La Voce di Terence - Autobiografia di un ragazzo Asperger: "Storie d'autismo quotidiano" Vol. 3 Progetti Editoriali Realizzati Onestamente a cura di Giovanni Tommasini
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About this ebook
Fui contattato dalla mamma di Terence.
“Mio figlio scrive, qualsiasi cosa. Scrive sempre. Chissà un giorno avesse il coraggio di mandarle qualcosa da leggere…”
Mi arrivò questo testo.
Un atto di coraggio.
Aveva ragione la mamma.
Questo libro rappresenta una restituzione e un testimonianza tanto rara quanto preziosa.
Non si legge.
Si vive
Assieme a Terence.
Je suis Terence.
Ci siamo tutti noi in queste pagine.
Perché è il rapporto con la realtà che viene messo a nudo.
E ci sentiamo senza riparo anche noi man mano che i capitoli rilevano e rivelano.
Terence parla di sè, ma le sue parole parlano di noi.
Come di fronte ad un’opera d’arte possiamo decifrare, definire, dove siamo , a che punto siamo, qual è il nostro posto in questo mondo.
Quello di Terence è un altrove che in qualche parte, in qualche tempo, in qualche misura abbiamo trascorso anche noi, attraversato e poi lasciato e dimenticato.
Lui no.
Le sue parole ci indicano che per alcuni di noi questa terra di nessuno, estrema , faticosa, tiene in ostaggio quotidianamente.
Le parole di Terence bruciano.
E lasciano il segno del nostro vivere .
Giovanni Tommasini
Dopo
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Cuore e Mente - Autismo, la storia di una vittoria di Marco Ghilardi
LA VOCE DI TERENCE - Autobiografia di un ragazzo Asperger
Ero un bambino iperattivo, curioso e irrequieto, con la mania di mangiare le spugne; all'età di quattro anni mi fu diagnosticato un ritardo psicomotorio e da lì sarebbero iniziate molte mie disavventure.
Durante i primi tre anni di scuola elementare, passavo le giornate nell'aula di sostegno a disegnare le strade sui quaderni e solo dopo iniziai a studiare, anche se con poca frequenza e senza dedicarmi ai compiti per casa.
Tra la quarta elementare e la terza media avevo provato a legare con i miei compagni di classe, ma ne trassi delle amare delusioni, cosa che, alle scuole superiori, mi portò a divenire più distaccato nei confronti dei compagni.
A quindici anni, scoprii dell'esistenza di una condizione chiamata sindrome di Asperger, che riportava molti dei miei comportamenti, e ne ebbi consapevolezza dopo circa qualche anno, quando, dopo aver svolto due test di intelligenza, scoprii che la mia diagnosi corrispondeva ai disturbi dello spettro autistico ad alto funzionamento.
Nel frattempo, avevo difficoltà a stare in classe, quando i miei compagni schiamazzavano, e nei momenti di disagio lasciavo la scuola senza preavviso; ogni imprevisto mi metteva in forte agitazione ed esplodevo in scatti di rabbia, indipendentemente dai contesti in cui mi trovavo..
In questo ebook restituisco una parte delle mie memorie.
Una produzione P.E.R.O. Progetti Editoriali Realizzati Onestamente a cura di Giovanni Tommasini
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La Voce di Terence - Autobiografia di un ragazzo Asperger - Terence Nardo
Farm
Introduzione
Mi chiamo Terence, ma sono un italiano al cento per cento: cioè nato in Italia da genitori italiani di origini italiane. Sono un giovane dal bagaglio culturale pari a quello di un erudito.
Ho deciso di realizzare questo manoscritto per farmi portavoce di molti autistici, che non hanno la mia stessa fortuna di possedere tale dono, quantomeno di far conoscere il proprio mondo ai più.
Vi racconto in breve la mia storia e quella della mia sindrome.
Ero un bambino iperattivo, curioso e irrequieto, con la mania di mangiare le spugne; all'età di quattro anni mi fu diagnosticato un ritardo psicomotorio e da lì sarebbero iniziate molte mie disavventure.
Durante i primi tre anni di scuola elementare, passavo le giornate nell'aula di sostegno a disegnare le strade sui quaderni e solo dopo iniziai a studiare, anche se con poca frequenza e senza dedicarmi ai compiti per casa.
Tra la quarta elementare e la terza media avevo provato a legare con i miei compagni di classe, ma ne trassi delle amare delusioni, cosa che, alle scuole superiori, mi portò a divenire più distaccato nei confronti dei compagni.
Nel corso della mia vita, frequentai diverse associazioni per disabili, ma senza trovarmi a mio agio, perché molti operatori non erano abbastanza preparati per affrontare un caso come il mio.
A quindici anni, scoprii dell'esistenza di una condizione chiamata sindrome di Asperger, che riportava molti dei miei comportamenti, e ne ebbi consapevolezza dopo circa qualche anno, quando, dopo aver svolto due test di intelligenza, scoprii che la mia diagnosi corrispondeva ai disturbi dello spettro autistico ad alto funzionamento.
Nel frattempo, avevo difficoltà a stare in classe, quando i miei compagni schiamazzavano, e nei momenti di disagio lasciavo la scuola senza preavviso; ogni imprevisto mi metteva in forte agitazione ed esplodevo in scatti di rabbia, indipendentemente dai contesti in cui mi trovavo.
All'età di diciannove anni scrissi una serie di relazioni personali su vari argomenti, che divennero successivamente parte di un'autobiografia che iniziai a scrivere, sia nella speranza di pubblicarla che in quella di essere ricordato anche dopo la morte.
Durante l'ultimo anno delle scuole superiori, feci la conoscenza della Cooperativa San Martino attraverso un'operatrice A.S.A.C.O.M. (Assistente all'Autonomia e alla Comunicazione), a cui feci leggere i miei scritti. Insieme alla dottoressa De Benedictis, responsabile del servizio, mi diedero l'input di continuare a scrivere.
Iniziai a frequentare la Cooperativa San Martino, che mi permise di sperimentare per un anno un'attività di orientamento lavorativo. Grazie ad un progetto finanziato da Fondazione con il Sud, vissi per la prima volta un'esperienza lavorativa. Dopo un periodo di interruzione, venni ingaggiato dalla cooperativa per fare l'addetto all'accoglienza al Teatro Greco di Siracusa per tre settimane, assieme ad altre tre persone.
Infine, dopo un altro periodo di interruzione, iniziai un periodo di tirocinio presso la cooperativa nell'ambito delle risorse umane, per poi iniziare un tirocinio remunerativo, tramite un'iniziativa regionale, Garanzia Giovani, sempre all'interno della cooperativa. Durante il tirocinio, acquisii l'abilità di smaltire i vecchi documenti contenenti dati sensibili. Ma a seguito di un costante accumulo di stress, arrivai a scaraventare dei soprammobili che si trovavano in una stanza della cooperativa. Dopo l'increscioso episodio, convenimmo di interrompere il tirocinio per due mesi e di iniziare l'attività di socio volontario all'interno della cooperativa per un giorno alla settimana.
Tutto ciò che mi caratterizza è la puntualità negli appuntamenti, lo schematizzare la propria giornata, il collezionismo di musica commerciale di precisi periodi storici e l'ossessione di avere una ragazza, nonostante la scarsa preparazione sociale.
Capitolo 1
Associazioni delle lettere, dei numeri, dei colori e delle note musicali con i miei familiari
Sin dalla mia prima infanzia mi porto nella mente una serie di significati che non hanno nulla a che vedere con le cose che li rappresenta. Le lettere dell'alfabeto, i numeri arabi, i colori della sfera di Itten e persino i suoni delle note del sistema musicale sillabico, nonché i più comuni frutti commestibili e alcune forme geometriche, hanno un collegamento intrinseco con il ricordo dei miei familiari più stretti.
1. Le lettere
Il mio cervello collegava alcune lettere dell'alfabeto ai nomi dei miei parenti stretti.
Iniziamo dalla A, lettera che associavo all'iniziale del nome di mio zio Andrea, il più piccolo fra gli zii; la B era associata a mio nonno, malgrado il suo nome iniziasse con la V; la C mi ricordava l'iniziale di Claudio, altro mio zio; la E mi ricollegava a mio cugino Enzo, il maggiore tra i miei cugini; la I corrispondeva a mia nonna; la L era associata a mia cugina Lucy per via dell'iniziale del suo nome; la M mi ricordava l'iniziale di mia zia Margherita; la P veniva associata all'iniziale del nomignolo di un altro mio cugino, Pucci; la R era associata all'iniziale del nome di mia madre; la S mi ricollegava a Selenia, altra mia cugina, nonostante ci fossero altri tre parenti stretti, i cui nomi iniziassero con tale lettera; la T era l'iniziale del mio secondo nome, con cui mi facevo chiamare da tutti sin dalla nascita, che associavo a me stesso; la V corrispondeva all'iniziale di mia sorella; la Z veniva associata a mio padre, il cui nome però iniziava con la P. Per includere uno zio acquisito, con cui avevo poca confidenza, la mia mente scelse la lettera K.
Importanza minore ebbero le lettere O e U, che collegavo a due bambine del vicinato, e la G, che associavo alla madre di una delle due bambine.
I casi delle lettere J, K, W, X, Y, non furono completamente immuni ai collegamenti mentali con i miei cari, ma ben presto ritornarono ad essere delle semplici lettere senza particolari collegamenti.
Con la crescita, tuttavia, questi legami tra le lettere e i miei parenti si sciolsero quasi del tutto, rimanendone solo il ricordo.
Tabella