Motori & Massoneria
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Motori & Massoneria - Gian Luigi Picchi
vita!
Prefazione
Motori e Massoneria. Cosa hanno in comune? Sembrerebbe solo la M
. Temi sicuramente paradossali. Temi in apparenza distanti come concetti, temi però provocatori e interessanti. Cosa può legare due argomenti così diversi?
Sono argomenti come il cielo e la terra. La Massoneria, misconosciuta ai più, è nota, soprattutto in Italia, per argomenti scandalistici di lobby e di potere. L’automobilismo, e le corse in generale, è noto come sport difficile, elitario, riservato a pochi.
Misconosciuto nelle sue profonde ragioni e meccanismi ai più. In comune, dunque, hanno la caratteristica del mistero riservato a pochi. In realtà, per chi conosce i due ambienti, sono mondi diversi a giudicare dalle apparenze. È come distinguere la realtà dalle favole. Ma tutto sommato hanno dei profondi meccanismi in comune.
Mi è capitato di rincontrare un grande campione dello sport automobilistico quale Gian Luigi Picchi nei Templi Massonici. In passato ho lavorato per una testata automobilistica importante, Autosprint, ho avuto la fortuna di avere esperienze come pilota di auto da corsa. Sono stato il test driver di Autosprint. Ho raccontato le esperienze dei miei collaudi ai lettori del mio giornale, avendo avuto la fortuna di pilotare molte vetture da corsa, tra cui alcune Formula 1, intorno agli anni ᾽80. Vetture con turbo e minigonne, vetture di grande potenza, da 1000 cv. In realtà ero un ex pilota, per meglio dire un pilota e collaudatore con molta esperienza, diventato anche un giornalista. Questa esperienza ha reso interessante lo scambio di opinioni con Gian Luigi Picchi, mio Fratello Massone. Mi confidò la sua intenzione di scrivere un libro e, in seguito, la sua richiesta di scriverne la presentazione. Mi sono chiesto perché. Avevo abbandonato il mondo delle automobili verso metà degli anni ʼ80, non me ne ero più occupato. Leggendo il suo libro ho capito perché. La comunione di esperienze nel mondo dei motori e nel mondo massonico, faceva di me un privilegiato nel comprendere questo mondo, apparentemente degli opposti. La Massoneria ha una peculiarità: lavorare sulla pietra grezza, ovvero accomunare gli opposti in una visione unica. Metabolizzare due mondi così diversi, in apparenza era un processo che ci accomunava.
Ambedue questi mondi ricercano il perfezionamento della propria arte. Il pilota, come un massone, è alla ricerca di migliorare sempre sé stesso. Cercare, nel perfezionamento del suo mestiere, la ricerca del limite massimo, che ti porta necessariamente all’arte.
Hai due mestieri, il lavoro incessante sull’uomo e il modo di interpretare sé stesso in relazione con il proprio mezzo. Nelle corse il mezzo di espressione è la simbiosi tra te stesso e la macchina da corsa. In Massoneria il mezzo di espressione è la tua personalità, paragonabile alla macchina, che viene definita la pietra grezza. Devi lavorarla, conoscendo bene i metalli che la compongono, ovvero le tue caratteristiche, ovvero le tue sub personalità.
In questo, il lavoro diventa di messa a punto. Devi capire, per te che ti connetti con la tua parte spirituale, come mettere a punto il tuo mezzo psicofisico.
Ma devi soprattutto comprendere quali sono le caratteristiche di questo tuo mezzo, ovvero la tua personalità. Quindi anche in Massoneria il tuo pilota spirituale inventa la sua arte per progredire, per vincere la sfida con te stesso e con i tuoi limiti. Anche lì c’è una lotta profonda tra l’apparire e l’essere. Anche lì, se vuoi fare giri più veloci, devi avere la padronanza del tuo mezzo e fonderti con te stesso. Fare dei tuoi difetti i tuoi punti di forza, armonizzando gli opposti in una unica espressione di equilibrio. È il famoso balance degli assetti, con cui cerchi di equilibrare la macchina rendendola veloce circuito per circuito, ovvero argomento per argomento nella vita. Il campionato in palio? È la tua vera libertà. E non la Libertà di fare o di non fare, ma la Libertà da ... pregiudizi, da legami, catene culturali ed educative. Liberare la vera creatività, ovvero il vero fine del tuo destino.
Il libro con una grande agilità, in capitoli brevi ed essenziali, ci porta a scoprire l’esperienza di pilota e l’esperienza di massone. Semplificando mirabilmente i punti essenziali che trasmettono le esperienze. La Massoneria in questi capitoli viene semplificata nella sua essenza di scuola di vita, volta al miglioramento dell’uomo come individuo singolo, inserito nella società. Smitizzando le tante sciocchezze che si raccontano su di essa, le lobby e il potere. Questo, senza violare la necessaria riservatezza, dovuta al rispetto della Massoneria stessa e soprattutto della ignoranza dei profani sull’argomento che, travisando, non capirebbero comunque il significato profondo della stessa. Senza vivere l’esperienza in prima persona, è sminuente qualsiasi tentativo. In un mondo come quello odierno dove tutto è conoscibile su internet, l’esperienza di vita, proposta da Gian Luigi, è espressa in un linguaggio comprensibile ed efficace.
Lo stesso vale per i segreti dell’arte del pilota. Gian Luigi li racconta da dentro l’abitacolo. Anche gli stessi personaggi storici vengono raccontati, filtrati dalla sua esperienza di pilota. È un punto di vista sicuramente privilegiato, magari soggettivo come se lo vedessimo da una camera car posta sulla vettura, in diretta dall’abitacolo.
In diversi punti del libro vi sono le inevitabili riflessioni sulla morte. Un argomento che viene molto approfondito dalla Massoneria, nel suo significato spirituale e simbolico.
L’esperienza di morte, che non ha toccato in senso fisico il nostro Gian Luigi, è centrata in maniera simbolica. Gian Luigi è stato un pilota eroe, che ha corso quando in automobilismo si moriva. Si moriva sia per la mancanza sicurezza passiva degli autodromi che delle vetture.
Il rischio di morire era una delle componenti essenziali e reali del mestiere di pilota di auto da corsa, che ne faceva dei veri Cavalieri del rischio. Anche le caratteristiche tecnologiche delle auto di allora, gli pneumatici a tele incrociate, che davano un comportamento più progressivo alle sbandate delle auto e selezionavano in questo modo i piloti più capaci nel controllo, davano un predominio maggiore della componente guida del pilota nella economia delle corse di allora. Oggi, con la tecnologia elettronica, questa componente viene compressa in millesimi di secondo, riducendo anche la competitività e la spettacolarità delle gare stesse. In realtà le gare di una volta erano più eroiche ed appassionanti.
L’esperienza di Gian Luigi con la morte non è stata fisica, ma in una visione massonica c’è stata comunque. E non nell’essere stato compartecipe testimone della morte di altri piloti, ma nell’aver portato a compimento, nel suo ciclo di vita, la sua esperienza di corridore in maniera cosciente.
Aldilà dei successi, la sua sensazione di pilota di taxi, già nel Campionato Europeo, era un sintomo che lui ha saputo leggere nel suo destino, come la morte del suo professionismo. Mettendo fine ad una delle carriere più brillanti tra i piloti dell’epoca, anzi alla più promettente. Un’epoca in cui i piloti italiani erano molto discriminati, per il comportamento dei media in generale ogni volta che succedeva un incidente. Le grandi e gloriose case automobilistiche dovevano rispondere agli interrogativi moralistici e qualunquistici di una certa stampa, che cavalcava le notizie in maniera scandalistica, facendo una guerra spietata alla pericolosità di questo sport. In Inghilterra ogni circuito aveva una targa che avvisava che lo sport dei motori era pericoloso, per i piloti e per gli spettatori e che la responsabilità era di chi sceglieva di praticarlo o di assistervi! In Italia i processi contro il motorsport e i suoi protagonisti erano all’ordine del giorno.
Forse l’esperienza avrebbe potuto continuare, se non si fosse ritirata l’Alfa Romeo con i prototipi. O forse se avesse potuto continuare in Formula 2 con le monoposto, la categoria della purezza dell’arte. Ma ciò non è avvenuto. E allora cosa significa questa nuova esperienza che sta vivendo con le vetture storiche? Continuare a vincere? Conoscendo Gian Luigi è una rivisitazione della sua grande esperienza passata. È una reintegrazione con il distacco, dovuta alla maggiore esperienza dell’età e soprattutto alla più raffinata coscienza massonica di quella che è stata la sua esperienza passata. Una rivisitazione da vincente visto che è la sua pelle, delle sue iniziazioni al volante. Un’esperienza che in Tempio ripetiamo ogni volta che riviviamo, attraverso l’Iniziazione di un nuovo fratello, le nostre personali esperienze iniziatiche.
Gaetano Dima
La comune passione per i motori
Finalmente mi ero concesso due settimane di riposo lontano da tutti, lontano da tutti i problemi della quotidianità, lontano da tutti i continui adempimenti cui un cittadino italiano deve sottostare. Avrei desiderato trascorrere quel periodo in una isola deserta come avevo sempre sognato, ma avevo dovuto ripiegare, si fa per dire, su un alberghetto sulla costiera amalfitana. Lo avevo scelto su internet perché dotato di un terrazzone sul mare, almeno quello. Me ne stavo beatamente seduto a sorbire il caffè mattutino, permeato dal sole di mezza stagione, quando nel tavolo accanto venne a sedersi un signore che credetti di riconoscere. Lo osservai ancora meglio, poi, quasi certo, lo interpellai: Mi scusi, lei è Giovanni P…? Mi chiamo Luigi, la ho riconosciuta da una foto su Facebook, siamo tra gli amici di ‘Motori di Altri Tempi’, non è cambiato quasi per niente, sono un appassionato di corse automobilistiche e mi ricordo di lei, leggevo le riviste di settore all’epoca e spesso c’erano sue foto
. Giovanni mi guardò, l’espressione compiaciuta per essere stato riconosciuto e replicò: Possiamo darci del tu tra appassionati di automobilismo, poi abbiamo l’amicizia su Facebook…
. Molto volentieri grazie
replicai per me sarebbe estremamente interessante parlare con te di corse, dei valori di pilotaggio dei driver di oggi e se vuoi parlare anche dei tuoi tempi
. Una domanda, ho seguìto la tua carriera fino al tuo abbandono, in tanti ci chiedemmo il perché. Se hai tempo puoi spiegarmi perché hai lasciato?
.
Mi rispose che era una lunga storia, ma poiché si trovava lì per lavoro, sarebbe stato in zona per qualche tempo ancora e quando gli dissi che sarei stato ospite in albergo per più giorni, concluse che sicuramente avremmo avuto occasione di chiacchierare. Finito di bere il caffè si alzò in fretta con un ‘a presto’, ma ebbi chiara la sensazione che sarebbe rimasto lì volentieri a parlare della comune passione per i motori. Mi alzai dal tavolo poco dopo e invece di andare a fare la solita passeggiata mi infilai in camera, presi il PC e mi collegai con Facebook andando sul profilo di Giovanni per rivedere le foto e leggere qualche suo commento. Cercavo qualche spunto di conversazione, se mai Giovanni mi avesse veramente dedicato un poco di tempo, andai anche a visualizzare le sue amicizie. Molti profili presentavano inequivocabili simboli massonici ed uno in particolare tra i ‘mi piace’ era posto su una delle due maggiori Obbedienze Massoniche italiane. Argomento delicato pensai, ma semmai si fosse presentata l’occasione, molto alla larga, fortemente incuriosito avrei cercato di introdurre l’argomento.
L’ex pilota
Giovanni si era alzato dal tavolo gratificato dall’essere stato contattato da quell’appassionato di corse, aveva un paio di appuntamenti di affari, salì in macchina e mise in moto immettendosi nel traffico caotico della costiera, per lui, appassionato della guida, non era certo entusiasmante stare in coda. Avrebbe preferito guidare in una bella strada veloce con qualche curva e senza traffico per soddisfare la sua voglia di pennellare le traiettorie ideali. Una manìa che gli era rimasta dalle corse. Certamente ormai per scelta non guidava troppo forte su strada, ma l’inscrivere la macchina nella traiettoria ideale all’interno delle corsie era un divertimento che non si negava mai. Il piccolo monovolume che aveva scelto per i suoi spostamenti era stato preferito per la comodità ma specialmente per il cambio, che aveva una maneggevolezza e precisione impressionante. Non sopportava le macchine col cambio automatico e meno ancora quelle con tutti i marchingegni quali il controllo di trazione e il controllo di stabilità, amava guidare sentendo le reazioni della macchina. Fermo ad un semaforo stava riflettendo come l’essersi inserito su Facebook gli avesse dato modo di ritrovare molti contatti di gente delle corse e di moltissimi appassionati, come quello di quella mattina. Se fosse rientrato abbastanza presto in hotel avrebbe volentieri fatto quattro chiacchiere con quel tizio davanti ad un aperitivo e capire quanto sapesse di corse veramente, il mondo era pieno di sfegatati ottusi tifosi della propria squadra che di corse e valori di pilotaggio non capivano un accidenti e facevano chiacchiere corsaiole da bar ripetendo a pappagallo i commenti letti sui giornali ed ascoltati in televisione. Giovanni sperò di trovarsi di fronte qualcuno che ne masticasse, chè, in caso contrario, si sarebbe divertito a schiarirgli le idee. In fin dei conti pensava tra sé che le esperienze di pista gli avevano lasciato una capacità di analisi che gli permetteva di interpretare al meglio gli argomenti tecnici e di guida delle corse moderne. Stava riflettendo su questo quando sul cellulare arrivò un SMS. Era della segreteria della sua Loggia, gli ricordavano che fra sette giorni c’era Tornata. Non c’era bisogno che glielo ricordassero, non era mai mancato una volta ai due appuntamenti fissi mensili, la Massoneria era diventato il filo conduttore di quel periodo della sua vita.
I valori di pilotaggio
Me ne stavo beatamente seduto nel balcone della camera dell’hotel, godendomi il baluginare delle acque del mare in basso, aspettando l’ora dell’aperitivo, speravo che Giovanni rientrasse in tempo per fare la chiacchierata promessa, avevo voglia di sentire i suoi commenti sull’ultimo Gran Premio e confrontare le sue opinioni con le mie. A me, appassionato di corse automobilistiche, si presentava l’occasione di parlare con qualcuno che l’ambiente lo aveva vissuto in prima persona anche se tanto tempo addietro e non nella massima formula, tuttavia con esperienze internazionali di alto livello. Sarebbe stato estremamente interessante. Scesi e mi sistemai su un tavolo proprio di fronte alla grande porta che dava sulla ampia terrazza, così da poter essere visto, avevo con me anche l’ultimo numero di una rivista di motorsport poggiato in bella vista sul tavolo come ulteriore sollecitazione nel caso fosse arrivato veramente. Arrivò! Un cenno di saluto, la stretta di mano, i soliti convenevoli sull’andamento della giornata, le osservazioni sul tempo, temperatura gradevole. Due analcoolici. Ah, vedo che hai Autosprint
, Giovanni mi chiese di dargli una sbirciata. Andò a cercare subito il resoconto dell’ultima corsa di Formula 1 poi, poggiata la rivista, mi chiese se avessi seguito il Gran Premio in TV. Certamente, non ne perdo uno
replicai. In modo naturale il discorso andò sulla scuderia vanto nazionale, ancora una volta il risultato era arrivato soltanto da uno dei due piloti del team. Spiegami, Giovanni: a volte, quello che ormai noi tutti appassionati definiamo secondo pilota quando riesce ad essere molto veloce in qualifica, poi si perde e perde posizioni nell’arco della corsa. Perché? Quale è la ragione?
. Mi spiegò che la risposta era estremamente semplice, era la differenza tra un campione che è talento naturale ed un pilota costruito. Uno è un vincente, lo ha nel DNA, l’altro è arrivato ai massimi livelli grazie ad un assiduo costante esercizio di assuefazione alle alte potenze ed alla velocità
. Sì, va bene
replicai ma sono tutti e due veloci, poi per essere arrivato in Ferrari…
. Giovanni mi rispose che ci sono due modi di arrivare al limite della guida, due modi di essere veloci. Il talento vero riesce a portare la macchina al limite impiegando il 90/95% delle sue capacità psicofisiche, il pilota costruito, per ottenere le stesse prestazioni, ne impiega il 100% ed anche più, ed allora arriva l’errore di guida. E c’è anche una enorme differenza nell’ottenere i tempi, il driver forte riesce ad ottenere la prestazione in prova ed ha la capacità di ripeterla in corsa, ha ritmo, riesce ad imporre ritmo, il driver costruito, il non talento, in qualifica riesce anche a fare un ‘giro pazzo’, così lo chiamano in gergo, ma poi non riesce a mantenere lo stesso ritmo in gara
. Inoltre
continuò il pilota che impiega soltanto il 90/95% delle sue capacità psicofisiche nell’arco del Gran Premio impiega il restante 5/10% per pensare in corsa e mantiene lucidità e capacità di ragionamento. La differenza sta lì, anche se oggi, con la gestione dal muretto e con le comunicazioni radio c’è la possibilità di colloquiare in corsa per le strategie; tuttavia quando nell’abitacolo della monoposto c’è bisogno di risolvere situazioni e si presentano variabili che richiedono reazioni e decisioni quasi istintive prese in centesimi di secondo ecco che la differenza tra le due tipologie di conduttori emerge in modo chiarissimo. L’uno attua scelte generalmente giuste, l’altro si incasina soventemente. Questo è il concetto di base, poi è chiaro che intervengono innumerevoli variabili nell’arco di una competizione, il cui esito si ha soltanto sotto la bandiera a scacchi. Ci sarebbe da parlare per ore intere, ma ora in Ferrari con l’ingaggio di Vettel e Raikkonen ci sono due prime guide vere
concluse Giovanni due piloti veri
. Disse che doveva andare ad una cena di lavoro e rimandò il tutto, se volevo, al giorno dopo. Giovanni si congedò ed io non avevo trovato il modo di introdurre l’argomento che mi aveva incuriosito, la presenza nel suo profilo Facebook di simboli massonici.
Seconda chiacchierata
Giovanni aveva cominciato a fare colazione quando arrivò Luigi. Con un cenno lo fece accomodare al suo tavolo, c’era un’aria tiepida che rendeva gradevole stare all’aperto.
La cena di lavoro la sera prima era stata positiva e questo lo predisponeva bene, ma ancor di più aveva voglia di continuare a parlare di corse, da ragazzo aveva vissuto per quello, per le corse. Scherzando, ma non tanto, ai pochi amici di ora, due? tre? diceva che in quel periodo vedeva il mondo in bianco e grigio, il grigio dell’asfalto e il bianco delle strisce sulla carreggiata.
Amici? In realtà nel periodo dell’adolescenza amici non ne aveva avuti, l’attività sportiva motoristica, aveva cominciato con il kart, lo aveva isolato dal contesto sociale. I coetanei ex compagni di scuola li