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A Matera si va, si torna, si resta: La città dei sassi narrata da un forestiero
A Matera si va, si torna, si resta: La città dei sassi narrata da un forestiero
A Matera si va, si torna, si resta: La città dei sassi narrata da un forestiero
Ebook116 pages1 hour

A Matera si va, si torna, si resta: La città dei sassi narrata da un forestiero

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About this ebook

Sergio Fadini è un materano acquisito, per scelta e non per nascita. Ma dei materani ha la stessa capacità di scavo, di ricerca paziente, di raccolta e conservazione, di lenta e precisa conquista degli spazi e dei tempi, dei modi e delle forme. Come se, per un curioso gioco del destino, avesse Matera nel Dna e non solo nel cuore. Ed è un patrimonio che riversa nelle pagine di un libro fatto di storie e luoghi, immagini e persone, indicazioni utili per il turista e incontri da ricordare e narrare per diletto. Lo fa con garbo e ironia, (spesso si ride con gusto ed eleganza), scrupolo del dettaglio, dati e numeri e soprattutto amore sconfinato per questa città. Il tutto perché aveva un sogno caparbio che non gli dava pace: creare un posto dove il viaggiatore potesse dormire e far colazione la mattina, come se fosse a casa sua. Anzi meglio.
LanguageItaliano
Release dateMar 8, 2016
ISBN9788869600111
A Matera si va, si torna, si resta: La città dei sassi narrata da un forestiero

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    A Matera si va, si torna, si resta - Sergio Fadini

    www.altrimediaedizioni.com

    facebook.com/altrimediaedizioni

    @Altrimediaediz

    PAESAGGI RACCONTATI

    collona a cura de IL VAGABONDO

    Illustrazione di copertina: Vitantonio Fosco/Virare

    Titolo dell’opera:

    A Matera si va, si torna, si resta

    © 2015 Sergio Fadini

    ISBN: 978-88-6960-011-1

    © Altrimedia Edizioni è un marchio di

    Diòtima srl - servizi e progetti per l’editoria

    www.altrimediaedizioni.com

    Prima edizione digitale: 2015

    Quest'opera è protetta dalla Legge sul diritto d'autore.

    È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

    La Collana Paesaggi Raccontati nasce sulla scia dell’omonimo progetto dedicato alla narrazione dei territori che Diótima, società proprietaria del marchio Altrimedia Edizioni, ha realizzato assieme ad altri partner di livello internazionale, con l’intento di narrare i territori attraverso diverse tecniche narrative: scrittura, ma anche tecniche pittoriche ispirate ai carnet des voyages, foto e video reportage.

    La collana intende proporre testi innovativi, dove la narrazione dei luoghi non è solo descrittiva ma si imbeve di storie, di racconti, di gente.

    Ogni paesaggio ha un’anima, questi racconti la colgono nei dettagli, nel panorama di sfondo, nei siti che lo caratterizzano, nei percorsi segnati e in quelli nascosti, nei cartelli e nei monumenti, nella natura che lo colora e persino nelle ferite che lo avviliscono. Nelle storie che s’intrecciano, incuriosiscono e stupiscono e – a volte, ma non di rado – lasciano senza fiato.

    Per una visita che dia l’opportunità di tornare a casa con un bagaglio nuovo e colmo, c’è bisogno anche di una guida, di qualcuno che accompagni discreto perché sa dove andare, indichi le strade e i posti che ha già conosciuto nei particolari e sa come trasmetterli.

    Queste pagine hanno proprio questo compito: aiutare uno sguardo diverso, indicare i momenti e i posti che non puoi perdere, e farlo con la semplicità e insieme la cura, l’accortezza e la passione di chi sa che raccontando una storia, raccontando le storie, si apre un sentiero. E ti viene solo la voglia di ritornarci un’altra volta ancora...

    antefatti

    C’era una volta il vicinato

    Quando ho deciso di intraprendere l’avventura da cui ho tratto lo spunto per il libro che avete fra le mani, vivevo in un vicinato del Sasso Caveoso, uno dei tanti luoghi un tempo abitato da decine di famiglie, svuotatosi come per sortilegio a partire dagli anni cinquanta nel secolo scorso; e poi in parte tornato alla vita in epoche recenti.

    In questa fase di ripopolamento nel mio vicinato erano cinque le case abitate, un record per questi tempi. Ovviamente non abitavamo nelle case scavate nella roccia, oramai si vive quasi tutti al piano di sopra; le case grotta sono state trasformate prevalentemente in sale da ristoro, strutture ricettive, negozietti di artigiani.

    I privati cittadini le usano per lo più come cantine o depositi, con dentro un po’ di mobili vecchi e qualche utensile. Noi pure le biciclette.

    Un giorno la casa affianco alla mia fu acquistata da un impiegato materano, che iniziò a riattarla e subito cominciarono i litigi, proprio come ai vecchi tempi immagino: non gli andavano bene le mie piante con i pomodori che facevano bella mostra di sé in cima alla rampa; non gli piaceva che stendessimo i panni fuori; neanche il mio cane notoriamente affettuoso con tutti gli andava a genio.

    L’atmosfera del vicinato si era guastata e la situazione peggiorò quando capimmo la sua vera intenzione: aveva comprato quella casa perché la legge materana, ancora in vigore nonostante i tempi siano decisamente cambiati, permette a chi possiede una casa anche piccola di farsi affidare in sub-concessione le case grotte non ristrutturate del circondario. Non una sola, anche tutte. E così in poco tempo l’impiegato che aveva deciso di trasformarsi in imprenditore, si appropriò a nostro discapito di quasi tutte le case grotta, per aprire un’attività ricettiva per turisti.

    La piazzetta dove facevamo le serate culturali, compresa la tradizionale crapiata, divennero un ricordo. Fummo invasi dalla polvere dei lavori di questa nuova operazione che preferiva i turisti a discapito degli abitanti.

    La sfida verso il 2019 muoveva i suoi primi passi, il tema dell’equilibrio fra presenza cittadina e viaggiatori non era ancora in auge.

    Non avevo voglia di assistere a quell’operazione fino al suo compimento e decisi che dovevo agire.

    Per me.

    Per i viaggiatori.

    Per la città.

    Alla ricerca del luogo adatto

    Deciso ad andarmene da quel vicinato ma favorevole a forme di turismo non invasive, coinvolsi una mia amica nella ricerca di un luogo per avviare un’attività ricettiva, basata sul principio del far incontrare il viaggiatore con chi lo ospita. E magari con qualche sua conoscenza.

    Avevamo tanta grinta e una certezza: non possedevamo grandi capitali da investire! In più nessuno dei due apparteneva a famiglie di prestigio: io anzi sono pure forestiero.

    Due fattori che notoriamente portano alla sconfitta di qualsiasi idea, in un piccolo paese di sessantamila abitanti dove le famiglie proprietarie di più immobili quelle sono...

    Ciò nonostante, guidati da quell’insania tipica di chi vive in posti difficili e tiene duro, non si capisce bene spronato da quale nume tutelare, iniziammo a cercare, tentando tre diverse vie.

    La prima: individuare dei luoghi pubblici non utilizzati, da chiedere in concessione o in locazione.

    La seconda: rilevare strutture in difficoltà.

    La terza: rivolgersi al mercato privato e prendere in affitto un casa o anche un pezzo di terra.

    Dopo aver perso alcuni mesi nel vano tentativo di convincere un ente pubblico ad affidarci una palazzina da poco dismessa, accantonammo l’idea dell’ostello sociale e optammo per le altre strade.

    Spargemmo la voce per sapere di strutture già esistenti e nel frattempo tentammo la terza via. Iniziò così un tour per le strade del centro di Matera, alla mercé di agenzie immobiliari che ci mostravano locali che erano sempre diversi da ciò che ci serviva.

    Di buono c’è che ne approfittammo per conoscere luoghi nascosti di questa città: come quando ci inoltrammo per salita Castelvecchio e, dopo aver superato il portone che diede i natali all’unico garibaldino materano che prese parte alla spedizione dei Mille, giungemmo in una casa da cui poi si accedeva a un terrazzino che dava su una vista magnifica e assolutamente insospettata, per chi in certi luoghi non è cresciuto.

    Stesso dicasi per alcune traverse di via Casalnuovo, la strada che costeggia dall’alto l’accesso al Sasso Caveoso, dove trova sede una delle realtà artistiche più interessanti della città, lo IAC, Centro Arti Integrate, col suo costante calendario di attività. In queste traverse ci sono delle casette chiuse certo da troppi anni, ma che conservano il fascino di una vista mozzafiato sulla Gravina e, in alcuni casi, anche pezzetti di terra dietro casa, per gli amanti dell’orticello.

    Incontrammo infine una possidente terriera che venne a Matera apposta per farci vedere il suo terreno in zona Agna, laddove le case finiscono e le rocce della Gravina diventano maestose nella loro ingombrante presenza.

    Da queste parti ci sono la Grotta dei Pipistrelli

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