Il Leone e il Corvo
By Eli Easton
4.5/5
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About this ebook
Nell’Inghilterra medievale il dovere è tutto, l’onore personale vale più della vita stessa e l’omosessualità non è tollerata né da Dio né dalla società.
Sir Christian Brandon è cresciuto in una famiglia che lo ha sempre odiato per la sua insolita bellezza e per le sue origini. Essendo il più piccolo di sei rozzi fratellastri, ha imparato a sopravvivere usando l’astuzia e le sue doti da stratega, guadagnandosi il soprannome di Corvo.
Sir William Corbett, un imponente e feroce guerriero conosciuto come il Leone, sopprime i suoi desideri contro natura da tutta la vita. È determinato a incarnare il proprio ideale di cavaliere valoroso. Quando decide di mettersi in viaggio per salvare la sorella dal marito violento, è costretto ad affidarsi all’aiuto di Sir Christian. Il loro accordo metterà alla prova ogni briciola della sua fibra morale e, alla fine, la sua concezione di cosa significhino dovere, onore e amore.
Eli Easton
Eli Easton has been at various times and under different names a minister’s daughter, a computer programmer, a game designer, the author of paranormal mysteries, a fan fiction writer, an organic farmer, and a long-distance walker. She began writing m/m romance in 2013 and has published 27 books since then. She hopes to write many more. As an avid reader of such, she is tickled pink when an author manages to combine literary merit, vast stores of humor, melting hotness, and eye-dabbing sweetness into one story. She promises to strive to achieve most of that most of the time. She currently lives on a farm in Pennsylvania with her husband, two bulldogs, several cows, and a cat. All of them (except for the husband) are female, hence explaining the naked men that have taken up residence in her latest fiction writing. Website: www.elieaston.com Twitter: @EliEaston Email: eli@elieaston.com
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Il Leone e il Corvo - Eli Easton
Il Leone e il Corvo
Di Eli Easton
Nell’Inghilterra medievale il dovere è tutto, l’onore personale vale più della vita stessa e l’omosessualità non è tollerata né da Dio né dalla società.
Sir Christian Brandon è cresciuto in una famiglia che lo ha sempre odiato per la sua insolita bellezza e per le sue origini. Essendo il più piccolo di sei rozzi fratellastri, ha imparato a sopravvivere usando l’astuzia e le sue doti da stratega, guadagnandosi il soprannome di Corvo.
Sir William Corbett, un imponente e feroce guerriero conosciuto come il Leone, sopprime i suoi desideri contro natura da tutta la vita. È determinato a incarnare il proprio ideale di cavaliere valoroso. Quando decide di mettersi in viaggio per salvare la sorella dal marito violento, è costretto ad affidarsi all’aiuto di Sir Christian. Il loro accordo metterà alla prova ogni briciola della sua fibra morale e, alla fine, la sua concezione di cosa significhino dovere, onore e amore.
Indice
Sinossi
Dedica
Ringraziamenti
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Epilogo
Biografia
Di Eli Easton
Visitate il sito di Dreamspinner Press
Copyright
A tutti coloro che lottano per i diritti umani delle persone LGBT.
Ringraziamenti
SCRISSI UNA versione più corta di questa storia per l’evento Love Has No Boundaries
organizzato dal gruppo M/M romance di Goodreads nel 2013. Grazie a Angel del gruppo M/M romance per avermi dato uno spunto adorabile e stimolante. Inoltre, i moderatori del gruppo mi sono stati molto d’aiuto per l’editing della prima edizione della storia. Un grosso ringraziamento va alle mie prime beta reader Kate Rothwell e Kim Whaley.
Capitolo 1
Inghilterra, 1300
LA PRIMA volta che William lo vide, stava cavalcando sul campo del torneo in groppa a un cavallo rosso. La casacca che l’uomo indossava era di un blu brillante con un’aquila bianca ad ali spiegate sul petto; doveva essere uno dei figli di Lord Brandon. Una luccicante armatura a piastre gli rivestiva le spalle, le braccia e la parte superiore delle gambe. Sotto di essa indossava brache e stivali neri.
Era un’abitudine da guerrieri studiare i nemici – o gli avversari. Perciò William non provò alcuna vergogna a fissare il giovane, studiandolo da capo a piedi. L’armatura che indossava era raffinata ma funzionale. Recava segni d’usura: non era il semplice ornamento di un pavone. Una fascia di velluto nero gli cingeva i fianchi sottili. Aveva le spalle larghe per la sua corporatura, ma il petto snello e la vita sottile. Non aveva un filo di grasso superfluo. Montava la sua cavalcatura con la leggerezza di una piuma. Gli occhi di William caddero sugli speroni dorati. Era stato ordinato cavaliere. Ma William sapeva bene che tale investitura era un’usanza comune fra i figli della nobiltà e non sempre era stata guadagnata con il duro lavoro.
Toccava alla gara di tiro con l’arco e i paramenti del giovane cavaliere servivano più da ornamento che da vera e propria protezione. Sul capo non portava elmo, né perle o trecce. I suoi capelli erano quasi neri, tagliati più corti rispetto all’uso del tempo, ed erano raccolti sulla sommità del capo in stile barbarico. Era una capigliatura severa da guerriero, ma su di lui faceva risaltare meglio il volto. Era il volto più elegante che William avesse mai visto – lungo, sottile e delicato, con labbra piene dagli angoli rivolti all’insù, il naso dritto, una fossetta sul mento e ampie sopracciglia che si curvavano su grandi occhi scuri. Aveva la pelle chiara come un secchio di panna. C’era una naturale tinta rosata sulla fiera ossatura dei suoi zigomi, e di sicuro qualsiasi fanciulla avrebbe ucciso la propria stessa madre pur di ottenerla. Si trattava forse di un rossore dovuto all’eccitazione per la battaglia, in previsione della gara imminente.
William riusciva a farsi un’idea delle persone nel giro di un istante, e di rado poi la cambiava. Nella sua mente c’erano uomini nati per la battaglia, duri e rozzi. Erano uomini che chiunque avrebbe voluto al proprio fianco – sempre che il loro temperamento non fosse troppo detestabile quand’erano ottenebrati dall’alcol. E poi c’erano gli uomini nati per dare piacere alle donne, quasi che Dio li avesse posti sulla terra al solo scopo di riscaldare il sangue di una donna per giacere poi con il marito, assicurando così la diffusione della razza umana. Questi ultimi potevano rivendicare di appartenere alla prima categoria – bravi in battaglia come qualunque altro uomo, ma per quanto ne sapeva lui, ciò accadeva di rado. Forse era un problema di motivazione. Quale uomo, potendo scegliere, non avrebbe preferito affondare tra le cosce di una donna piuttosto che affondare la lancia nel campo d’allenamento? La bellezza tendeva ad accompagnarsi alla pigrizia.
Quel giovane cavaliere era decisamente in grado di soddisfare le donne. Possedeva una bellezza che William non aveva mai visto in un uomo. In verità, nemmeno in una donna. Tale bellezza gli ispirava ben poca fiducia. Udì le urla d’incitamento distintamente femminili con cui la folla accolse il cavaliere, il che non fece che confermare la sua teoria. Poi il giovane gli passò davanti… e lo guardò.
Non fu una mera occhiata di sfuggita. Il cavaliere incontrò il suo sguardo quando si trovava ancora a dieci passi di distanza e continuò a fissarlo, inesorabile, mentre cavalcava davanti a lui. Voltò persino il capo mentre passava, prima che si decidesse a distogliere lo sguardo. William non si ritrasse a quell’occhiata. Lui non abbassava lo sguardo di fronte a nessuno. Rimase invece stoicamente immobile, il volto che non lasciava trasparire alcuna emozione. Il cavaliere sembrò impiegare un tempo infinito per passargli davanti, eoni durante i quali quegli occhi rimasero fissi nei suoi. Erano di un intenso castano scuro, pieni di calore e di vita. Anche se il viso del cavaliere aveva assunto un’espressione placida e composta, quegli occhi sembravano parlare una lingua che William non riusciva a capire. Gli scavarono dentro, serrandogli lo stomaco con un’emozione indefinibile.
Confusione? Curiosità? Oltraggio?
Che intenzioni aveva, a fissarlo a quel modo? Non si erano mai incontrati. Era una sfida? Il benvenuto a uno straniero? L’ammirazione di un giovane per un guerriero più maturo? Aveva sentito racconti sul suo valore? Oppure lo aveva scambiato per qualcun altro?
William si era fermato per guardare la processione di arcieri sulla via del ritorno dalle stalle, dove aveva condotto il suo cavallo, stanco dopo l’ultima giostra. Ora si ritrovava nel bel mezzo di un gruppo composto dai braccianti del castello. Uno di questi era un fabbro, il corpo muscoloso avvolto in un logoro grembiule di pelle.
Che, lo conoscete?
domandò a William. Il Corvo?
A quanto pareva, il fabbro aveva notato lo scambio di sguardi. William si accigliò. "No. Hai detto ‘il Corvo’?"
L’uomo ridacchiò. Aye, poveraccio. È il più giovane di sette fratelli, e quegli altri si sono presi tutti i soprannomi più onorevoli.
Un altro uomo, rugoso e rinsecchito per l’età, si unì alla conversazione. Vediamo, c’è un orso, un cinghiale, una volpe…
Un tasso!
esclamò allegramente un terzo. Che è Sir Peter Brandon.
Aye. Un tasso. C’è anche un falco, no?
Quello è Sir Thomas,
confermò il fabbro in tono affabile.
Vediamo un po’. Dev’essercene un altro…
rifletté con serietà Faccia Rugosa.
Leone?
suggerì il terzo uomo.
Il fabbro lanciò un’occhiata consapevole alla casacca di William. "Nay. Nessuno dei figli del lord si è guadagnato quel titolo. E se non ce l’hanno i primi due, puoi scommetterci che non ce l’hanno gli altri. I fratelli maggiori non si lasciano mica superare."
Ecco perché ‘il Corvo’.
Faccia Rugosa sbuffò.
Segugio,
suggerì il terzo uomo. Sir Malcolm, proprio lui.
Segugio! Ecco fatto. È quello bravo a seguire le tracce, no? Ha anche un po’ l’aspetto del segugio.
Faccia Rugosa scoprì i denti e masticò rumorosamente. Un gran fetore si mescolò alla brezza.
Lo sguardo di William tornò a posarsi sul Corvo mentre questi si allontanava, alto e diritto sulla sella. Visto da dietro, le sue spalle apparivano ancora più ampie. Si stringevano in una forma a V ben definita, fino a una vita quasi delicata. Il labbro di William si curvò leggermente in un sorriso. E quello là? Il Corvo? I figli di Lord Brandon sono tutti come lui? Secondo la mia esperienza, un uomo dall’aspetto così apprezzato dal genere femminile difficilmente riesce a sollevare una spada, figuriamoci a menar fendenti.
Il fabbro sembrò offeso. Il suo nome è Sir Christian. Aye, è di bell’aspetto, ma quelli speroni se li è guadagnati. I suoi fratelli non gli dimostrano alcuna pietà. Duri come il ferro, dal primo all’ultimo.
Aye, gran lavoratore, quel Sir Christian. Andiamo a guardarlo tirare.
Faccia Rugosa era tutto impaziente. Lui e il suo compagno si allontanarono a grandi passi da William, seguendo il mare di folla diretto ai bersagli del tiro con l’arco.
Il fabbro fece una pausa e gli lanciò un’occhiata amichevole. Venite a vedere? La gara di tiro con l’arco è la migliore della giornata.
William era tentato. Era curioso di vedere i tiri del Corvo, per scoprire se oltre a quel portamento regale fosse dotato anche di qualche talento, ma ci ripensò. Non riusciva a capire il giovane Brandon, non sapeva come interpretare il significato di quell’occhiata. Ma il senso di disagio che provava gli disse che sarebbe stato meglio mantenere le distanze.
Nay. Voglio trovare qualcosa da mangiare. Buona giornata.
William si diresse verso le bancarelle di cibo. Si trovava lì per uno scopo. Doveva parlare della sua situazione a Lord Brandon e ottenere il suo aiuto. Non poteva permettersi di inimicarsi uno dei suoi figli. E non poteva nemmeno permettersi di lasciarsi distrarre dalle donne, dal gioco o dalle risse. La sua causa era troppo importante – per Elaine e per se stesso.
Mentre si allontanava, il suono delle frecce che colpivano il bersaglio e il ruggito della folla si alzarono fragorosi alle sue spalle.
IL PREMIO per il torneo del tiro con l’arco va al nostro Sir Christian Brandon!
Lord Brandon sollevò la borsa piena di monete in modo che la folla potesse vederla, poi la consegnò a Christian.
Lui fece un inchino formale. Padre.
La folla esultò; Lord Brandon incrociò il suo sguardo e sorrise. Non fu un sorriso aperto, come quelli che riservava spesso e volentieri ai suoi fratelli, ma recava ugualmente le tracce di un calore sincero.
Christian sentì il sangue ribollire per la gioia della vittoria. Era stata una bella giornata. Aveva vinto la gara di tiro con l’arco senza sforzo e la folla l’aveva sostenuto. Adesso quello. Era valsa la pena esercitarsi con l’arco per tutte quelle ore, quei giorni e quegli anni, pur di acquisire delle capacità che avrebbero reso fiero suo padre.
Lady Gwendolyn si chinò in avanti. Aveva labbra morbide e profumate mentre gli sfiorava la guancia con un bacio. I mormorii della folla divennero fischi d’approvazione e si udì qualche urlo che chiedeva il bis. Christian piegò il capo, fingendo timidezza, il che scatenò delle risate e calorose pacche sulle spalle da parte degli uomini di suo padre in piedi sul palco. Tuttavia Christian non mancò di notare lo sguardo di disprezzo che si scambiarono i suoi fratelli maggiori, Stephen e Duncan.
Potevano anche ingelosirsi o trovarlo ridicolo. Non gli importava. Per dimostrarlo, agitò la borsa in direzione della folla ed eseguì un finto saluto militare. Questo provocò altre grida entusiaste. Mentre si rivolgeva agli spalti, però, Christian si ritrovò a cercare tra la folla un volto preciso, uno le cui labbra non erano morbide e sicuramente neanche profumate.
Non lo vide.
IL CAVALIERE che indossava il surcotto rosso con il leone bianco sopra l’armatura ricomparve nel tardo pomeriggio. Stava gareggiando in una giostra contro il fratello di Christian, Sir Peter. Il banditore presentò lo straniero come Sir William Corbet. Christian aveva già sentito quel nome. Credeva che i Corbet vivessero piuttosto lontano, a sud-est. Perché Sir William aveva fatto tutta quella strada solo per partecipare a un modesto torneo? Forse era solo di passaggio e voleva vincere qualche moneta? Oppure stava cercando un nuovo signore da servire? Sarebbe rimasto?
Christian aveva scorto il volto del cavaliere in mezzo alla folla, mentre si dirigeva alla gara di tiro con l’arco, e sia il suo buonsenso che il suo cuore si erano fermati, inceneriti con un sibilo come trucioli di legno gettati su una fiamma. Anche con la visiera abbassata, come in quel momento, Sir William attirava l’attenzione su di sé senza sforzo apparente. Era alto e aitante, forte e sicuro sulla sella. Cavalcava con fermezza e facilità, e manovrava la lancia con forza controllata. Peter era robusto come un muro di pietra, come quasi tutti i fratelli di Christian, ed era uno dei loro migliori giostratori. Ma Sir William riuscì a schivare facilmente la prima carica di Peter e, alla seconda, gli colpì forte la spalla con la lancia, facendolo ruzzolare giù da cavallo.
William frenò la propria cavalcatura e balzò a terra, nonostante l’armatura pesante. Si piegò per attraversare la corda al centro del campo e aiutò Peter a rialzarsi. Questi si tolse l’elmo; era rosso in volto e senza fiato. Per un istante, Christian ebbe paura. Peter aveva un caratteraccio e detestava perdere. Eppure riconobbe la vittoria di Sir William con un cenno del capo e gli fece alzare la mano in direzione della folla. William disse qualcosa e Peter rise. La gente approvò, esultando rumorosamente per entrambi.
William si tolse l’elmo e avanzò verso il palco per ricevere il riconoscimento della vittoria da Lord Brandon. Era un uomo magnifico.
Christian era in piedi vicino alla parte anteriore del palco e si riempì gli occhi dell’immagine del Leone. William aveva capelli castano chiaro, che portava lisci appena oltre