – i makari sono nati con questa consapevolezza – ed è considerata come il trascorrere del tempo stesso, come fosse un’enorme clessidra. Makar è un’isola molto estesa e i saggi-scienziati hanno calcolato che sarà completamente desertica nell’arco di due secoli. Quello sarà il momento in cui tutti i makari si saranno trasferiti altrove o trasformati in nomadi del deserto.
Ma non è ciò di cui i saggi-scienziati discuteranno oggi, davanti alla Pietra Uncina. Il Concilio Massimo è stato convocato per discutere del nuovo atteggiamento del vulcano. Alcuni saggi-scienziati parleranno dei malesseri della capricciosa montagna, altri presenteranno dati sismici e altri ancora discuteranno dei nuovi valori elettromagnetici e radioattivi. Infine si affronterà il problema dei rapporti con le multinazionali e i transgoverni mondiali, ultimamente in crisi a causa di spedizioni non concordate.
Secondo la storia, la Pietra Uncina svetta da milioni di anni e sotto di lei si ritrovano i makari, popolazione ibrida Blanka. Solo la Pietra Uncina è in grado di raccontare esattamente come un arcipelago vulcanico si sia trasformato in un’enorme isola, come un’Atlantide riemersa. La Pietra potrebbe anche raccontare come una popolazione di Blanki provenienti dal Continente 4 si sia gradualmente fusa con i locali, non senza spargimento di sangue, e trasformata in una comunità ibrida, fino a veder nascere la stirpe dei makari. I Blanki hanno caratteristiche che solitamente non piacciono alle altre specie. Sono alti, magri, quasi scheletrici, le braccia lunghe, la carnagione chiara, nordica, oscillano quando camminano e hanno una furbizia sopra la norma. Anche ora che qualcosa è cambiato. Infine la Pietra potrebbe anche raccontare come sono accorsi sull’isola i primi nerogatti. Quello che la Pietra non saprebbe spiegare è il presente: le azioni improvvise, le gioie e le rabbie di intere famiglie, i cambi di rotta, le feste e le stragi di massa. La gente di Makar è cambiata dal giorno in cui l’omonimo vulcano ha cominciato a eruttare fumarole colorate che si espandono nel cielo, tra fulmini reticolari, rombi improvvisi e fastidiosi ronzii. E le manifestazioni di gioia e le feste si sono moltiplicate, insieme alle stragi immotivate, ai sacrifici di gruppo e agli atteggiamenti criptici della popolazione.
Ce n’è di cui parlare, sotto la Pietra Uncina. I saggi-scienziati sono in grado di comprendere la tensione politica nell’aria, e anche nell’etere. E sanno che ogni decisione presa adesso è un tassello di futuro conquistato.
Morgànt è seduto con le mani in grembo, sembra sonnecchiare, in attesa che gli altri sei saggi-scienziati prendano il proprio posto all’ombra dell’enorme roccia, cercando di non sgualcire le vesti attillate. Fuori dall’ombra un gruppo di nerogatti si sta nutrendo e abbeverando con le vivande offerte dai saggi-scienziati per non far loro disturbare il concilio. Uno di loro comincia a distribuire le tazze, un altro lo segue e versa del mate, indispensabile per ogni buona riunione.
È Wabil a prendere la parola: – Sapete come, i problemi nostri si stanno moltiplicando ora dopo ora. Per tutti affrontarli concilio questo potrebbe mai finire – debutta il makaro con il tipico modo di esprimersi locale.
– Bisognerà a bada tenere i nerogatti, tra ora qualche potrebbero spazientirsi.
– Hai ragione, Warut, poi ci penseremo. Propongo di seguire le priorità in rigido modo, e di discutere fino almeno al sole calato.
– Priorità Uno, sopravvivenza di Makar – recita Bawati. Tutti puntano gli occhi su di lui, facendo seguire un lungo silenzio. Qualcuno ne approfitta per bere il mate, quasi a giustificare in qualche modo il proprio silenzio. Solo il falso colpo di tosse di Wabil fa riprendere il trascorrere del tempo. Tutti loro infatti sanno che la prima sarebbe la priorità Zero, la sopravvivenza del pianeta.
– A proposito di questo – premette Wabil come per scrollarsi di dosso quell’omissione – sappiamo che un’aerea spedizione dei transgoverni a quella analoga del Wuta è imminente.
– Puoi riassumere cosa è successo sul Wuta?
– Certo, Tuwat. Il Wuta, il vulcano del Sodw lago, tempo qualche fa, ha cominciato a comportarsi come il Makar nostro. Colorate fumarole, cromoaurore in cielo, saette e strani suoni. Accompagnati da sfasi forti elettromagnetici e aumento della radioattività. Come sapete, i transgoverni hanno organizzato una spedizione di esperti. Il fenomeno non comprendendo, dopo una decina di giorni hanno inviato un bombardiere che ha colpito un’artificiale persona il tag cui è stato utilizzato per la causa degli eventi localizzare: un vecchio acceleratore di particelle – dice Wabil sottolineando l’ultimo aspetto. – Il Makar si sta comportando il Wuta come, hanno organizzato un’analoga spedizione e noi anche abbiamo un abbandonato tunnel per esperimenti fisici – conclude il saggio-scienziato.
– I fenomeni del Makar sono più molto leggeri – obietta Morgànt, poggiando la tazza di mate. È la prima volta che parla in questo concilio. Morgànt è il saggio-scienziato più anziano e di solito è compassato e poco loquace.
– Certo – ribatte sorpreso Wabil – ma visto che è la volta seconda che succede, i transgoverni saranno lesti più a intervenire.
Sembra che la spiegazione soddisfi Morgànt, che non batte ciglio, riprendendo in mano la tazza e sorseggiando l’infuso.
Wabil si rincalza le maniche: – Potrebbero ormai bombardarci da un giorno a un giorno, abbiamo già registrato movimenti di flotte nell’Oceano 1 e sappiamo della presenza di due almeno portaerei.
– Bombarderanno il Makar anche. E le conseguenze saranno orribili, al rischio oltre di blast nucleare – dice Bawati.
– Proposte? – taglia corto Morgànt.
– Anticipare la Rivelazione.
Segue un altro piccolo silenzio, è la seconda volta, dopo l’omissione della priorità Zero, che uno di loro parla in modo esplicito. Un paio di nerogatti si avvicinano al cerchio d’ombra della Pietra Uncina, allora Warut si affretta ad accarezzarli e porgere loro del latte.
Morgànt, che se n’era stato tutto il tempo fermo, con le mani in grembo sotto la veste, ora sembra preoccupato: – Cari amici miei – comincia, utilizzando un’espressione non convenzionale per raccogliere tutta l’attenzione del piccolo concilio – il Wuta ha dimostrato l’inefficacia tutta di una Rivelazione elementi catalizzatori senza, esseri d’appoggio senza. Se per la seconda volta non vogliamo fallire, dobbiamo aspettare.
Bawati sembra andare su tutte le furie, poggia la tazza e gesticola, ma è sempre un saggio-scienziato e riesce a mantenersi seduto, come prevede il codice etico. – Aspettare! Basta un piccolo bombardiere e qui tutto salta!
– Ci sono dei calcoli – ribatte Morgànt.
– Calcoli? È un esperimento fatto mai prima, i calcoli tutti possono essere errati! – fa notare Ramasi.
– Mettiamo ai voti – propone Morgànt.
– Non possiamo mettere ai voti una prioritaria questione, lo sai. Ci vuole l’unanimità! – interviene Wabil, asciugandosi la bavetta alla bocca che non riesce proprio a evitare.
– Certo – accondiscende Morgànt – intendevo dire: chi con me è d’accordo? Bawati, Tuwat? – il saggio osserva i due che scuotono la testa, quindi si rivolge agli altri: – Ramasi? Amarki? – ma anche loro fanno cenni negativi. – Warut?
– Per me… dovremo tenere dei calcoli conto.
– Bene, Warut. Allora non sto dicendo una follia…
– Ok, Morgànt, anche se fosse lecito votare, sareste in due solamente.
Una folata di vento interagisce con le teste dei saggi-scienziati che, tutte insieme, come spaventapasseri, ciondolano quasi privi di peso. Qualcuno continua a sorseggiare il mate.
Wabil si asciuga la bavetta, anche Warut è nervoso e le sue profonde occhiaie riassumono le preoccupazioni del Concilio Massimo. Nella concitazione della discussione, i saggi-scienziati non si sono accorti che il gruppo di nerogatti si è spostato verso di loro e una parte ha già invaso l’ombra della Pietra Uncina.
Warut e Ramasi si alzano per cacciarli.
– Pensateci ancora un po’ – raccomanda nel frattempo Morgànt.
– Bene, vogliamo passare alle cose altre? – cerca di proseguire Wabil, ma i nerogatti hanno cominciato a emettere bruiti nervosi, come ruggiti sommessi.
– Un momento. – Morgànt poggia la sua tazza e si alza in piedi, la veste attillata crea delle pieghe antiestetiche che il makaro non si cura di sistemare perché, sfilando le mani dalle tasche, ha estratto un’arma da fuoco.
Wabil fa in tempo solo ad alzarsi, prima di essere colpito e scaraventato contro la Pietra. Gli altri saggi-scienziati sono immobilizzati dal terrore, e Morgànt non perde tempo a colpire in sequenza Bawati, Tuwat e Amarki.
Warut e Ramasi hanno cominciato a correre, mentre i nerogatti hanno