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Abbracciata dal Fuoco
Abbracciata dal Fuoco
Abbracciata dal Fuoco
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Abbracciata dal Fuoco

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About this ebook

Io e i miei compagni eravamo i migliori dell'Academīa.
Inseparabili invincibili, questo eravamo. 

Non più, ed è solo colpa mia. 

Non ho scelta. Devo abbandonare la mia squadra, prima che qualcun altro muoia a causa mia.
C'è solo un problema. 

Falas. 

Non riesco a sfuggire al suo sguardo.
Non riesco a respirare.
Perché lui non mi lascerà mai andare. 

Anche se significa mettere a rischio il recupero della terza Telum Magĭcum.
Anche se significa tramutare il nostro legame in odio.
LanguageItaliano
PublisherChiara Cilli
Release dateApr 17, 2016
ISBN9786050421682
Abbracciata dal Fuoco

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    Abbracciata dal Fuoco - Chiara Cilli

    Negramaro

    Prologo

    Pioveva a dirotto, nello stadio.

    Non me ne fregava niente.

    Non importava che avessi preso parte al funerale del Capitano Gleran quella stessa mattina. Avevo bisogno di schiarirmi le idee, allenarmi duramente per raggiungere la vittoria.

    Perché avremmo vinto.

    Io e i miei compagni saremmo stati i vincitori.

    Ecco perché avevo chiesto a Geass se voleva venire con me, per non perdere il giorno senza allenamento. Mi aveva scrutato di traverso, circospetto, e mi aveva fatto notare che era scoppiato un bel temporale. Gli avevo risposto che non mi interessava, che avevo bisogno di muovermi. Di non stare ferma. Allora aveva accettato. Avevamo fatto una breve fermata nel mio appartamento per cambiarci, poi eravamo scesi al pianoterra.

    La pioggia mi appannava la vista e mi rallentava. Schivai un pugno di Geass, abbassandomi per sferragli un calcio alle caviglie. Si ribaltò con un salto – incredibile quanta agilità avesse acquisito in così poco tempo – e sollevò il piede a martello per colpirmi in faccia. Rotolai di lato e scalciai per allontanarlo, mentre mi rialzavo con un colpo di reni. Scansai un cazzotto e ruotai caricando un pugno, imprecando nei miei pensieri quando sferzai solo pioggia. Geass fece un salto e il suo colpo andò a segno. Piombai nel fango, mangiandolo e sputandolo. Mi spostai all'ultimo secondo, sobbalzando nel vedere la mano di Geass affondare fino al polso nella sabbia. Gli sferrai un calcio sul collo, prendendo tempo per recuperare fiato e distanza.

    Mentre Geass si rimetteva in piedi, mi parve che la luce abbagliante dei lampi si incanalasse nei suoi occhi color acquamarina, per poi spegnersi all'esplosione di un fulmine.

    La pioggia si fece più fitta e impetuosa, picchiettando come un idromassaggio sulle mie spalle e rendendo la mia canotta e i miei pantaloni pesanti come macigni.

    Alzai la guardia, pensando alla mia prossima mossa.

    Io e Geass scattammo nel medesimo istante, affrontandoci con lo stesso tipo attacco. Parai con l'avambraccio, sferrando un pugno che venne bloccato. Eseguii un calcio rotante, ma lui si abbassò, unì le mani e caricò un colpo che molto probabilmente mi avrebbe fatto perdere i sensi. Lo intercettai, opponendo resistenza. Contrassi ogni muscolo per non farmi sopraffare. Guizzai con lo sguardo nel suo, sperando che si deconcentrasse, poi mi scansai repentinamente e gli tirai un pugno.

    Non so se fu per il muro d'acqua che mi cadeva addosso, ma non vidi il suo spostamento, né il suo contrattacco.

    Il suo colpo fu così potente da farmi volare per qualche metro. Mi schiantai a terra, emettendo un rantolo di sofferenza mentre mi mettevo a sedere.

    «Ti ho fatto male?» si preoccupò Geass, scivolando al mio fianco, trafelato.

    Mi asciugai la punta di sangue sul labbro. «No» replicai, avvertendo un leggero calore per via della magia che mi curava istantaneamente.

    Geass mi passò una mano nei capelli grondanti. «Scusami, mi dispiace tanto. Non avrei voluto colpirti così forte.»

    Mi strinsi le ginocchia al petto. «Mi hai battuta, non devi scusarti.»

    Si accigliò impercettibilmente. «Ho imbrogliato» disse a denti stretti. «Non sono stato leale.»

    Feci una mezza risata. «Come puoi aver imbrogliato?» Scossi la testa. «Non devi giustificarti. Non hai fatto niente di male.»

    Mi lasciai cadere sulla sabbia bagnata, coprendomi il volto con le mani. Singhiozzai, provando ad asciugarmi le guance. Lacrime e pioggia me lo impedirono e gridai per il nervosismo. Geass mi prese per mano e mi invitò a piangere tra le sue braccia.

    Rimanemmo così per un tempo indefinito, sotto un temporale che sembrava infuriarsi man mano che il mio pianto aumentava.

    «Rientriamo, okay?» sussurrò Geass quando la pioggia incominciò a diminuire.

    Tirai su col naso, strofinando la fronte sul suo collo caldissimo. «Va bene» mormorai.

    Dopo esserci asciugati in maniera approssimativa nello spogliatoio di una delle sale di allenamento, ci dirigemmo mano nella mano verso il nostro appartamento.

    «Di' un po'» feci mentre eravamo in ascensore. «Da quando ti muovi in quel modo? Eri quasi impressionante.»

    Sorrise, chinando il capo. «Ho fatto qualche progresso, lo ammetto, ma non sono così bravo.»

    Le porte scorrevoli si aprirono dopo il din e uscimmo. «Ti sbagli, lo sei.» I nostri sguardi si incontrarono. «Se ci allenassimo insieme, scommetto che diventeresti più in gamba di me in un giorno, massimo due.»

    Abbozzò una mezza risata. «Ma per allenarti con me, dovresti abbandonare la tua squadra. Non ci hai pensato?»

    Mi scurii in volto. «Forse è arrivato il momento di cambiare.»

    Geass si bloccò di soprassalto, facendomi girare verso di lui e spostandomi con gentilezza verso la parete. Mi ritrovai intrappolata tra il muro e il suo sguardo, incapace di sottrarmi a quella dolce ma decisa pretesa di attenzione.

    «Stai dicendo che vuoi lasciare i tuoi compagni?» trasecolò.

    «Non voglio lasciare te» ribattei sofferente.

    Soffiò lentamente dal naso. «Loro sono la tua famiglia.»

    Sbuffai. «Sì, grazie, Geass. Questo lo so. Senti, lascia perdere. Fa' come se non avessi detto niente.»

    Tentai di riprendere a camminare, ma lui intrecciò la mano alla mia.

    «No, no, non ti arrabbiare, per favore.» Mi trasse a sé e lo invidiai, perché la sua strana temperatura corporea aveva già asciugato i suoi vestiti, mentre io ero ancora bagnata come una spugna. «Dico solo che è una grossa decisione che riguarda le persone più importanti della tua vita e che dovresti pensarci meglio, prima di fare qualunque cosa.»

    «Anche tu sei importante.» Lo fissai intensamente. «Non l'hai ancora capito?»

    Non mi sfuggì il suo lieve irrigidimento. Il timore di averlo spaventato e che mi lasciasse mi aggredì con furia. Ma quando si chinò, gli occhi totalmente immersi nei miei, e la punta del suo naso sfiorò la mia, un brivido mi corse lungo la schiena. Non smetteva un attimo di guardarmi, incerto se andare oltre o no. Si aspettava che rispondessi a quella notevole vicinanza.

    E lo feci.

    Sollevai appena il mento.

    «Agente Calen?» mi chiamò d'improvviso un mio superiore, che aveva appena fatto capolino nel corridoio e stava marciando rapido verso di noi.

    Quando fu abbastanza vicino, io e Geass puntammo gli sguardi al di là delle sue spalle e lo salutammo con rispetto, dicendo all'unisono: «Signore».

    Lui si arrestò a tre passi da noi. «Sua Maestà vuole vederla» mi comunicò. Annuii, e lui aggiunse: «Anche lei, agente Geass.» Poi si congedò.

    Aspettai che sparisse dietro l'angolo per volgermi verso Geass con un sorrisetto. «Agente Geass» ripetei con aria maliziosa. «A quanto pare non sono la sola che pensa che tu abbia fatto passi da gigante.»

    Sorrise. «Okay, va bene. Sono diventato un fenomeno.»

    Gli tirai un pugno affettuoso sul bicipite. «Bravo. Ora andiamoci a cambiare, forza.»

    Mi ero vestita di nero.

    Completamente.

    Non lo avevo fatto apposta.

    Ecco perché sobbalzai e temporeggiai tra le porte scorrevoli, quando mi vidi riflessa nello specchio in fondo alla cabina dell'ascensore. Mi ero pure legata i capelli in una coda di cavallo bassa.

    Ero grigia in volto, proprio come tutto ciò che mi circondava. Ogni cosa era plumbea, ai miei occhi. Era come essere in un film in bianco e nero. Non c'era nessun colore intorno a me, solo ronzii fastidiosi e un'assurda calca di rumori.

    Geass mi prese per i fianchi e mi sospinse dolcemente nell'ascensore, premendo il tasto dell'ultimo piano. Si appoggiò alla parete e io aderii con la schiena al suo petto, lasciando che le sue braccia mi avvolgessero. Reclinai la testa, strofinando la fronte sulla sua gola.

    «Geass?» sospirai.

    «Mmh?» mugugnò lui nell'incavo tra la mia spalla e il mio collo.

    Mi girai e sprofondai nei suoi occhi, mentre mi contornava l'ovale del viso con il dorso delle dita. Mi avvinghiai al colletto della sua maglietta. Sollevai un po' le spalle, colta da un piccolo brivido, e avvertii i suoi polpastrelli sulla mia pelle scoperta, tra i jeans e la T-shirt.

    Avrei voluto dire qualcosa, ma ero completamente stregata dalla sua bellezza. Mi avvicinai ancora e gli sfiorai il naso con il mio, schiudendo le labbra…

    Dlin dlon.

    Il maledetto campanello ci avvisò che eravamo arrivati e le porte si aprirono.

    Mi tirai indietro, abbassando lo sguardo, molto imbarazzata e infastidita – era già la seconda volta che un nonnulla ci impediva di…

    Condussi Geass nel corridoio, la mano intrecciata alla sua, e scoccai un'occhiataccia all'uomo dietro la scrivania, in fondo.

    Le luci al neon nelle fessure tra il soffitto e le pareti mi ricordarono quelle nella tromba di scale che portava alle rovine del Castello dell'antica Vivar.

    Aidan.

    Avrei voluto che il pavimento non fosse rivestito di velluto, così da potermi concentrare sul ticchettio dei miei tacchi.

    L'assistente di Sua Maestà saettò con lo sguardo su di noi, schiacciandosi repentinamente l'auricolare contro l'orecchio e muovendo la bocca dietro il microfono. I miei occhi guizzarono sulla porta di vetro scuro, immaginando il breve corridoio e l'uscio che dava sull'ufficio del Re.

    Il segretario congiunse le mani sulla scrivania. «Agenti» ci salutò. Si rivolse a me, appoggiandosi allo schienale e accavallando le gambe con un sorriso viscido. «Agente Calen.»

    Ridussi gli occhi a due fessure ostili – e scommetto che Geass reagì allo stesso modo, poiché l'uomo si schiarì la voce e tornò composto sulla sedia, lo sguardo basso sull'agenda.

    «Sua Maestà vi sta aspettando. I vostri compagni sono già dentro» ci comunicò stancamente.

    Fui io a bussare alla porta dell'ufficio del Re e ad aprire quando udii: «Avanti» dall'interno.

    Io e Geass entrammo e ci inchinammo in perfetta sincronia. «Maestà» facemmo, tirandoci su.

    Sicuramente sembravamo gemelli – vestiti uguali, movimenti identici. E certamente davamo l'impressione di essere più che semplici coinquilini, perché i miei amici mi scoccarono occhiatacce che mi gelarono.

    «Sedetevi» ci ordinò Raich, indicando le due sedie libere.

    Obbedimmo in silenzio.

    Mi guardai dall'incrociare gli sguardi dei miei compagni. Mi sentivo strana. Era come se fossi a cena con una vecchia comitiva con cui avevo passato una parte della mia vita, ma con cui adesso non avevo più niente in comune. Ero triste, perché dentro di me non avrei mai voluto che questo accadesse.

    «Dopo la recente missione» esordì il Re «la situazione si è complicata non poco. Le mie spie mi hanno informato che la Regina Akane ha allertato tutti gli Umbrārum Sectātori. Ciò vuol dire che d'ora in poi sarà difficile infiltrarsi nei loro covi. Akane sa di voi, e anche se non conosce la vera natura delle vostre operazioni, sfrutterà risorse in grado di fermarvi.»

    «Senza offesa, Maestà» fece Dik. «Ma dei ragazzoni con dei fucili d'assalto ci preoccupano molto meno dei nostri veri avversari.»

    «Dikran ha ragione, vostra Maestà» intervenne Naur. «Il problema più grande è riuscire ad agire senza imbatterci negli antichi Protetti.»

    «È per questo che il recupero delle ultime due armi deve avvenire nel più breve tempo possibile.» Raich aprì uno dei cassetti della scrivania di marmo e ci consegnò quattro cartelline azzurre, contenenti i termini della nuova missione.

    Mi sporsi verso Geass per consentirgli di leggere e non farlo rimanere in disparte.

    Per poco non rischiai l'infarto, quando vidi la foto del nostro prossimo obiettivo. Lo conoscevo. Insomma, qualunque ragazza di Penthànweald venerava il calciatore più bello e più forte della Nova Terra.

    «Stando alle informazioni a me giunte» proseguì Sua Maestà mentre noi sfogliavamo «il talento indiscusso della squadra di calcio di Nubĭŭm Caput è uno dei membri più importanti degli Umbrārum Sectātori. E, a quanto pare, colleziona cimeli di antiche battaglie nella sua mega villa, nella periferia Ovest della contea.»

    «L'ambiente giusto per nascondere una lancia» commentò Geass, pentendosi immediatamente di essersi intromesso in cose che non lo riguardavano.

    Ma lui riguardava me e io riguardavo la missione. «O un arco» lo appoggiai, guardandolo intensamente per fargli capire che non aveva detto o fatto niente di sbagliato.

    Lo sbuffo irritato di Falas mi arrivò come una raffica di vento. «Come procediamo?» domandò con aria spazientita, chiudendo di scatto il fascicolo.

    Le iridi di ghiaccio di Sua Maestà si posarono su di me. «Esponi il profilo dell'obiettivo all'agente Geass, Calen.»

    Annuii – voleva che gli mostrassi l'incredibile memoria fotografica che lui doveva imparare a utilizzare. «Falko, ventun anni, un metro e ottantasei, capelli neri, occhi neri, carnagione olivastra. È uno a cui piace farsi notare. Frequenta locali stracolmi di gente ed è sempre accompagnato da almeno due ragazze. Le porta in albergo, solitamente, per poi rincasare quando ha finito. Possiede una vasta scelta di auto sportive costosissime. È una testa calda, arrogante, uno di quelli che crede che il mondo sia a sua disposizione.»

    Geass mi osservò strabiliato. Gli ammiccai, stirando un angolo della bocca.

    Raich annuì, squadrandoci uno per uno. «Ultimamente, Falko si reca tutte le sere in una discoteca nel centro della città, rimanendovi fino all'alba.»

    «Perché sempre lo stesso locale?» chiese Naur, girando le pagine.

    «Questa discoteca è nota per i corpi di ballo che la riempiono.» Sua Maestà tornò a trapassarmi con lo sguardo. «Verrai inserita nel gruppo di ballerine professioniste di una delle scuole di danza moderna che frequentano spesso questo posto, così da avvicinarti all'obiettivo senza destare sospetti.»

    «Woah, woah, woah» esclamò Dikran. «Le spiacerebbe ripetere, Maestà?»

    La fronte di Naur si aggrottò spaventosamente. «Ha davvero detto quello che abbiamo sentito?» sibilò.

    La carta si arricciò sotto le mie dita.

    «Agente Calen» annunciò il Re. «La tua missione sarà conquistare Falko e far sì che si fidi di te a tal punto da condurti nella sua villa, dove avverrà il recupero della terza Telum Magĭcum

    «Non posso crederci» ringhiò Falas.

    Deglutii a vuoto.

    «Poiché la Regina Akane ha allertato tutti i suoi uomini» proseguì Sua Maestà «la casa di Falko è protetta da una barriera magica. Qualsiasi tentativo di irruzione da parte vostra verrebbe immediatamente reso noto e il vostro intento smascherato.»

    Mi accigliai. «Come entro, allora?»

    «Fai sul serio?» sbottò Dik.

    Lo ignorai con una certa difficoltà.

    «I tuoi compagni faranno un incantesimo e ti priveranno temporaneamente dei tuoi poteri.»

    I ruggiti sommessi dei diretti interessati comunicarono al Re che non avevano alcuna intenzione di obbedire.

    «La magia che eseguiranno durerà solo ventiquattr'ore, perciò dovrà essere rinnovata ogni giorno, affinché tu appaia come una ragazza normale.»

    Feci un respiro profondo, fingendo che quelli furenti dei miei amici non imperversassero nella stanza. «Quando?»

    « Calen» sibilò Naur.

    «Passerai i prossimi giorni con dei tecnici che ti istruiranno sul mondo della danza sportiva. Entrerai in azione alla fine del mese, accedendo al corpo di ballo della signorina Leray.» Sua Maestà congiunse le mani in grembo. «È ovvio che le ragazze non ti porteranno con loro dopo il primo giorno. Saranno diffidenti e invidiose nei tuoi confronti, ma sono certo che sarai in grado di stringere amicizia in meno di una settimana. Quando ti troverai nella discoteca e individuerai Falko, i tuoi compagni ti aiuteranno affinché lui ti noti.»

    «Sì, Maestà» annuii.

    « Sì, Maestà un cazzo, Cal!» scattò Falas, balzando in piedi. Percepii la sua furia schiantarsi su di me come un getto d'acqua contro il muro. «Hai già dimenticato? Hai dimenticato che sei quasi morta? Be', io no! Nessuno di noi l'ha fatto». Fulminò Raich con un'occhiata assassina. «E nessuno di noi ha intenzione di ripetere l'enorme sbaglio che per poco non ti costava la vita. Non ti lasceremo fare ancora tutto da sola.»

    Dikran si alzò, posandogli una

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