La scuola degli orrori
By Liana Fadda
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La scuola degli orrori - Liana Fadda
Cococcia"
Le card
La nefasta mattina in cui cominciò l’orrore eravamo in classe ed era da poco suonata la campana che annunciava l’inizio della quarta ora.
Il professor Bloom era seduto come al solito dietro la cattedra e ci fissava con lo sguardo inquisitore puntato al di sopra della montatura degli occhiali.
– Allora, mi volete dire o no a chi appartengono queste? – chiese con tono minaccioso, mentre sventolava con la mano destra due card di Yugi, tassativamente proibite durante le ore di lezione.
In aula c’era un silenzio tombale, nessuno osava fiatare con l’intransigente professor Bloom, che usava i voti come se fossero temibili armi affilate.
D’altro canto il Best College di Saint Louis, nel Missouri, era il migliore in assoluto per qualità d'insegnamento, ma anche il più rigido riguardo a regole e imposizioni.
– Ve lo chiedo per la terza e ultima volta. Chi è il proprietario di queste figurine?
L’unica risposta che ottenne fu nuovamente il silenzio assoluto.
Fece un attimo di pausa e poi riprese:
– Ve lo dico io, allora, chi è il proprietario! Un codardo… un pusillanime che, per paura, fa cadere sull’intera classe una punizione che dovrebbe essere solo sua!
Noi tutti sapevamo che le card appartenevano a Sasha, ma in quei casi vigeva l’omertà più assoluta: pusillanime sarebbe stato ritenuto dalla classe, chi si fosse schierato dalla parte del corpo insegnante.
Per chi contravveniva alle regole della scuola, le punizioni erano molto rigide e spaziavano, dalla clausura durante il week-end, fino all’espulsione, in base alla gravità del reato commesso.
La detenzione di figurine prevedeva come pena due fine-settimana rinchiusi in camera, a svolgere una marea di compiti: non era certo augurabile a nessuno.
Più o meno tutti possedevamo le card di Yugi: se ne faceva un vero e proprio commercio al College, ma stavamo altresì attenti a non farle scivolare fuori della cartella durante le ore di lezione.
Se fossero state intercettate da qualche insegnante, infatti, non ne saremmo mai più rientrati in possesso.
Sasha era stato evidentemente poco accorto ed ora l’ira del professor Bloom stava per abbattersi sull’intera classe.
– Perfetto! – sbottò Bloom. – Visto che non sapete essere ragionevoli, anziché spiegare la lezione inizierò immediatamente a interrogare.
Aprì a caso un libro che aveva sulla cattedra, guardò il numero della pagina, lo lesse a voce alta, fece la somma delle cifre e controllò sul registro a quale alunno corrispondesse il risultato.
Mi sentii gelare il sangue nelle vene, quando il professore annunciò che la somma equivaleva al numero tre. Sapevo perfettamente di essere io in tal posizione sul registro di classe, così come ero anche conscio di non aver ripassato minimamente la lezione di chimica.
Quando il professore scandì il nome ‘Benny’, mi stavo già alzando in piedi rassegnato per dirigermi alla lavagna.
Sasha era pallido in volto, come la cera… doveva sentirsi molto in colpa; le figurine, infatti, gli erano scivolate fuori dalla cartella mentre prendeva i libri.
Avrebbe sicuramente preferito essere lui al mio posto, ma la casualità aveva voluto che toccasse proprio a me.
Ormai ero rassegnato: un bel quattro in chimica non me lo avrebbe tolto nessuno!
Il professor Bloom mi dettò una formula che io, diligentemente e in bella grafia, mi apprestai a scrivere sulla lavagna, ma l’interrogazione non ebbe seguito.
Un rumore assordante fece sobbalzare tutti quanti: dal soffitto era crollato un quadrotto di vetro, che era andato a infrangersi proprio sulla mia sedia, fortunatamente vuota.
Rimasi per un momento a bocca spalancata, mentre il gesso che reggevo con la mano destra ruzzolò in terra.
Vidi, prima di perdere i sensi per lo spavento, Tom e Annie, i miei compagni di banco, gocciolanti di sangue e uno scompiglio generale che portò tutti i ragazzi a scappare verso l’uscita.
Ciò che accadde in seguito, mi fu raccontato dagli altri in infermeria.
La sfida
Mi ritrovai sdraiato su un lettino in infermeria, con accanto la dottoressa Sloane che cercava di riportarmi allo stato cosciente.
– Sei proprio nato con la camicia, Benny! – mi disse. – Puoi ringraziare il professor Bloom. Se non ti avesse chiamato alla lavagna…
– Eh già! – risposi, pensando fra me e me: Devo la vita anche a Sasha, siano benedette le sue card!
Vidi nel letto di fianco al mio Mike, un