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La divina parodia - Paradiso
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La divina parodia - Paradiso

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Lo sport, la musica, i libri, le automobili, la politica, ed altro ancora. Nei versi di Marcello Furini c’è uno spaccato di Novecento, un secolo pieno di contraddizioni e di momenti esaltanti, soprattutto grazie ai grandi personaggi, che qui sono descritti con spirito leggero e ironico. La ricerca della rima è un piacevole gioco per gli amanti della parola, messa a servizio di una precisa struttura poetica.
LanguageItaliano
Release dateAug 24, 2016
ISBN9788856779455
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    La divina parodia - Paradiso - Furini Marcello

    Furini

    La divina parodia

    Paradiso

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2016 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatrosilfilo.it

    ISBN 978-88-567-7945-5

    I edizione elettronica agosto 2016

    a Serena

    "Non avere più tali menti sopraffine alimenta il rimorso,

    di scrivere, senza poter arrivare a tali picchi d’eccellenza,

    speriamo almeno, che tu lettore non chieda il rimborso!

    Si palesò poi un individuo di comprovata intelligenza,

    molto colto e sagace, Roberto Gervaso, a tutto tondo,

    in grado di trattare argomenti con perizia e diligenza,

    con Montanelli ha scritto la Storia d’Italia e del Mondo,

    poiché la civiltà è nata qui, e nostro è il Rinascimento,

    agli stranieri boriosi rivolgo il mio legittimo affondo,

    Bel Paese bistrattato, abbia un giusto riconoscimento,

    per quello che è stato, per i grandi a cui ha dato Natali,

    preda ora di derisione, a prescindere dallo schieramento."

    (Dal Canto decimo)

    Prefazione

    Il Paradiso, un rigolo di sudore tra le cosce, la linea di una schiena, il corpo, la carne, una donna infilata in una camicia non sua, illuminata dalla luce di un frigo aperto, mentre beve da una bottiglia in una notte d’estate.

    In cuor suo, la verità è questa; Furini rilegge Dante, lo reinventa, lo riscopre, ma la sua Beatrice è ben altra cosa. La carne pulsa, svapora, la mente si perde e non può distogliersi da Lei, Lei che è un’ossessione, Lei, che lo fa contrarre e bestemmiare.

    Il Paradiso per Furini è una donna, alta, calda, che ride generosamente, che ama con passione e dedizione, che si inginocchia e lo adora. Iniziamo dunque questo viaggio e non sarà Lei a guidarci, ma questo Paradiso, a Lei sarà un omaggio.

    Mattia Ravaglia

    Canto primo

    Un gesuita argentino, varcava il pontificio soglio,

    mentre m’apprestavo a varcare nuova dimensione,

    dalla fine del mondo veniva quell’uomo, Bergoglio.

    Divenne presto chiaro, ad alcuni milioni di persone,

    che era un Papa diverso, non aveva fare militaresco,

    ne sostituiva uno vivo, minato da mediatica pressione,

    questo nuovo pontefice aveva un fare fanciullesco,

    presto si rivelò un pioniere, rivoluzionando la Chiesa,

    per sé scelse il nome semplice e adatto a lui: Francesco.

    Proprio nel momento di maggior bisogno, l’anima indifesa,

    si aggrappa con tutte le sue forze, come la pecora al pastore,

    come il koala all’albero di eucalipto, una guida molto attesa.

    Da subito rinuncia a sfarzo e lusso, destando molto clamore,

    uomo tutto d’un pezzo, con i piedi per terra e non per aria,

    mette al bando l’etichetta, il protocollo, non senza stupore,

    di chi lo vede circolare, in autobus o su di un’utilitaria,

    rompe gli schemi, diviene baluardo degli umili e oppressi,

    gli invalidi, i malati, gli invisibili non sono più dei paria,

    anzi, si ferma con loro, parla con loro, non sono depressi,

    la sua mensa è sempre aperta, rinuncia all’appartamento,

    dotato di tutti i comfort, non fanno per lui questi eccessi.

    Esige chiarezza, sui conti, quelli dello IOR, pone l’accento,

    trasparenza assoluta e la strenua lotta contro la corruzione,

    i pilastri della sua dottrina, solidi come piloni di cemento.

    Dosa bene affetto e carità, lo fa in ogni sua apparizione,

    è il Papa che abbiamo sempre desiderato, ora è arrivato,

    possa cambiare le cose con la sua ostinata determinazione.

    Perché le cose laggiù vanno male, tu vedi in quale stato,

    versa quella penisola, italiana, che è così piena di qualità,

    eppure è falcidiata dal malaffare e da ogni sorta di reato.

    Sono il primo dispiaciuto a non recarle buona pubblicità,

    ma da posizione sopraelevata la condizione è privilegiata,

    ammirandola dall’alto, incredulo, quale spreco di beltà.

    Sta là, impotente, immobile, soffre come balena spiaggiata,

    incagliata, arenata, come quella nave, là, all’isola del Giglio,

    un gigante dei mari che per negligenza, sul fianco è coricata.

    Vi alberga il malcostume e il malgoverno, non mi meraviglio,

    quella nave è un emblema che rappresenta il popolo italiano,

    in balìa degli elementi, la madre patria non cura suo figlio.

    Siamo in stallo, ci fanno di tutto e lo tocchiamo con la mano,

    esodati, disoccupati, preoccupati, siamo alquanto smidollati,

    incapaci di reagire, ogni timido tentativo appare assai vano.

    Criticoni con i cugini d’oltralpe, che vengono spesso insultati,

    ma loro almeno hanno fatto la loro sanguinaria Rivoluzione,

    ma noi? Che cosa abbiamo fatto oltre ad esserci lamentati?

    Siamo tassati e tartassati all’inverosimile, da ogni vessazione,

    vittime inermi, in grado solo di toglierci la nostra stessa vita,

    quando si arriva oltre il limite umano della sopportazione.

    Un fallimento palese, manifesto, puoi toccarlo con le dita,

    nel silenzio generale, imprenditori si suicidano, con dignità,

    minorenni liceali, al Parioli ricoprono il ruolo della Lolita.

    Il popolo si costerna, si indigna, ma poi alla fine cosa fa?

    Nulla cambia, tutto rimane com’è, il tempo cancella tutto,

    disastri naturali ci investono, il gerarca arriva poi se ne va.

    Italiani sempre pronti alla solidarietà davanti fatto brutto,

    non fanno mancare gli aiuti, ma chi mai aiuterà gli italiani?

    Non certo l’Europa, meschina, si disinteressa del nostro lutto.

    A centinaia muoiono in mare, sulle barche, piene di siriani,

    i centri di accoglienza che divengono dei centri di detenzione,

    qualcuno da fuori ci addita, dice li trattiamo peggio dei cani.

    Ma l’Europa dov’è? La strage sempre attira la loro attenzione,

    ma l’Italia e Lampedusa rimangono da soli a dover far fronte,

    ad un’emergenza che non è solo nostra, ma dell’intera Unione.

    L’Italia per sua collocazione costituisce una sorta di ponte,

    gli altri paesi sono ciechi e sordi, in compenso non sono muti,

    ricordandoci i nostri doveri, sotto l’egida di un mastodonte.

    Supinamente ci chiniamo senza lanciare i nostri migliori acuti,

    lasciandoci sopraffare, da chi detta le regole, ed è prepotente,

    utilizzando come strumento di convinzione degli statisti arguti.

    In tale cantica però non dovrebbe essere così presente,

    l’impigrimento mentale e l’invettiva per tali misfatti,

    tuttavia rabbia repressa ancor m’accompagna latente,

    ora mi rivolgo a menti libere e superiori, per altri fatti,

    assai meno facili da spiegare con le parole, ineffabili,

    il degrado è più facile a vedersi ma restiamo ai patti.

    Nota la mia inadeguatezza a trattare temi intoccabili,

    impossibilitato a descrivere, spero che mi aiuti Dante,

    che prima di me ha trattato di coacervi inestricabili.

    Il solo fatto di essere in compagnia e averne viste tante,

    mi metteva in una sorta di beatitudine, e guardavo colei,

    che volgeva gli occhi al Sole, io ero come uno spasimante,

    potevo guardarlo pure io, sebbene non come lo faceva lei,

    le mie capacità erano accresciute, è difficile da spiegare,

    cosa mi spingesse a salire, la mia versione presenta nei,

    tuttavia non posso fare di più, credo vi dobbiate fidare,

    la semplice memoria umana mi è del resto insufficiente,

    a trasporre accadimenti ardui e complessi da esplicare.

    Chi mi ha preceduto ha sviscerato in maniera efficiente,

    un argomento molto articolato, avrei troppa presunzione,

    se, goffamente facessi un tentativo, sarebbe supponente.

    Suono particolare quello delle sfere celesti, e la rotazione,

    da loro compiuta, è similare ad un ronfare soffuso di fusa,

    amplificato mille volte, tanto da mettermi in soggezione.

    Ciò risultò subito evidente agli occhi della mia musa,

    un mix tra riverenza e sorpresa avevano sopravvento,

    cercai invano di occultarmi, non volevo fosse delusa,

    da dubbi ingenui che continuavano a darmi tormento,

    come potevo ascendere gravato dai miei chili appresso?

    Come poteva verificarsi per me tale insondabile evento?

    Quindi Grace disse: "Che cosa ti sorprende adesso?

    Forse hai scordato i dettami e la lettura del tuo Dante?

    L’ordinamento dei cieli, l’Empireo, cosa ti è successo?

    Concetti già trattati dal migliore, dal tuo insegnante,

    sì ripaghi la fiducia del Divin Poeta nei tuoi confronti?

    Cosa ne direbbe se tu facessi un errore da principiante?

    Non puoi, certo non puoi, riservargli dei simili affronti,

    e a me? Io stessa l’ho scomodato per venire in soccorso,

    di te, che avevi smarrito la strada, eri alla resa dei conti.

    Ti avesse visto adesso, forse non avrebbe tanto corso,

    tu sai che all’Empireo tutto ruota attorno, in accordo,

    in moto circolare. Sai, di quell’acqua ancora un sorso,

    dovresti bere, e più ancora per far riaffiorare il ricordo,

    non qui, non ora, non nel luogo dove ora ci ritroviamo,

    sarebbe un passo indietro e notoriamente non demordo.

    Alla tua fallibile memoria cerca di fare un richiamo,

    per quel che mi riguarda mi adopererò per un ripasso,

    non della Valpolicella, nettare che quassù non beviamo.

    Credi forse che se tu non fossi degno ti porterei a spasso?

    Hai fatto il tuo percorso, prima l’Inferno, poi Purgatorio,

    sei salito molto in alto, partendo dal luogo più in basso.

    Hai visto la tenebra grigia e un marmo bianco avorio,

    molteplici scenari sono stati posti alla tua attenzione,

    non hai rubato nulla, pagare penitenza è in repertorio,

    questa e più di ogni altra costituisce la vera ragione,

    per la quale tu sali, col tuo corpo, perché è purificato,

    meritevole di vedere il Paradiso, la sua ultima porzione.

    Più che normale, quindi, che tu fin quassù sia arrivato,

    come in natura avviene anche laggiù, molti gli esempi,

    per cui non meravigliarti, dal peccato ti sei mondato.

    Cosa ben diversa invece accadrà a tutti quegli empi,

    dove la natura va al contrario non vi sarà vera gloria,

    è un monito inevitabile vista la decadenza dei tempi.

    Come ben sappiamo gli errori si ripetono nella storia,

    l’uomo, distratto, insegue mendaci, fuggevoli illusioni,

    distolto dall’unico vero obiettivo, minato dalla boria,

    perduto è quell’uomo fisso sulle sue stolte posizioni,

    l’uomo può, deve voler tornare a quel posto assegnato,

    non lasciarsi andare a compiere sconsiderate azioni,

    il suo interesse per i beni terreni deve essere rivalutato,

    poco durevoli, effimeri, non gli donano la vera felicità,

    prima se ne renderà conto, e prima verrà risparmiato,

    in caso contrario la sua strada sarà irta di difficoltà."

    Canto secondo

    Approdammo velocemente nel cielo detto della Luna,

    mi è impossibile descrivere il luogo, la mia percezione,

    tanto ero rapito che di anime in giro non vedevo alcuna.

    Non ad una prima superficiale e timida circospezione,

    nuvole leggere, quasi inconsistenti apparivano davanti,

    ed i miei sensi acuiti, già ne ho fornito la spiegazione.

    Godevo di vista migliorata, temevo raggi abbaglianti,

    ma non fui impedito di vedere delle figure non umane,

    figure che con leggiadria innata erano qua saltellanti.

    Da una nuvola ad un’altra, non si trattava di rane,

    nemmeno di topi si trattava, ma dei loro predatori,

    fieri di portare il loro trofeo a casa, nelle loro tane.

    Nel corso dei secoli, hanno avuto tanti estimatori,

    veri e propri idoli dell’avanzata cultura egiziana,

    mostri demoniaci nel Medio Evo degli inquisitori.

    Quella caccia alle streghe di memoria manzoniana,

    vittime incolpevoli della forma più cieca d’ignoranza,

    grave che a macchiarsi di ciò sia stata gente cristiana.

    Qualsiasi evoluzione veniva fatta con innata eleganza,

    guardai Grace, pronto nel formulare la mia richiesta,

    ma non ce ne fu bisogno, lei mi conosceva abbastanza.

    Grace mi disse: "Beh, non è forse un’allegoria questa?

    E alla nostra Luna non è da sempre associato il gatto?

    Non sono forse meritevoli di questo cielo le sue gesta?

    Quando la Luna risplende, magari lo ritrovi sul tetto,

    fluttua sulle tegole, ed i suoi occhi vincono l’oscurità,

    è discreto e silenzioso, di certo non gli manca il tatto.

    Ha una doppia vita, e talvolta fugge dall’umanità,

    dai suoi orrori, così palesi, ha occhi impenetrabili,

    vittima di superstizioni sciocche e dell’imbecillità.

    Del gatto si sono occupati tanti colleghi stimabili,

    da Verne a Gauthier, da Hemingway a Ungaretti,

    da Kerouac a Neruda, solo citando i più notabili.

    Protagonista di aforismi, di proverbi e di detti,

    di lui, Sua Maestà Il Gatto, si dice che prende,

    e senza chiedere, per molti i gatti sono perfetti.

    Per altri, i detrattori, il fuoco d’invidia s’accende,

    poiché manca a costoro tutto ciò che i gatti hanno,

    un contegno rilassato, ma quel che di più li offende,

    è la smisurata eleganza in ogni cosa che essi fanno,

    il loro autocontrollo, non ultima la loro sicurezza,

    a tal proposito sono moltissime le prove che danno.

    Sono furtivi, all’occorrenza sono ladri con destrezza,

    ma con un’aria assorta certificano la loro innocenza,

    conducono una vita segreta con invidiabile scaltrezza.

    E noi? Della loro compagnia non sappiamo stare senza,

    se compiono un reato, infallibili non lasciano la traccia,

    ad un rimprovero subìto, ti guardano con indifferenza,

    più furbi e astuti del cane, questo piaccia o non piaccia,

    se ne infischiano di tutto, da superiori, anche la gravità,

    sono adorabili, si lavano prima la zampa e poi la faccia.

    Nessuno come loro ha inciso, nella storia della civiltà,

    nessuno come loro rappresenta il mistero della natura,

    li amiamo perché non si assoggettano a noi, è la verità.

    Guardali, come si può credere non abbiano anima pura?

    Possiamo non essergli simpatici, non ce lo nascondono,

    e di rimediare a questo non si prendono certo la cura!

    Sono dotati di una spontanea onestà, che ci dimostrano,

    tutto quel che è creato serve ad appagare il divertimento,

    sono altezzosi, a volte ci guardano e poi ci commiserano,

    perché noi non riusciamo a nascondere il sentimento,

    ne siamo avvinti e poi non lo riusciamo a mascherare,

    sguarniti e ridicoli ne subiamo l’inevitabile patimento.

    Come dovremmo da loro invece assimilare, imparare,

    la loro nobiltà di portamento in qualsivoglia situazione,

    ad ogni sorta di dipendenza, no, non si fanno piegare.

    Flessuosi, sinuosi, un vero miracolo di coordinazione,

    mente e muscoli lavorano all’unisono, in gaia armonia,

    di un’agilità sorprendente, delle forme, la perfezione.

    Su tutto e tutti volete rivendicare la vostra egemonia,

    dotati di una

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