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Il Coraggio è Rosso
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Il Coraggio è Rosso

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About this ebook

E se il coraggio fosse la tua unica possibilità?

Quando Kallie organizzò l'intervista per il college con il nuovo poliziotto super sexy, ancora non sapeva che la sua vita stesse per cambiare completamente. Il detective era giovane, bello e sembrava avesse ridotto notevolmente il tasso di criminalità in città. Il particolare interesse dimostrato dal detective Liam nei suoi confronti, le fece sussultare il cuore e la mente. 

Quando a casa sua prese vita una faida sanguinosa tra vampiri, Kallie si trovava lì in mezzo. Combattuta tra amore e fedeltà familiare, dovette trovare il coraggio di sconfiggere ciò che temeva di più e rischiare tutto, anche se ciò significava morire per chi amava. 

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateJul 31, 2016
ISBN9781507143742
Il Coraggio è Rosso
Author

W.J. May

About W.J. May Welcome to USA TODAY BESTSELLING author W.J. May's Page! SIGN UP for W.J. May's Newsletter to find out about new releases, updates, cover reveals and even freebies! http://eepurl.com/97aYf   Website: http://www.wjmaybooks.com Facebook:  http://www.facebook.com/pages/Author-WJ-May-FAN-PAGE/141170442608149?ref=hl *Please feel free to connect with me and share your comments. I love connecting with my readers.* W.J. May grew up in the fruit belt of Ontario. Crazy-happy childhood, she always has had a vivid imagination and loads of energy. After her father passed away in 2008, from a six-year battle with cancer (which she still believes he won the fight against), she began to write again. A passion she'd loved for years, but realized life was too short to keep putting it off. She is a writer of Young Adult, Fantasy Fiction and where ever else her little muses take her.

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    Il Coraggio è Rosso - W.J. May

    Una Notte Buia e Tempestosa...

    La pioggia forte s’infrangeva contro il parabrezza. Le pesanti gocce rimbalzavano come proiettili contro il tettuccio dell'auto, mentre i tergicristalli perdevano la loro battaglia nel tentativo di mantenere il vetro anteriore limpido e pulito. Una raffica di vento si scagliò su un lato della vettura. La presa salda di Kallie sul volante non riusciva a domare lo zig-zag che il vento la costringeva a fare.

    Oramai era più di un anno che guidava, anche se aveva preso la patente a tutti gli effetti solo da due settimane. Sapeva guidare. Suo padre vendeva camion e a soli dieci anni le aveva fatto guidare i bimotori e gli spazzaneve. Esperta o meno, sfido chiunque a riuscire ad affrontare una tempesta simile. La frangia le cadeva davanti agli occhi e lei cercava inutilmente di soffiarla via. Per nessun motivo al mondo avrebbe staccato le mani dal volante per sistemarsela. Suo padre dormiva sul sedile del passeggero accanto a lei, incurante della tempesta in atto. Uno dei suoi fornitori si era ammalato due giorni fa, mentre quello prima un conducente aveva accusato lo stesso virus allo stomaco, ammalandosi a sua volta. Subito dopo aver coperto il turno dell’ufficio consegne, aveva deciso di provvedere alla spedizione del carico che spettava proprio a quel ragazzo. Aveva guidato per dodici ore senza sosta. Come se ciò non bastasse, aveva già programmato che sarebbe andato a lavorare alle sette il giorno successivo. Tornato in ufficio, dopo aver parcheggiato il camion, aveva scritto un messaggio a Kallie. Si erano già messi d’accordo e gli aveva promesso che sarebbe andata a prenderlo poiché era il compleanno della madre e, come sempre, lui le avrebbe portato la colazione a letto: omelette, la sua specialità. Kallie diede un’occhiata all’orologio digitale dell’auto, erano solo le tre e mezza. Quando era partita, quaranta minuti prima, le nuvole scure avevano coperto la luna piena ed il cielo, ma non aveva piovuto granché. Il temporale aveva impiegato lo stesso tempo a formarsi del padre di Kallie ad addormentarsi. Temeva che avesse contratto lo stesso virus di quel ragazzo e non voleva svegliarlo.

    Un’altra forte folata di vento urtò il fianco della sua auto. La piccola Honda stava puntando il cordolo della strada e Kallie fece come per ripararsi, mentre il veicolo si dirigeva verso una grande pozza d’acqua. L’auto slittò a causa dell’aquaplaning e non si capiva se volesse proseguire dritto o girare. Buttò fuori l’aria che aveva trattenuto quando finalmente le ruote ripresero possesso dell’asfalto.

    Aumentò la potenza dello sbrinatore per cercare di pulire il parabrezza. La cosa non fu rapida, perciò Kallie strizzò gli occhi per cercare di vedere meglio.

    Che strano, pensò. Quella foschia che vedeva veniva da fuori, non era il vetro ad essere appannato. Non riusciva a vedere cosa ci fosse a pochi passi da lei. Provò ad accendere gli abbaglianti, ma li spense subito. Erano inutili. Trasformavano solamente la pioggia in proiettili d’argento e impedivano completamente la visuale. Sentì suo padre russare più forte e si girò verso di lui. Aveva la testa contro il sedile e la bocca leggermente aperta come se fosse impiccato. Kallie non sapeva se avesse la cintura di sicurezza allacciata. Uno strano rumore simile a un graffio sull’esterno della portiera la fece balzare e le fece riportare l’attenzione sulla strada. Doveva essere stato qualche ramo che staccandosi aveva graffiato la macchina. Era servito solamente ad aumentare lo sconforto.

    Kallie s’impegnò, allora, a guardare se ci fosse qualche ramo caduto sulla strada.

    Sbuffò. Ormai dovevano essere quasi arrivati. Maledetta decisione della sua famiglia di andare ad abitare fuori città. Maledetta città che non migliora l’illuminazione lungo la strada che la riporta a casa.

    Accelerò appena quando notò la buca delle lettere rossa sulla destra. La loro via si trovava a due minuti da lì. Il peggio è passato. Quasi arrivati.

    Un po’ più rilassata, pensò al suo letto caldo e comodo. Non vedeva l’ora d’infilarsi sotto le coperte e tornare a dormire. Il giorno successivo era domenica, quindi niente scuola. Magari poteva portare la mamma a pranzo fuori.

    Sempre più assorta nei suoi pensieri, Kallie non fece caso alla figura che attraversò la strada se non quando ormai era troppo tardi. La sagoma indossava una giacca scura con il cappuccio senza nessun segno catarifrangente.

    -  Merda!

    Kallie sterzò bruscamente a destra e sentì di essere salita sul cordolo dal lato in cui stava suo padre. Le pozzanghere schizzarono la parte inferiore, causando un rumore parecchio inquietante. L’asfalto del marciapiede era scivoloso e l’auto iniziò a slittare nuovamente. Kallie lanciò un urlo quando il motore si spense e il servosterzo si bloccò. Premette il freno, ma sentì l’auto sbandare e, come se tutto andasse a rallentatore, vide quella figura al centro della strada che la guardava con occhi luminosi. Avvolto dalla luce dei fari, i suoi occhi erano di un rosso insolito, come quando fai una foto e il flash ti tinge la pupilla.

    Che pensiero bizzarro in un momento terrificante come quello.

    Con l’auto che sbandava ancora, la sua attenzione tornò totalmente su di essa. Provò a dare gas e a girare la chiave nel tentativo di riaccenderla.

    Questo viaggio da incubo non voleva saperne di finire. L’auto continuò la sua corsa a zig-zag. Quando il motore all’improvviso si riaccese, l’Honda si raddrizzò e Kallie tentò di schivare un’auto parcheggiata. La parte anteriore del passeggero la urtò poiché il volante non obbediva totalmente alle manovre di Kallie, che ne aveva perso totalmente il controllo. Si stavano per cappottare. Ne era certa. Mise le mani sul tettuccio come per reggersi e gridò.

    Continuò ad urlare ancora e ancora. Mentre si ribaltavano, mentre suo padre sbatteva contro il parabrezza, mentre un orribile rumore di schianto invase l’interno della piccola auto, mentre essa prendeva lo slancio dalla pendenza della collina. Le sue grida vennero soffocate dall’airbag che fuoriuscì dal volante, ma Kallie continuò a sgolarsi. Non aveva idea di quanti giri stesse facendo l’auto, pensava solo che non si sarebbe più fermata.

    Improvvisamente, la parte anteriore e quella laterale dell’auto si schiantarono contro una quercia centenaria grandissima. Solo allora smise di urlare.

    Intorno a lei tutto si fece scuro.

    Capitolo 2

    Due anni dopo...

    Kallie tirò a sé i manici dello zaino mentre saliva gli scalini di cemento della stazione di polizia. Se lo strinse contro la schiena affinché non le rimbalzasse addosso. Con la fortuna che aveva lei, la telecamera presa in prestito alla lezione di fotografia si sarebbe capovolta o avrebbe filmato a vanvera restando schiacciata contro il blocco per gli appunti, oppure, peggio ancora, avrebbe scaricato tutta la batteria. Prima impressione impeccabile.

    Arrivata in cima alla scalinata, rallentò il passo e si tirò bene quella lunga coda bionda. Il modo in cui  riusciva a concludere un’intervista con questa esemplare recluta della RCMP (polizia canadese a cavallo) era una notizia da prima pagina – forse anche più dell’intervista stessa. Questo ragazzo era riuscito a risolvere diversi omicidi, fino ad allora irrisolti, e ad eludere la stampa. Kallie scosse la testa. Studentessa al primo anno di college con la vocazione del giornalismo, Kallie non aveva fatto chissà quali salti mortali per ottenere l’intervista.

    In realtà era stato anche abbasta semplice. Aveva trovato la mail del detective Liam Steel sul sito del RCMP e aveva richiesto la sua intervista per il giornale del college. Quando un’ora dopo si ritrovò la mail di risposta, immaginò che all’interno ci fosse un cordiale rifiuto alla sua proposta. Al contrario, egli accettò e le chiese quale pomeriggio le facesse comodo. All’apice dell’entusiasmo, si strinse le mani e rispose - per poco non inviava una frase sgrammaticata: giovedì sera sarebbe perfetto. Per una volta il correttore automatico giocò a suo favore.

    Fuori la porta della stazione di polizia, cercava di specchiarsi sul vetro con gli ultimi raggi di sole. Capelli sistemati, trucco non colato e vestiti appropriati. Afferrò la maniglia lunga con una mano e contemporaneamente infilò l’iPod nella tasca laterale dello zaino. Una brezza fresca l’accolse quando oltrepassò l’entrata. Con quell’umidità esterna sembrava ci fossero cento gradi e lo smog del traffico non aiutava affatto ad alleviare quel tepore. Il pavimento di marmo e il continuo flusso di aria condizionata nell’ufficio le fecero venire la pelle d’oca sulle braccia. Non avrebbe dovuto indossare una canottiera. Perlomeno la lunga gonna a strisce sembrava azzeccare qualsiasi temperatura l’uomo –

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