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Roma e Cristina di Svezia: Una irrequieta sovrana
Roma e Cristina di Svezia: Una irrequieta sovrana
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Roma e Cristina di Svezia: Una irrequieta sovrana

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Per la ricorrenza del 360° anniversario dell’entrata a Roma di Cristina regina di Svezia (20 dicembre 1655) dopo l’abiura al luteranesimo e la conversione al cattolicesimo, il Dipartimento di Scienze umanistiche, della Comunicazione e del turismo, in collaborazione con il CIRIV (Centro Interdisciplinare di Ricerca sul Viaggio), ha organizzato il 15 dicembre 2015 presso l’Aula Magna del Rettorato una giornata di studio e di confronto tra diversi studiosi che si sono interessati alla figura di questa sovrana che ha lasciato un segno tangibile nelle vicende storiche europee e non solo. Il risultato di quella giornata sono gli atti che presentiamo in questo volume, dove i diversi autori esplorano la figura, le azioni, l’irrequietezza di Cristina regina di Svezia la quale, venendo a Roma, spera di trovare quelle risposte ai dubbi dottrinali e/o teologici mettendo - però - ben presto la Santa Sede in fibrillazione nel tentativo di arginare quel suo modo di vita privo di qualsiasi mediazione diplomatica e così poco conforme ai dettami tipici di un buon cattolico.
LanguageItaliano
Release dateMay 23, 2016
ISBN9788878535930
Roma e Cristina di Svezia: Una irrequieta sovrana

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    Roma e Cristina di Svezia - Gaetano Platania

    VATICANO.

    Premessa

    PREMESSA

    Per la ricorrenza del 360° anniversario dell’entrata a Roma di Cristina regina di Svezia (20 dicembre 1655) dopo l’abiura al luteranesimo e la conversione al cattolicesimo, il Dipartimento di Scienze umanistiche, della Comunicazione e del turismo, in collaborazione con il CIRIV (Centro Interdisciplinare di Ricerca sul Viaggio), ha organizzato il 15 dicembre 2015 presso l’Aula Magna del Rettorato una giornata di studio e di confronto tra diversi studiosi che si sono interessati alla figura di questa sovrana che ha lasciato un segno tangibile nelle vicende storiche europee e non solo. Il risultato di quella giornata sono gli atti che presentiamo in questo volume, dove i diversi autori esplorano la figura, le azioni, l’irrequietezza di Cristina regina di Svezia la quale, venendo a Roma, spera di trovare quelle risposte ai dubbi dottrinali e/o teologici mettendo - però - ben presto la Santa Sede in fibrillazione nel tentativo di arginare quel suo modo di vita privo di qualsiasi mediazione diplomatica e così poco conforme ai dettami tipici di un buon cattolico.

    L’arrivo a Roma nella notte del 20 dicembre 1655 fu, senza alcun dubbio, uno dei più eclatanti eventi che la capitale del papa vive nella prima metà del Seicento. Un grande accadimento che si tramuta anche in una grande festa barocca, come era stato alcuni anni prima per la solenne entrata nel 1633 di Jerzy Ossoliński, inviato del re di Polonia Władysław IV Wasa, che resterà nell’immaginario collettivo dei romani per anni e anni.

    In vista dell’arrivo di Cristina furono convocati i più insigni architetti del tempo, gli artigiani più valenti con l’incarico di progettare e approntare mastodontici apparati scenografici, per sistemare le strade in pessime condizioni e permetterle di essere accolta con quella solennità e magnificenza che la situazione richiedeva.

    Passato questo primo momento di festa, i rapporti tra l’ex sovrana e i pontefici che si succedettero sul trono di Pietro divennero sempre più complessi, sebbene nella vita quotidiana dell’alma città di Roma, Cristina resterà pur sempre la grande sovrana che dà ordini, impone condizioni, fa parlare di sé.

    Tutto ciò è stato presentato dagli oratori nei vari interventi durante questa giornata di studi dedicati a Cristina. Tutti hanno cercato di uscire dagli steccati dell’oramai conosciuto, dalla banalizzazione troppo di sovente inflitta a questa figura di donna dalle molte sfaccettature, per offrire qualche nuova interpretazione, o qualche nuovo elemento che possa dare a chi si interessa a questa complessa figura di sovrana uno spunto di riflessione.

    Per Matteo Sanfilippo, ad esempio, il film TheGirlKing di Mika Kaurismaki presentato al Festival des Films du Monde di Montréal nel 2015, adattamento della pièce Christine,lareine-garçon (2012) del drammaturgo quebbecchese Michel Marc Bouchard, è la dimostrazione tangibile di quanto la vicenda personale di Cristina riesca tutt’oggi ad accendere l’interesse di registi, sceneggiatori e pubblico, diventando il pretesto per riflettere come la sua figura sia stata discussa e riutilizzata dal suo tempo ad oggi: dalla pamphlettistica politica seicentesca, alla riflessione storiografico-filosofica del Settecento, dal teatro e dalla pittura romantica alla saggistica, romanzo e cinema del Novecento.

    Sono così ripercorse le tappe delle diverse interpretazioni cui nel tempo è stata sottoposta Cristina, riunendo le biografie più recenti e sfruttando le possibilità concesse dalla rete, quella di avere a disposizione gran parte della produzione pamphlettistica, storiografica, letteraria e artistica sulla regina e quella di poter intendere quanto formulato dalle ricerche più recenti in lingua scandinava grazie a sottotitoli e traduzioni on-line.

    Francesca De Caprio ha messo in evidenza come il viaggio che portò l’ex sovrana di Svezia fino alla capitale del papa sia stato annotato e poi pubblicato da autori coevi (Festini e/o Galeazzo Gualdo Priorato), i quali seppero esaltare l’evento ripercorrendo le varie tappe e riportando preziose informazioni. Su queste fonti, l’autrice ha impostato il suo intervento sottolineando quanto la Santa Sede fosse particolarmente interessata a rendere il lungo viaggio il meno faticoso possibile per la nostra sovrana la quale, abiurando al protestantesimo sceglie Roma, caputmundi,la nuova Gerusalemme, perché capitale del mondo cattolico facendo diventare la città il palcoscenico delle sue avventure.

    Alessandro Boccolini si sofferma principalmente, ma non solo, sull’entratasolennee i primi giorni romani della regina di Svezia analizzati attraverso lo spoglio di due gruppi distinti di materiale d’archivio, edito ed inedito, conservato presso gli archivi e le biblioteche romane. Una riflessione che mira ad integrare relazioni a stampa, istruzioni manoscritte, editti, avvisi cittadini, e stampe d’epoca, ad una lettura parziale di due manoscritti privati dell’epoca, diari personali stilati dall’avvocato concistoriale Carlo Cartari e da Monsignor Neri Corsini, vere e proprie testimonianze in presa diretta su quelle giornate romane così significative per la storia di Roma. L’obiettivo perseguito dall’autore è quello di offrire una dettagliata ricostruzione sulle dinamiche relative alla sontuosa accoglienza riservata alla regina dalla corte pontificia, entrando così nel merito non solo della magnifica festa organizzata per l’arrivo della sovrana svedese, ma anche dello stesso significato che la conversione di Cristina aveva assunto nella politica pontificia.

    Simona Rinaldi affronta il tema sempre interessante e mai completamente esaustivo del legame tra l’ex sovrana di Svezia una volta giunta a Roma e il mondo dell’arte. A tale scopo parte dalle vicende che hanno visto coinvolte le collezioni di Cristina ricordando come molti storici dell’arte abbiano indagato sui preziosi volumi di disegni da lei posseduti e sulle pregevoli collezioni di antichità e di dipinti raccolte prima e dopo l’arrivo nella capitale del papa.

    Gaetano Platania da parte sua, dopo un velocissimo racconto del viaggio e dei primi mesi di soggiorno romano della PalladedelNord e del suo tentativo fallito di farsi eleggere regina di Polonia, si sofferma a fotografare gli ultimi giorni di vita di Cristina e tutto quello si operò, anche con l’assenso di papa Innocenzo XI Odescalchi, mai tenero con lei, nell’organizzazione del funerale. Evento certamente meno fastoso di quello che le era stato tributato all’arrivo ma sempre occasione per richiamare una grande massa di popolino romano, di nomi della più bella aristocrazia e dell’apparato curiale.

    Anche in questo frangente l’arte effimera del barocco dette il meglio di sé. Come per altre occasioni dove furono coinvolti i più rinomati architetti che operavano a Roma, da Domenico Fontana al sommo Gian Lorenzo Bernini, da Andrea Sacchi a Giovan Battista Magno detto il modeninoecc., anche per l’ex sovrana di Svezia i mastri delle cerimonie pontificie organizzarono alla perfezione l’ultimo saluto ad una donna che è stata giustamente definita una personalitàdellaciviltàeuropea (com’è stato evidenziato dalla mostra organizzata dal Museo nazionale di Stoccolma nel 1966), curando nei minimi particolari il trasporto della salma da palazzo Corsini fino alla Chiesa Nuova. Con quest’ultima cerimonia si chiudeva un’era; lo stesso Innocenzo XI da lì a qualche mese lascerà per sempre questa Valledilacrime. Nel caso del pontefice lo attenderanno gli altari dopo che Pio XII lo volle beato, per l’ex Sovrana di Svezia ad attenderla ci sarà il mito che ancora oggi la pone al centro degli interessi di studiosi e non.

    In ultimo, il contributo proposto da Luca Carboni mira a presentare un censimento delle carte su Cristina conservate presso l’Archivio Segreto Vaticano, partendo dalla documentazione proposta nell’ambito di due mostre vaticane del 1966 (CristinadiSvezia.Mostradidocumentivaticani) e del 1989 (CristinadiSveziaaRoma1655-1689.Mostradidocumenti) e aggiungendovi riferimenti a studi e ricerche condotte dagli ultimi anni dell’Ottocento fino ad oggi. Si tratta di un censimento dei documenti cristiani estremamente utile per indicare allo studioso percorsi di ricerca all’interno degli stessi fondi vaticani. Inoltre illustra con mano felice le vicende turbolenti a cui sono state soggette le carte di Cristina, private o meno, dopo la sua morte.

    Abbreviazioni utilizzate: ASR per Archivio di Stato di Roma; A.S.V. per Archivio Segreto Vaticano; ASVR per Archivio Storico del Vicariato di Roma; BAn. per Biblioteca Angelica; B.A.V. per Biblioteca Apostolica Vaticana; BCas. per Biblioteca Casanaten­se di Roma; BCF per Biblioteca Comunale di Ferrara; BCors. per Biblioteca Corsiniana; BNVE per Biblioteca Nazionale di Roma Vittorio Emanuele II; DBI per Dizionario Biografico degli Italiani.

    CRISTINA DI SVEZIA TRA STORIA E FANTASIA.

    Matteo Sanfilippo

    Matteo Sanfilippo

    Cristina di Svezia tra storia e fantasia

    1.Introduzione

    Nel 2015 è stato presentato al Festival des Films duMonde di Montréal TheGirlKing, l’ultimo film di Mika Kaurismaki, attore e regista finlandese, fratello del più noto Aki[1]. La pellicola adatta la pièce Christine,lareine-garçon (2012) del drammaturgo quebecchese Michel Marc Bouchard[2], il quale ha curato personalmente la sceneggiatura cinematografica per raccontare sul grande schermo le ambasce politiche e sessuali della regina svedese. Nell’ambito di una rappresentazione assai tradizionale dell’antico regime, contraddistinto al solito da castelli, cavalli, intrighi e duelli, la pellicola pone l’accento sulle tendenze sessuali della giovane e motiva l’abdicazione con la ricerca della libertà sentimentale. Proprio per questo, il film ha avuto accoglienze ambivalenti. Molti hanno elogiato l’idea di una protagonista che rinuncia al potere pur di essere libera di seguire le proprie inclinazioni. Altri hanno ribattuto che si tratta del solito melodrammone ambientato nell’età moderna, dove il/la protagonista sceglie la libertà e l’amore, in questo caso la possibilità di cercare il vero amore, e sfugge alla rigidità culturale dei suoi tempi.

    L’opera di Kaurismaki e Bouchard ci mostra come la vicenda di Cristina di Svezia (1626-1689) sia ancora oggi una delle più citate. Allo stesso tempo gli anacronismi del film, ad esempio immaginare una lotta per i diritti sessuali nell’antico regime, ci rammentano quanto questa storia, pur tante volte rinarrata, sia alla fine poco compresa o addirittura poco conosciuta. Troppi studiosi infatti dimenticano l’asserzione del romanziere britannico Leslie P. Hartley sulla lontananza fra il presente e il passato e l’inutilità di leggere il secondo alla luce del primo[3]. Inoltre i biografi di Cristina si scontrano con una notevole dispersione delle fonti documentarie, che rende difficile un lavoro veramente approfondito. Fondi di primaria importanza si trovano a Stoccolma (Riksarkivet) e Parigi (Archives des Affaires Étrangères, Archives Nationales e Bibliothèque Mazarine), a Roma (Archivio di Stato) e nella Città del Vaticano (Archivio Segreto e Biblioteca Apostolica), nonché in centri minori quali Jesi (Biblioteca Comunale) e Montpellier (Biblioteca interuniversitaria, Sezione di Medicina)[4]. Infine le fonti a stampa coeve sono spaccate fra chi è a favore e chi è contro le scelte della protagonista. Queste hanno dunque da subito risonanza internazionale e sono esaltate o condannate a seconda della posizione di chi le giudica. L’abdicazione dal trono svedese e la conversione al cattolicesimo sono celebrate dalla propaganda pontificia e spagnola, mentre il rifiuto di sposarsi e i sospetti sulle opzioni sentimentali dell’ex sovrana servono a ridicolizzare le pretese di Roma e Madrid, secondo i loro avversari troppo disposte a sopportare i capricci di una pazza.

    L’effetto distorsivo dell’amplificazione encomiastica o polemica si traduce nella riproposizione quasi immediata di singoli episodi della vita di Cristina sulla scena teatrale o nella pamphlettistica politica. L’insieme di questi testi ha notevole diffusione nella seconda metà del Seicento e impone, proprio per il dato meramente numerico, la figura della regina alla riflessione storiografico-filosofica del Sette-Ottocento, sospingendo quest’ultima a cercare documenti archivistici che precisino i punti oscuri della biografia in questione. La diffusione di questi lavori ispira a sua volta teatro e pittura romantici e post-romantici e nutre robuste polemiche accademiche, che a loro volta rilanciano la ricerca storico-documentaria e la rilettura politica della vicenda. Sulla scia di questi ulteriori dibattiti la figura di Cristina riappare nella saggistica, nel romanzo e nel cinema del Novecento.

    Nella seconda metà dello scorso secolo tale tendenza è rafforzata dalla decisione di dedicare alla sovrana svedese una grande mostra del Consiglio di Europa (Stoccolma, 1966). Il catalogo di questo evento è composto da tre volumi tradotti in più lingue[5]. In essi e nell’esposizione Cristina è presentata come la prima regina europea, la prima donna di casa nel mondo politico svedese e italiano, francese e imperiale, olandese e spagnolo. Questo approccio ha un impatto straordinario, grazie anche alla traduzione in inglese di importanti biografie svedesi[6], e genera ulteriori occasioni di incontro: alla fine del Novecento, a partire dal tricentenario della morte, ma anche nel nostro secolo. Le iniziative tardo novecentesche producono libri e cataloghi[7]: in particolare le istituzioni vaticane mostrano più volte quanto a loro disposizione sulla regina[8], mentre le esposizioni svedesi favoriscono la collaborazione fra enti ed archivi[9]. Infine nel 2014-2015 l’Unione Europea finanzia ChristineofSweden,theEuropean, una serie concatenata di concerti, spettacoli e mostre in Svezia, Austria, Francia e Italia. Il manifesto di questa iniziativa ribadisce la prospettiva continentale della sovrana:

    Queen Christina (1626-89) is the first truly European personality in our continent’s history. She crossed and assimilated frontiers of religion, nations, people, cultural traditions. She lived both in the North and the South of Europe. She protected education, the arts, sciences and humanity´s progress through reason and research. She was a strong and independent woman advocating peace, equality and enlightenment a century before the encyclopedists[10].

    Questa massa di ricerche e di presentazioni influisce sulla più recente divulgazione storica e accompagna le rivisitazioni cinematografiche, teatrali e romanzesche, che ora adottano una chiave del tutto originale. L’input europeo non è sfruttato, se non per il fatto di ripresentare le vicende di Cristina un po’in tutti i paesi europei ed occidentali. Sin dal primo Novecento cresce invece la curiosità per le scelte personali, sessuali o sentimentali della sovrana e nel nuovo millennio questa è valutata in base ad esse, mentre perdono di importanza le implicazioni politiche. Nessuno è più interessato alle ragioni di Madrid, Parigi e Roma o alla ricaduta svedese dell’abdicazione di Cristina: l’attenzione è tutta per le scelte e la sessualità della regina, che diventa eroica precorritrice delle lotte per le libertà individuali. Ne nasce un pot-pourri, ispirato a letture affrettate, sintetizzato dalle argomentazioni di Bouchard sul suo personaggio:

    Christine de Suède fascine par sa modernité. Reine énigmatique venue du pays de glaces, femme assoiffée de connaissances, fine politicienne, flamboyante et imprévisible, garçonne et féministe bien avant l’heure, elle a bouleversé tout le nord de l’Europe au milieu du XVIIème siècle! // A sept ans, à la mort de son père, le grand défenseur de la foi luthérienne, elle règne sur un empire qu’elle voudrait rendre le plus sophistiqué d’Europe. Visionnaire excentrique, elle bouscule le clergé, l’aristocratie, les militaires et le peuple. // Christine de Suède, qui veut exercer un contrôle sur tout, ne parvient pas à maîtriser ses propres sentiments, ceux qu’elle ne veut pas nommer, ceux qui l’éloignent de la raison; dont cet amour étrange, celui que ses biographes n’arrivent toujours pas à nommer encore aujourd’hui. // Pour satisfaire à ses aspirations personnelles, elle s’affranchit du carcan austère que lui imposent sa foi et son titre et, avec un doigté politique hors du commun, elle s’exile de son pays en lui laissant en héritage un traité qui met fin à la Guerre de Trente ans. // J’ai choisi d’écrire une pièce classique à la manière dont on le faisait jadis pour dépeindre les héros. J’ai tenté d’explorer la question que Christine de Suède nous pose, celle qui nous confronte plus que jamais à choisir entre le bien-commun et nos aspirations personnelles. // Fut-elle une grande héroïne des libertés individuelles ou une odieuse traitresse à sa patrie? A vous de trancher? // Christine de Suède a renié le pays qu’elle aimait, renié son père, renié sa foi, renié tout ce qu’elle était pour être ce qu’elle voulait être; libre de se définir en «usant de son libre-arbitre» selon les enseignements de son ami Descartes[11].

    La pièce dell’autore quebecchese e il film di Kaurismaki sono dunque la tappa più recente della rivisitazione mediatico/storiografica di un personaggio che non smette di attrarre l’attenzione di studiosi, scrittori, produttori, registi. Se teniamo conto di questo, dovremmo domandarci se e quanto il drammaturgo e il regista innovino o si inseriscano nelle traiettorie di un dibattito plurisecolare. Per comprenderlo è necessario ricostruire queste ultime, dipanando un’aggrovigliata matassa di ricerche, riflessioni, ricreazioni e reinvenzioni. A tal scopo conviene partire dalla biografia del personaggio, sfruttando i lavori più recenti, e poi vedere come è stata discussa e riutilizzata dal suo tempo al nostro. In questo ci si può giovare di due possibilità offerte dalla Rete: quella di avere a disposizione quasi tutta la produzione panflettistica, storiografica, letteraria e artistica sulla regina e quella d’intendere quanto formulato nelle lingue scandinave grazie a traduttori e sotto titolature on-line.

    2. La biografia

    Figlia di Gustavo II Adolfo e Maria Eleonora di Brandemburgo, Cristina ascende al trono dopo la morte del padre nella battaglia di Lützen (1632). Ancora bambina è oggetto di aspra contesa fra il cancelliere Axel Oxenstierna e la madre, che viene alla fine esiliata, mentre la piccola è affidata alla guida del primo. Da allora è educata con grande cura sotto la supervisione del cancelliere e mostra grande talento per le arti, le scienze e le lingue: alla fine di queste ultime ne conosce almeno otto, fra le quali l’italiano[12]. Non sviluppa invece la visione politico-diplomatica auspicata dal cancelliere e dissente sempre più spesso da questi. In particolare Cristina vorrebbe la fine della Guerra dei Trent’anni, mentre Oxenstierna ritiene che il protrarsi del conflitto possa garantire alla Svezia la preminenza sul Baltico e la sicurezza di non essere mai più accerchiata. Forse a causa di tale contrasto l’incoronazione ufficiale è posticipata sino al 1650, quando ormai la giovane reggente ha già più volte palesato di non voler seguire la via tracciatale dal cancelliere. In particolare ha dichiarato di non volersi sposare e di non voler generare figli: per evitare quest’ultima eventualità ha inoltre designato nel 1649 il cugino Carlo Gustavo di Zweibrücken-Kleeburg quale erede ufficiale.

    Appena ufficialmente confermata sul trono, la regina sfrutta un contatto con la Compagnia di Gesù per esternare i propri dubbi sulla Chiesa luterana e chiedere un confronto religioso. Se, dal suo lato, l’avvicinamento ai rappresentanti della Chiesa cattolica è forse casuale; da parte di quest’ultima, la situazione costituisce il culmine di una strategia di riconquista della Penisola scandinava[13]. I gesuiti dunque si affrettano a cogliere l’occasione e ne informano nel 1652 il neo-cardinale Fabio Chigi, appena rientrato dalla nunziatura di Colonia, e la Corona di Spagna, desiderosa di ricattolicizzare la Scandinavia, e soprattutto di strappare alla Francia un importante alleato. Due gesuiti italiani sono inviati a trattare con la sovrana e la situazione si evolve rapidamente, anche perché fra il 1648 e il 1653 il Regno francese è semiparalizzato dalla Fronda, e la regina fa capire di voler abbondonare il proprio Paese. L’annuncio dell’abdicazione è dato nel 1654, non appena Cristina conclude un accordo con Oxenstierna per il proprio futuro economico[14]. Nell’estate dello stesso anno l’ex sovrana attraversa la Danimarca e l’Olanda con l’aiuto di diplomatici iberici e giunge nei Paesi Bassi spagnoli, dove risiede ad Anversa e a Bruxelles e si converte al cattolicesimo[15].

    Nel settembre del 1655 Cristina parte per Roma con una scorta spagnola. Attraversa i territori imperiali e incontra l’inviato pontificio Lucas Holstenius a Innsbruck, dove rinuncia solennemente e pubblicamente al credo luterano[16]. Riprende quindi il viaggio e discende a tappe la Penisola, raggiungendo la meta il 20 dicembre, accolta con grande sfarzo dal cardinale Chigi asceso al Soglio con il nome di Alessandro VII pochi mesi prima[17]. Dopo aver brevemente soggiornato nella Torre dei Venti in Vaticano e nel palazzo Barberini, si insedia nel palazzo Farnese, prospiciente la chiesa nazionale svedese (S. Brigitta) e l’area d’insediamento scandinavo a Roma. Qui riceve e intrattiene ospiti di ogni tipo, iniziando l’attività di patrona delle arti e delle scienze, che caratterizza il suo soggiorno romano, soprattutto nella fase finale della sua vita[18]. In questa prima fase della permanenza romana Cristina si lega al cardinale Decio Azzolino, che la consiglia nelle scelte artistiche, si preoccupa della gestione economica delle sue rendite e gli fornisce parte del personale da allora in poi nel suo seguito[19].

    Passano pochi mesi e Cristina inizia a temere la perdita degli appannaggi svedesi, non facilmente monetizzabili. Cerca dunque di rientrare nei giochi geopolitici del tempo grazie all’amicizia con Azzolino o forse è da questa spinta a parteciparvi, come una sorta di ariete a favore della fazione cardinalizia cui egli appartiene[20]. Gli sforzi della ex regina non ottengono mai nulla di concreto e sono dai contemporanei ritenuti un vano agitarsi. Tuttavia offrono alla Santa Sede uno spiraglio per inserirsi nello scacchiere europeo. Vanno dunque nella direzione voluta da Azzolino e dagli altri cardinali del cosiddetto Squadrone volante e garantiscono loro il predominio nelle elezioni pontificie del terzo quarto del Seicento, grazie anche al valore simbolico di Cristina e agli incontri organizzati nei suoi salotti[21].

    L’alleanza o comunque i rapporti fra lo Squadrone volante e Cristina si basano sulla comune volontà di mantenersi equidistanti tra Spagna e Francia, in modo da sfruttare qualsiasi congiuntura. Osservando il confronto tra le due potenze in merito alla Corona di Napoli, l’ex regina immagina, per esempio, di potersi offrire come mediatrice, se non addirittura come possibile regnante napoletana. Si rivolge dunque al cardinale Giulio Mazzarino, primo ministro di Francia, con il quale ha intrattenuto una corrispondenza come erede al trono svedese prima e come neoconvertita poi, e gli propone d’incontrarsi. Le viene risposto con fredda gentilezza che, se proprio vuole, può essere ricevuta in Francia secondo il suo rango[22]. Cristina non realizza che l’avventura francese nel Regno di Napoli è conclusa e che non vi è un reale interesse per la sua presenza a Parigi, se non quello d’imbarazzare la Spagna: dietro all’accoglienza francese si muove infatti Chanut, che è diventato l’esperto governativo per gli affari nordici e che vuole vendicare quanto subito in Svezia pochi anni prima[23].

    Cristina s’imbarca Marsiglia e l’8 settembre 1656 giunge a Parigi, dopo diverse tappe nel Regno francese[24]. I primi contatti non danno frutti, anzi dal carteggio di Mazzarino risalta come questi sia innanzitutto preoccupato di dover invitare nel proprio palazzo la svedese, un fastidio e una fatica di cui più volte ripete di voler fare a meno[25]. Di fronte all’impasse Cristina torna in Italia, fermandosi prima a Torino e quindi svernando a Pesaro, ma rientra in Francia nel giugno successivo[26]. I sogni napoletani sono tramontati; però, l’ex regina spera di poter restare alla corte francese. Invece il suo soggiorno è compromesso dall’uccisione di Gian Rinaldo Monaldeschi, membro del suo seguito, accusato di averla tradita passando informazioni ai francesi. L’assassinio è compiuto sotto gli occhi di Pierre Lebel del convento di Fontainebleau dell’Ordine della Santissima Trinità, che lo ricostruisce in una testimonianza spesso riportata nelle gazzette e nei libelli successivi[27]. Lo scandalo è enorme e per di più l’ex regina non segue il suggerimento di Mazzarino di scaricare l’intera responsabilità su Ludovico Santinelli, esecutore materiale del delitto[28]. La posizione in Francia della svedese diviene sempre più difficile, anche perché Anna d’Austria non la sopporta, e alla fine è impossibile evitare il ritorno a Roma.

    Qui non è accolta meglio: giocano a suo sfavore l’omicidio, lo scandalo e soprattutto il velleitario tentativo francese, che rischia di compromettere il suo valore come simbolo della rivincita cattolica sull’eresia luterana. Cristina gode, però, della protezione francese, tanto che alloggia nel palazzo Rospigliosi, allora di Mazzarino. Per merito di Azzolino rientra nelle grazie papali e si trasferisce a palazzo Riario in Trastevere, oggi inglobato nel settecentesco palazzo Corsini alla Lungara. Però, continua a sentirsi in pericolo dal punto di vista economico o per lo meno impossibilitata a garantirsi il tenore di vita cui aspira. Nell’estate del 1660 è perciò in Svezia per indagare sulla possibilità di risalire sul trono[29]: alla fine concorda una seconda rinuncia e si reca ad Amburgo, dove resta un anno prima di rientrare a Roma per la terza volta nel 1662. Nel 1663 il palazzo Riario è definitivamente suo e la ex regina sembra adattarsi al ruolo di padrona di casa d’importanti riunioni culturali e di mecenate delle arti (pittura, musica, teatro)[30], ma quattro anni dopo tenta di rientrare in Svezia per poi ripiegare nuovamente su Amburgo. Qui viene a sapere della morte di papa Alessandro VII e dell’ascesa al soglio di Clemente IX (1667), suo abituale frequentatore romano[31]. Nel frattempo vagheggia di ottenere la Corona polacca, sposando Giovanni Casimiro fresco vedovo di Maria Ludovica di Gonzaga Nevers. Sennonché il sovrano polacco non mostra alcuna intenzione di contrarre nuove nozze e Cristina opta per un nuovo rientro a Roma. L’anno successivo Giovanni Casimiro abdica e Azzolino spinge Cristina ad avanzare la propria candidatura al trono polacco, in quanto membro della famiglia Vasa, ma per l’ennesima volta è un tentativo senza speranze[32].

    Da allora l’ex regina non si muove più dalla Città eterna, se non per brevi viaggi di piacere. Diventa quindi per i romani una presenza abituale e riprende a mostrarsi come il simbolo della futura vittoria sul protestantesimo, anche perché le sue possibilità economiche dipendono dal benvolere pontificio. I papi accettano questo gioco, finanziandola sinché è loro possibile, e lo rilanciano al momento della morte di Cristina (1689), quando un corteo funebre ne porta le spoglie in Vaticano e le seppellisce nelle Grotte sotto la Basilica di S. Pietro. Inoltre Clemente XI commissiona nel 1696 un monumento funebre, posto nella basilica stessa. L’opera è impreziosita da tre bassorilievi che illustrano il ruolo della convertita agli occhi del papa: i primi due magnificano la rinuncia al trono e l’abiura del protestantesimo, il terzo è un’allegoria della fede trionfante sull’eresia[33].

    3. La riflessione coeva

    Se ripensiamo ai tre bassorilievi appena citati, notiamo come gli stessi temi siano utilizzati dallo sforzo propagandistico spagnolo. Nel 1656 Pedro Calderón de la Barca dedica a Critina il dramma LaProtestacióndelaFé(1656), imperniato sulla conversione e sull’appoggio datole dal re di Spagna in tale occasione. La regina dichiara esplicitamente: «Tú ve donde al Rey escribas / que su piedad y su celo, / su fe y su galantería / y su generosidad, / son hoy las que más animan / mi resolución [...]» (vv. 852-857)[34]. Pensa quindi di abbandonare la Svezia per la Spagna, ma infine opta per Roma, la Nuova Sion secondo il vocabolario allora comune nel mondo cattolico. Nei versi 1393-1480 si converte affermando:

    Yo, Cristina Adolfo, Reina / de Suecia y Gocia, rama / de aquel generoso tronco / que siglos y edades largas / dio tantos héroes al mundo, / y tantos reyes a España, / [...] / incurrí con ignorancia / en el heredado error / de Lutero, cuya falsa / doctrina seguí los años / de mi edad, y dando gracias / al cielo de que me diese / la luz verdadera y clara/ de su Religión, que es / la Católica Romana, / abjuro, anatematizo, / y detesto mi pasada / vida y religión, jurando / vehementemente dejarla [...]

    Al contempo dichiara la propria sottomissione alla « [...] Sacra/ Sede Apostólica, y / a

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