DIARIO DAL CAUCASO - viaggio alla scoperta di un territorio leggendario
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DIARIO DAL CAUCASO - viaggio alla scoperta di un territorio leggendario - Giuseppe Giordano
Giuseppe Giordano
DIARIO DAL CAUCASO - viaggio alla scoperta di un territorio leggendario
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Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com).
Indice dei contenuti
Premessa
Diario dal Caucaso
DIARIO DAL CAUCASO
Viaggio alla scoperta
di un territorio leggendario
di
Giuseppe Giordano
Copyright © 2011-2016 by Giuseppe Giordano
All rights reserved. This book or any portion thereof may not be reproduced or used in any manner whatsoever without the express written permission of the publisher except for the use of brief quotations in a book review or scholarly journal.
ISBN 9788822871701
Giuseppe Giordano
E-mail: giuseppe@apuliatourguide.com
Cell phone: +39 320 9524531
Giuseppe Giordano
www.apuliatourguide.com
www.mypugliaexperience.co.uk
Revisione editoriale, impaginazione e grafica
Eido Lab APS – Bari
www.eidolab.it
Tutte le foto sono di Giuseppe Giordano. Queste ed altre fotografie del suo viaggio nel Caucaso sono a disposizione per l’acquisto. Per informazioni: giuseppe@apuliatourguide.com
Alla memoria di mia Nonna, viaggiatrice, e di mio Padre.
A mia Madre. Alla mia Amica Rosa per il supporto
ed ai miei amici che mi hanno accompagnato in questo viaggio,
Angela, mia insegnante d'inglese, Pinuccio, Cinzia e Benedetta.
A Lali ed Hamsik e a tutti i miei amici georgiani.
Premessa
Come ogni viaggio che si rispetti anche questo è nato per caso, una sera di marzo del 2009, una domenica. Mi aspettavo di dover star via due settimane, ma alla fine sono rimasto più di un mese.
Ero nella mia nuova casa di Bari. Il faticoso trasloco che aveva visto impegnati anche mio fratello e mia madre si andava ordinando tra una stanza e l’altra. Quella domenica, durante la visita di una amica, si animò il desiderio di evadere per un po’ di giorni. In pochi minuti decidemmo di prenotare online un viaggio per Istanbul.
Quella notte rimasi sveglio per diverse ore. Quel viaggio di gruppo con l’amica, la sua famiglia e mia madre si sarebbe trasformato per me in un cammino in solitaria nel Caucaso dopo il ritorno in Italia dei miei compagni di viaggio.
Perché il Caucaso?
Mi dava l’impressione di essere una terra lontana, dove a causa dei tanti problemi geopolitici ci fosse ancora qualcosa su cui scrivere; una terra bellissima di cui avevo solo sentito parlare dai racconti di scrittori russi come Puskin e Lermontov nel suo Un eroe del nostro tempo e che dovevo andare a vedere con i miei occhi.
Era da poco finita la guerra nell’ex stato sovietico della Georgia, un tempo parte dell’impero ottomano e poi di quello sovietico, e che aveva dato i natali a Josif Vissarionovic Dzugasvili, figlio di un ciabattino di Gori, passato alla storia con il nome di Stalin, capo della più grande nazione del mondo.
L’immagine del paese dopo i recenti avvenimenti della guerra con la Russia dell’agosto 2008 ed i problemi economici mondiali avevano ridotto la presenza di stranieri all’interno del paese la cui primaria fonte economica era rappresentata dal turismo.
Decisi che dovevo andare a Tbilisi, la capitale, per vedere come il paese stesse reagendo al cambiamento e quali opportunità turistiche ci fossero, e per questo mi misi in contatto con il Dipartimento del Turismo dello Stato della Georgia illustrando il mio progetto di visitare il paese e di scriverne.
Il Ministero fu subito interessato e fu facile riuscire ad ottenere la loro collaborazione con il poco materiale cartaceo che si aveva a disposizione. Per mezzo di internet e attraverso il contatto di una agenzia, la Intertour di Tbilisi, una delle più grandi del Paese, nata nel 1996, avrei potuto muovermi nella regione caucasica in piena libertà e tranquillità.
Questo mio viaggio mi ha portato inizialmente in Turchia, ad Istanbul, città sospesa tra occidente cristiano ed oriente islamico. Una metropoli in continuo movimento, sospesa così come il ponte sul Bosforo tra antiche tradizioni – i tanti veli e copricapi delle donne, la legislazione islamica, le splendide moschee – e la voglia di occidentalizzazione delle nuove generazioni, i tanti immigrati in Germania e l’apertura socio-politica mirata a far parte dell’Unione Europea.
Attraversando la Turchia in pullman per tutta la sua estensione mi sono addentrato sempre più in quel paese dove prima di me, su antiche rotte come la via della seta, erano passati mercanti, carovanieri, scrittori, semplici viaggiatori e popolazioni in fuga.
Poi in Georgia, in uno dei paesi più antichi del mondo, dove recentemente gli archeologi hanno ritrovato crani di ominidi risalenti a più di 1,8 milioni di anni fa, sui crinali di montagne dalle cime innevate (il Caucaso ospiterà le Olimpiadi invernali del 2015), fin lungo le tracce di antiche leggende come quelle del Vello d’Oro e della veste di Gesù.
In questa terra ho potuto apprezzare e degustare vini prodotti secondo antiche tradizioni che si sono mantenute grazie al lavoro dei monaci che ancora abitano i tanti monasteri lì presenti. Una terra generosa di frutti in un territorio eterogeneo che si estende da monti innevati delle montagne caucasiche alla costa semitropicale del Mar Nero.
Infine, questo mio viaggio mi ha portato in Armenia dove il Monte Ararat ricorda una delle più suggestive immagini del vecchio Testamento, l’approdo di Noè con la sua Arca dopo il diluvio universale.
L’Armenia è paese moderno che vive sulle rimesse dei suoi figli lontani e sui flussi turistici di ricchi discendenti degli armeni della diaspora alla ricerca delle proprie origini, spesso alle prese con un difficile equilibrio politico con i paesi confinanti quali la Russia e la Turchia.
Tra i mercanti in movimento sulle rotte caucasiche, già nell’anno Mille c’era un certo Krikorius, Gregorio, di discendenza armena, che insieme al clero e ai cittadini più in vista di Bari promosse la spedizione navale alla Basilica di Myra, in Turchia, per trafugare le spoglie di San Nicola, il Santa Klaus / Babbo Natale che tutti conosciamo, e dare così lustro ed una forte spinta economica alla città pugliese che avrebbe poi beneficiato di un ininterrotto flusso di pellegrini.
Sotto il dominio dei Bizantini, Bari era composta da una società multietnica dove convivevano pacificamente diversi popoli tra cui Greci, Longobardi, cristiani, musulmani, ebrei e, tra le genti d’Oriente, anche gli Armeni.
All’arrivo delle reliquie a Bari, il 7 maggio del 1087, il primo miracolo che si attribuisce a San Nicola riguardò proprio un armeno che era rimasto paralizzato per tutto il lato sinistro del suo corpo.
All’interno della Corte del Catapano (il governatore bizantino), dove fu costruita la basilica che avrebbe ospitato le ossa del santo, esisteva già da alcune decine di anni la chiesa di San Giorgio, fatta costruire dal chierico armeno Mosese, indicata come San Giorgio degli armeni o del porto in quanto un tempo le navi provenienti da Costantinopoli arrivavano fin sotto l’attuale arco scaricando le merci che poi venivano vendute sulla piazza antistante.
Ancora oggi accanto al portale di destra della basilica è possibile vedere il cosiddetto braccio barese
, lungo 58,5 centimetri, che serviva a misurare le stoffe che proprio in quella piazza venivano vendute sotto il controllo di un canonico che vigilava affinché le vendite avvenissero secondo i regolamenti depositati all’interno della basilica.
Lì sorgeva anche il quartiere armeno, di cui oggi, in strutture romaniche, è rimasta l’attuale chiesa di San Gregorio, detta appunto armena, dove attualmente si svolgono celebrazioni di rito ortodosso rumeno in attesa che una nuova chiesa, di cui si sono poste le basi in un’altra zona della città, venga completata per accogliere la fede, così come allora, dei tanti emigrati e commercianti provenienti da varie parti del mondo.
Ma il borgo antico di Bari ospita anche altre chiese di origine armena, come Sant’Onofrio e la chiesa di Sant’Anna, donata dalla Regina Isabella d’Aragona ai milanesi giunti in città alla sua corte e poi ribattezzata di Sant’Ambrogio in onore del loro santo patrono.
Insieme alle chiese, tracce della presenza armena si possono notare in alcuni cognomi baresi che troviamo anche incisi sui muri esterni della Basilica di San Nicola, quali Armenise, Amoruso (che in armeno significa cambiavalute) ed ancora Maurogiovanni, Trevisani e Pascali.
Diario dal Caucaso
Bari, 29/05/2009
Come sempre succede nel giorno della partenza per un lungo viaggio, si continua a fare valigie andando da una parte all’altra della casa. Questo va bene; no, forse meglio quest’altro; quale sarà la temperatura?
Il mio bagaglio è rappresentato da uno zaino per spostamenti veloci e di ogni tipo all’interno di una sacca ( air-sea travel ) con un cambio biancheria, qualche maglietta, pantaloni lunghi per evitare punture di insetti, un paio di scarpe da trekking per terreni accidentati, occhiali da sole, una torcia per leggere al buio e districarmi per le strade isolate, un piccolo kit di pronto soccorso e poi taccuini dove annotare i miei appunti; e non può mancare la mia macchina fotografica digitale, una piccola ma ottima Lexus Panasonic.
Raggiungo nel primo pomeriggio di una giornata di sole il nuovo aeroporto di Bari dedicato a Papa Giovanni Paolo II, Karol Jozef Wojtyla, il Papa viaggiatore con i suoi cento viaggi i quali hanno creato una fitta rete di relazioni tra le varie culture, civiltà e religioni nel segno dell’Ecumenismo.
Sono in partenza per Istanbul, città dello Stato, la Turchia, da cui proveniva quell’attentatore che nel 1981, proprio in un giorno di maggio, attentò alla vita del Papa sparando due colpi di pistola e colpendolo all’addome, in una piazza San Pietro gremita di fedeli.
Non si sono mai saputi i motivi del gesto. Alcuni ipotizzano che si cercasse di stabilizzare l’area dell’Europa orientale, di cui il Papa polacco faceva parte, sotto l’egida dell’Unione Sovietica, altri invece accusano fazioni interne al Vaticano, in un