Self Confidence: L'allenamento perfetto per aumentare la fiducia in te stesso!
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About this ebook
A volte la nostra insoddisfazione è così netta che sembra voler urlare: «Cambia la tua vita, esci fuori da ciò che sei!».
Se senti questo imperativo interiore, questo libro fa per te. Un prezioso manuale che ti accompagna in un percorso di allenamento che ha l’obiettivo di liberare quel potenziale che lotta per esprimersi. Una materia grezza che vuole metodi, strumenti e strategie per emergere definitivamente.
Self-Confidence è l’occasione per non rimandare, per prendere consapevolezza, per realizzare il tuo talento.
Un percorso per liberarci dalla nostra impotenza e per governare le ferite affettive che ci hanno segnato.
Segui con attenzione le indicazioni di Luca Stanchieri e le tue qualità saranno finalmente riconosciute, espresse e realizzate.
Le potenzialità se ben allenate diventeranno talenti in grado di cambiare la realtà.
Con una giusta e mirata preparazione sarà facile trasformare il lavoro e l’amore in preziose occasioni di autorealizzazione.
Impara a sentire anche tu una nuova e dirompente sensazione: quella di migliorare ogni giorno perché, finalmente, sei sulla giusta strada.
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Book preview
Self Confidence - Luca Stanchieri
SELF-CONFIDENCE
L’allenamento perfetto per aumentare la fiducia in te stesso!
scritto da
Luca Stanchieri
copertina di
Massimiliano D’Affronto
Hashtag Zero Srls, Roma
ISBN: 9788899804008
© 2015 Hashtagzero Srls
Tutti i diritti riservati.
E’ vietata qualsiasi riproduzione.
www.hashtagzero.it
info@hashtagzero.it
Introduzione
Capitolo 1
ALL’ORIGINE DELL’INSICUREZZA
Sezione 1
Le aspettative
Giovanna è una giovane donna di 30 anni ed è incinta. Una gravidanza che non ha scelto né pianificato. Dopo un breve disorientamento, ha deciso di tenere il bambino e ne è felice.
Giovanna ha avuto una gioventù molto travagliata. Dopo aver finito la scuola, ha lasciato l’università e si è circondata di amici e legami che si discostavano molto dai desideri di sua madre. Suo padre, separato da tempo, le è sempre stato vicino ma più come amico che come guida.
Lei si è avventurata nel mondo delle discoteche, dei calciatori, degli strip club, delle sale scommesse. Un mondo di soldi facili, piaceri immediati, moltitudini di conoscenze famose e pericolose. Un sottobosco cittadino dove emarginazione e fama sportiva si incontrano in modi fantasiosi, fuori dalle luci della ribalta. Ai tempi, il significato della sua vita era divertirsi, eccitarsi, impegnarsi in una mondanità fatta di relazioni, tradimenti, amori possessivi e disperati. La felicità risiedeva nelle amicizie fragili e potenti, dove la vita si svolge di notte e il risveglio non è mai prima del pomeriggio. Amicizie da coltivare, difendere, risolvere.
Il suo era uno strano senso di appartenenza a un mondo speciale, fuori dalla normalità, dove il gioco d’azzardo con le sue vorticose montagne russe rappresentava il principale antidoto alla noia e alla routine. Lei non ha mai giocato, lo facevano i suoi amici, e lei viveva questa eccitazione e disperazione come propria, rallegrandosi quando la sorte era positiva, aiutando e consolando quando la stessa si imbizzarriva.
Sua madre, che le è sempre stata al fianco, ha vissuto in una dimensione di angoscia, disperazione e rabbia. Non riuscendo a capire il senso delle scelte della figlia, si è rifugiata nella patologia. Ha cercato di dare un nome al comportamento della figlia nei manuali online di disturbi di personalità. Le è sempre stata vicino, ma non ha mai mancato di farle sentire l’inferno angoscioso che le incuteva il suo stile di vita errabondo, rischioso e balordo.
Quando la sua migliore amica ha deciso di fare un figlio, dopo aver vagabondato per anni fra disco bar e shopping, anche la sua vita è cambiata. Forse Giovanna era ormai stanca, svuotata.
Ha ripreso a studiare, con serietà e diligenza, ottenendo una media fantastica. E’ entrata in un nuovo ambiente, senza mai abbandonare o tradire le antiche amicizie, ma allontanandosene un passo al giorno.
Ha cambiato casa, riallacciato i rapporti con la madre, trovato un nuovo ragazzo e riorganizzato le sue giornate in funzione dello studio e delle passeggiate con il suo cane.
Ha iniziato una nuova vita. Ha scoperto quanto è brava nello studio, si è accorta della sua eccellenza e serietà professionale nel tirocinio, ha trovato riscontri fra colleghi e insegnanti della sua capacità relazionale.
La madre ha vissuto questa svolta con gioia e l’ha sostenuta anche organizzativamente, in breve le ha fatto da segretaria per tutte le questioni burocratiche, mentre la figlia si dedicava anima e corpo allo studio.
Giovanna scopre di essere incinta e decide di portare avanti la gravidanza. Comunica alla madre la notizia via sms. Ancora una volta, il suo progetto di vita si allontana da strade previste e prevedibili. Il suo fidanzato, conosciuto e frequentato da pochi mesi, accoglie bene la notizia e decide di condividere con Giovanna questo evento, che cambierà per sempre la vita a entrambi.
E la madre? Spiazzata, confusa, triste, impotente, contrariata, come se la figlia avesse investito un passante guidando ubriaca. E’ ripiombata nella stessa angoscia di prima.
Hanno litigato come non mai, sempre via sms. La madre mantenendo un contegno, ma senza nascondere la sua opposizione alla scelta. Giovanna scaraventandole addosso parole durissime, di una violenza disperata e rabbiosa.
Giovanna avrebbe voluto una madre che la affiancasse e la aiutasse in questa straordinaria decisione. La supportasse mentre continuava a studiare, facendo coincidere gravidanza e svezzamento con la fine dell’università. L’avrebbe voluta gioiosa e giocosa, come un porto sicuro pronto a fare festa, a proteggere e promuovere.
La madre avrebbe voluto Giovanna studiosa, diligente, focalizzata sulla laurea e poi sulla realizzazione professionale, finalmente capace di gestire la vita e conquistare la sua indipendenza, senza sbandamenti pericolosi.
Quando le due visioni si sono incrociate, ne è nata una lite furiosa, dove Giovanna colpisce e la madre incassa, come sempre, senza che l’una o l’altra sappiano modificare le loro posizioni.
E come ogni guerra che non produce rottura, fra una battaglia e l’altra c’è una specie di tregua. La madre continua a fare da segretaria organizzativa alla figlia sullo studio, mentre lei sta preparando gli esami e la tesi.
A cinque mesi di gravidanza, Giovanna non ha detto ancora nulla al padre.
Giovanna ha fatto un percorso di cambiamento profondo, anche se apparentemente repentino, in realtà vissuto con grande intensità. Il cambiamento esistenziale è stato radicale.
Da una vita dove il vestito, la piastra, il trucco e la mondanità rappresentavano il senso e lo scopo di una concezione di felicità edonistica, immediata, eccitante, gratificante nell’immediato e in superficie, a una vita basata su un progetto, uno scopo che richiede impegno costante, concentrazione, gratificazioni differite e una ricostruzione della propria identità, al servizio della salute altrui - la sua laurea rientra fra le professioni sanitarie.
Una fase della sua vita che l’ha portata a concepire la possibilità concreta di avere un bimbo, assumersene la responsabilità, crescerlo felice.
Nel futuro la aspetta un lavoro e un bimbo e certamente una crescita di maturità che ha già dimostrato di poter affrontare.
La madre non ha mai modificato i suoi comportamenti. E’ sempre stata sollecita, ha cercato di aiutarla, spesso di soccorrerla, sempre di proteggerla. Ha sperato che cambiasse, ma quando Giovanna le ha comunicato la gravidanza, proprio quando sembrava aver imboccato la strada giusta, le è crollato il mondo addosso.
In queste due vite decisioni, comportamenti e azioni nascono e producono senso e significato. In questa relazione, le due donne si giudicano sulla base di un modello ideale, a cui nessuna delle due appartiene. Un modello che produce aspettative e poi delusioni, quindi conflitti.
C’è inoltre un dato che rimane sullo sfondo. Giovanna non ha ancora detto nulla al padre. Come mai? E’ probabile che abbia paura delle reazioni dell’uomo che ama profondamente, rimarrebbe scioccato perché la vede ancora bambina, o non matura o non pronta. Giovanna si sente insicura. Non al punto da non partorire, ma al punto da non dire nulla al padre. Ha paura di affrontarlo. Ha paura di deluderlo.
Ma da dove nasce un modo di pensare che vede nell’altro un prototipo di aspettative che puntualmente delude generando relazioni violente seppure basate su sentimenti di amore? Da dove nasce la nostra insicurezza? Quella insicurezza che ti fa sentire fragile, vulnerabile, indeciso e vacillante, anche quando sei convinto di prendere una strada invece di un’altra?
Nasce dalla testa di un ingegnere, che è diventato più famoso di quanto si aspettasse.
Sezione 2
Le origini dello scarto dal modello
Un secolo fa, un ingegnere, Frederick Taylor, e un imprenditore, Henry Ford, misero su un modello organizzativo, lo Scientific Management, e lo applicarono per fabbricare automobili. I due avevano una concezione rivoluzionaria dell’azienda e del meccanismo produttivo, tanto da meritare l’elogio di Lenin, loro acerrimo nemico.
L’idea era quella che un manager dovesse essere in grado di elaborare un modello organizzativo razionale, capace di aumentare la produttività, eliminare gli sprechi, misurare l’impegno di ogni singolo addetto alla produzione, al fine di massimizzare il profitto. Il prodotto finale, pronto per la vendita, era il risultato di una serie di azioni combinate che dovevano sottostare a norme prestabilite.
I ruoli di un’azienda dovevano essere sostanzialmente tre: gli scienziati/manager erano gli ideatori del processo produttivo, gli esecutori/operai lo mettevano in pratica e i controllori dovevano verificare che l’esecuzione fosse in linea con la norma stabilita. In quel periodo non era prevista una quarta figura che irromperà decine di anni dopo, il cliente. Ford produsse per un ventennio sempre la stessa macchina, dello stesso colore, costruendo un vero e proprio impero industriale.
Il modello taylorista era rivoluzionario perché cercava di inserire elementi di razionalità organizzativa nel caos generato dal conflitto fra capireparto e operai. Per aumentare la produttività e ridurre i costi, la frusta (sempre) e la carota (quasi mai) non erano più sufficienti. Ai tempi, la selezione degli operai veniva fatta lanciando delle mele fuori dai cancelli, la mafia era utilizzata per reprimere gli scioperi, i capireparto erano corrotti, non c’erano orari di lavoro prestabiliti. Il modello pretendeva di dare regole certe, razionalizzare il processo produttivo, eliminare costi inutili, massimizzare la produttività per addetto. Lavorare in una fabbrica Ford, ai