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Le notti oscure
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Le notti oscure

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About this ebook

La Terra subisce una strana anomalia nel suo moto che la porta al centro della nube di Oort e, a causa di ciò, viene attraversata dalle comete Swift-Tuttle e dalle Perseidi, anche note come le lacrime di San Lorenzo. Le conseguenze di questa anomalia sono nefaste e portano ad un'ascesa di meteoriti sul suolo terrestre che distrugge il mondo, vittima passiva di un cataclisma che rischia di portare all’estinzione della razza umana. Le ondate di meteoriti si ripeteranno più volte e il fenomeno verrà etichettato come “le notti oscure”. Inizia così il viaggio verso la sopravvivenza di Kaleb, Jessica, James e Kat che saranno alle prese tra un vecchio mondo sempre più polverizzato e un nuovo mondo da ricostruire. I quattro viandanti dovranno raggiungere un bunker sotterraneo che darà loro la salvezza ma scopriranno che le notti oscure non saranno l’unico pericolo da cui difendersi e che l’essere umano, nella sua natura fallace, può essere anche più pericoloso di un cataclisma.
In un contorno di fantascienza apocalittica, distopia, introspezione psicologica, colpi di scena, intrecci, sentimento ed adrenalina, non mancheranno denunce sociali, tra le quali quelle a sistemi societari controversi impersonati dalla comunità di stampo capitalista di Marcus e al fanatismo religioso rappresentato dalla comunità di Padre Rodrigo.
Un percorso durante cui vecchio e nuovo mondo si fonderanno in maniera imprevedibile, dove l’unica certezza sarà che l’essere umano non impara mai dai propri errori.
Riusciranno Kaleb e i compagni di viaggio ad ottenere la salvezza?
LanguageItaliano
Publishereditrice GDS
Release dateSep 8, 2016
ISBN9788867825523
Le notti oscure

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    Le notti oscure - Salvatore Pannone

    Salvatore Pannone

    Le notti oscure

    GDS

    Salvatore Pannone

    Le notti oscure

    Editrice GDS

    Via Matteotti 23

    20069 Vaprio D’adda-Mi

    www.gdsedizioni.it

    TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito…perché la lettura è un’immortalità all’indietro

    Umberto Eco

    Ringraziamenti.

    Ed eccomi qua, a presentare finalmente il mio primo romanzo. Sono cresciuto nutrendomi dei libri da me letti, dai grandi classici alle opere contemporanee ed ho sempre usato l’arte della scrittura per esteriorizzare i miei pensieri, le mie emozioni. Devo confessare che aspettavo questo momento da tempo immemore ed ora che finalmente è giunto, ci tengo a ringraziare brevemente le persone che hanno contributo al suo arrivo:

    Ringrazio Fabien Huck (Hucky) che mi ha permesso di usare la sua eccelsa creazione grafica come copertina del manoscritto.

    Ringrazio Carmine, da cui ho ereditato la passione per la lettura prima e per la scrittura poi.

    Ringrazio Sonia, per essere stata la mia prima lettrice e per aver fermamente creduto nelle mie possibilità.

    Ringrazio editrice GDS per aver scommesso sulla mia opera.

    Ringrazio tutti gli amici che mi hanno incentivato a scrivere.

    Ringrazio infine ogni singolo lettore che deciderà di spender parte del proprio tempo per leggere Le notti oscure.

    Grazie e…buona lettura!

    1. La fine del mondo

    Kaleb, al termine di una pennichella pomeridiana talmente lunga da durar fino a sera inoltrata, si svegliò di soprassalto a causa di forti rumori e intensi vocii provenienti dall'esterno della sua abitazione. Ancora assonnato si alzò dal letto, gettò un'occhiata all'orologio e vide, con un po' di sorpresa, che erano quasi le dieci di sera.

    «Ma quanto ho dormito?» sussurrò a se stesso, passandosi la mano lungo la fronte un po' sudata e lasciandosi andare ad un lungo sbadiglio.

    Infastidito da quei rumori, uscì dalla sua camera da letto e si avviò in cucina per bere un sorso d'acqua.

    Kaleb era un ragazzo di quasi ventidue anni, altezza media, magro, capelli abbastanza corti e neri ed aveva degli occhi di un marroncino molto chiaro. Era uno studente universitario iscritto alla facoltà di matematica, viveva ad Oxford ed era alle prese con gli ultimi esami che lo separavano dalla laurea triennale, altrimenti nota come laurea breve («una laurea inutile che non dà sbocchi lavorativi, sarebbe meglio tornare alla laurea magistrale a ciclo unico come una volta», questo era il suo pensiero al riguardo).

    Siccome abitava in un paesino «sperduto da ogni forma di civiltà conosciuta» (sempre per restare in tema dei suoi pensieri e giudizi sulle cose) e cioè Angemering che è un villaggio posto a circa sei km Littlehampton nella contea del West Sussex, un paesino vicino al mare, si vide costretto tre anni fa a trasferirsi a vivere da solo, lontano dai genitori (era figlio unico) per poter studiare al college e visto che proveniva da una famiglia di umili origini, dovette subito trovare un lavoro per pagarsi l'affitto e le varie spese. In realtà la sua città d'origine non era così povera di risorse come sosteneva, anzi erano sufficientemente presenti tutti i servizi necessari, ma lui sognava in grande, voleva studiare nei più grandi college d'Inghilterra e per questo decise di andar via. Così si ritrovò ad Oxford (considerata da molti la city per eccellenza), una città che conta da sola più di centocinquantamila abitanti, è situata nella contea di Oxfordshire ed è conosciuta come la città dalle sognanti guglie, un termine coniato per l'armonica architettura degli edifici dell'università.

    Un po' grazie ai sacrifici dei genitori e un po' lavorando nella segreteria del suo stesso dipartimento (lavoro che gli venne dato grazie ai suoi meriti liceali, una sorta di borsa di studio), era riuscito sino ad'oggi a gestire gli onerosi costi che la vita da studente fuori sede costretto a vivere lontano dalla famiglia comporta.

    Kaleb viveva in un appartamento sui 45 metri quadri, dotato di un salone all'ingresso con angolo cottura, un bagno e una camera da letto («se questa sottospecie di trappola per topi giganti me la chiamano camera da letto..» da come si può evincere, Kaleb non era esattamente un ragazzo molto flessibile ad adattarsi alle circostanze, anzi diciamo tranquillamente che aveva la lamentela facile il che, considerato che viveva da solo, non lo aiutava di certo).

    L'arredamento della sua piccola casa, situata in un altrettanto piccolo palazzo, era in perfetto stile studente universitario (maschio) medio: pochi mobili, casino in ogni dove della casa, libri dappertutto, indumenti sparsi qui e la (tranne che nell'apposito armadio) e polvere in quantità talmente massiccia da aver preso una forma umanoide (tant'è che gli diede un nome, Jim, e pretendeva, nei deliri preesami, che condividesse con lui le spese dell'affitto e della corrente, visto che convivevano).

    La casa era situata in una zona periferica di Oxford ma era vicina a tutti i servizi di trasporto pubblico che gli consentivano di spostarsi rapidamente verso il centro. Inoltre, come ben si è capito, la sua abitazione era caotica e piena di disordine ma in quel disordine Kaleb ci vedeva una sorta di ordine perfetto (perfetto nella sua testa pacata e da studente di matematica, s'intende) ed infatti quando i genitori passavano a trovarlo e la mamma metteva ordine (sembra esserci una sorta di principio bio-psicologico che porta le mamme a voler ostinatamente mettere ordine nelle case dei figli), scattava una lite furibonda madre-figlio dove ognuno portava avanti le proprie convinzioni, una scenetta del tipo: «questa casa è un porcile, non posso permetterti di vivere in queste condizioni», con subito pronta la risposta «è il mio porcile! E poi quando metti ordine, dopo non trovo più niente» e diciamo che un po' su tutte le cose avevano da dirsene parecchio. Il loro era un rapporto di amore-odio, anche se sarebbe più corretto parlare di finto odio e vero amore, condito da parecchi litigi quotidiani.

    Con il padre invece aveva un rapporto diverso, quest'ultimo era infatti un uomo molto mite e calmo e sin da quando Kaleb era bambino, aveva instaurato con lui un rapporto fondato sulla comprensione e non sulla severità, cercava sempre di spiegare al figlio il motivo per cui, ad esempio, una determinata cosa andava fatta o meno, il perché quella stessa cosa era giusta o sbagliata e così via. Inoltre era sempre stato molto disponibile all'ascolto, al compromesso, al punto di incontro, allo scambio di idee, non aveva mai voluto imporre al figlio (né alla moglie o a nessun altro, in quanto era parte del suo carattere essere così) il proprio punto di vista a tutti i costi e questa sua caratteristica Kaleb l’aveva sempre apprezzata ed ammirata, senza mai dirglielo però, a causa del suo manifesto e spiccato orgoglio.

    I genitori avevano entrambi 48 anni.

    Quando gli aveva comunicato la decisione di voler lasciare casa per trasferirsi altrove a studiare, come è logico aspettarsi da quanto appena detto, la mamma era apertamente contraria alla cosa, era una donna molto sensibile ed emotiva e, soprattutto, non era particolarmente brava a nascondere i propri sentimenti e le proprie preoccupazioni, mentre il padre, pur manifestandosi egli stesso preoccupato, disse che avrebbe accettato e approvato qualsiasi scelta avesse preso il figlio. Inizialmente però, a voler essere precisi, lui non poteva trasferirsi per motivi economici e solo successivamente, grazie ai sacrifici dei genitori, ebbe la notizia che, se voleva, poteva trasferirsi e ne fu molto contento.

    Il trasferimento, soprattutto i primi tempi, portò con sé tante difficoltà, sia da una parte che dell'altra, Kaleb infatti ci mise parecchio a trovare i propri equilibri e ad abituarsi a vivere (o forse sarebbe più lecito dire sopravvivere) da solo mentre i genitori soffrirono parecchio la lontananza del figlio. Il tempo migliorò le cose su entrambi i fronti, di fatti pian piano lui imparò a gestire, seppur con fatica, scuola e lavoro e i genitori, soprattutto la madre, cominciarono ad accettare con maggiore serenità la scelta del figlio. Inoltre il ragazzo impiegò un po' di tempo ma riuscì a conformarsi ai ritmi della big city, come in molti la chiamavano, regolando in conseguenza ad essa i suoi ritmi di vita (pacati e quieti ad Angemering, movimentati ed incerti ad Oxford).

    Erano passati quasi tre anni dal trasferimento ed ora Kaleb, qualche giorno dopo aver sostenuto l'ultimo esame della sessione estiva («per la miseria, ma chi me l'ha fatto fare di sostenere un esame il 30 luglio?»), si apprestava a tornare a casa dai genitori per le vacanze.

    Frastornato dall'improvviso risveglio causato dai forti rumori e da un sempre più insistente vocio, Kaleb ancora non ripresosi dal risveglio, si chiese cosa stesse mai succedendo a quell'ora.

    Sorseggiando un bicchiere d'acqua si lasciò cadere sul piccolo divano che aveva nel salone e si accinse ad accendere il televisore ma si rese conto che il telecomando era sul tavolo posto all'incirca a un metro e mezzo di distanza.

    «Maledizione, devo arrivare fin laggiù?».

    Sbuffando e in maniera contrariata si alzò, compì quei due faticosi passi necessari per prendere il telecomando e, gettandosi nuovamente sul divano, accese la tv.

    Subito si rese conto che c'era qualcosa che non andava poiché il segnale era basso e la maggior parte dei canali erano oscurati o si vedevano male. Cominciò così a fare zapping fino a trovare un canale che, seppur in maniera instabile, aveva un po' di segnale e notò che stavano trasmettendo un'edizione straordinaria, incuriosito cercò di capire di cosa si trattava:

    «Sta succedendo qualcosa di incredibile in tutto il mondo» tuonava con voce forte e spaventata la giovane inviata «è scoppiato il panico in giro per la città. La gente scappa in massa per le strade, terrorizzata da quanto sta accadendo!».

    Kaleb, ancora inconsapevole del fatto che gli eventi narrati dal servizio in televisione e i forti rumori che sentiva erano collegati, notò che alle spalle dell'inviata era tutto distrutto, tutto in macerie e che c'erano persone sparse ovunque, in preda al panico, che scappavano via. Da cosa stavano scappando?

    «Come potete vedere, qui sta crollando tutto. Cresce a dismisura il numero di feriti e di morti e... » l'inviata si fermò un attimo prima di continuare, alzò gli occhi al cielo e vide qualcosa che la terrorizzò, sgranò gli occhi e iniziò a tremare.

    «OH MIO DIO! CAZZO, DOBBIAMO SCAPPARE...PRESTO, PRESTO!». Kaleb non ebbe nemmeno il tempo di sorprendersi per il linguaggio non particolarmente professionale usato dalla giornalista e di chiedersi cosa l'avesse portata a parlar così che una massa infuocata cadde violentemente a terra nelle vicinanze della telecamera, subito dopo ne cadde un'altra, centrandola in pieno e cadde il collegamento in diretta e con esso il segnale.

    In un misto di preoccupazione e timore, il ragazzo cambiò subito canale e trovò un'altra edizione straordinaria con la stessa terrificante scena:

    «Sta crollando tutto, i palaz.....frantumati al suolo e la gent......impaurita» il segnale era basso e il collegamento spariva e tornava in continuazione, si vedeva solo a frammenti quanto stavano trasmettendo.

    «Qui è pericoloso Sam, spegni quella merda di telecamera e scappiamo.......ALLE TUE SPALLE VA TUTTO A FUOCO..CORRI VIA!», cadde il collegamento.

    «Ma è uno scherzo, o cosa?» disse a se stesso Kaleb, sempre più preoccupato. Poi ripensò al fatto che nel primo servizio che aveva visto la giornalista aveva detto che stava accadendo in tutto il mondo, così mise subito il canale 24, dove trasmettevano un TG internazionale con collegamenti in svariate nazioni diverse. C'era un uomo sulla cinquantina, visibilmente spaventato, in sede centrale che si teneva in contatto con gli inviati sparsi in vari paesi.

    «Andiamo in Francia, datemi il collegamento in Francia» esclamò, parlando con gli addetti alla regia e partì il collegamento da lui richiesto.

    «QUI LA SITUAZIONE CI STA SFUGGENDO DI MANO. LA TORRE EIFFEL SI E' SCHIANTATA AL SUOLO, AVVOLTA DALLE FIAMME. BISOGNA SCAPPARE VIA!».

    Il collegamento tornò in sede centrale e fu rapidamente smistato a Brooklyn Bridge (New York, Stati Uniti).

    «VA TUTTO A FUOCO MALEDIZIONE, DOBBIAMO IMMEDIATAMENTE ALLONTANARCI DAL PONTE DI BROOKLYN, STA CROLLANDO!» mentre l'inviato urlò terrorizzato queste parole, alle sue spalle si vedeva il ponte, avvolto dalle fiamme, crollare giù.

    «NON CE LA FAREMO MAI, SANTO CIELO, NO...NOOO.....» l'inviato cadde giù, insieme al ponte ormai ridotto in macerie.

    Dopo questa terribile immagine, il collegamento passò a Tokyo, in Giappone:

    «SIAMO NEI PRESSI DEL PALAZZO IMPERIALE DI TOKYO, NEL QUARTIERE DI CHIYODA…IL TERRENO CIRCOSTANTE IL PALAZZO SI STA SPACCANDO. C'E' FUOCO DAPPERTUTTO!».

    Da Tokyo si passò a Roma:

    «IL COLOSSEO E' IN FIAMME..CI SONO FERITI...MORTI...E' CAOS ASSOLUTO, BISOGNA SCAPPARE VIA!».

    Stesso discorso in Argentina:

    «BUENOS AIRES E' DISTRUTTA, NON E' RIMASTO PIU' NULLA. SOLO CENERE».

    Si passò così in Irlanda e poi in Australia, in Cina, Messico, Danimarca e in tutti gli altri paesi.

    A quel punto Kaleb spense il televisore e, sempre più spaventato, si rese conto che quei rumori ed il vocio che lo avevano svegliato e che erano aumentati di intensità in maniera considerevole erano collegati a quanto stava accadendo in tutto il mondo. Balzò in piedi, diede una rapida occhiata fuori dalla finestra e vide la gente del suo quartiere scappare via in massa.

    Nemmeno il tempo di fissare bene la scena nella sua mente che cominciò a tremare tutto sotto i suoi piedi. Ansimando, corse nella camera da letto, urtando tutto ciò che c'era lungo il tragitto. Arrivò in camera, prese il suo zaino di un rosso acceso che usava per comprare i libri essendo abbastanza grande e spazioso e, frettolosamente, ci infilò tutto quanto in quel momento considerava indispensabile: un ricambio completo di vestiti, il barattolo con i suoi risparmi, il cellulare con relativo caricabatterie (si rese conto che non c'era linea, ma lo posò ugualmente in borsa) e l'orologio. Dedicò un rapido pensiero ai suoi genitori, implorando il fato (nella quale non credeva ma nei momenti di terrore anche il più razionale degli uomini si lascia andare a mistiche richieste di aiuto) di metterli in salvo.

    Si avviò verso la porta d'uscita ma d'un tratto tornò indietro a riprendere qualcosa che aveva dimenticato. Scavò nei due piccoli cassetti della sua scrivania, gettò tutto sul letto, penne, fogli, matite e fotocopie sparse.

    «Ma dove l'ho messo? Devo trovarlo subito!», così continuò la sua ricerca fin quando afferrò fra le mani l'oggetto che cercava.

    «ECCOLO!» esclamò rasserenato. Si trattava di un tirapugni che aveva comprato in un mercatino dell'usato (era appassionato di arme e oggetti antichi e spendeva spesso i suoi risparmi in spese del genere). Il suo sesto senso gli suggerì di prenderlo e portarlo con sé. Così lo posò in borsa e si affrettò a uscire fuori dalla casa.

    Aprì la porta, abitava al secondo piano, si diresse verso le scale ma si rese conto che nel palazzo non c'era più nessuno.

    «Diamine, nessuno si è degnato ad avvisarmi in questo schifo di condominio?» pensò indispettito.

    Notò che le scale erano tutte incrinate, l'edificio era palesemente pericolante, doveva sbrigarsi. Scese così la prima rampa di scale ma quando mise il piede sul pianerottolo delle abitazioni sottostanti, gli crollò letteralmente il cemento da sotto i piedi, tirò un urlo di paura e si ritrovò a mezz'aria diretto verso il suolo ma riuscì ad afferrare la ringhiera delle scale con il braccio destro e mantenne la presa quel tanto che bastò a fermarlo giusto un attimo salvo poi ricadere giù ma stavolta da un'altezza molto minore. Cadde impiantando i piedi a terra ma l'impatto fu troppo forte e perse l'equilibrio, piegandosi sulla ginocchia.

    Si lasciò andare ad un gemito di dolore prima di rialzarsi e ricominciare a correre. Uscì fuori dall'ingresso del palazzo e si ritrovò nel piccolo viale che lo circondava. Subito udì delle grida provenienti da fuori e notò che l'aria era pesante e c'era un intenso fumo proveniente da lontano. Sempre più preoccupato corse velocemente verso il cancello per uscire fuori, premette il pulsante per aprirlo, ma era danneggiato.

    «CAZZO! Tutti quei soldi di spese di condominio e non funziona mai niente qua dentro!» esclamò mentre intrufolò le mani nelle sue tasche alla ricerca delle chiavi. Dopo vani tentativi si rese conto di averle perse nel palazzo mentre scendeva la prima scalinata.

    «E ti pareva. Ma io là dentro non ci torno di certo!».

    Così si rese conto che la sua unica alternativa era scavalcare il cancello, per sua fortuna era abbastanza agile, complice il suo fisico snello che gli garantiva agilità e velocità.

    «Che c'è mamma? Ora non me lo dici più che devo ingrassare?» se la ridacchiò quell'istante che bastava prima di rendersi conto che quello non era di certo il momento per scherzare.

    Mise il piede destro sulla sporgenza in basso del cancello, si diede lo slancio per salirci su anche con il sinistro, si arrampicò lungo le sbarre con le braccia e poi scavalcò la recinzione e fece un balzo giù, dall'altro lato. Prese fiato per un attimo ma più per sollievo che per stanchezza, finalmente era fuori!

    Tirò improvvisamente un paio di colpi di tosse, l'aria era sempre più pesante, si respirava a fatica. Prese un fazzoletto dalla tasca, lo mise davanti alla bocca e si cimentò subito a lasciare il vicoletto che portava fuori alla abitazione.

    Si ritrovò alla fine della via e gettò subito uno sguardo fuori, ora poteva vedere cosa diavolo stesse succedendo.

    Si voltò dapprima alle sue spalle, in direzione di quel fastidioso fumo che lo aveva costretto a respirare a fatica e scorse lo sguardo in lontananza.

    D'istinto la sua espressione del viso cambiò: allungò le sopracciglia, spalancò gli occhi e aprì leggermente la bocca. Ciò che aveva visto lo aveva spaventato e sorpreso. Ma cosa aveva visto? FUOCO.

    C'era fuoco dovunque, tutto andava in fiamme, gli edifici, le case, le strade, i negozi, le macchine, i lampioni e quant'altro. Nulla si era salvato, la città era caduta in ginocchio, avvolta dal rosso accecante delle fiamme che l'avevano incendiata.

    «Ma che sta succedendo? Chi è stato? E' opera di un piromane? Ma no, non essere ridicolo, un piromane non può aver abbattuto una città intera. Poi l'hai visto no? Sta succedendo in tutto il mondo», Kaleb cominciò a parlottare con se stesso, interrogandosi su quanto stava accadendo.

    Resosi conto che le fiamme si stavano estendendo verso la sua direzione, capì che doveva scappare in direzione opposta, così si voltò e corse velocemente sbucando fuori il corso principale che imboccava ogni mattina per prendere l'autobus che lo portava all'università ma si fermò improvvisamente. Mostrò la stessa espressione del viso di prima, ancora intrisa di paura e sorpresa, ma stavolta cosa aveva visto?

    Alla sua sinistra c'era una fuga di massa, i cittadini stavano scappando disperatamente in direzione opposta al fuoco. Chi fuggiva con la macchina, chi con ciclomotori e biciclette e chi, infine, a piedi. Tutti scappavano impauriti ma lo facevano senza alcuna razionalità. Era il caos totale, la città era caduta nel panico. Notò le prime disastrose conseguenze che la fuga di massa e il panico collettivo comportano, alcune persone, specie

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