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I pesci siamo noi!
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I pesci siamo noi!

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SAGGIO (351 pagine) - SOCIETà E SCIENZE SOCIALI - Prede, pescatori e predatori nell'acquario digitale della tecnologia

Manuale teorico-pratico per evitare di farsi prendere all'amo dai media digitali e tecnologici, da chi li ha creati e li gestisce, per sapere distinguere la luce delle stelle da quella delle lampare, per non fare la fine del pesce di nome Wanda e per diventare tutti abili anguille capaci di vincere qualsiasi resistenza, di cambiare, risalire, filtrare e stare a galla. Internet è da sempre sinonimo di libertà, oggi la sua pervasività suggerisce una maggiore consapevolezza e riflessione critica sull'uso che ne viene fatto. Le nuove tecnologie sono strumenti potenti di libertà ma tutto dipende dalla conoscenza che ne abbiamo e dall'uso che ne facciamo per interagire con la realtà, per modificarla e per soddisfare i nostri bisogni più concreti. Essere liberi significa usare la propria facoltà di pensare, di operare, di esprimersi, di scegliere e di agire senza costrizioni e in piena autonomia, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti da usare. Nell'offrire la soluzione di problemi pratici e conoscenze utili, gli strumenti tecnologici sembrano garantire la massima libertà dell'utente. Una libertà che deve fare i conti con le limitazioni imposte dalla volontà di potenza della tecnologia, dai suoi algoritmi, dai suoi mille "botnet", capaci di determinare comportamenti e abitudini, di condizionare le forme di espressione, di minare la privacy e la riservatezza, di operare costrizioni mentali condizionando scelte e processi decisionali. Ignari delle forme di libertà del passato, troppo concentrati sul presente e poco interessati a quelle del futuro rischiamo di trasformarci in tanti pesci, liberi di nuotare e sguazzare liberamente ma sempre dentro un acquario, trasparente ma dal perimetro rigido e definito, che per le sue dimensioni ci lascia credere di vivere liberamente in spazi autonomi, profondi e completamente liberi. Nella realtà questi spazi sono controllati da entità esterne, attente a non fare mai mancare il cibo ("l'uomo è quello che mangia e senza fosforo non esiste pensiero" diceva il filosofo Feuerbach), il divertimento e l'ossigeno in cambio di complicità e sottomissione. Ne deriva una libertà immaginaria, ampia e ricca di scelte ma sempre all'interno di narrazioni e contesti sviluppati da altri. "Siamo pesci sempre pronti ad abboccare all'amo...?"

Dirigente d'azienda, filosofo e tecnologo, Carlo Mazzucchelli è il fondatore del progetto editoriale SoloTablet dedicato alle nuove tecnologie e ai loro effetti sulla vita individuale, sociale e professionale delle persone. Esperto di marketing, comunicazione e management, ha operato in ruoli manageriali e dirigenziali in aziende italiane e multinazionali. Focalizzato da sempre sull'innovazione, ha implementato numerosi programmi finalizzati al cambiamento, a incrementare l'efficacia dell'attività commerciale, il valore del capitale relazionale dell'azienda e la fidelizzazione della clientela attraverso l'utilizzo di tecnologie all'avanguardia e approcci innovativi. Giornalista e writer, communication manager e storyteller, autore di ebook, formatore e oratore in meeting, seminari e convegni. È esperto di Internet, social media e ambienti collaborativi in rete e di strumenti di analisi delle reti sociali, abile networker, costruttore e gestore di comunità professionali e tematiche online.
LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateNov 22, 2016
ISBN9788825400021
I pesci siamo noi!

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    I pesci siamo noi! - Carlo Mazzucchelli

    a cura di Luigi Pachì

    Carlo Mazzucchelli

    I pesci siamo noi!

    SAGGIO

    Prima edizione novembre 2016

    ISBN 9788825400021

    © 2016 Carlo Mazzucchelli

    Edizione ebook © 2016 Delos Digital srl

    Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano

    Versione: 1.0

    TUTTI I DIRITTI RISERVATI

    Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate.

    Informazioni sulla politica di Delos Books contro la pirateria

    Indice

    Il libro

    L'autore

    I pesci siamo noi!

    Presentazione

    Introduzione

    Il senso della vita

    Metafore per una narrazione

    La realtà virtuale dell’acquario

    Benvenuti, e grazie per tutto il pesce

    Tecniche e forme della pesca tecnologica

    Esche, arpioni e reti a strascico

    Linkedin e profili professionali: pesci in cerca di ami!

    Gli acquari panoramici e relazionali di Facebook

    La pesca nell’acquario di Facebook

    Le profondità degli oceani di Google

    La felicità del pesce geneticamente modificato

    I server sirena e i pesci palla

    Alcune considerazioni finali

    Disclaimer

    Bibliografia

    Delos Digital e il DRM

    In questa collana

    Tutti gli ebook Bus Stop

    Il libro

    Prede, pescatori e predatori nell'acquario digitale della tecnologia

    Manuale teorico-pratico per evitare di farsi prendere all’amo dai media digitali e tecnologici, da chi li ha creati e li gestisce, per sapere distinguere la luce delle stelle da quella delle lampare, per non fare la fine del pesce di nome Wanda e per diventare tutti abili anguille capaci di vincere qualsiasi resistenza, di cambiare, risalire, filtrare e stare a galla. Internet è da sempre sinonimo di libertà, oggi la sua pervasività suggerisce una maggiore consapevolezza e riflessione critica sull’uso che ne viene fatto. Le nuove tecnologie sono strumenti potenti di libertà ma tutto dipende dalla conoscenza che ne abbiamo e dall’uso che ne facciamo per interagire con la realtà, per modificarla e per soddisfare i nostri bisogni più concreti. Essere liberi significa usare la propria facoltà di pensare, di operare, di esprimersi, di scegliere e di agire senza costrizioni e in piena autonomia, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti da usare. Nell’offrire la soluzione di problemi pratici e conoscenze utili, gli strumenti tecnologici sembrano garantire la massima libertà dell’utente. Una libertà che deve fare i conti con le limitazioni imposte dalla volontà di potenza della tecnologia, dai suoi algoritmi, dai suoi mille botnet, capaci di determinare comportamenti e abitudini, di condizionare le forme di espressione, di minare la privacy e la riservatezza, di operare costrizioni mentali condizionando scelte e processi decisionali. Ignari delle forme di libertà del passato, troppo concentrati sul presente e poco interessati a quelle del futuro rischiamo di trasformarci in tanti pesci, liberi di nuotare e sguazzare liberamente ma sempre dentro un acquario, trasparente ma dal perimetro rigido e definito, che per le sue dimensioni ci lascia credere di vivere liberamente in spazi autonomi, profondi e completamente liberi. Nella realtà questi spazi sono controllati da entità esterne, attente a non fare mai mancare il cibo (l’uomo è quello che mangia e senza fosforo non esiste pensiero diceva il filosofo Feuerbach), il divertimento e l’ossigeno in cambio di complicità e sottomissione. Ne deriva una libertà immaginaria, ampia e ricca di scelte ma sempre all’interno di narrazioni e contesti sviluppati da altri. Siamo pesci sempre pronti ad abboccare all’amo…?

    L'autore

    Dirigente d’azienda, filosofo e tecnologo, Carlo Mazzucchelli è il fondatore del progetto editoriale SoloTablet dedicato alle nuove tecnologie e ai loro effetti sulla vita individuale, sociale e professionale delle persone. Esperto di marketing, comunicazione e management, ha operato in ruoli manageriali e dirigenziali in aziende italiane e multinazionali. Focalizzato da sempre sull’innovazione, ha implementato numerosi programmi finalizzati al cambiamento, a incrementare l’efficacia dell’attività commerciale, il valore del capitale relazionale dell’azienda e la fidelizzazione della clientela attraverso l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia e approcci innovativi. Giornalista e writer, communication manager e storyteller, autore di ebook, formatore e oratore in meeting, seminari e convegni. È esperto di Internet, social media e ambienti collaborativi in rete e di strumenti di analisi delle reti sociali, abile networker, costruttore e gestore di comunità professionali e tematiche online.

    Dallo stesso autore

    Carlo Mazzucchelli, Tablet: trasformazioni cognitive e socio-culturali TechnoVisions ISBN: 9788867750993 Carlo Mazzucchelli, Internet e nuove tecnologie: non tutto è quello che sembra TechnoVisions ISBN: 9788867751440 Carlo Mazzucchelli, Tablet a scuola: come cambia la didattica TechnoVisions ISBN: 9788867752188 Carlo Mazzucchelli, La solitudine del social networker TechnoVisions ISBN: 9788867752621 Carlo Mazzucchelli, Nei labirinti della tecnologia TechnoVisions ISBN: 9788867754052 Carlo Mazzucchelli, 80 identikit digitali TechnoVisions ISBN: 9788867756414 Carlo Mazzucchelli, App Marketing: lo sviluppo non è che l'inizio TechnoVisions ISBN: 9788867756827 Carlo Mazzucchelli, Genitori tecnovigili per ragazzi tecnorapidi TechnoVisions ISBN: 9788867757626 Carlo Mazzucchelli, Il diavolo veste tecno TechnoVisions ISBN: 9788867758821 Carlo Mazzucchelli, E guardo il mondo da un display TechnoVisions ISBN: 9788867759972 Carlo Mazzucchelli, Tecnologia, mon amour TechnoVisions ISBN: 9788865306475 Carlo Mazzucchelli, Tecnologia, mon amour forever TechnoVisions ISBN: 9788865306789

    Presentazione

    Luigi Pachì

    Maestro vorrei sapere come vivono i pesci nel mare. Come gli uomini sulla terra: i grandi si mangiano quelli piccoli.

    William Shakespeare

    I pesci meritano di essere catturati perché sono pigri. Due milioni di anni di evoluzione e ancora non sono usciti dall’acqua.

    Simon Munnery

    La tesi di questo nuovo ebook di Carlo Mazzucchelli è semplice e comprensibile da tutti, anche da coloro che non riescono a staccarsi dal loro dispositivo mobile e dai numerosi media digitali che utilizzano ogni giorno.

    La tecnologia non è male ma deve essere osservata, esaminata e praticata criticamente perché non è così neutrale come si possa immaginare. Amare e usare la tecnologia come pratica autonoma e libertaria è possibile, a patto che si coltivino conoscenza, consapevolezza, capacità critica, difesa del proprio immaginario individuale, attenzione e autonomia di giudizio. Rinunciare a farlo significa diventare ostaggi di realtà tecnologiche e virtuali, sociali e neuro-cognitive, nelle quali si può continuare a sentirsi liberi anche quando in realtà si stanno semplicemente eseguendo algoritmi e adottando inconsapevolmente comportamenti e stili di vita suggeriti da altri, in contesti meta-sociali controllati ed eterodiretti.

    Il mondo digitale dei social network e quello della Rete sono paragonati dall’autore a un grande acquario nel quale pesci di ogni forma, colore e dimensione nuotano felici e contenti, nonché ignari della loro sorte e dell’ambiente circostante, del cibo che viene loro offerto e del perché si trovino ad esistere nella forma di pesce. I pesci-utenti non sono fatti per vivere rinchiusi, ma l’abitudine ad esserlo li ha cambiati dentro, facendo perdere loro la nozione di dove si trovano e condizionando la loro percezione di felicità e libertà. Esattamente quello che è capitato agli esseri umani che popolano la caverna naturale descritta da Platone,¹ frequentano le nuove caverne degli spazi architettonici dei centri commerciali e abitano la società del romanzo Cecità del grande scrittore portoghese Saramago.²

    Acquario e pesce sono le due metafore usate da Carlo Mazzucchelli per descrivere i molteplici mondi digitali che caratterizzano Internet, le nuove tecnologie digitali e la Rete. Gli utenti della Rete, come i pesci di un acquario, hanno una visione limitata, illusoria e falsata della loro realtà e libertà. Sono come i pesci della storiella di David Foster Wallace³ che narrava di due pesci in conversazione tra di loro mentre nuotano sereni e spensierati e non sanno rispondere alla domanda di un pesce più anziano che li interroga sullo stato dell’acqua perché, per esservi immersi da sempre, non sanno cosa sia. Anche gli internauti non conoscono il mondo che li circonda, al di fuori dell’acquario grande o piccolo (acquario-mondo) in cui vivono. Per vedere oltre dovrebbero diventare coscienti dei confini rigidi, vitrei e trasparenti del contenitore in cui sono immersi, decidere di romperli per immergersi nella realtà vera e fattuale in modo da acquistare maggiore consapevolezza del proprio Sé, del proprio essere umani, delle contraddizioni che li caratterizzano e a persistere nella ricerca della propria personalità e individualità.

    La motivazione a rompere il vetro dell’acquario non nasce dalla volontà di fuga (come si potrebbe scappare da un acquario dalle dimensioni del globo terrestre?) ma dal desiderio di conoscenza e dalla tensione etica che ne caratterizza la ricerca di senso e di verità. È un desiderio che non si manifesta spontaneamente, tanto siamo abituati al prodotto finale e al suo consumo. Conoscere implica un processo di indagine faticoso e che richiede tempo, tanta curiosità, grandi disponibilità e volontà a mettersi in discussione, ponendosi domande le cui risposte potrebbero anche non piacere.

    Le tecnologie usate sono diventate così pervasive da caratterizzare tutti gli ambiti esperienziali e da condizionare pratiche e modi di pensare, individuali e collettivi. L’esperienza tecnologica può portare alla passività, alla delega e alla complicità, oppure suggerire l’osservazione attenta, l’apprendimento continuo, la riflessione, il riconoscimento delle proprie vulnerabilità, lo sguardo critico ed eccentrico, la sperimentazione di processi decisionali attivi con scelte non scontate e poco conformiste.

    Il primo passo è prendere coscienza della falsità di molte narrazioni agiografiche e mitologiche che celebrano le nuove tecnologie dell’informazione come strumenti di conoscenza, libertari e liberi. La riflessione deve avere come oggetto sia gli spazi e i contesti frequentati dei social network, della Rete e delle applicazioni Mobile sia se stessi nella forma dei vari avatar e alter ego digitali con cui si fa esperienza dei numerosi multiversi digitali.

    Il secondo passaggio, diventato ormai urgente, è una riflessione allargata sul ruolo che le tecnologie hanno assunto nell’evoluzione del sistema economico, politico, sociale e culturale contemporaneo e nei rapporti di produzione e relazionali che li caratterizza. I mondi digitali non sono lo specchio della Realtà ma ad essa si ispirano e per questo possono essere utilizzati come strumenti potenti di interpretazione del reale, sia esso immaginario, simbolico o fattuale.

    Riflettere sulla propria realtà è ciò che distingue gli umani dagli altri esseri animali, ma è una pratica che, quando non è esercitata, può anche essere dimenticata. Perdere la capacità di ragionare e riflettere può essere l’effetto del controllo degli apparati tecnologici sui mondi digitali e dell’addomesticamento della componente cognitiva ed emotiva di chi li frequenta che induce assuefazione, abitudine e aderenza acritica a modelli comportamentali, modi di pensare e stili di vita.

    Il passaggio e la destinazione finali portano a un uso leggero, consapevole, felice e liberato della tecnologia. Un uso non edulcorato dall’imperativo della felicità che l’industria tecnologica sta diffondendo a piene mani, giocando sulle emozioni umane come risorse da conquistare e colonizzare. Un utilizzo non più condizionato dalla immediatezza e dalla ricerca della felicità e del benessere personale a tutti i costi, ma governato dalla lentezza e dall’approfondimento, dall’incertezza e da una felicità legata alle condizioni materiali. Un uso meno vincolato alla comunicazione continua dello smartphone (diventato sempre più protesi mentale e cognitiva per interagire con il mondo e la realtà) e più attento alla sua pragmatica (capacità di comunicare ottenendo risultati). Una pratica tecnologica meno coinvolta nella socialità solitaria e in assenza di interlocutori reali dei social network, ma con maggiori contatti affettivi al di fuori degli acquari tecnologici in cui si è immersi.

    La meta è raggiungibile ma continua a spostarsi nel tempo e nello spazio perché l’evoluzione tecnologica è continua, così come lo sono le sue manifestazioni pubbliche in termini di globalizzazione, pensiero omologato, socialità, gamificazione, personalizzazione e normalizzazione delle esperienze, consumerizzazione e mercificazione del Sé e degli individui, di tele-sorveglianza e controllo cognitivo ed emotivo.

    Un utilizzo diverso della tecnologia che permetta di rompere le barriere dell’acquario deve fare i conti con tutte le sue manifestazioni, per svelarne contraddizioni e falsità e comprenderne la natura e la cultura dominante. Il raggiungimento della meta finale e la strategia vincente per raggiungerla consistono nel ricorrere alle potenzialità insite nella plasticità del nostro cervello che, se opportunamente stimolato e alimentato (curiosità e saggezza), ha la capacità di facilitare il cambiamento condizionando pensiero, azioni e comportamenti. Un cervello plastico e stimolato funzionerebbe come il paracadute che funziona meglio quando è aperto.

    Il nuovo ebook di Carlo Mazzucchelli non contiene paracaduti in grado di sciogliere definitivamente le numerose contraddizioni in cui la tecnologia ci tiene intrappolati, i paradossi delle nuove forme di solitudine e di felicità, di relazione e affettività. Non propone facili vie di fuga per utenti-pesci che, avendo perso il contatto affettivo con il mondo al di fuori dell’acquario, hanno perso anche gli stimoli che da esso possono provenire e la voglia di reagire per evitare di abboccare ai nuovi ami che vengono loro lanciati.

    La proposta dell’autore è di tenere sempre aperto il paracadute, di acquisire informazioni e conoscenze per renderlo immediatamente operativo, di usarlo per solcare l’etere in cerca di correnti ascensionali e fenomeni climatici emergenti e per sfruttarne le sue caratteristiche di volo e direzionali. In assenza di paracadute si può ricorrere ad un parapendio (simile al paracadute ma con differenze sostanziali, nella costruzione e struttura aerodinamica) ma anche a un aquilone.

    Ciò che conta è saper volare e avere il coraggio di farlo sapendo, a differenza del coraggioso ma ignaro Icaro, di potere contare sulla tecnologia adeguata a sostenere e a garantire un volo duraturo, sicuro e dai felici ritorni. Il tutto avendo accettato l’idea dell’esistenza di leggi naturali che possono impedire o consentire il volo ed essere riusciti a svelarne le leggi sulla gravitazione e sull’aerodinamica.


    ¹. Il riferimento è al mito della caverna di Platone che racconta di alcuni uomini legati e immobilizzati fin dall’infanzia all’interno di una caverna in modo da non poter neppure voltare la testa. Alle loro spalle brucia un fuoco perenne che proietta ombre sulla parete di fronte ai loro occhi che da prigionieri finiscono per considerare come persone reali. Il protagonista del mito è un prigioniero al quale è dato in sorte di venire liberato. Uscito alla luce del sole, si rende immediatamente conto di come la verità non sia quella costruita dalle ombre nella caverna ma quella della luce, delle stelle, degli oggetti e delle persone che vivono fuori. Al suo ritorno nella caverna, per evitare di essere deriso o ucciso dai compagni di prigionia il nostro protagonista potrebbe fare finta di nulla, ma per Platone chi (il saggio) ha avuto accesso alla verità ha il dovere di illuminare la mente degli altri e di coloro che sono ancora schiavi di convinzioni erronee.

    ². I riferimenti sono a due romanzi fondamentali del premio Nobel per la letteratura Jose Saramago. Caverna (rivisitazione ai giorni nostri del Mito della caverna di Platone in cui il Centro, gigantesca costruzione che domina la città e ne modifica progressivamente il profilo e la fisionomia, simboleggia l'interno della caverna, l'opinione passiva dell'uomo, la sua concezione della verità in virtù delle forme e delle immagini che gli vengono mostrate) e Cecità (nel suo racconto fantastico, Saramago disegna la grande metafora di un'umanità bestiale e feroce, incapace di vedere e distinguere le cose su una base di razionalità, artefice di abbrutimento, violenza, degradazione. Ne deriva un romanzo di valenza universale sull'indifferenza e l'egoismo, sul potere e la sopraffazione, sulla guerra di tutti contro tutti, una dura denuncia del buio della ragione, con un catartico spiraglio di luce e salvezza). Sono editi in Italia da Einaudi.

    ³. 21 febbraio 1962–12 settembre 2008 - Wallace nasce a Ithaca. Si laurea all'Amherst College nel 1985 in letteratura inglese e in filosofia, specializzandosi in logica modale e matematica. Nel 1987 ottiene un Master of Fine Arts in scrittura creativa alla University of Arizona. Insegna alla Illinois State University per gran parte degli anni novanta e nell'autunno del 2002 diventa professore di scrittura creativa e letteratura inglese al Pomona College, in California. La sua prima opera pubblicata è The Broom of the System ( La scopa del sistema ), il romanzo di formazione di un giovane wasp ossessionato da Wittgenstein e Derrida, che riceve dalla critica un’accoglienza entusiastica. Considerato il suo capolavoro indiscusso è Infinite Jest , del 1996. Ha scritto anche vari articoli che spaziano fra lo sport, la critica letteraria e il puro reportage di costume con una vena ironica irresistibile, che sono stati raccolti nel 1997 in A Supposedly Fun Thing I’ll Never Do Again ( Una cosa divertente che non farò mai più e Tennis, tv, trigonometria, tornado ). Molti altri sono stati pubblicati sulle più influenti riviste americane. Ha scritto anche racconti, pubblicati in rivista, che nel 2004 vengono raccolti in Oblivion ( Oblio ). Precedenti raccolte di racconti sono: Girl with Curious Hair ( La ragazza dai capelli strani ), Brief Interviews with Hideous Men ( Brevi interviste con uomini schifosi ), Questa è l'acqua (2009). Ha scritto anche le collezioni di saggi Considera l'aragosta (2006) e Il tennis come esperienza religiosa (2012). Nel 2006 Einaudi pubblica il monumentale Infinite Jest . Nel 2011 esce l'ultima opera Il re pallido . Il 12 settembre 2008, David Foster Wallace è stato ritrovato impiccato nella sua casa di Claremont dalla moglie Karen Green. (biografia breve tratta da ibs.it).

    ⁴. La metafora del paracadute è stata tratta dal libro Elogio della ribellione scritto da Lamberto Maffei e edito dal Mulino.

    ⁵. Il passaggio dalla metafora del pesce a quella del paracadute sembra determinare un cambiamento paradossale e il passaggio dall’ambiente acquatico a quello celeste. Il paradosso in realtà non esiste perché la metafora del pesce nell’acquario applicata all’aria porterebbe a sviluppare tematiche simili ma con gli uccellini e le loro gabbie o voliere come nuove metafore. L’uccellino o il pesciolino di Facebook o della Rete abitano spazi diversi ma sono accomunati dalla incapacità a percepire di essere racchiusi dentro confini non cercati. Condividono la monotonia e la ripetitività dei gesti tipici della prigionia, la limitatezza delle esperienze, dettate da algoritmi e norme predefinite, i sogni di fuga e il destino. I proprietari delle voliere e degli acquari non sono i personaggi malvagi di molta letteratura cyberpunk e distopica, fanno di tutto per raccontarsi come salvatori del mondo, mecenati e solutori di problemi. Lo possono fare perché non sono stati loro a imprigionare gli abitanti in voliere che loro si son limitati a costruire e a mettere a disposizione come novelle Arche capaci di portare tutti al di sopra dei nuovi diluvi universali che caratterizzano la scena climatica, sociale ed economica dell’era postmoderna.

    Introduzione

    Il panottico è dentro di noi, la servitù è volontaria, siamo intenti a sorvegliare e premiare fino a quando non si manifesta un’anomalia da integrare, o punire se si dimostra riottosa.

    Ippolita, Anime Elettriche

    Per un verso il compito … oggi consiste nel cogliere l’inconscio che è sotto i nostri occhi, seppure ammantato e protetto da effetti speciali confusivi, per l’altro non lasciarsi ingabbiare da strategie compromissorie di sopravvivenza ma battersi per una vera emancipazione.

    Agnes Heller e Riccardo Mazzeo, Il vento e il vortice

    L’idea di questo nuovo ebook è nata dalle frequenti analogie e metafore che, nella mia attività professionale, sono spesso servite a collegare azioni marketing-commerciali alle tecniche e alle pratiche del pescare, ma anche dall’ascolto di una vecchia canzone (Up Patriots to Arms) di Battiato del 1980, dal ricordo di un libro stimolante e divertentissimo come Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams (Grazie per tutto il pesce – quarto volume della trilogia), dalla lettura recente de Il Cerchio, il testo distopico di Dave Eggers, dall’ennesima visione del film culto The meaning of life dei Monty Python e soprattutto dalla lettura di numerosi testi che negli ultimi tempi, sempre più mediati tecnologicamente, stanno suggerendo di guardare in modo critico alla tecnologia.⁶ In particolare mi riferisco a quei libri che suggeriscono un approccio attivo e critico dei modelli sottostanti alle rivoluzioni e alle piattaforme tecnologiche. Un approccio consapevole e non conformista, politico e finalizzato a difendere gli spazi di libertà individuali, il privato ormai diventato un'estensione del pubblico, le informazioni personali e la privacy dei profili digitali, a difendersi dalla colonizzazione cognitiva e dalla assuefazione che crea dipendenza, dalla mercificazione commerciale e consumistica della Rete.

    Il mio ebook non offre soluzioni definitive ma semplici spunti di riflessione utili a identificare, ed eventualmente praticare, alcune tecniche di resistenza alla invadenza tecnologica ma soprattutto a quella dei suoi sacerdoti e officianti. Sarà una resistenza limitata dal nostro essere, diventati complici della tecnologia e dal non possedere che le semplici armi dei deboli con le quali provare a difendere la nostra privacy, il nostro diritto alla riservatezza e all’oblio e la nostra dignità umana che va oltre il nostro essere semplici consumatori o target di messaggi promozionali. Nel delineare quali possano essere queste armi mi farò aiutare da alcune letture e da numerose metafore legate al mondo della pesca.

    Prima di dotarsi delle armi necessarie bisogna essere disponibili a un coinvolgimento diverso come quello che, con obiettivi diversi, suggeriva Battiato in una delle sue canzoni più famose. Con i suoi testi che si fissano indelebili nella mente, sia per la melodia della musica e la facilità con cui possono essere ricordati, sia per le molte metafore in essa contenuti, la canzone Up Patriots to Arms di Battiato chiama alla riscossa (Engagez-Vous) mentre i fiumi sono in piena ed è possibile, anche per gli stupidi (le comunità d'imbecilli di Umberto Eco?), stare a galla perché la fantasia dei popoli che è giunta fino a noi, non viene dalle stelle e per citare una canzone di Alessandro Mannarino,⁷ neppure dalle lampare.

    Dalle stelle sembrano giungere oggi fino a noi le nuove tecnologie, con la loro capacità di soddisfare la nostra immaginazione e fantasia, di riempire le nostre vite di strumenti digitali che fungono da interpreti e generatori di realtà, sono in grado di dare forma a nuovi comportamenti, credenze e mitologie di progresso e di felicità. Difficile non farsi trascinare e conquistare ma il sentimento che lega alle nuove realtà tecnologiche rischia di nascondere e alimentare nuove forme di sottomissione e dipendenza, determinate dall’eccessiva credulità (una specie di rito consolatorio della società dell’informazione), dall’ignoranza e scarsa conoscenza, dalla superficialità (ci si beve tutto quello che fluidifica i canali informativi della Rete) e noncuranza (attivare il proprio processore per una riflessione critica è faticoso). Atteggiamenti che possono limitare o impedire l’acquisizione della consapevolezza necessaria a dare valore agli oggetti dell’esperienza e alla loro organizzazione compiendo scelte e prendendo decisioni libere e autonome, senza farsi troppo condizionare dai falsi miti di progresso della tecnologia, dalle sue icone di Marche e marchi e dai suoi guru officianti e molto mediatici.

    I fumi e i raggi laser tecnologici confondono la mente, trasformando tutti in spettatori ingenui e poco attenti alle nuove realtà del mondo. I mondi sfavillanti e magici delle molteplici realtà online occupano cervello ed emozioni, rubano tempo e attenzione, allontano ed estraniano dal reale. Le pedane piene di scemi che si muovono delle discoteche degli anni 80 sono oggi le agorà digitali degli spazi sociali di Facebook, Instagram o WhatsApp. Spazi che hanno annullato il privato e sono abitati da tante lucciole che stanno nelle tenebre e le cui luci sono insufficienti a modificare la parvenza di paesaggi che vivono immersi nell’oscurità.

    La canzone di Battiato chiamava alla responsabilità individuale, a recuperare la fiducia in se stessi, alla maggiore conoscenza e alla consapevolezza per vivere la socialità e la società in maniera attenta, senza distrazioni o false speranze. La Rete tecnologica, i suoi spazi sociali e i suoi riti consumistici creano promesse illusorie e apatie cognitive⁸ che influenzano e condizionano il modo di pensare di chi li usa e li abita.

    Per evitare di essere un pesce catturato nella rete, ogni persona dovrebbe armarsi di pensiero critico e consapevole, di cultura e intelligenza e in primo luogo di tanta voglia di reagire (agire attivamente) a una società tecnologica che sta trasformando tutti in semplici algoritmi, burattini senza fili ma altrettanto manovrabili e condizionabili di quelli del teatro delle marionette. La stessa verità, ricercabile soggettivamente dentro di noi (conosci te stesso, la tua anima e la tua psiche – riconosci che sei un uomo – γνῶθι σαυτόν), è diventata sempre più un’esperienza digitale da delegare a Google e alle sue risposte convalidanti e verificatrici o alla numerosità dei MiPiace espressi dalle moltitudini vocianti e rumorose che percorrono incessantemente i muri delle facce. Una realtà non molto dissimile da quella proposta dai numerosi populismi/ti emergenti che tendono a ridurre la complessità del vivere democratico al rapporto diretto tra il leader e il suo popolo (masse di potere).

    Il primo passo da compiere inizia dal rendersi conto di quanto la realtà virtuale della Rete sia un oceano che non esiste, tanto è frammentata in stagni paludosi e acquari dai confini trasparenti ma rigidi, di quanto sia facile abboccare all’amo tecnologico e alla sua esca chewing gum (gomma da masticare) per gli occhi,⁹ di quante siano numerose le esche predisposte nei suoi spazi digitali, di quanto i carnefici attuali siano diventati invisibili e trasparenti e di quante siano le persone (" le panchine sono piene di gente che sta male " come dimostrano i casi di suicidio online, anche recenti) che soffrono per gli effetti dell’uso che fanno della tecnologia.

    La presa di coscienza non è facile e il suo percorso non è facilmente individuabile. È resa difficile dall’essere tutti coinvolti e intrappolati, cognitivamente, emotivamente, socialmente e operativamente, all’interno di spazi tecnologici che si sono evoluti nella forma di una Rete delle reti e della quale abbiamo perso ogni nozione e percezione temporale e geo-spaziale. È una rete rizomatica¹⁰ dalla forma di labirinto nella quale, se non si sa bene dove guardare, dove andare, cosa fare, o ci si distrae, è molto facile perdersi e ritrovarsi da soli, isolati, confusi e impossibilitati a recuperare il filo di Arianna necessario per ritrovare la via d’uscita della salvezza. Chi conosce le vie di uscita possibili è il costruttore del labirinto (sul tema ho scritto un ebook: Nei labirinti della tecnologia pubblicato nella collana TechnoVisions di Delos Digital) che, per la grande mole di informazioni di cui è in possesso e per essere l’unico a godere di uno sguardo complessivo, ha la possibilità di decidere quali varchi tenere aperti o chiudere e quali fili di Arianna stendere o offrire ad alcuni fortunati novelli Teseo.

    Non tutti però sono il Teseo della mitologia che riuscì a uscire dal suo labirinto personale grazie al favore degli dèi. Il labirinto socio-psico-tecnologico odierno è alimentato da dèi voraci (dodici – δώδεκα erano quelli più importanti della mitologia greca, pochi sono anche quelli attuali: Google, Apple, Amazon, Facebook, Microsoft, Uber, Tesla), nuove divinità che hanno eletto la Silicon Valley californiana come il loro nuovo Olimpo e che sono costantemente impegnate a combattersi tra di loro coinvolgendo nelle loro battaglie le masse dei nuovi credenti, utenti della Rete e utilizzatori di gadget tecnologici dai marchi riconoscibili come lo erano gli stendardi, gli scudi e le armature dei guerrieri di un tempo. Questi dèi hanno sviluppato una loro ideologia che si è fatta scelta politica e religione, tradendo la neutralità del mezzo tecnologico per trasformarlo in uno strumento partigiano usato per scopi commerciali ma soprattutto per celebrare la loro filosofia fatta di abbondanza, innovazione e consumismo.

    La religione tecnologica è così forte da aver fatto dimenticare come la rivoluzione tecnologica, in atto da anni, non abbia per nulla risolto i numerosi problemi politici ed economici che condizionano la vita reale di milioni di abitanti della terra e di molti cittadini del mondo. Questa rivoluzione ha rubato la scena, ha un ruolo decisivo nelle involuzioni politiche ed economiche in atto (pervasività dell’automazione e disoccupazione come conseguenza della diffusione di robot e macchine intelligenti) e svolge un ruolo che il filosofo ottocentesco Karl Marx definirebbe di oppio per le masse. Ad esempio nel distrarre l’attenzione delle persone dai fatti della realtà e dai suoi conflitti per trattenerla (intrattenerla) sui messaggi e le narrazioni digitali online (meglio giocare con Pokémon Go¹¹ che soffermarsi a riflettere sulle stragi di Nizza o sul colpo di stato in Turchia).

    Mentre i primi fanno riferimento alla crescente disoccupazione giovanile, al fenomeno dirompente e inarrestabile delle migrazioni in atto, alla stagnazione dei redditi e all’aumento della disuguaglianza, le seconde narrano e celebrano la sharing economy, la connettività, la gratuità degli spazi sociali della Rete e la vastità delle risorse del Cloud. In questo modo, come ha scritto Eugeny Morozov nel suo libro Silicon Valley: i signori del silicio, "i ricchi continueranno ad avere e a godersi i propri yacht, le loro limousine e i jet privati, tutti gli altri continueranno [ndr] a usare sensori, smartphone e APP come tappi per le loro orecchie" e a indossare visori e occhiali intelligenti resi opachi dai loro display per non vedere la realtà e non ascoltare se stessi e il mondo reale e fisico che sta loro intorno.

    Rinunciare a esprimere il proprio sguardo soggettivo, a guardarsi dentro invece di esprimersi solo attraverso avatar digitali, a elaborare pensiero critico e a costruire relazioni sociali reali, significa essere ciechi e sordi. Significa non essere più in grado di leggere e capire la propria realtà, oggi composta da mondi paralleli e comunicanti, spesso fatta di tanta solitudine e bisogno di comunità. Significa ingannare se stessi e gli altri, giocare con le parole e i mezzi di comunicazione, che usiamo per le narrazioni condivise in Rete, per nuove forme di inganno che possono essere esercitate da altri anche su noi stessi.

    Chi rinuncia a mettere in discussione la sua realtà tecnologica, sta rinunciando a una parte di se stesso e alla sua libertà. Una scelta comprensibile in un’era dominata dalla scomparsa delle ideologie novecentesche e delle grandi utopie (Siamo realisti, esigiamo l’impossibile) e dall’emergere di una ricerca tutta individualistica e un po’ narcisistica di benessere e salvezza personali. Una scelta che in realtà non è una scelta perché indotta in modo irrazionale dalle molteplici realtà virtuali frequentate e suggerita in modo manipolatorio, subdolo e coercitivo da parte dei nuovi poteri che, attraverso le loro piattaforme tecnologiche, governano il mondo e l’economia.

    Chi sa di avere già rinunciato a percorrere la difficile strada dell’auto-coscienza può trovare numerose auto-giustificazioni dalla lettura del libro Il Cerchio di Dave Eggers.¹² Un libro letterariamente non perfetto, ma ricchissimo di spunti per persone interessate agli effetti della tecnologia sulla realtà e alle potenziali trasformazioni distopiche da essi generabili. La protagonista del romanzo è Mae che accetta di buon grado di essere inghiottita dal meccanismo della interconnessione e visibilità perenne offerta dalle tecnologie di accesso ( TruYou ), di socializzazione ( Zing ), di ricerca ( SoulSearch ) e di visibilità estrema ( SeeChange ) del Cerchio. Pur di mantenere il livello sociale e la reputazione raggiunti all’interno del Cerchio e, tramite le sue tecnologie, al suo esterno, Mae non avrà alcuno scrupolo a rinunciare al fidanzato, che per scappare alle telecamere e ai droni del Cerchio deciderà liberamente di suicidarsi, ai genitori che rifiuteranno di barattare le cure di cui hanno bisogno per la sclerosi multipla con la loro costante esibizione pubblica lautamente ripagata dal Cerchio, alla collega e amica Annie che manifesta alcuni dubbi sulla eticità delle regole del Cerchio e per questo motivo verrà denunciata da Mae e anche a uno dei suoi amanti e socio fondatore del Cerchio che, alla fine del romanzo, manifesta la sua resistenza a portare a termine l’opera intrapresa con il progetto del Cerchio.

    Non tutti sono come Mae, così convinta di stare scalando l’Everest del successo e della felicità derivanti dalla visibilità, dal successo e dalla numerosità dei contatti da non comprendere l’abisso verso il quale si sta dirigendo. Esiste anche lo sguardo e la voce fuori dal coro di Mercer, il fidanzato che la invita a ritrovare le forme di intimità e sincerità perdute e suggerisce di lasciar perdere l’edulcorante felicità degli strumenti tecnologici che non porta a nessun miglioramento e a non alimentarsi con le loro merendine, attentamente studiate e graduate per farsi continuare a mangiare, perché in realtà non sono affatto nutrienti.

    Giunto al tredicesimo ebook pubblicato in una collana, TechnoVisions di Delos Digital¹³ che ho contribuito a creare con l’obiettivo di fornire una proposta di riflessione critica sulla tecnologia, e prima di procedere, sento il bisogno di sottolineare che la mia riflessione nasce dall’amore per la tecnologia e dal piacere di usarla pur ritenendola non più neutrale. Nonostante i titoli dei miei ebook e i loro contenuti possano far pensare a una scelta di campo di tipo tecnofobica o apocalittica, preferisco definire la mia posizione come tecnocritica, tecnopragmatica e tecnocinica (nell’ebook 80 identikit digitali - Identità, personalità e stili di vita determinati tecnologicamente ho provato a delineare i profili che possono servire a raccontare modi diversi di sperimentare la tecnologia). Nessuno ci può impedire di fare una scelta diversa da quella praticata dalle masse fedeli e adoranti che vivono la tecnologia accettando acriticamente i modelli imposti da chi la produce e la governa. Si può continuare a usare la tecnologia godendone i vantaggi e i benefici e ricercando alternative possibili e contribuendo all’affermazione di modelli e scenari diversi da quelli attuali.

    La fase sociale, economica e politica che stiamo vivendo è il prodotto dell’evoluzione tecnologica e di Internet in particolare. Una realtà tecnologica piena di contraddizioni e che assume significati diversi

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