BADLANDS - I luoghi mitici della frontiera americana e la cultura di massa
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BADLANDS - I luoghi mitici della frontiera americana e la cultura di massa - Giuseppe Vanni
BIBLIOGRAFIA
AVVERTENZA
Questo breve saggio raccoglie appunti universitari risalenti in gran parte all’inizio degli anni ’90, riguardanti il corso di Storia americana, che poi ho integrato/modificato alla luce di quanto accaduto dopo, ed è rivolto soprattutto ai miei studenti della classe quinta superiore (ma non solo), per integrare lo studio manualistico della contemporaneità che non permette appieno, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, la comprensione di quello che rimane ancora uno dei momenti chiave della Storia recente, e cioè l’esportazione dell’american way of life attraverso gli strumenti nuovissimi della cultura di massa. Negli anni, infatti, mi sono reso conto che, finché si rimane nell’ambito dei totalitarismi, gli studenti hanno una chiave storiografica per comprendere la realtà di quel tempo, grazie anche alla mole di studi e documentari pubblicati nel frattempo; quando invece si passa al secondo dopoguerra, il manuale di Storia diventa una sorta di nebulosa in cui si finisce per girovagare, da capitolo a capitolo, per il mondo intero, perdendo di vista la questione fondamentale insita, a mio parere, nel percorso storiografico, e che può essere riassunta, spero non troppo banalmente, nel perché siamo ciò che siamo. Certo, parlando di americanismo e cultura di massa, il tema da trattare rischierebbe di essere enorme, e quindi questo breve saggio non pretende di essere esaustivo ma, almeno, di suscitare quell’interesse e quella consapevolezza che possano permettere allo studente, e non solo, di spostare più avanti il punto di partenza della propria interpretazione della realtà.
Inoltre, parlando dell’Italia, che spesso qui viene affiancata agli USA, non va dimenticato che, per quanto riguarda la costruzione del processo identitario del cittadino della Repubblica nata nel 1946, la matrice cattolica non può essere sottovalutata, così come quella marxista. Ma, osservando per esempio le teche Rai (quando la TV di Stato si ricorda di essere servizio pubblico), ci si rende conto che soprattutto a partire dalla fine dei ’50 la cultura pop d’oltreoceano (e d’oltremanica) irrompe nella vita quotidiana – in particolare quella dei cosiddetti baby boomers – con una forza e una vitalità tali da divenire dominante da lì a pochi anni. Pensando alla società italiana, si tratta, in particolare nelle regioni che vanno industrializzandosi, di un processo che produce, dal punto di vista dei costumi, una spettacolare accelerazione dei processi storici: ciò porterà soprattutto alla secolarizzazione, non senza traumi, di un tessuto sociale che era rimasto sostanzialmente immobile per secoli nelle sue tradizioni scandite dai riti delle celebrazioni religiose. Da questa trasformazione nasce quel mondo che oggi si usa dire mass-mediatico, che la mia generazione del baby boom ha conosciuto e in gran parte condiviso, e nel quale riconosce, anche a livello semplicemente empatico, i tratti caratteristici del secondo Novecento e della contemporaneità.
INTRODUZIONE
"Il Mito non si definisce dall’oggetto del suo messaggio, ma dal modo in cui lo proferisce: ci sono solo limiti formali al Mito, non ce ne sono di sostanziali. Il Mito è soprattutto un sistema di comunicazione, un messaggio. Quindi può essere tutt’altro che orale; può essere sostituito da scritture o da rappresentazioni: il discorso scritto, ma anche la fotografia, il cinema, il reportage, lo sport, gli spettacoli, la pubblicità possono servire da supporto al Mito.
Naturalmente il Mito si basa su un fondamento storico, ma è al tempo stesso l’esatto contrario di un documento storico. Il Mito non nasconde nulla: la sua funzione è di deformare, non di far sparire". (Roland Barthes) [1].
Con l’espressione luoghi mitici della frontiera americana si vuole prendere in considerazione non tanto uno spazio geografico, il West, divenuto mito storico, ma un’intera cultura che, cresciuta e nutritasi alla ricerca di quello spazio, ha dato vita a rappresentazioni letterarie, iconografiche ed artistiche che in diverso modo pervadono tuttora la cultura di massa, negli USA così come nei paesi in cui negli anni è stata via via esportata (e in questo senso il piano Marshall, che qui occupa il primo capitolo, non va sottovalutato, anche se, ad un’analisi superficiale, potrebbe sembrare un capitolo della storia riguardante soprattutto l’economia).
In Italia, l’americanizzazione dei costumi e l’americanismo hanno originato fenomeni interessanti, a lungo dibattuti e sui quali esiste già una ricca bibliografia, basti pensare ad uno storico
seminario dell’Istituto Gramsci dell’Emilia Romagna, Nemici per la pelle – Sogno americano e mito sovietico nell’Italia contemporanea, tenuto a Bologna nel 1990.
Sempre nella città emiliana, nel 1992, si tenne, organizzato dalla Cineteca comunale Lumiere, uno tra i primi tentativi strutturati di collegare Storia e cultura mass-mediatica attraverso un ciclo di proiezioni dal titolo Hollywood come storia – dodici film per leggere la storia americana, tanto più importante ove si consideri che il cinema, elemento principale della cultura di massa, è e fu il veicolo di esportazione più importante della società americana dei consumi. Infatti, come nota il sociologo Livolsi, il sogno americano è fatto soprattutto di cose concrete: case, automobili, vestiti, passatempi e cibi
. E, aggiunge