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D'amore, corna e poligamia
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D'amore, corna e poligamia

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About this ebook

Travolto dalla passione erotica scatenata in lui con sottile abilità dalla bellissima
Francesca, affascinante quarantenne in carriera, il rampante Luigi, quadro di un ben
riconoscibile partito politico, abbandona la giovane moglie e il figlio appena nato.
I genitori di lui, gente solida e all’antica, fanno quadrato attorno alla sposa tradita e al nipotino e tutto sembrerebbe bene o male sistemarsi. Ma negli inediti equilibri stabiliti attraverso il reciproco aiuto e dalla nuova convivenza tra suoceri, nuora e nipote si annida qualcosa che nessuno poteva prevedere e che proietterà i protagonisti di questo dramma in un vero e proprio cataclisma emozionale.
Contro ogni previsione, il Dottore, un ironico Sherlock Holmes della psicologia, sarà in grado di comporre i conflitti proponendo una soluzione del tutto anomala e sorprendente, moralmente inaccettabile, ma l’unica utile a soddisfare le intime esigenze di tutti.
LanguageItaliano
Release dateJul 22, 2016
ISBN9788899207137
D'amore, corna e poligamia

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    D'amore, corna e poligamia - Vincenzo Policreti

    La copia non autorizzata di contenuti protetti da diritto d’autore, come questo ebook, è una pratica non consentita e punita dalla legge.

    Dalia Narrativa

    2

    Vincenzo Policreti

    D’amore, corna

    e poligamia

    Prima edizione ebook luglio 2016

    Dalia edizioni

    www.daliaedizioni.it

    © 2016 All rights reserved Dalia s.r.l.s. Terni

    ISBN 9788899207137

    Cura redazionale Dalia s.r.l.s., con il supporto di

    Samantha Falciatori

    Il romanzo, seppur liberamente ispirato a reali casi clinici seguiti dall’autore,

    è da considerarsi opera di fantasia e ogni riferimento a persone realmente esistenti puramente casuale.

    Di corna non è mai morto nessuno.

    Quisque de Populo

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    Start

    Antefatto

    Amore

    Corna

    Poligamia

    Conclusione

    Catalogo Dalia

    Amore

    Corna

    Poligamia

    Conclusione

    DAL CATALOGO DALIA

    I nostri libri

    La copia non autorizzata di contenuti protetti da diritto d’autore, come questo ebook, è una pratica non consentita e punita dalla legge.

    Come ogni mattina il Dottore diede una manciata di crocchette al gatto che gli si strofinava alle gambe, fece una carezza al cane che gli scodinzolava beato e seduttivo, scese in giardino per dare un’occhiata ai tanti lavoretti che avrebbe dovuto fare (e non avrebbe fatto) e alla solita ora uscì di casa. Impiegava circa venti minuti per giungere allo studio e, lo aspettasse o meno qualcuno, prima si fermava al solito bar, dove prendeva il solito cappuccino col solito cornetto, integrale e al miele. Faceva comunque in modo di non arrivare dopo il paziente. In ritardo non arrivava mai: considerava infatti la puntualità, nella sua professione, molto importante.

    Più o meno nello stesso momento, Annamaria, nel suo appartamento in centro, stava stirando con estrema cura una camicia perfettamente lavata per suo marito che doveva uscire; che fosse inappuntabile era per lei un punto d’onore, perché se la chiave del successo di lui era la bravura nel trattare, affrontare e dirimere le questioni, la chiave del suo aspetto esteriore era l’attenzione di lei nel curarne l’immagine, che voleva ineccepibile per avere almeno una parte, fosse pure marginale, nelle sue vittorie. Questo per lei era molto importante.

    Luigi, a quella stessa ora, si stava lambiccando per mettere perfettamente a punto l’intervento che doveva tenere alla riunione del partito, intervento diretto a ottenere, come diceva lui, risultati ben precisi nell’ambito delle giuste tematiche; salutò quindi un po’ macchinalmente la moglie per poi uscire, sempre pensando a ciò che avrebbe detto. Considerava quell’intervento molto importante.

    Simone uscì dal suo appartamentino a riscatto al pianterreno della palazzina in periferia che s’era conquistato sgobbando una vita; uscì qualche tempo più tardi rispetto a Luigi e al Dottore, tanto nessuno gli correva dietro. Appena attraversato il giardinetto antistante il portoncino e uscito sulla strada, aspirò l’aria della città e si guardò intorno, incerto. Il problema di decidere cosa fare e perché stava diventando, per lui, sempre più critico; risolverlo, sempre più importante.

    Giuseppina, detta Pina, quella mattina non uscì; si rinchiuse nella sua attrezzatissima cucina, per ingrandire e rendere funzionale la quale era stato addirittura demolito un tramezzo sacrificando una delle stanze: doveva preparare un piatto particolarmente elaborato, che era assolutamente imprescindibile le riuscisse bene e che era la passione del suo figliolo che quel giorno andava a pranzo da lei assieme alla giovane moglie. La cucina in genere, ma in particolare quella che riservava alle occasioni in cui aveva a pranzo il suo bel figliolone, era per lei, tra tutte le cose al mondo, una delle più importanti.

    Francesca, nel suo attico elegante e sapientemente arredato, a quella stessa ora, stava controllando allo specchio i risultati del proprio ricercato maquillage; s’infilò le scarpe dal mezzo tacco che dovevano, abbinate al tailleur, dare di primo acchito l’impressione della donna sicura, affidabile, autosufficiente e tuttavia non sciatta; attraente sì, ma in modo involontario. Avutane la conferma dal grande specchio dell’ingresso, uscì anche lei per andare al lavoro. In quel momento della sua vita l’aspetto fisico e l’immagine che riusciva a dare stavano diventando sempre più importanti.

    Antonella si stava preparando per raggiungere l’amica al congresso del partito. Non che le importasse molto della politica, ma agognava disperatamente un marito e un figlio, almeno uno. Per questo s’era aggregata a Francesca che era sciolta, elegante e nel partito contava: perché sperava, magari provando a prenderla a modello, di uscire dal proprio maledetto nubilato. E, più passava il tempo, più la cosa si faceva importante.

    Alcuni di questi personaggi avevano già tra loro un legame, altri ancora no; nessuno di loro, nel momento in cui inizia il nostro racconto, rigorosamente autentico, poteva sospettare quale piega il destino avrebbe dato alle loro esistenze, quanto marginale stesse per rivelarsi ciò che consideravano importante e quanto importante invece stesse per rivelarsi qualcosa che, al momento, non era possibile prevedere.

    1.

    Ma, dottore mio, me lo dice lei come faccio?

    Il Dottore alzò gli occhi dalla grande scrivania e guardò la donna, un po’ perplesso.

    Che c’è, Daniela? A fare che?

    A fare che, dotto’? Ma a pulire, no? Si rende conto?

    No, di che mi devo rendere conto?

    Ma del fatto che non posso toccare niente! E se non tocco niente, come faccio a pulire? Già lei mi fa venire solo una volta alla settimana che non le piace avere gente tra i piedi...

    No, ma...

    Ma sì, sì che è così. Poi quella volta alla settimana la scrivania non la posso nemmeno spolverare, nella cucina dovrei pulire, ma senza spostare niente, dove ci sono carte in giro non devo nemmeno passare, e va bene, solo che ci sono carte dappertutto e le devo lasciare dove sono se no lei non le trova più. E che cavolo, dotto’, io la buona volontà ce la metto, ma poi i risultati...

    Mi scusi, Daniela, ma io mi sono mai lamentato?

    No, no, lamentato no, però io, a vedere...

    Ma no, non si preoccupi; faccia quello che può e poi vada tranquilla. Mi scusi, contento io...

    Vabbè, contento lei. E però...

    Ma no, lasci stare, va bene così. Per oggi ha finito?

    Beh, sì, avrei anche finito...

    Allora ci vediamo la settimana ventura, così le pago anche il mese. Arrivederci e passi una buona settimana.

    Liberatosi della donna delle pulizie, il Dottore fece scendere il gatto che gli si era arrampicato sulle ginocchia, prese di nuovo la penna e, riportata infine l’attenzione al lavoro iniziato qualche giorno prima, riprese a scrivere.

    Ma poi, quanto pesano davvero le corna? Antico assioma le vuole inaccettabili. E infatti in apparenza nessuno le accetta. Però, se si va a guardar bene, non di rado si trova una sottile connivenza tra cornificato e cornificante, connivenza che invano si proverebbe a far comprendere al cornificato, il quale mai e poi mai accetterebbe l’idea di avere, più o meno scientemente, aderito alla propria cornificazione. Una constatazione di tal genere lo priverebbe infatti dell’unico conforto di cui disponga chi, come tradito, è irrimediabilmente perdente: il conforto di essere - almeno - dalla parte della ragione.

    Posò la penna e rilesse. Scosse il capo insoddisfatto, poi fece scendere di nuovo il gatto che non voleva saperne di starsene giù e riprese a scrivere:

    "Il problema per lo psicologo non è tanto capire se e quanta connivenza vi sia tra i lati di un triangolo, amoroso o no, quanto farlo capire agli interessati, dato che se questi non si rendono conto di quanto più complesse, rispetto a quanto loro appaia, siano davvero le cose, rischiano di perdere la possibilità di trovarne l’uscita. Il persistere nella concezione tradizionale di una ragione che, in tutto o in parte, sia comunque opposta a un torto, tende a fissare la situazione in un vicolo cieco dove nessuno è in grado di uscire dalla propria prigione di rabbia o di vergogna o anche di colpa (cosciente o meno). Insomma, il punto chiave di una situazione triangolare non è tanto etico, come generalmente si crede, quanto funzionale: a cosa è servito quel tradimento e perché? Come e perché s’è liberato lo spazio che le corna hanno occupato? E infine e soprattutto: qual è il guadagno secondario che tutti e tre i componenti del triangolo cornifacente ricavano dalla situazione che s’è creata? Finché non si sia capito questo, il problema è di assai difficile soluzione".

    Una pausa, poi: Salvo poi il fatto che il tempo, come ben sappiamo, sana tutto.

    Ma anzitutto questo non è affatto vero e poi, comunque, campa cavallo che l’erba cresce, pensò. Riprese la penna, poi la ripose: quest’ultimo pensiero non fu mai scritto.

    2.

    La parola all’amico Luigi Innocenzi.

    Ecco... Eccellenza, cari amici... dunque, in sintesi: se vogliamo considerare il problema per il quale siamo oggi qui onde non solo discuterlo a fondo, ma con quella consueta, tradizionale franchezza, di cui siamo sempre andati giustamente fieri, discuterlo nel chiaro e dichiarato scopo di risolverlo possibilmente o, se non proprio di risolverlo, di avviarlo a un’adeguata soluzione che possa infine contemperare, mantenendo i giusti equilibri, le esigenze che magari oggi possono presentarsi quali opposte, ma che se vediamo le cose nella giusta luce non sono scevre di punti comuni e di possibilità conciliatorie, soprattutto se considerate nel quadro di quella imprescindibile esigenza di solidarietà che mai dovrà latitare nella guida delle nostre azioni, quali che siano e da qualsiasi esigenza vengano determinate…

    Breve pausa per tirare il fiato e farlo tirare all’uditorio, poi: Se appunto, come dicevo, vogliamo considerare questo problema secondo una corretta prospettiva - e in questo caso (come ho più volte sostenuto non senza, spero, un certo fondamento, in tempi che molti di voi non possono certo non ricordare) anche le prospettive di una giusta soluzione non appaiono più né così evanescenti né così difficili da raggiungere, né, teoricamente parlando, così complesse - sarà pertanto giocoforza ammettere e, meglio ancora, riconoscere un’evidenza immediata, palmare, ma soprattutto chiara.

    Altra pausa e sguardo attento ai colleghi di partito, poi: "Una cosa, cari amici, che forse a qualcuno sarà anche potuta sfuggire, ma che altri non potranno non aver notato, magari inavvertitamente, magari senza rendersene conto appieno. Il vero problema, che sta a monte di quello di cui oggi stiamo discutendo, spero proficuamente, il centro, vorrei quasi dire il perno attorno al quale ruota l’intera impalcatura problematica che, a ben vedere e con un pizzico di grano salis, è tutt’altro che irresolubile, deriva, e voi ben lo sapete, da una famosa questione cui dovemmo già in passato metter mano e che, a meno che non si realizzino date, precise e tutto sommato fortunate condizioni, rischiamo di dover magari riaffrontare in un non lontano domani. Quest’altra, precedente questione, è stata già storicizzata in quel famoso e purtroppo controverso documento della Segreteria provinciale che venne a suo tempo portato alla nostra opportuna conoscenza e da noi approvato, sì, ma non con una maggioranza tale da consentirci di considerare quella questione perennemente intoccabile in un, sia pure non prossimo, futuro. Ciò implica l’eventualità, remota quanto si voglia, che su esso si possa dover tornare, magari anche indirettamente e magari proprio - su questo punto occorre assoluta chiarezza - nell’affrontare il problema, non grave, ma pur sempre importante, che oggi ci stiamo così avviando a risolvere, in quell’incontro dialettico di pareri diversi, caratteristica fondante di quella democrazia cui sempre fummo fedeli e che, proprio per questo, oltre al doveroso richiamo religioso che con la sua gradita presenza Sua Eccellenza Monsignor Vescovo ci esorta a ricordare, è denominazione stessa del nostro partito".

    Altra breve, studiata interruzione; sorso d’acqua, infine: Ritengo quindi - e penso che la maggior parte di voi non potrà non essere, almeno in questo, d’accordo con me - che noi dovremo affrontare questo problema in maniera sia ponderatamente produttiva, sia dialetticamente ponderata. Ciò non significa, in tutta evidenza, che non debbano essere proposte o suggerite soluzioni che possano implicitamente condurre a una visione non dico eterodossa, questo magari no, ma creativa in modo vorrei quasi dire tangenziale; esse tuttavia dovranno essere adeguatamente discusse in questa sede, giacché, come tutti ben sappiamo e com’è nostra fede fin dai tempi della nostra fausta ancorché sofferta fondazione, solo un’estrema franchezza dialettica può portare quei chiarimenti o, per dir meglio, proprio quella chiarezza che è presupposto e base di tutto il nostro operato.

    Applausi.

    3.

    E tuo marito?

    Vedrai che starà per arrivare. M’ha detto che aveva una riunione importante al partito e ha avvertito che forse tardava un po’. Simone, se credi, intanto possiamo cominciare noi, lui non si offende.

    Ma no, no, aspettiamolo. Se dici che non tarda...

    Sì, però non vorrei che il pranzo... Lo sai quanto ci tiene Pina. La vogliamo sentire?

    Ma la signora Giuseppina li tranquillizza: per carità, non c’è niente che non possa attendere un altro po’, ci mancherebbe altro. Piuttosto, se sono loro ad avere fame, senza complimenti...

    Per carità, la tranquillizza a sua volta Annamaria, ma che fame, si preoccupava solo per... La discussione rischia di impantanarsi nel labirinto dei ‘per carità’ incrociati, quando Deo gratias, Luigi fa il suo ingresso. Si scusa debitamente del ritardo, allega a giustificazione la riunione del partito che s’è prolungata, ma non per colpa sua che ha fatto un intervento ridotto all’osso, dà un bacio alla moglie che gli è andata incontro, dà una pacca sulla spalla al padre, dà un bacio anche alla madre e attende, con aria tranquilla e dissimulando l’appetito, che la signora Pina inviti tutti a sedersi a tavola. Invito che viene fatto immediatamente, stante il fatto che non era vero che il pranzo potesse attendere indefinitamente, mentre risponde a verità che tutti a quell’ora hanno fame e attendevano in gloria solo lui per cominciare.

    Il convivio si svolge tranquillo e scontato, come del resto con regolarità avviene ogni sabato, fin da quando Luigi e Annamaria sono tornati dal loro viaggio di nozze. Qualcuno forse lo troverebbe pesante. Ma a Luigi vedere i genitori è sempre parso giusto, incontrarli a pranzo comodo, pranzare con la cucina di sua madre piacevole, perché se c’è una cosa che appassiona la signora Pina è cucinare; la cucina è il suo regno, in quel regno è imbattibile e ne va quanto mai orgogliosa. Sicché ogni sabato l’incontro è sì ineludibile, ma la qualità del pranzo sicura.

    Era chiaro poi che ai due genitori l’avere in casa il figliolo con la moglie non poteva far che piacere. Quanto ad Annamaria, con i suoi due occhioni celesti, perennemente meravigliati, sul suo corpicino minuto e ben fatto, pareva fatta apposta per stare nella vita di Luigi e dei suoi genitori.

    In quella di Luigi perché i limiti culturali di lei gli permettevano di rivestire i panni del grand’uomo: per questo menava con la politica, sentendosi di volta in volta Richelieu, Cavour e magari, perché no, il re Sole; nella relazione con la moglie, povera dal punto di vista intellettivo, si accontentava della gradevolezza fisica, che per lui, uomo dalla forte sensualità e dai gusti raffinati, era essenziale. In quella dei suoi genitori, perché il fatto di aver perso il papà e la

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