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No V.I.A.
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No V.I.A.

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Potenza (festa di San Gerardo)
Isolati in cerca d’amore, due giovani studenti vengono aggrediti da un branco. Violentano lei e massacrano di botte lui uccidendolo.
Matera (festa della Madonna della Bruna)
Paolo sta tornando a casa dopo aver festeggiato con i suoi amici. In un vicolo del centro storico, viene pugnalato durante una colluttazione. Dopo una lunga agonia, muore dissanguato.
Parco della Grancia (La storia bandita)
Dopo aver assistito al cine-spettacolo che ripropone la vita del brigante lucano Carmine Crocco, Vincenzo e Chiara vengono speronati da un SUV che li fa precipitare in un burrone. L’impatto al suolo è mortale.


Basilicata e dintorni
Mauro è un ingegnerie ambientale. Dopo la morte del padre, decide di tornare in Basilicata per far compagnia alla madre rimasta ormai da sola. La sua ragazza Jessica, milanese doc, fa fatica ad ambientarsi a Viggiano, paese della Val d’Agri, dove la SOPEP, una società dedita all’estrazione di petrolio, dispensa posti di lavoro e royalties in cambio del silenzio.
Roberto, amico d’infanzia di Mauro, eletto consigliere regionale grazie all’appoggio del padre, lo raccomanda alla E.R.A (Ente Regionale per l‘Ambiente) per un posto di lavoro che ottiene senza alcuna fatica. Una moria di carpe, verificatasi nel lago del Pertusillo, scatena l’ira di Gianfranco, presidente della LAAB (Lega Autonoma Ambientale di Basilicata) che da anni si batte contro la Sopep, colpevole a suo avviso di disastro ambientale e fautrice della scomparsa di un misterioso fascicolo denominato NO V.I.A.


Un groviglio febbrile di episodi, di personaggi, magnificamente descritti da Giuseppe Di Tommaso che sembrano prima allontanarsi per poi improvvisamente riavvicinarsi.
Un thriller ad alta tensione, teso come una corda di violino, fino a spingersi alla crudele verità celata dietro compromessi, tangenti, tradimenti perpetrati da uomini senza scrupoli.
La Basilicata è al centro del romanzo, così poetica nelle sue tradizioni, bucolica nei suoi paesaggi, amorevole nel cuore buono della sua gente, ma anche depressa per l’uso improprio delle sue risorse defraudate senza ritegno.
Un’opera prima eccezionale, dove la lirica cede il posto alla suspense, sostenuta da un ritmo cadenzato, e dove la bramosia di rileggerlo da capo contagerà il lettore.
LanguageItaliano
Release dateApr 18, 2016
ISBN9788899333218
No V.I.A.

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    No V.I.A. - Giuseppe Di Tommaso

    Farm

    collana Giallo H

    NO V.I.A.

    NO V.I.A. è un romanzo di Giuseppe Di Tommaso

    Aprile 2016 © www.herkulesbooks.com

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni tipo di riproduzione dell’opera, anche parziale.

    Mater Sacra

    Città dei Sassi

    I Sassi di Matera squarciano il cielo plumbeo di aprile: con veemenza inchiodano le tre croci alla terra umida. Le urla blasfeme dei due peccatori avvolgono le pietre appuntite mentre il sorriso disperato del Figlio di Dio perdona i suoi aguzzini.

    Le lacrime delle donne vestite a Morte inveiscono sull’erba bagnata: la piegano, la disfano, la bagnano, la amano. E poi, la calpestano.

    I rimorsi degli uomini bugiardi svaniscono contro le pareti della Murgia senza pietà né conversione, né amore né benevolenza cristiana. In religioso silenzio, i bambini assistono alla cruenta battaglia di colori che si combatte tra la terra e le stelle. La cattedrale, maestosa ed elegante, impone il SILENZIO.

    La Passione del Figlio di Dio è cessata. Lacrime e sangue donano vita nuova. Il Cristo risorto abbraccia i suoi figli. Li bacia sulla fronte. Disseta le loro labbra. Li morde sul collo.

    Si abbassano le luci. La vita risorge.

    Mentre lo spettacolo della Mater Sacra sta per giungere al termine, tre uomini dall’altra parte della città attendono la telefonata del Direttore. Hanno un compito delicato da assolvere.

    Sono parcheggiati nell’area retrostante il palazzo della E.R.A, l’Ente regionale per l’Ambiente, nato per monitorare e tutelare il paesaggio della Basilicata da eventuali fattori di rischio inquinante a qualsiasi livello, eccezion fatta per i giganti petroliferi, i signorotti delle scorie nucleari, i baroni dei rifiuti solidi urbani, e così via discorrendo.

    I tre ironizzano per le notizie apparse sui giornali riguardante l’affitto pagato per quel palazzo decrepito: diciottomila euro al mese per la locazione, ai quali la Regione ne aggiunge altri cinquemila per gli oneri di manutenzione. La famiglia Tozzaro ringrazia con inchino politico anche e soprattutto per le concessioni dell’inceneritore MUA che andranno ad installare nel Vulture non appena la bufera di affittopoli sarà passata a miglior vita. Popolazione permettendo. La telefonata del direttore arriva con dieci minuti di ritardo. Possono procedere.

    Nella notte della quarta domenica di maggio dell’anno 2014

    Ieri

    In una notte di quasi novecento anni fa, la nobile famiglia dei Della Porta si fermò in terra di Lucania per riposare. Erano partiti da Piacenza per raggiungere il porto di Brindisi senza aver sostato una sola volta. Destinazione: Terra Santa; avrebbero combattuto nella crociata indetta da Urbano II contro gli infedeli.

    Gerardo Della Porta, ragazzo umile e riservato, già consacrato all’amore di Dio, decise di rimanere a Potenza: quella cittadina rocciosa sarebbe diventata la sua nuova casa, un luogo ideale dove pregare, meditare ed evangelizzare. E così fu.

    Alla morte del vescovo della città, il popolo lucano lo invocò a gran voce. Venne così proclamato vicario del papa per le terre di Acerenza, ruolo episcopale che ricoprì fino al giorno del suo ultimo viaggio verso l’eterno.

    A lui si devono una moltitudine di miracoli come la guarigione dei malati, la trasformazione dell’acqua in vino, la restituzione della vista ai ciechi, dell’udito ai sordi e della deambulazione ai paralitici. Un taumaturgo formidabile che spinse i fedeli ad invocarlo Santo Subito.

    A Potenza iniziarono a venerarlo per aver salvato la città dai temuti e feroci saraceni; questi, con diverse navi da guerra, erano ormai prossimi alle mura della città con il solo obiettivo di raderla al suolo. Gerardo, supportato da una folta schiera di angeli, fronteggiò e scacciò i pirati guidati dal Gran Moro servendosi di spade fiammeggianti. Così il popolo di Potenza si poté difendere dall’attacco.

    E la città fu salva.

    Oggi

    Anche quest’anno, nonostante le futili polemiche tra contrapposte fazioni politiche, la parata è pronta a partire dalla cattedrale. Gli araldi e gli alfieri sono in postazione. Fa caldo - poveri uomini - sudano come peccatori in confessionali infuocati.

    È un’insolita temperatura per il capoluogo di regione, per una domenica di maggio. Tanti splendidi bambini vestiti come angioletti sorridono mentre cercano lo sguardo dei genitori: i più coraggiosi sono saliti in sella ai muli ornati di campanelli, altri hanno preferito restare con i piedi per terra.

    Intanto gli schiavi turchi trascinano la galea.

    Su di essa, due angeli e San Gerardo, interpretato da un bambino paffutello, sorridono e benedicono la folla festante giunta sia dalla provincia che dalla vicina Salerno.

    Una lunga fila di ragazze, giovani e bellissime, vestite di bianco, dondolano turiboli già fumanti di incenso.

    Una moltitudine di saraceni, armati di spade, protegge il sontuoso cocchio del Gran Turco soprannominato Cipollinoche sorride al popolo festante con tanto di turbante, una folta barba bianca e il narghilè.

    Davvero un’ottima interpretazione!

    I nobili e gli arcieri cingono gli stendardi raffiguranti le quattro porte della città. Precedono le truppe di militi schierati in difesa del Conte Gran Siniscalco e della Contessa. Venti giovani potentini, forzuti e vestiti con gli abiti tradizionali, si preparano a caricare la Iaccara, un fascio di canne lungo dodici metri, grosso un metro e pesante una tonnellata. Nelle varie direzioni è mossa grazie al coordinamento dei "iaccàri, coordinati dal Capo Iaccara", a sua volta supportato da ossequiosi iaccarini.

    Durante la sfilata, un giullare irriverente, seduto a cavalcioni sul fascio, apostrofa la folla gridando, insultando e spiegando che la Iaccara è del santo protettore e di nessun altro. Gioiosamente accettano gli insulti. Alla fine della parata la Iaccara sarà innalzata, scalata dal Capoiaccara, verrà poi incendiata con il benestare della piazza gremita. Le lacrime degli anziani bagneranno le strade tortuose.

    Mentre lo spettacolo continua, sull’asfalto piovono fiori di ginestra. I figuranti sono affaticati: lunghe tracannate di vino rosso li aiuta a dissetarsi. Con brio e spensieratezza, finalmente ripartono.

    Le guardie d’onore scortano l’effigie del santo illuminata all’interno di un piccolo tempio decorato con fregi dorati, sormontato da una croce. La folla si emoziona come se fosse la prima volta. Il sorriso di Gerardo saluta la banda, le urla e le preghiere dei fedeli, mentre i fuochi d’artificio sfiorano e colorano le nuvole nel cielo.

    Dal quotidiano Lucania in Libertà

    22 maggio 2014 - Sez. Cronaca Nera

    ARANCIA MECCANICA A POTENZA.

    FRANCESCO PACE MUORE,

    LA SUA RAGAZZA E’ IN FIN DI VITA

    Quella sera Francesco Pace, blogger a tempo pieno e studente a tempo perso, per disaffezione alla religione cattolica, non partecipò né attivamente né passivamente alla festa in onore di San Gerardo. Lo fece una volta da bambino perché costretto dalla nonna, ma

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