Varietà sociali nell'italiano contemporaneo: i gerghi come sottocodici non tecnici
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Varietà sociali nell'italiano contemporaneo - Francesca Palermo
Varietà sociali
nell’italiano
contemporaneo:
i gerghi come
sottocodici non tecnici
di Francesca Palermo
Panda Edizioni
ISBN 9788899091866
© 2016 Panda Edizioni
www.pandaedizioni.it
info@pandaedizioni.it
Proprietà riservata. Nessuna parte del presente libro può essere riprodotta, memorizzata, fotocopiata o riprodotta altrimenti senza il consenso scritto dell'editore.
INTRODUZIONE
Il presente lavoro ha lo scopo di approfondire il tema delle varietà dell’italiano contemporaneo ed in particolare dei gerghi, che possiamo definire delle varietà di lingua usate da gruppi specifici di persone che, allontanandosi dalla propria lingua standard o dal dialetto parlato nel luogo in cui vivono, costruiscono un linguaggio particolare utilizzato esclusivamente dai componenti del gruppo e solo quando questi ultimi parlano tra di loro. La scelta di comunicare attraverso un gergo è spesso dovuta alla volontà di non farsi capire da altre persone che non fanno parte di quel determinato gruppo, ma anche per far sì che, tra gli appartenenti al gruppo, si instauri un rapporto di complicità ed esclusività.
Prima di definire le caratteristiche basilari di un gergo e di specificarne le varie tipologie che in questo lavoro di tesi verranno affrontate, mi preme sottolineare la definizione che, nel titolo di questa tesi, viene attribuita ai gerghi, ossia quella di sottocodici non tecnici
. A tal proposito credo sia opportuno precisare alcune nozioni che rimandano alla linguistica generale ed in particolare alla sociolinguistica, secondo cui una lingua contiene, al suo interno, molte varietà; ciò significa che non esiste un unico sistema linguistico. Nella fattispecie, l’italiano contiene molti sistemi linguistici, cosicché al suo interno possiamo distinguere tra: varietà diatopiche, varietà diastratiche, varietà diamesiche e varietà diafasiche. Queste ultime comprendono, a loro volta, i registri
e i sottocodici
: i primi possono essere definiti come varietà diafasiche che dipendono dal carattere dell’interazione e dal ruolo che assumono reciprocamente il mittente e il destinatario del messaggio. I sottocodici invece sono vere e proprie lingue speciali
, varietà diafasiche concernenti l’argomento del discorso e l’ambito esperienziale di riferimento. Di conseguenza possiamo affermare che ogni gruppo di parlanti che condivide idee, stili di vita, esperienze, cultura, interessi, finisce per elaborare un lessico proprio, un sistema linguistico specifico, dando vita a una varietà diafasica del genere sottocodice
, il quale funge da segno distintivo di appartenenza al gruppo.
Un’ulteriore e ultima precisazione riguarda la distinzione tra sottocodici tecnici
e sottocodici non tecnici
: per quanto riguarda i primi, possiamo affermare che essi si riferiscono ai linguaggi settoriali
, linguaggi caratterizzati da un lessico specializzato, da particolari terminologie che, soprattutto nei linguaggi scientifici, devono essere estremamente rigorose. In tale ambito, i termini utilizzati posseggono delle univoche ed esplicite definizioni, non hanno sinonimi, sono monosemici. Ragion per cui, per quel che concerne i linguaggi scientifici, finanziari e tecnici, la definizione di gergo risulta impropria, in quanto la creazione di termini dotti e speciali deriva esclusivamente da esigenze comunicative e non è legata alle caratteristiche sociali dei parlanti. Altresì, a differenza delle parole usate nell’ambito dei gerghi veri e propri, i termini dei linguaggi settoriali non vengono utilizzati soltanto all’interno del settore, del gruppo, ma vengono anzi resi noti tramite libri e altri mezzi di comunicazione. Per tutti questi motivi, in sociolinguistica, è preferibile parlare di linguaggi settoriali
e non di gerghi scientifici o specialistici
. Al contrario, alla categoria dei sottocodici non tecnici
appartengono i gerghi propriamente detti, le cui peculiarità ci occuperemo di descrivere in questo testo.
Chiarita la formulazione del titolo, vorrei enunciare allora quelle che Gaetano Berruto, in Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, elenca come caratteristiche fondamentali di un gergo: la prima concerne l’uso di una lingua di base, che può essere la lingua ufficiale o il dialetto del luogo; tale caratteristica discende dal fatto che il gergo non possiede una sua base indipendente, ma, per svilupparsi, necessita dell’appoggio di una lingua a cui fare continuamente ricorso. La seconda caratteristica di un gergo consiste nella rilevante differenza rispetto alla lingua da cui si origina. La terza ed ultima caratteristica riguarda la segretezza: infatti il gergo nasce proprio con l’intenzione di impedire che i parlanti estranei al gruppo sociale comprendano quello che si sta dicendo; questa peculiarità è chiamata funzione criptica
.
Sebbene nel titolo venga specificato che oggetto di questo approfondimento saranno i gerghi dell’italiano contemporaneo, nel primo capitolo parleremo dell’evoluzione dei gerghi in Europa dal Medioevo all’età moderna, in quanto ritengo propedeutico conoscere gli antecedenti e le cause principali dei fenomeni di codificazione gergale.
Continueremo la nostra trattazione con l’analisi di alcuni gerghi popolari e di mestiere, parlati, nelle diverse zone dell’Italia, soprattutto da coloro che praticavano lavori ambulanti; tali gerghi oggi sono quasi totalmente scomparsi e una sommaria conoscenza di essi è possibile grazie soprattutto alle testimonianze di molte persone anziane.
A seguire, nel terzo capitolo, approfondiremo le origini e le caratteristiche dei gerghi della malavita organizzata, con particolare riferimento alle consuetudini linguistiche proprie degli appartenenti alle più importanti e pericolose organizzazioni criminali italiane.
Nel quarto capitolo ci soffermeremo sui gerghi professionali, quali ad esempio il gergo televisivo, il gergo giornalistico, il gergo teatrale, il gergo cinematografico, il gergo sportivo, il gergo bancario ed altri; avremo modo di constatare che i gerghi appena citati si distinguono dai linguaggi settoriali poiché, in ambito gergale, non vengono utilizzati esclusivamente termini tecnico-professionali, ma anche e soprattutto parole metaforiche e connotative.
Infine, nell’ultimo capitolo, verranno analizzati i gerghi giovanili e la loro evoluzione continua; vedremo che molte volte essi risultano caratterizzati da termini che hanno come oggetto la sfera dei tabù e da parole diverse da quelle che normalmente i giovani utilizzano in famiglia; in particolare poi ci soffermeremo sul linguaggio che i giovani di oggi utilizzano attraverso determinati canali di comunicazione, quali chat, e-mail e sms.
Da questa breve introduzione e soprattutto dai capitoli che seguiranno, potremo osservare dunque che la coesione e l’identità di un gruppo si manifestano linguisticamente in veri e propri gerghi allorquando, all’interno del gruppo, il senso di appartenenza è il fattore di gran lunga più forte e quasi la ragione di esistenza stessa del gruppo.
Voglio puntualizzare infine che questo lavoro verrà svolto con la consapevolezza che "la fenomenologia dei gerghi è assai studiata ma non sempre compresa adeguatamente nella sua pluralità di manifestazioni: se il senso di forte appartenenza al gruppo e il desiderio esplicito od implicito di sottolinearla mediante criptolalia è in genere evidente e fondamentale in gerghi come quelli militari o studenteschi, nei cosiddetti gerghi di mestiere e consimili sarà importante anche, e forse soprattutto, la funzione di mantenere e trasmettere all’interno del gruppo nozioni e tecniche professionali attinenti alla propria sfera di attività "¹.
In ogni caso si cercherà di portare a termine un lavoro il più possibile completo ed esaustivo sull’argomento.
CAPITOLO I
L’evoluzione dei gerghi in Europa
dal medioevo all’età moderna: cenni storici
Il termine gergo
ha, molto probabilmente, origine provenzale ed è stato formulato per la prima volta nel Duecento col termine gergons, cioè vulgare trutannorum
. Abbiamo già accennato in precedenza che con tale termine si intende indicare ogni linguaggio convenzionale parlato da un certo gruppo di persone con l’intento di non farsi capire da altri, oppure con il fine di contrassegnare l’adesione o la non adesione di chi parla a una classe di individui.
Graziadio Isaia Ascoli, glottologo italiano considerato padre del metodo storico–comparativo, definisce i gerghi furtiva creazione dell’intelligenza umana, intorno alla quale troviamo assidui, con intenti diversi, i Militi della Scienza e le Autorità di Pubblica Sicurezza
² ; tale descrizione viene fatta da Ascoli verso la seconda metà dell’Ottocento commentando la memoria sulle lingue furbesche di Bernardino Biondelli, studioso di linguistica storica e di dialettologia italiana; Biondelli, prima di Ascoli, aveva osservato che l’uomo, pur tenendo conto della lingua propria della società in cui vive, tende a costruire un’altra lingua convenzionale, segreta, anche venendo meno al patto sociale che aveva stabilito nel luogo di residenza. Esso risulterebbe un fenomeno esteso che inevitabilmente si verifica nel destino sociale dell’uomo.
Marcel Cohen, linguista e semitista francese, definisce l’argot (termine che probabilmente deriva dal termine jargon, cioè gergo, apparso in Francia nel XIII secolo) un linguaggio parassitario usato da un gruppo di persone in un ambito linguistico più generale, del quale vengono utilizzate la morfologia, la sintassi e la fonologia. Visto che il gergo risulta essere un vero fenomeno culturale marginale, ne deriva che, all’interno di un gruppo, la comunicazione sarà molto limitata e il lessico di tale comunicazione sarà scarso o si concentrerà intorno a pochi concetti–chiave. Inoltre, secondo Cohen, tali gruppi di persone vivono, nella maggior parte dei casi, una condizione di isolamento sociale accompagnata a un evidente fenomeno