Insieme si può
By Autori Vari
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Insieme si può - Autori Vari
Farm
Alberi
Una storia di oggi… ma anche di ieri e di sempre, fra gli alberi
di Vincenzo Cirneco
Gli alberi del grande parco parlottavano fra loro facendo ondeggiare dolcemente le frondose chiome…
Da sempre quelle grandi espressioni vegetali, quando nel mondo abitato dagli esseri umani scendeva la notte, comunicavano silenziosamente. Era una buona e consolidata abitudine. Non erano chiassosi né litigiosi, come invece succedeva agli umani nell’affrontare argomenti discordi o quando qualcuno voleva prevaricare qualcun altro.
Soprattutto nessuno di loro era logorroico, ognuno poteva dire la propria opinione lasciando spazio anche agli altri.
La luce serviva loro per produrre ossigeno, quello stesso che,liberandosi e unendosi all’aria, era necessario agli umani per respirare.
Quindi durante il giorno erano molto occupati, anche perché dovevano stare attenti alla quantità di ossigeno da liberare e non era una cosa semplice! L’operazione doveva essere ben equilibrata: non bisognava produrne né troppo poco, né in eccesso! Il tutto andava poi organizzato in modo tale che potessero respirarlo liberamente sia i bambini che gli anziani senza alcuna difficoltà, ossia senza procurare loro giramenti, mal di testa o affanno.
Fosse stato solo per le persone adulte, sarebbe stato più semplice. Quei signori avevano sempre tanto da fare e non avrebbero mai fatto caso a qualche particella in più o in meno nell’aria!
Di notte invece, alla sola luce di stelle e luna, la cosa era diversa e molto meno impegnativa. Tutti gli alberi potevano quindi riposare in tranquillità e, durante il sonno umano, potevano anche scambiarsi liberamente le impressioni della giornata.
La grande Quercia, l’albero più grande e anziano, cominciava a raccontare di quanto l’uomo lo trattasse con indifferenza. Eppure lei, con i suoi grandi rami e le fitte foglie, era sempre lì, pronta a offrirgli ombra e frescura, specie d’estate e con il solleone.
Per non parlare degli scoiattolini che gironzolavano un po’ ovunque e per tutto il giorno. Appena trovavano un’apertura, si intrufolavano fin dentro il tronco, procurandole un prurito fastidioso, con quelle unghiette dure e ricurve che usavano per aprire le noci. La loro mancanza di educazione poi era persino eccessiva! Mangiavano le sue ghiande senza nemmeno ringraziarla, lasciando in giro i resti dei gusci.
- Tu parli degli scoiattoli, ma cosa dovrei dire io allora, - disse l’Acacia, che si faceva chiamare anche Gaggìa
, - faccio una fatica per farmi crescere tante spine lunghe e appuntite ma ai gatti non gliene importa nulla! Mi assalgono e percorrono tronco e rami come dei razzi per acciuffare i passerotti che si fermano a beccare i miei fiori gialli e profumati! Quei felini sono davvero impossibili e, andando su e giù, mi rovinano la corteccia con quei loro piccoli artigli. La beffa è che non si pungono affatto, accidenti a loro!
- Tu, ce l’hai coi gatti, - si intromise un giovane Pioppo spelacchiato, - ma non hai visto cosa succede a me. Pensa, pensate tutti, che se non sono cinque o sei, si arriva anche a sette o otto volte al giorno. Cani di ogni taglia e razza vengono a farmi la pipì addosso, con il beneplacito dei loro padroni che li accompagnano! Senza contare ieri quel grosso Sanbernardo, che mi ha fatto anche la popò! A questo punto, sono piuttosto…
- Puzzolente..!? - gli disse il Castagno burlone, facendo ridere tutti.
- Tu scherzi, - rispose il giovanotto dal tronco liscio e diritto, - ma io non so più cosa pensare: sono più animali gli umani o sono più umani gli animali?
Risero di nuovo tutti, anche il lugubre Cipresso alquanto malmesso che non aveva più il suo bel pennacchio in cima alla lunga e affusolata fronda. Era successo l’inverno precedente, durante un temporalaccio con lampi e tuoni. Sul più bello, si fa per dire, un fulmine birichino gli si era scaricato addosso troncandogliela di netto e bruciacchiandolo tutto. Menomale che aveva foglie, rami e tronco bagnati e che continuava a piovere… dopo alcuni minuti di crepitante furore, le fiamme si erano spente da sole. Tutto sommato era stato fortunato nel poter raccontare quella brutta avventura!
Il Pino italiano, mentre il Cipresso narrava quella disavventura rideva piano sotto i… rami. Lui aveva una bella chioma piatta e tondeggiante, dalla quale i fulmini non sarebbero stati attratti e si sarebbero scaricati altrove. Poteva così starsene da solo e non gli importava né si offendeva se lo chiamavano Pino Solitario
! Lui, tranquillo, produceva una resina odorosa che faceva tanta invidia ai massicci Platani, distribuiti di solito lungo le strade a riempirsi della puzza dei gas di scarico di un traffico automobilistico diventato quasi impossibile.
Quando il Salice Piangente iniziò a parlare, a lamentarsi, cominciarono tutti a fare strani segni scaramantici con i rami più bassi. Quando iniziava a piangere, non la smetteva più. Ce l’aveva con cornacchie, corvi e colombi che, senza ritegno, lo riempivano a cascata delle loro pipì e popò. Ce l’aveva pure con i cuccioli degli umani che scorrazzandogli intorno, nei loro giochi, gli strappavano le foglie e gli spezzavano gli esili e flessuosi rami che toccavano quasi il suolo. Insomma, una rottura infinita e s’era costretti ad ascoltarlo! Tutti nel bosco avrebbero voluto allontanarsi, all’inizio, ma come si faceva con tutte quelle radici ben piantate in terra?
Il bello era che, per farlo smettere, bisognava anche coccolarlo quel gran piagnone, altrimenti si sarebbe fatta l’alba e sai che mal di chioma alla fine!
Insomma, tutte le notti era un grande parlottare tanto che, certe volte, quel loro modo di fare li faceva assomigliare alle… umane comari!
Per fortuna quando arrivava il cambio di stagione, quando ad esempio si passava dall’inverno alla primavera e i rami si riempivano nuovamente di tenere e lucide foglie, si assisteva alle nascite!
Quelli erano i momenti più emozionanti, dove un po’ tutti si sentivano parte in causa e un po’ genitori. C’erano le schiuse delle piccole uova dei passeri che avevano costruito il nido fra i rami e il cinguettio dei nuovi nati riempiva gioiosamente le chiome e il parco intero. Quella grande manifestazione di vita era quasi una rinascita degli stessi alberi, di solito fissi ed imperturbabili nei parchi, nei boschi e nelle foreste.
Naturalmente nei loro discorsi non mancava mai un accenno dedicato agli scriteriati umani che segavano i loro tronchi per ricavare la cellulosa o sapeva il Cielo chissà quale altro prodotto!
Oppure ci si riferiva ai disboscamenti per avere a disposizione terra libera dove poter costruire case, palazzi e quant’altro.
Poi quegli stessi umani facevano come il loro amico Salice. Si lamentavano di catastrofi geologiche come frane e smottamenti del terreno non più trattenuto dalle radici degli alberi o delle esondazioni dei corsi d’acqua senza più piante sulle loro sponde ad aiutare il contenimento dell’acqua nel letto dei fiumi!
E meno male che ormai per il riscaldamento delle loro abitazioni si erano da tempo rivolti ad altre fonti di energia e avevano smesso il taglio di boschi e foreste! Almeno loro potevano crescere piano piano un po’ dappertutto.
Prima che la notte cominciasse a schiarirsi nel nuovo dì, aggiungevano un pizzico di antica filosofia che recitava così: Fa più rumore una foglia che cade da un ramo, di una foresta che cresce
.
Le ragazze del Comitato Anni Verdi e Gentili
di Roberta Manzoni
9 Settembre 2002 ore 23,30 circa.
È notte fonda ormai nel giardino. La luna nel cielo inonda d’argento le chiome degli alberi. Il silenzio è quasi totale. In lontananza il fischiettio della canzone Viva la pappa col pomodoro
di un ragazzo che passa in bicicletta vicino al cancello, rende reale l’atmosfera magica che riempie il giardino.
Quando il motivetto è ormai lontano, Lisa, la prima pianta, quella più vicina al cancello, scuote i rami. È il segnale convenuto: c’è la riunione delle ragazze del Comitato Anni Verdi e Gentili.
Tutte le altre piante allungano i rami per poter ascoltare meglio quello che Lisa ha da dire.
- L’ordine del giorno, qual è? - sussurra la quarta pianta da sinistra alla sua vicina sfiorandole le fronde.
- L’inizio della scuola, sciocchi.
- Silenzio! - la voce imperiosa di Lisa mette a tacere il brusio – Allora ragazze…
- Ti ostini a chiamarci ragazze, ma siamo vecchierelle ormai e con tanti acciacchi. Io, per esempio, ho un forte mal di gola e una tosse che non mi fa dormire, - la interrompe Piantona, chiamata così perché è la più grossa.
- Poi parleremo anche di questo, – interviene Lisa dolcemente, – ma ora, in qualità di Presidente di questo comitato, voglio ricordarvi che domani inizia la scuola e quindi incontriamo i nuovi bambini e rivediamo i vecchi
. La proiezione dei film è terminata già da dieci giorni, avete avuto tutto il tempo per riposarvi e ora ci aspetta il compito più importante: i bambini hanno bisogno di ritrovarci belle come sempre, disponibili e attente ai loro bisogni. Anche se stiamo invecchiando, noi tutte, e ripeto TUTTE, domani alle otto saremo pronte per l’arrivo dei bambini. Ok?
- Sììììì!... - rispondono le altre in coro.
- Benissimo, – riprende Lisa. – Chissà come saranno quest’anno i bambini di prima. Chissà se qualcuno piangerà. Vi ricordate quanti remigini abbiamo visto?
- Vedrai, – mormora la pianta di fianco a Lisa alla sua vicina, – adesso parlerà degli anni passati, ascolta, ascolta…
- Io preferivo gli anni in cui le bambine avevano il grembiulino bianco con il fiocco rosa e i maschi la blusina nera con il fiocco blu. Che bei ricordi. Se chiudo gli occhi rivedo questo giardino pieno di bambini con i fiocchi quasi sempre svolazzanti. Sembravano tante farfalle. Mi veniva voglia di allungare i rami per rifare una bella gala a tutti.
- Ma no dai! I bambini sono più belli adesso, – interviene Lilly, la pianta più giovane, – tutti colorati, sembrano tanti fiorellini!
- No, ha ragione Lisa, era meglio prima. Ora sembra una sfilata di moda con le tute all’ultimo grido, - dice con voce roca Piantona e poi inizia a tossire.
- Poverina… - bisbigliano le altre.
- Ne abbiamo viste tante da quassù, noi altre, – riprende a parlare Lisa, – siamo diventate colte, sappiamo leggere e conosciamo i numeri fino al dieci. Vi ricordate di quella maestra che quando ha i bambini in prima elementare, li porta in giardino, forma due cerchi e fa contare il cerchio esterno da zero a dieci e quello interno da dieci a zero? Mi sembra ancora di sentire quelle vocine allegre…
- Sì, me lo ricordo – dice Nascondina, chiamata così perché viene sempre usata per giocare a nascondino, – e cosa ne dite di quando c’è l’intervallo lungo e il cortile si riempie di urla, grida, canti e balli? Che meraviglia sentire le manine di quei bambini sui nostri tronchi.
- Io ricordo, – interviene con fatica Piantona, – di un bambino moro e di una bambina bionda che quando venivano a prendere i loro fratelli o sorelle, mentre aspettavano la fine delle lezioni, facevano il girotondo attorno a me… mi sfioravano, mi facevano il solletico e mi riscaldavano il cuore.
- Sì, ma noi siamo anche piante di mondo! - urla risoluta Lilly. – Abbiamo assistito a spettacoli di danza. Quei gesti sinuosi erano in armonia con il movimento dei nostri rami. E poi il cinema, ogni sera un film diverso. Confesso che per qualche storia ho pianto.
- Bene ragazze, – conclude Lisa, – la riunione è quasi terminata. Vi ricordo due cose: primo, quando le foglie iniziano a cadere, vi raccomando di scrollare i vostri rami sui vialetti laterali, così daremo ancora una volta ai bambini l’impressione di camminare su un tappeto magico; e secondo, se qualche ramo della vostra vicina si affloscia un po’, dovete intervenire in aiuto per rialzarlo. Solo così, quando gli addetti del Comune vengono a fare i loro controlli, ci vedranno impettite e in piena forma. Con questo dichiaro chiusa la seduta e vi auguro la buona notte.
Tutte ritirano i loro rami, eccitate all’idea che tra poche ore il giardino si riempirà di bambini. Tutte, tranne Piantona: Io non so se passerò l’esame quest’anno…
pensa tristemente.
20 Dicembre 2002 ore 16.30
L’ultimo raggio di sole abbraccia la scuola e il giardino.
La campanella suona con due minuti di ritardo. I bambini escono felici. Da domani iniziano le vacanze di Natale. Le piante, come sempre, osservano gli alunni che ormai conoscono per nome.
- Ciao Sara, Andrea, Silvia, Lucia, Laura… ciao a tutti… - sussurra Lisa. - Ci vediamo l’anno prossimo!!! - e ride alla battuta, ma poi smette di colpo e ascolta.
- Ragazzi, - sta dicendo una maestra ai suoi alunni, – osservate bene questi alberi. Forse è l’ultima volta che potete farlo, perché gli addetti del Comune hanno constatato che sono seriamente ammalati e quindi presto dovranno tagliarli, – mentre parla le si incrina la voce. – Sapete, senza queste piante la scuola non sembrerà più la stessa. Sono vecchissime, hanno circa novant’anni. Guardatele bene e fissate nella vostra memoria il ricordo di com’è la scuola oggi…
Lisa non crede alle proprie orecchie
, lancia uno sguardo preoccupato alle sue amiche sgomente. Poi, vede una bambina che muove la mano in segno di saluto e sente il calore di quella mano sul tronco. Un brivido la percorre. Come faranno i bambini senza le loro