Le 13 porte. Bologna: lo zodiaco del delitto
By Autori Vari
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Tredici porte per le tredici costellazioni dello Zodiaco che con la loro luce oscura vi sveleranno gli oroscopi di morte e sangue scritti da diciassette autori trasformati dal male in veri astrologi del delitto: storie così nere e buie che nemmeno gli astri sapranno rischiarare. Leggete e scoprite il vostro futuro, perché presto potreste non averne più uno.
AUTORI
Nicola Arcangeli; Katia Brentani; Carmine Caputo; Fabrizio Carollo; Roberta De Tomi; Massimo Fagnoni; Luca Martinelli; Fabio Mundadori; Lorena Lusetti; Andrea Masotti; Luca Occhi; Francesca Panzacchi; Paolo Panzacchi; Catia Pieragostini; Daniela Rispoli; Vito Introna;
Damian Wild;
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Le 13 porte. Bologna - Autori Vari
Autori Vari
Le 13 porte
Bologna: lo zodiaco del delitto
Prima Edizione Ebook 2016 © Damster Edizioni, Modena
ISBN: 9788868103446
Copertina
Progetto grafico
Massimo Casarini e Fabio Mundadori
Damster Edizioni
Via Galeno, 90 - 41126 Modena
http://www.damster.it e-mail: damster@damster.it
Autori Vari
Le 13 porte
Bologna: lo zodiaco del delitto
Racconti
INDICE
CASA DELL’OFIUCO
PORTA DEL PRATELLO
Prima stella a destra
Il dono del serpente
CASA DELL’ARIETE
PORTA SAN FELICE
La notte dello sconosciuto
CASA DEL TORO
PORTA SANT’ISAIA
La furia del toro
CASA DEI GEMELLI
PORTA SARAGOZZA
La donna che siede sulla panchina
CASA DEL CANCRO
PORTA SAN MAMOLO
Nulla è più innaturale dell’ovvio
CASA DEL LEONE
PORTA CASTIGLIONE
Un leone a Porta Castiglione
La donna di Porta Castiglione
CASA DELLA VERGINE
PORTA SANTO STEFANO
Il tatuaggio
CASA DELLA BILANCIA
PORTA MAZZINI
La bilancia di Giuseppe
CASA DELLO SCORPIONE
PORTA SAN VITALE
Ragnatela profonda
CASA DEL SAGITTARIO
PORTA SAN DONATO
Penelope Pickwick e il caso del centauro di fuoco
CASA DEL CAPRICORNO
PORTA MASCARELLA
L’inferno della capra
CASA DELL’ACQUARIO
PORTA GALLIERA
Urano contro in Porta Galliera
CASA DEI PESCI
PORTA LAME
Ai margini della battaglia
GLI AUTORI
COMMA21 la collana
Catalogo Damster
CASA DELL’OFIUCO
PORTA DEL PRATELLO
Prima stella a destra
Massimo Fagnoni
– Mi spiace architetto, ma la banca non può permetterle un’altra deroga al pagamento del mutuo.
Giorgio ha gli occhi lucidi, le mani tremanti, una leggera patina di sudore gli appanna la vista, sfila gli occhiali dalle lenti spesse, comincia a pulirli con uno straccetto che recupera dalla tasca dei pantaloni, anche lo straccetto dovrebbe essere lavato, e così i pantaloni e in generale tutta la persona, perché Giorgio Bentivoglio, della storica famiglia Bentivoglio di via Carbonesi, ultimo erede di tutta la stirpe, è arrivato, finito, rovinato, kaput coma amava ripetere sempre il nonno Augusto nei suoi deliri senili durante le rare visite della famiglia a villa Ranuzzi.
– Lei non è che un impiegato, porca puttana, non può essere lei a decidere che non posso più vivere nell’appartamento della mia famiglia, la ristrutturazione mi ha prosciugato, la crisi mi ha portato via i clienti, ma è una fase transitoria, adesso la situazione si sbloccherà, lo dice anche Renzi, lo dice… cazzo non vogliamo dare credito al nostro premier? Guardi che in Europa tutti gli danno ascolto, quell’appartamento è l’ultima proprietà rimasta, se lei me lo porta via io dove vado a vivere? Sotto un ponte?
L’impiegato è giovane, indossa una Lacoste verde smeraldo, ha un bel sorriso pulito, due occhi scuri e comprensivi, e sta pensando seriamente che deve trovare una buona scusa per abbreviare la conversazione perché il suo interlocutore non solo sembra un barbone ma puzza anche come un senza fissa dimora e i clienti intorno lo hanno notato e lo guardano con espressioni disgustate e accigliate, perché ormai non sei più libero nemmeno nella tua banca, pensa la grassa signora mentre consegna all’impiegato davanti cinquemila euro in contanti, l’incasso di tre affitti rigorosamente in nero intascati depredando una mezza dozzina di studenti fuori sede.
La signora Ambra Bullini Ghisilieri già deve sopportare le condizioni nelle quali i fuori sede lasciano regolarmente gli appartamenti affittati a fine stagione, già deve sopportare il clamore continuo di via del Pratello nelle sere d’estate e d’inverno, già deve fare igienizzare a ogni nuova stagione gli ambienti devastati dagli studenti precedenti, adesso anche in banca deve sopportare olezzi e degrado, nella sua banca, ormai non c’è scampo per i bolognesi puri.
La donna guarda di sottecchi il giovane disgraziato intento a confabulare in maniera concitata con l’impiegato in Lacoste e solo dopo averlo osservato meglio lo riconosce.
– Giorgio Bentivoglio? – quasi esclama mentre ritira la ricevuta del versamento.
Giorgio si gira, strizza gli occhi arrossati e cerca di mettere a fuoco la donna.
– Signora Bullini – esclama.
La donna si avvicina rimanendo comunque a distanza perché non c’è niente di più seducente per una borghese ricca e appagata di constatare la rovina di un proprio pari.
– Da quanto tempo, come sta la mamma?
Giorgio piega le labbra carnose in un’espressione sofferta.
– La mamma è morta, sono tutti morti, sono rimasto solo.
Ambra si copre la bocca con una mano grassoccia e strabuzza gli occhi porcini.
– Perdonami Giorgio, non avevo idea, sono tornata a Bologna solo da una settimana, sai il consueto giro del mondo con i Lions del circolo di mio marito, tre mesi in giro, non ne potevo più, quindi è cosa recente?
– Un mese… ieri.
– E tu… come te la passi?
Giorgio si alza, si avvicina, dimenticandosi completamente dell’impiegato che si guarda bene dall’intervenire, afferra la mano di Ambra che istintivamente arretra arricciando il naso, mentre l’odore del giovane, miscuglio di sudore e panni non lavati, le entra nelle narici fino in fondo allo stomaco.
– Mi vogliono portare via la casa… la casa dove sono cresciuto – le sussurra con voce spezzata.
Ambra ragiona velocissima come un coccodrillo prima di sferrare un attacco, mandibola spalancata verso l’ignaro malcapitato.
– La casa di via Carbonesi? – chiede con un farsetto provocato dall’emozione.
Giorgio fa sì con la testa e ogni suo movimento spinge il tanfo di sudore verso la donna che stoicamente resiste e ostenta la sua espressione bonaria, uguale a quella arcigna e a quella intimidatoria proprio perché non è in grado mai di cambiarla non avendone avuta in vita sua la necessità.
– Perché non ne parliamo in un luogo più appartato, magari davanti a un buon cappuccino?
Giorgio ci pensa un istante, non mangia ormai da un giorno, troppe preoccupazioni e frigorifero vuoto soprattutto.
– Magari… – si lascia sfuggire mentre lo stomaco brontola speranzoso.
Seduti al caffè di via D’Azeglio Giorgio sta addentando la seconda salata vuota offerta da Ambra che lo osserva fra il disgusto e la meraviglia, ecco il rampollo della famiglia Bentivoglio di via De Carbonesi, venditori di scarpe, calzolai praticamente, arricchiti nel secolo precedente e rovinati dalla crisi dei mercati, dalla concorrenza cinese, dalle scelte sbagliate, e Giorgio, ultimo rimasto, uscito da architettura con il massimo dei voti, ma dove vai a fare l’architetto se non hai santi in paradiso? Figlio di calzolai, figlio di ciabattini. Ambra riderebbe se potesse, lei vera bolognese, lei davvero di nobili origini, i genitori hanno costruito un impero facendo fruttare i numerosi condomini ereditati, la sua famiglia ha dominato il mercato immobiliare della città, presidiando il territorio e succhiando il sangue agli invasori, studenti meridionali, stranieri ignoranti, vera rovina della bolognesità, depredandoli li spinge a non rimanere, a non tornare, la sua missione è davvero etica ed eroica, e ne porta tutto il peso addosso e ora ha un nuovo appartamento da conquistare.
– Io potrei aiutarti, in nome dell’amicizia fra le nostre famiglie.
Giorgio quasi si strozza mentre beve il cappuccino rovente.
– Volesse il cielo ma come?
– Ti liquido l’appartamento, ti permetto di chiudere il mutuo e ti lascio una congrua cifra che ti permetterà di rimetterti in sesto e... – Ambra si apre in un sorriso conciliante appena deturpato da una macchia di rossetto in bella mostra sugli incisivi, – ti permetto di rimanere nell’appartamento in affitto con una piccola cifra, fino a quando vorrai… fino a quando potrai… che ne dici?
Giorgio rimane con la tazza a mezz’aria e dentro ha come uno scossone, uno di quelli che provi quando ti dicono che stanno per portarti via la casa perché non paghi il mutuo, o che dal mese successivo non hanno più bisogno di te allo studio, il primo istinto è quello di scagliare la tazza in faccia alla grassona che lo sta umiliando, poi ricorda che non ha nemmeno i denari per pagare la colazione e quindi frena e tace, appoggia la tazza e tace, si guarda intorno e tace, pensa al mutuo, alla vergogna, ai debiti, alla fame e al fatto che in fondo potrebbe rimanere nella sua casa.
– Va bene – mormora in un lungo sospiro.
Una settimana dopo Giorgio sta leggendo le clausole del suo contratto di vendita che non si decide a firmare, sa che dentro deve esserci qualche inghippo e alla seconda rilettura lo trova in piccolo.
Dovrà lasciare l’appartamento entro due anni, pena lo sfratto esecutivo, Giorgio fa spallucce, mentre si aggira per il teatro romano in abbandono dentro il palazzo di via De Carbonesi, un vero spettacolo di architettura che nessuno può visitare tranne i pochi inquilini da quando per vicende economiche si fermarono i lavori di ristrutturazione dell’immobile.
Giorgio non potrà più trascorrere i momenti cupi delle sue riflessioni architettoniche circondato da tutta quella bellezza incontaminata ed esclusiva, e con le dita sfiora le pareti del teatro dove con suo padre trascorreva ore a chiacchierare di architettura e bellezza, annusa l’aria umida, in fin dei conti Ambra è stata generosa, e mentre sta per risalire lungo lo scivolo metallico costruito durante i lavori di restauro del teatro intercetta con la mano una piccola incisione che il padre aveva l’abitudine di accarezzare dietro la lastra calcarea con rilievi architettonici e sente la pietra smuoversi sotto le dita sottili, comincia a tirarla e spingerla fino a quando un meccanismo scatta e dietro la pietra si apre un minuscolo incavo con all’interno una pergamena arrotolata.
Giorgio con la pergamena in mano corre veloce verso l’unico appartamento ancora abitato del vecchio condominio, sente il cuore pulsargli veloce, suo padre gli ha lasciato un messaggio, lo ha nascosto nel cuore del teatro romano, voleva donargli un pensiero, forse uno dei tanti giochi d’intelletto che si divertiva a fare con lui, indovinelli, anagrammi, cacce al tesoro, sfide intellettuali per un uomo che nella sua vita non ha mai conosciuto l’umiliazione di un lavoro, la sconfitta della miseria conclamata. La pergamena è vergata con un pennino, uno di quelli che si usavano ancora fino alla fine degli anni cinquanta. "Troverai il messaggio che salverà il tuo onore e forse la tua vita, ultimo erede della grande famiglia Bentivoglio dietro il quadro che raffigura il nostro avo". Giorgio trova subito il grande quadro dove viene raffigurato il suo avo Annibale Bentivoglio, ucciso vigliaccamente dalla famiglia dei Canetoli con la complicità dei Ghisilieri la stessa famiglia di chi sta per portargli via anche l’ultimo possedimento dei Bentivoglio a Bologna.
Giorgio a fatica riesce a staccare dal muro la pesante cornice e dietro in effetti c’è una cassaforte e allora comincia a cercare fra le sue chiavi, quelle dell’appartamento, ne individua a doppia mappatura mai usata prima e ha una intuizione, apre con quella la piccola cassaforte incassata nel grosso muro e dentro trova una fotografia in bianco e nero della tredicesima Porta bolognese, quella murata, e sopra un disegno colorato indicante un punto preciso, e un altro foglio, stessa pergamena, identica grafia.
In corrispondenza della prima stella a destra del grande carro raffigurata nella fotografia c’è uno spazio fra le pietre della porta chiusa, dovrai azionare un meccanismo a pressione, si aprirà una piccola porzione della porta di pietra e dentro troverai il cuore dei Bentivoglio, quello che fu fermato ad Annibale dalla congiura dei Canetoli e dei Ghisilieri. Ma potrai aprire tale meccanismo solo alla mezzanotte del 20 aprile di ogni anno, quando la luna passa dall’Ariete al Toro, in quell’urna riposa l’eredità dei Bentivoglio, che tu possa farne buon uso.
Giorgio si siede con il fiato grosso su una delle vecchie poltrone della sala rivestite dalla ciniglia fredda e dorata che piaceva tanto a sua madre.
Oggi è il 20 aprile, è per stanotte dunque, e io che stavo per regalare l’ultimo possedimento Bentivoglio alla nostra peggiore nemica.
In quel pensiero suona il cellulare, Giorgio guarda il display, è lei la maledetta cicciona, adesso deve prendere tempo, deve scoprire cosa lo aspetta nelle mura della tredicesima Porta.
– Cara Ambra… che piacere –, la voce è tremula come non vorrebbe, insicura come non mai e Ambra se ne accorge, come uno sciacallo che fiuta il tanfo della carogna.
– Stavo aspettando una tua telefonata, concludiamo l’accordo di vendita? –, chiede a bruciapelo, inutile perdere tempo.
– Certamente… stavo solo riordinando alcune carte, sai è una grande responsabilità, io sono l’ultimo della mia famiglia ed è una scelta dolorosa.
– Capisco, quali carte? Se non sono indiscreta?
Giorgio si morde il labbro per non urlare.
– Niente che ti riguardi cara Ambra, niente di importante.
– Benissimo, vogliamo prendere un appuntamento?
– Facciamo domattina qui da me alle dieci? Così puoi controllare le condizioni dell’immobile.
Così puoi dormire fino a tardi come tua abitudine, pensa Ambra.
– Vada per le dieci, a domani.
Ambra rimane seduta indecisa se mordere il bombolone che ha davanti o riflettere sul tono della telefonata.
Non me la conta giusta, mi sta nascondendo qualcosa quella sottospecie di ameba, suo nonno si rivolterebbe nella tomba se sapesse il destino dei Bentivoglio nelle mani di un tale inetto, ma non mi fido, deve avere ricevuto un’offerta migliore e sta valutando, devo andare là, devo scoprire cosa bolle in pentola, devo convincerlo a firmare subito.
Giorgio sta guardando due uova tristi e pallide come lui muoversi nell’acqua bollente, il suo pranzo per oggi. Il campanello di casa trilla aggressivo ed echeggia nello stabile vuoto.
Giorgio spegne il fornello e si dirige nervoso ad aprire la porta, teme come al solito qualche ingiunzione da uno degli innumerevoli creditori.
Apre la porta e si trova davanti Ambra in tutta la sua imponente grassezza, è riuscita ad entrare dal portone in strada per non permettergli di sfuggirle.
– Che cosa ci fai qui? –, gli scappa detto e già la odia, già vorrebbe nascondersi da qualche parte, e scomparire.
– Passavo da queste parti e mi sono detta andiamo a trovare Giorgio magari lo invito a pranzo – e così dicendo entra in casa, quasi lo travolge lasciando dietro di sé una scia profumata, un discreto Chanel mescolato con l’odore della sua pelle lucida e leggermente sudata.
– Ti avevo dato appuntamento per domani –, cerca di protestare Giorgio che segue incredulo la donna in esplorazione veloce dell’appartamento.
– Ma perché rimandare a domani ciò che puoi fare oggi? – risponde allegra Ambra.
– Te l’ho detto dovevo riordinare alcune carte di famiglia.
Ambra si volta verso di lui, e gli pianta nel petto un dito tozzo, adornato da un grosso anello con diamante.
– Con chi credi di avere a che fare? Tu non la conti giusta e ti avverto, la mia offerta scade oggi, non troverai un altro acquirente che ti permette di rimanere a casa tua e ti paga così bene questo rudere.
– Certo un accordo davvero vantaggioso, ho letto le clausole, fra due anni devo sgomberare, e tu ci godi a scacciarci dalla nostra ultima proprietà, credi che non sappia a quale famiglia appartieni? So tutto, fu per colpa dei tuoi avi che Annibale Bentivoglio fu assassinato, voi ci avete sempre odiato, tu non sei diversa da loro, si vede che mi disprezzi.
Ambra entra in cucina e vede le due uova tristemente abbandonate nel fondo di una pentola e scoppia a ridere.
– Esperimenti di alta cucina vedo – poi si volta verso Giorgio – non sono un’esperta di storia bolognese, so solo che tu sei un mentecatto, un architetto inutile, un nobile decaduto, sei l’ultimo di una famiglia in via d’estinzione e sì è vero voglio questo appartamento, voglio cancellare la vostra storia da Bologna, ma non mi sembra che in giro tu abbia trovato amici migliori di me. O qualcuno ti ha fatto un’offerta più vantaggiosa?
Giorgio apre la bocca in un ghigno.
– Mio padre – e mostra la pergamena – lui sapeva che prima o poi il nostro mondo sarebbe andato in rovina, lui mi ha lasciato un tesoro e stanotte potrò rientrane in possesso e dopo vedremo se sarò costretto a venderti la nostra casa.
Ambra con occhi veloci da predatore prima guarda Giorgio poi il pezzo di pergamena che sta sventolandogli davanti e con uno scatto degno di un felino gli sfila il pezzo di carta dalle mani e comincia a leggerlo rapida.
Giorgio ruggisce – ridammi subito quella carta, non ti appartiene.
– Alla mezzanotte fra il 20 aprile… – Ambra legge velocissima le poche righe poi sogghigna.
– Ecco perché volevi aspettare domani, ma sarà la solita bufala di tuo padre, lui si dilettava in indovinelli e scemenze simili.
Giorgio scatta in avanti ma è debole, fiaccato dalla fame quotidiana e dalla sua fragilità caratteriale, Ambra semplicemente si scosta, e con il pizzino in mano si dirige verso la porta di casa.
– Stanotte andremo insieme a verificare il tesoro dei Bentivoglio e nel caso faremo un accordo vantaggioso per entrambi, la tua casa in cambio del tesoro, ma scommetto due anni di affitto pagati che è la burla di un vecchio demente.
– Restituiscimi la pergamena vecchia baldracca – urla Giorgio inseguendola mentre Ambra sgambetta veloce lungo le antiche scale, lui la rincorre e la blocca sul ciglio dell’antico teatro romano, cerca di strapparle la carta, cominciano a lottare, Ambra è più vecchia, più grassa, ma decisamente più forte di Giorgio, lui l’afferra per il collo taurino ma non riesce a stringere, non ha abbastanza energia, lei istintivamente lo spinge indietro e Giorgio cade all’interno del teatro e si schianta a terra dopo un volo di alcuni metri con un tonfo leggero che riverbera per tutto il palazzo deserto. Ambra si sporge verso il vuoto, poi sudata e cianotica scende fino a raggiungere il corpo di Giorgio, lo trova con gli occhi socchiusi, il sangue rappreso attorno alla nuca aperta e le gambe piegate in una posizione innaturale, comincia a pensare veloce, era un disperato si è suicidato lanciandosi dentro il suo amato teatro romano, una conclusione quasi gloriosa, nessuno metterà in dubbio tale inconfutabile verità, non ha la firma per la casa, ma adesso ha qualcosa di più, il tesoro dei Bentivoglio. Esce in una fresca giornata di aprile su via De Carbonesi, in giro solo facce anonime in veloce passaggio sotto il portico.
È notte, in giro poca gente, nessuno nei pressi della storica tredicesima Porta, Ambra si è vestita con una tuta leggera scura e scarpe comode, si sente come una ladra dentro un’antica piramide e un po’ ci crede al dono di un vecchio pazzo, un po’ se la ride, nessuno ha ancora trovato il cadavere di Giorgio e considerando la sua popolarità passeranno ancora diversi giorni prima che qualcuno si decida ad andare a cercarlo.
Ambra segue le istruzioni della mappa, trova la prima stella a destra della costellazione disegnata sul muro di sasso, a mezzanotte esatta infila la mano nello spazio fra le pietre e nonostante le dita grassocce riesce ad azionare il meccanismo, la pietra si apre e dentro c’è in effetti un sacchetto di seta nera che contiene qualcosa di voluminoso, sembra un grosso sasso, o una pietra, un enorme diamante pensa famelica Ambra, infila la mano dentro il sacchetto stringe l’oggetto al suo interno e avverte una puntura dolorosa nel palmo, ritrae la mano imprecando, lasciando all’interno della fenditura il sacchetto vuoto, e si ritrova fra le dita un grosso sampietrino con conficcato un chiodo che l’ha appena ferita, prima avverte una fitta violenta al braccio sinistro, un dolore fortissimo fra stomaco e polmoni, mentre il respiro si blocca insieme ai pensieri e Ambra crolla all’indietro cadendo in mezzo all’erba incolta, fra le feci di cani di passaggio.
Alle 2 e 10 del mattino Andrea Piccolo, agente della polizia municipale, cinquantasettenne, gli occhi arrossati dalla stanchezza e da una eccessiva esposizione al monitor del computer, vede