Come un granello di sabbia
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Come un granello di sabbia - Annamaria Marconicchio
Annamaria Marconicchio
Come un granello di sabbia
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Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
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Quella fase precaria dell’esistenza che è l’adolescenza, dove l’identità appena abbozzata non si gioca come nell’adulto tra ciò che si è e la paura di perdere ciò che si è, ma nel divario ben più drammatico tra il non sapere chi si è e la paura di non riuscire a essere ciò che si sogna. (Umberto Galimberti)
Annamaria Marconicchio
Come un granello di sabbia
Copyright © 2015
La moto rombava con violenza, fendendo l’aria in una folle corsa. Da sotto il casco, due occhi d’acciaio fissavano l’asfalto che fuggiva sotto le ruote. Dopo l’ennesimo litigio, Sergio Evani stava sfogando la rabbia nell’unico modo che conosceva: sbattuta la porta di casa, aveva inforcato la sua fedele Aprilia e si era lanciato in una folle corsa, lasciando che fosse il rombo del motore a cancellare le invettive del padre.
In breve tempo, raggiunse la spiaggia. Era lì che andava a rifugiarsi ogni volta che sentiva il bisogno di fuggire dai suoi problemi. Incurante delle difficoltà che avrebbe avuto a riportare la moto sulla strada, attraversò l’intera spiaggia fermandosi solo quando, quasi in riva al mare, la ruota anteriore iniziò a girare a vuoto nella sabbia. Sergio si slacciò il casco e lo gettò via con stizza. Rabbrividì sotto la sferzata del vento freddo che spazzava la battigia. Cominciava a imbrunire e le ombre che calavano accrescevano la sua disperazione.
I grandi occhi grigi si guardarono intorno: nuvole nere si addensavano nel cielo preannunciando la pioggia. Il mare sembrava urlare la sua rabbia mentre le onde, frangendosi con violenza, sollevavano tutto intorno spruzzi gelidi.
Sergio adagiò la moto su un fianco, nella sabbia, e si lasciò cadere stringendo le gambe tra le braccia. Si sentiva disperatamente solo. Il litigio con il padre aveva scavato un solco ancora più profondo nel suo cuore già pieno di tristezza. Era stato accusato di essere un figlio degenere, un parassita che vive alle spalle del padre, un essere inutile, privo di interessi propri e incapace di portare a termine qualsiasi impegno. Forse il padre aveva ragione, ma Sergio dubitava di poter fare di meglio: tutto appariva troppo difficile e faticoso. Aveva l’impressione che la sua mente, il suo giovane corpo non fossero ancora pronti per affrontare certe responsabilità. Negli ultimi tempi, anche la scuola andava male. Non riusciva più a seguire le lezioni come una volta e tutto sembrava precipitare verso il peggio.
Ciò che più lo addolorava era la certezza che il padre si scagliasse contro di lui in quel modo soprattutto perché spinto da Elena, la sua compagna attuale. Lo aveva accusato senza dargli la possibilità di difendersi e alla fine aveva concluso che non poteva capitargli di peggio di un figlio che assomigliasse più a una ragazzina che a un uomo.
In effetti, Sergio era un gran bel ragazzo, con lineamenti delicati e dolcissimi e una massa di riccioli castani, ma era così esile e delicato da dimostrare meno dei suoi diciotto anni. L’unico suo punto di forza erano gli occhi grigi, lo sguardo espressivo e penetrante.
Chinò la testa sulle ginocchia e rimase immobile in quella posizione, mentre veniva assalito da una marea di ricordi. Si rivide bambino. Allora c’era sua madre a proteggerlo e a coccolarlo, nonostante i continui dissapori con il marito. Quando avevano cominciato a litigare? Sergio non lo ricordava, ma erano vivi nella sua mente i pianti della madre e le urla del padre. Aveva dodici anni quando lei era morta, portandosi via tutta la sua gioia e mettendo bruscamente fine alla sua infanzia. Era cresciuto di colpo e si era trovato improvvisamente solo con il padre. Aveva cercato di non creargli problemi e c’era anche riuscito – fino al giorno in cui era arrivata Elena, tre anni prima. Nessuno si era preoccupato della reazione che avrebbe potuto avere Sergio, lo avevano completamente ignorato e lui ne aveva sofferto, in silenzio ma senza nascondere il risentimento nei confronti della donna.
«Mamma!» invocò Sergio, e la sua voce risuonò come un lamento disperato.
Intanto un vecchio pescatore, scorgendo dagli scogli quel ragazzino seduto in riva al mare, gli si era avvicinato.
«Ué picciri’, che tieni? Stai male?»
Sergio sollevò il capo e fissò il vecchio immerso nella penombra della sera. Scosse la testa, rimanendo seduto e continuando a tremare per il freddo. Non convinto, l’uomo gli si fece più vicino e gli tese la mano.
«Alzati! A stare qua ti pigli una bronchite.»
Sergio si alzò, ma le gambe intorpidite dal freddo non lo ressero. Il vecchio fu pronto a sostenerlo, afferrandolo saldamente per le spalle.
Senza pensare a nulla, Sergio si lasciò guidare verso la casa del pescatore, poco distante, e fu introdotto in un ambiente molto semplice, ma caldo e accogliente. Si guardò intorno sbattendo gli occhi e si sentì uno stupido. La sua mente si rifiutava di pensare e gli sembrava di avere la lingua paralizzata. Che ci faceva lì? Che voleva quell’uomo?
Monica, vieni!
gridò il pescatore verso quella che doveva essere la cucina Ti ho portato un ospite.
Una voce di donna gli rispose ridendo: Cosa c’è, nonno? Quale altro cucciolo hai trovato abbandonato sulla spiaggia?
Non è un cucciolo!
spiegò il vecchio, mentre la donna usciva dalla cucina, poi indicando Sergio, che ancora reggeva per un braccio, aggiunse: "Ho trovato, invece, questo delizioso passerotto