Perché andar via? Meraviglioso Sud
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Book preview
Perché andar via? Meraviglioso Sud - Elisa Lucarelli
Albatros
Nuove Voci
Ebook
© 2016 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma
www.gruppoalbatrosilfilo.it
ISBN 978-88-567-7975-2
I edizione elettronica agosto 2016
Dedico questo libro a mio figlio e a mio marito
per il loro infinito amore
Introduzione
Chi scrive è una meridionale (napoletana) che da cinque anni si è trasferita in Abruzzo, in provincia di Teramo con la sua famiglia. La settimana scorsa, leggendo un settimanale, lo sguardo mi è caduto sul titolo di un articolo Non è un problema degli altri se il Meridione sta morendo
. Ho letto l’articolo, una veritiera e accurata descrizione dell’attuale situazione del Meridione: infatti quest’anno il numero delle nascite, dopo quasi cento anni, è stato minore del numero dei morti e, inoltre, l’articolo riportava che ogni anno vanno via dal Sud più di centomila persone, perciò si parlava di desertificazione umana.
È vero, ognuno ha le sue ragioni per andar via: il lavoro, la casa, la tranquillità...
Proprio per ritrovare un po’ di tranquillità, la mia famiglia ed io siamo andati via. Sulla costa teramana andavamo a villeggiare e qui ci sentivamo più tranquilli, più sereni, meno stressati per ritmi di vita meno frenetici, più lenti.
Con mio marito, ormai pensionato, e mio figlio, universitario, abbiamo deciso di trasferirci nella regione Abruzzo. Io ho chiesto il trasferimento a scuola (sono una docente), mio figlio il nulla osta all’Università di Napoli e abbiamo iniziato questo nuovo percorso della nostra vita con entusiasmo, con gioia, come se fossimo nati per la seconda volta. Ci siamo trovati subito bene, ma, inizialmente, non abbiamo fatto i conti con la nostalgia relegata in un angolino del nostro cuore.
Capitolo I
Il problema occupazionale del Sud
Il tasso di disoccupazione nel Sud è altissimo rispetto ad altre parti d’Italia e del mondo. Ci chiediamo spesso perché tanti giovani si rifugiano nella droga, nell’alcool, fuggono o facilmente cadono nella trasgressione. Per dimenticare il loro presente, per autodistruggersi, perché hanno capito che per loro non ci sarà futuro. Assistiamo inermi alle stragi del sabato sera quando molti di loro, quasi volontariamente, si mettono alla guida sotto l’effetto di droga e di alcool. Ripensando un po’ ai cicli e ricicli della storia o agli eventi del passato, l’altro giorno mi veniva, spontaneo, confrontare quest’epoca con il movimento artistico, letterario e sociale di fine Ottocento francese, quando alcuni poeti – (Corbière, Rimbaud e Mallarmé) ispirati da Baudelaire e chiamati Maledetti
da Verlaine (titolo anche di una sua opera) – si rifugiavano, anche loro, nell’alcool, nelle droghe, costretti a vivere nella povertà, perché incompresi dalla società del loro tempo e, in particolare, dai critici letterari, ancora fossilizzati nel vecchio stile poetico. Quindi, dare scandalo era il modo migliore per richiamare l’attenzione su di loro; come, oggi, molti giovani chiedono aiuto trasgredendo e rovinando la propria vita. Questi giovani che hanno studiato per 15/20 anni sono costretti, poi, a svolgere, nella migliore delle ipotesi, l’attività di cameriere, barista, panettiere, fare volantinaggio… (con tutto rispetto per chi esercita questi mestieri) o essere disoccupati. Questi giovani se lo avessero saputo avrebbero frequentato solo la scuola dell’obbligo evitando, in tal modo, gli incubi e lo stress delle interrogazioni, di tante notti passate a studiare Latino, Greco, Biologia, Matematica... e avrebbero risparmiato, volentieri, tanti soldi in libri e tasse universitarie.
Attualmente le opportunità che offrono i Centri dell’impiego
o il Piano Nazionale Garanzia Giovani
per i ragazzi tra i 15 e 29 anni che non seguono nessun percorso formativo, non corrispondono, infatti, alle aspettative attese dai giovani perché, dopo aver compilato un proprio curriculum con i dati anagrafici e con le competenze professionali acquisite nel tempo, vengono convocati (come precedentemente citato), per svolgere lavori che non rientrano nelle loro sfere di competenza.
Questi giovani, pur di rendersi indipendenti, accettano qualsiasi offerta di lavoro, credendo che sia solo una fase transitoria. A 50 anni, quando si comincerà a fare il resoconto della propria vita e si tireranno le somme, ci si accorgerà che è stato, quasi, un fallimento. E pur in un’apparente normalità
si cadrà in depressione con tutte le conseguenze che essa determina (suicidi, omicidi, uso di droghe e alcool).
Cosa fare?
Bisognerebbe rispettare le competenze acquisite dai giovani sui banchi di scuola e nella vita. Per valorizzare e tutelare il nostro patrimonio artistico-culturale, così importante nel Sud (e non solo), occorrerebbe impiegare i giovani che abbiano frequentato il Liceo artistico,