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Paure, comunicazione e forze di polizia. Il caso dei giovani
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Ebook195 pages2 hours

Paure, comunicazione e forze di polizia. Il caso dei giovani

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About this ebook

L’opera consente al lettore di approfondire tematiche attuali, correlate in primis alla sicurezza, alla comunicazione e al disagio giovanile, tramite un testo di piana e facile lettura, ricco di spunti bibliografici e con un’impostazione del tutto singolare che mira a dare unitarietà a problematiche spesso narrate in maniera frammentata. La prospettiva dell’uomo delle Istituzioni, del colonnello dei Carabinieri, lascia spesso il passo alla persona attenta a salvaguardare “la visione dell’altro”. Ricca di spunti di riflessione derivanti dalla lunga esperienza sul campo, l’opera non disdegna di fornire adeguati strumenti di rigorosa grammatica sociologica, risultando d’interesse sia per un pubblico adulto di “addetti ai lavori”, sia per lettori decisamente più giovani.

LanguageItaliano
PublisherPM edizioni
Release dateJun 24, 2016
ISBN9788899565190
Paure, comunicazione e forze di polizia. Il caso dei giovani

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    Paure, comunicazione e forze di polizia. Il caso dei giovani - Nicola Conforti

    Nicola Conforti

    Paure, comunicazione e forze di polizia

    Il caso dei giovani

    Copyright © 2016

    PM edizioni

    via XXIV Maggio, 1

    00049 Velletri (RM)

    www.pmedizioni.it

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

    Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore.

    ISBN 978-88-99565-19-0

    Prima edizione: giugno 2016

    Il mio grazie sincero ai tanti ragazzi che hanno avuto la pazienza di ascoltarmi e, così facendo, mi hanno donato una parte del loro entusiasmo e della loro voglia di vivere.

    Gli incontri, i dialoghi, i confronti sono stati preziosi momenti di riflessione e, da parte mia, di grande arricchimento culturale e umano.

    La mia promessa è quella di continuare a credere in loro, per non deluderne mai le aspettative e, soprattutto, per poter essere un riferimento per le loro speranze e un tassello per la realizzazione dei loro progetti.

    Un grazie anche a mio figlio Marco.

    Indice

    Frontespizio

    Colophon

    Dedica

    1.  La sicurezza come strategia di futuro

    2.  Introduzione

    3.  Le paure e i rischi nella società post-moderna

    3.1  Paura ovunque

    3.2  Il concetto di rischio e la sua evoluzione

    3.3  La percezione del rischio

    4.  La comunicazione nella complessità

    4.1  Il processo comunicativo

    4.2  La comunicazione come fabbrica di realtà

    4.3  La società iper-comunicativa

    4.4  La comunicazione politica e la società orfana della politica

    4.5  La spettacolarizzazione della paura e dell’insicurezza nella società rischiosa

    5.  Le Forze di polizia al servizio della società complessa

    5.1  Le funzioni di polizia: alla ricerca di una definizione e di un nuovo senso

    5.2  L’insicurezza percepita nella fabbrica delle paure

    5.3  Segue... E la necessità di ritrovare gusci protettivi

    5.4  La via maestra dell’innovazione e della formazione per semplificare la complessità

    5.5  La comunicazione istituzionale delle forze di polizia

    6.  Il mondo giovanile ostaggio del nichilismo

    6.1  Le paure e il disagio dei giovani

    6.2  I nativi digitali nel mare iper-comunicativo

    6.3  Verso una nuova educazione

    6.4  Una nuova alleanza tra forze di polizia e giovani

    6.5  Attività delle forze di polizia a favore dei giovani

    7.  Conclusioni

    8.  Bibliografia

    1.  La sicurezza come strategia di futuro

    Mihaela Gavrila

    Questo libro presenta una duplice novità nel panorama della letteratura su giovani e sicurezza. In primo luogo perché ci accompagna in un universo spesso narrato in un’ottica frammentata e comunque non esaustiva: l’incontro tra la fragilità dell’infanzia e dell’adolescenza, come età delle transizioni, e la narrazione della paura e della società del rischio. Ma a questo singolare intreccio, l’autore aggiunge un’altra dimensione che avvalora ulteriormente il lavoro: l’esperienza personale e lavorativa, fatta di interventi in situazioni di crisi, ma anche di incontri con i giovani negli spazi che essi più frequentano. Si tratta di esperienze destinate a contribuire ad arginare il senso di insicurezza, di isolamento e di solitudine, diffuso più che mai nella società contemporanea e a cui i giovani non riescono a sfuggire, anzi, sono sempre più esposti e vulnerabili.

    Per portare avanti la sua tesi, l’autore non da nulla per scontato, sostenendo la parte più applicativa con un’accurata e ben documentata contestualizzazione teorica della società odierna, attraverso il recupero del pensiero di teorici della modernità come Beck, Giddens, Sennet e intrecciando i loro assunti con i dati che ritraggono la società italiana, come quelli forniti dall’Istat e dal Censis. Un compito non facile, ma svolto con grande competenza e profonda passione per il tema trattato.

    Ma la parte più consistente del lavoro è legata a un approccio critico alla comunicazione, in particolare nelle sue responsabilità sociali e applicazioni pratiche. Sono messi in discussione gli argomenti relativi alla cronaca nera, all’eccessiva spettacolarizzazione dell’informazione e alla sempre più invadente logica degli ascolti, a svantaggio di una narrazione educativa dei fatti locali e globali.

    Nell’attuale contesto, quello che appare chiaro è che il convenzionalismo apparentemente democratico dei media e la loro incapacità di raccontare il mondo che cambia e di comprendere appieno il loro potere e la loro funzione sociale, tendono a configurare una specie di società per azioni, risultato dell’associazione tra media e criminalità nelle sue varie sfaccettature. Andando ancora più in profondità, il testo delinea con chiarezza alcune conseguenze gravissime di questa combinazione in termini sociali, comunicativi e persino educativi.

    Non è un caso, dunque, se l’attenzione del colonnello Conforti si sia focalizzata sul patto strategico tra le forze dell’ordine e le nuove generazioni, fondamentale per superare il senso di insicurezza e per costruire piattaforme di solidarietà e di solidità sociale e culturale. Oltre a e essere la proiezione al futuro di una società, i giovani sono anche quelli più vulnerabili rispetto alle maglie della criminalità organizzata, del terrorismo, dei crimini online etc. A questa fotografia, già di per sé preoccupante, si aggiungono le narrazioni negative sulle nuove generazioni. Basti guardare i dati 2016 dell’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza per comprendere quanto i media mainstream e persino i telegiornali di servizio pubblico siano responsabili di una distorsione dello sguardo sull’universo giovanile.

    Possiamo persino sostenere che i giovani sono rilevanti per la loro irrilevanza nei racconti dei servizi pubblici europei.

    Lo storytelling proposto dai principali Tg è vestito di nero: i giovani vengono trattati soprattutto quando sono coinvolti in fatti criminali, come parricidi, aggressioni e violenze; quando si parla di terrorismo (quasi tutti i volti che scorrono nelle immagini dei Tg sono quelli dei giovani indottrinati e arruolati nelle armate dell’Isis); sono sempre giovani anche coloro che vengono inquadrati e restituiti dalle telecamere dell’informazione televisiva quando viene affrontato il problema dell’immigrazione e dei rifugiati.

    Ma lo sguardo di questo testo è molto più ottimista e privilegia la dimensione propositiva, necessaria per far emergere le potenzialità intrinseche a una collaborazione continuativa tra gli operatori della sicurezza e l’energia positiva delle nuove generazioni, anche entro la collaborazione con le istituzioni e i luoghi delle loro esperienze quotidiane. Infatti, il lavoro restituisce anche il focus sulle nuove generazioni, studiate attraverso la lente dei media digitali e dei social network sites che, da una parte si dimostrano incubatori di possibilità e potenzialità espressive, dall’altra vanno a ridefinire la questione di sicurezza e rischio.

    Anche in questo caso, la visione proposta vede nelle forze dell’ordine, possibilmente entro una continua collaborazione interforze, soggetti deputati a progettare, insieme alla scuola e alla famiglia, nuovi percorsi di socializzazione e di formazione, accompagnando i ragazzi nel cambiamento. Solo così si potranno costruire nuovi e validi reticoli normativi, morali e culturali, in grado di funzionare da bussola per la navigazione verso il futuro.

    2.  Introduzione

    In una società liquida che ha ormai superato decisamente la fase della modernità e che è costantemente sotto assedio, schiacciata da paure che provengono da tutte le direzioni, l’essere umano sembra essersi smarrito nel deserto dell’ignavia, senza essere più in grado di guardare all’orizzonte e puntare verso mete per le quali valga la pena lottare. La complessità è la parola chiave per comprendere le dinamiche della postmodernità, un’epoca in cui sono venuti meno i tessuti delle connettività sociali. Vittima di se stesso, del progresso, del consumismo e del profitto a ogni costo, l’individuo sembra anche aver smarrito la bussola del tempo. L’esistenza dell’io egoista introflesso su se stesso si consuma nel presente, anzi nell’attimo.

    Al calo del desiderio, che rende la vita sciapa e infelice, fa da contraltare una sovrabbondanza di aspettative che genera ansia e disorientamento. Nel deserto del nulla, l’umanità procede come il naufrago Ulisse, facendosi largo tra la nebbia che gli consente di scorgere solo ciò che è evidente, ma che cela ostacoli e insidie di ogni tipo: catastrofi ambientali, minacce terroristiche e episodi di cronaca nera ove il cattivo corrisponde proprio all’identikit del vicino della porta accanto. La pigrizia postmoderna, in assenza di un quadro valoriale e normativo di riferimento, ha lasciato il passo alla supremazia della comunicazione che da veicolo informativo si è trasformato in strumento di produzione della realtà. La lente deformante dei media si posiziona, ai comandi di una regia sopraffina, su tematiche che rispondono esclusivamente alla logica dell’auditel e seguono la dorsale della spettacolarizzazione della paura e dell’insicurezza, declinando logiche e linguaggi anti-politici.

    In uno scenario siffatto, dominato da incertezza, diffuso senso di insicurezza e complessità sistemica, il ruolo delle forze di polizia è diventato sicuramente più complesso e centrale. Alla ricerca di un nuovo senso dell’essere operatori di sicurezza, che vada oltre il mero aspetto definitorio, si stringe un patto di prossimità con il cittadino, seguendo con convinzione ed entusiasmo percorsi fondati sulla centralità del cliente. Per acquisire la conoscenza necessaria e i grimaldelli del mestiere, l’approssimazione deve cedere definitivamente il passo alla professionalità costruita in maniera certosina tramite l’innovazione e la formazione. Solo sapendo leggere il mutamento e adeguandosi ad esso, le forze di polizia potranno confrontarsi con la complessità. A tal fine, la comunicazione istituzionale deve essere costruita scientificamente, sulla scorta degli obiettivi da perseguire e modellata sulle esigenze dei destinatari.

    Infine, l’attenzione è per i giovani, a quel capitale inagito pronto a tramutarsi in dirompente energia positiva se e quando gli adulti riusciranno a sintonizzarsi sulla loro lunghezza d’onda e a scacciare quell’ospite inquieto, il nichilismo, che si è annidato nei loro spazi vitali. Ripercorrendo cause ed effetti del disagio e delle paure giovanili, viene analizzato il rapporto con i media e, in particolar modo, con le nuove tecnologie e i social network, mettendo in evidenza regole e dinamiche della nuova socialità giovanile.

    L’esortazione finale è per il mondo degli educatori, tra cui le stesse forze di polizia, affinché abbandonino il consueto approccio di contrapposizione e intraprendano, con convinzione ed entusiasmo, nuovi percorsi educativi che vadano incontro ai giovani e mirino alla costruzione cooperativa di validi reticoli normativi, morali e culturali.

    3.  Le paure e i rischi nella società post-moderna

    3.1  Paura ovunque

    Passano rapidi i titoli di apertura del telegiornale: undici morti sospette a seguito del vaccino antinfluenzale, l’indice di disoccupazione giovanile continua a crescere, Genova a altre città del Nord Italia seguitano a sgretolarsi e a piegarsi sotto i colpi delle bombe d’acqua. Un attimo per assaporare il primo caffè della mattina e giungono gli aggiornamenti sullo stato di salute del medico italiano contagiato dall’Ebola, per terminare con le immagini delle violenze propagatesi negli Stati Uniti dopo i fatti di Fegurson e le atrocità dell’Isis.

    Paura sempre, paura dovunque, sembra questo lo scenario di riferimento che accompagna l’esistenza dell’uomo contemporaneo. Eppure queste quattro stringate parole sono uscite nel 1942 dalla penna di Lucien Febvre, che così descriveva come si sentiva l’Europa nel Cinquecento alla vigilia dell’era moderna. Febvre individuava nel buio la fonte principale della paura, dell’incertezza¹.

    Non sapere cosa c’è al di là della siepe che contorna la nostra casa crea ansia, paura; l’oscurità ci serba qualunque imprevisto, ogni pericolo può improvvisamente affiorare da un momento all’altro. Ma il buio non è di per sé la causa della minaccia, bensì è l’habitat naturale dell’incertezza. I parchi cittadini, polmoni preziosissimi delle moderne metropoli, sono oggi sottratti agli utenti, per la maggior parte dei casi, nelle ore serali e notturne: il buio è ancora lì prepotentemente a ricordarci il nostro stato di insicurezza e di paura diffusa.

    Ne sono passati di decenni da quel dipinto cinquecentesco di Febvre. Sono trascorsi i secoli della modernità, di quell’era che avrebbe dovuto liberare l’uomo da ogni paura, l’epoca che doveva essere illuminata perennemente da potenti lampioni. Ma perché le parole di Febvre suonano oggi così attuali, quasi che i secoli fossero passati invano? Perché la previsione di Victor Hugo, secondo cui le nuove scienze avrebbero segnato la fine di sorprese, calamità e catastrofi, ci sembra oggi una profezia non realizzata? Domande di fronte alle quali, se vogliamo realmente fornire delle risposte, non possiamo esimerci dall’analizzare con attenzione il ritratto della nostra società. Una realtà postmoderna in cui, per dirla con Miguel de Cervantes Saavedra, ci sembra di continuare a vestire i panni di Don Chisciotte, vivendo una perenne avventura dall’esito imprevedibile ove la paura ha mille occhi e vede anche le cose che stanno sotto terra².

    La modernità si era aperta con un senso di onnipotenza dell’uomo. La sfida agli oceani in cerca di nuove terre e ricchezze aveva segnato uno spartiacque importante. Le spedizioni marittime dovevano fare i conti con innumerevoli imprevisti: rotte da scoprire, tempeste, malattie. Ma tali rischi apparivano allora dominabili, sottratti al fato per entrare nelle maglie del calcolo probabilistico. Fiorirono le imprese assicuratrici che si facevano carico dei rischi delle traversate. La conoscenza sembrava essere la chiave di volta del sistema, appariva la fiaccola capace di orientare l’uomo nel buio, dando un volto alle ombre che ne avevano sino ad allora turbato l’esistenza. Gli Illuministi, confidando nella ragione e nella conoscenza, erano convinti che l’umanità sarebbe riuscita a portare a termine l’impresa di domare le paure e imbrigliare i pericoli ad esse connessi.

    La realtà oggi è ben diversa da

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