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Le Linci
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Le Linci

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About this ebook

Sul Monte Amiata situato nella provincia di Grosseto si susseguono stragi di animali selvatici e domestici. Lucia, Guardia Forestale, indaga con i suoi colleghi e sembra arrivare alla conclusione che si tratti di lupi o cani inselvatichiti. Vittorio, un giovane laureato, che ha seguito fin dall'inizio le predazioni non è convinto e pensa che ci sia qualcos'altro. In tutta questa faccenda scorrono parallele le storie di Prasildo, soprannominato Bugia, Gennaro, autotrasportatore napoletano, Alberto ed Enzo due fratelli "faciloni" e tanti altri personaggi tipici del grossetano. Sembra una storia come tante, ma gli eventi diverranno così concitati e pericolosi da togliere il fiato...
LanguageItaliano
PublisherOrtimini Luca
Release dateMar 10, 2016
ISBN9788892566545
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    Le Linci - Luca Ortimini

    CONCLUSIONE

    1. GENNARO L'AUTOTRASPORTATORE

    Gennaro stava percorrendo la Senese, la strada che, da Grosseto, raggiungeva con doppia corsia la città del Palio. Era una giornata infame con pioggia e lampi che squassavano l’aria, sin dal mattino, come non mai. In Maremma quando decideva di piovere lo faceva in grande. Ciò nonostante Gennaro era felice in quella serata del 16 novembre 2030 per due motivi ben precisi. Il primo riguardava suo figlio, il terzo nato, al quale avevano diagnosticato una malattia che faceva male solo a pronunciarla. Fortunatamente, negli ultimi tempi, la medicina aveva fatto passi da giganti ed era stata trovata una cura che, seppur lunga, permetteva una guarigione perfetta. Insomma quel bambino si sarebbe salvato, ma (c’è sempre un ma!) la cura era piuttosto costosa e con i problemi che assillavano la Sanità Italiana, Gennaro doveva mettere mano al portafoglio per garantire al suo piccino tutto ciò che la scienza offriva per salvarlo. I napoletani, e non solo loro, avrebbero fatto qualsiasi cosa per i propri figli e Gennaro si era buttato anima e corpo nel suo mestiere di autotrasportatore per racimolare fino l’ultimo euro. La moglie passava troppo tempo in ospedale per potergli dare una mano con qualche lavoro e, poi... c’erano gli altri due figli bisognosi, almeno, della presenza materna. Per questo motivo il napoletano faceva straordinari su straordinari per guadagnare quanto più possibile, ma una notte la sorte maligna volle fargli lo sgambetto e lo fece addormentare la volante del proprio camion. Volò nella scarpata, distrusse il veicolo e si fratturò la gamba in più punti, rovinandosi anche un ginocchio. Dopo la lunga degenza, l’arto non fu più lo stesso e rimase invalido. Guidare in quelle condizioni era difficile e fece molte domande in Comune, alle Poste, in Provincia e in altri mille posti. Ottenne solo qualche lavoro a tempo determinato, ma non bastava. Sembrava che tutto congiurasse contro di lui. Poi un amico gli fece conoscere una persona che lavorava in una multinazionale impiantatasi da poco in Campania e gli fu offerto un lavoro. Indovinate un po’? Come autotrasportatore! Sembrava una presa in giro, ma non lo era. Il piccolo camion che doveva guidare, esattamente una strana autobotte, aveva il cambio automatico, per cui la gamba offesa non era indispensabile per la guida. L’unico requisito era la riservatezza e soprattutto evitare di fare domande. Gennaro era una persona onesta e quella strana richiesta gli sembrava sospetta, ma non aveva scelta!

    Il secondo motivo per il quale era contento riguardava la stagione: in una serata come quella avrebbe incontrato poca gente per la strada e questo era un bene.

    Lasciò la Senese all’altezza di Paganico inoltrandosi nella campagna maremmana. Il tempo sembrava da lupi! Si diresse verso il Monte Amiata percorrendo la strada che da pochi anni era divenuta a doppia corsia. Anche il percorso era stato modificato rispetto al tracciato originario. Molte curve erano state tolte rendendo la guida più sicura e veloce. Vide i cartelli che indicavano le deviazioni per i paesi a lui ben noti: Sasso d’Ombrone e poi Cinigiano, dopo la scura montagna sulla cui sommità era aggrappato Montenero, quindi avrebbe trovato il bivio per Monticello dell’Amiata e Montegiovi, infine sarebbe arrivato ad Arcidosso, Castel del Piano, Santa Fiora.

    Gennaro, però, fece una deviazione tra Monticello dell’Amiata e Montegiovi. Lasciò la strada principale. Imboccò la Strada Provinciale del Cipressino e si inoltrò ulteriormente in aperta campagna percorrendo strade sempre più sconnesse. Ben presto lasciò i prati incontrando boschi di castagni, lecci, querce, corbezzoli, rovi e ginestre. Percorreva strade sterrate che si inerpicavano sempre più in alto. Fortunatamente il breccino, la ghiaia, come la chiamavano da quelle parti, impediva al mezzo di impantanarsi. Ogni tanto quando arrivava troppo sparato su qualche pozza profonda, causava un piccolo tsunami che inondava il bordo della strada. I tergicristalli facevano fatica a spazzare via quell’alluvione proveniente  dal cielo. Dopo poco dovette accendere i fari per vedere meglio e continuò la sua salita in mezzo a quel bosco che sembrava senza fine.

    Stranamente la pioggia divenne meno insistente, poi fina, fina ed infine cessò del tutto.

    Oramai era arrivato. Scese dalla piccola autobotte. Si stirò, massaggiandosi la gamba che era indolenzita per il lungo viaggio. Fece qualche passo nella semioscurità e si avvicinò ad un albero. Erano diverse ore che non faceva pipì. Si stirò di nuovo e si guardò intorno. Nonostante fosse quasi buio, poteva vedere ancora gli alberi, i rovi, il ruscello che, ingrossato dalle piogge, gorgogliava allegramente portandosi dietro foglie e rametti spezzati. Di giorno sarebbe sembrato un posto incantevole per fare funghi od anche un pic nic con gli amici. Sorrise a quel pensiero... ma non era lì per fare una scampagnata... sapeva bene cosa doveva fare!

    2. LUCIA LA GUARDIA FORESTALE

    Lucia parcheggiò la Mantra nuova di zecca vicino all’ufficio postale delle Bagnore. Puntò la chiave per la chiusura centralizzata ed attese lo scatto che confermava l’avvenuto bloccaggio degli sportelli. Ebbe un moto di compiacimento per l’acquisto di quell’auto che aveva ritirato da pochi giorni. L’opaco sole non rendeva giustizia alla brillantezza di quel rosso amaranto metallizzato che ricopriva la carrozzeria. S’incamminò con passo da alpino sulla salita che portava al piccolo Bar. Di certo non gli facevano male le scarpe a pianta larga della sua divisa da guardia forestale. Anche quell’uniforme non faceva giustizia a quel corpo bello che la donna aveva in dotazione. Lucia era alta più di un metro e settantacinque, snella con capelli castani che incastonavano un bel viso schietto e vero, come pochi altri. Non era il tipo che passasse ore in camera a truccarsi, eppure… eppure con un pò di mascara e qualche altro lieve ritocco era in grado di far girare, per strada, più di un passante. Sarà stato per quell’aria seria che incuteva rispetto, per la divisa o… diciamolo chiaro… forse era per il seno! Eh si! Lucia aveva quelle, che si direbbero due belle tette!

    Intendiamoci bene! Per lei quelle belle appendici erano state un problema. Non era il tipo civettuolo da scollature mozzafiato o da body aderenti fino all’inverosimile. Lei era una montagnoletta autentica che badava alle cose serie ed importanti della vita. Eppure il sospetto che madre natura l’avrebbe dotata di un bel seno, era nell’aria. In casa sua tutte le donne erano alte, belle e prosperose! Lucia non ci pensava nemmeno. Quando era una bambina, amava frequentare il nonno come un’ombra! Lo seguiva a cercare i funghi e lui le insegnava a distinguere un leccio da una quercia, un olmo da un platano, un faggio da un castagno. Le mostrava come coltivare la terra, a mettere i semi giusti nelle stagioni adatte, a riconoscere gli insetti buoni da quelli pericolosi per le culture, gli uccelli, i tassi, le volpi. Lucia a dieci anni distingueva con facilità le impronte lasciate da cinghiali, daini e caprioli. Quando non studiava, cosa che faceva con diligenza, era nell’officina del nonno, dove lo aiutava nei piccoli lavori di montagna necessari per tenere la casa, l’orto, gli attrezzi sempre in ordine. Riconosceva senza problemi, una brugola, una chiave del dieci, le pinze, le tronchesi, le lime e le raspe. Sapeva affilare una falce od un pennato, un tipo di machete dalla lama tozza e larga che terminava con un uncino adatto a portare i rami all’altezza giusta per reciderli.

    Ottenuta la licenza media, non aveva avuto dubbi sulla scelta. L’istituto Agrario di Grosseto aveva, da pochi anni, approntato l’indirizzo forestale e la ragazzina vi si era iscritta con grande entusiasmo. I cinque anni erano volati ed i risultati erano stati eccellenti: si era diplomata con il massimo dei voti. Occorreva quindi trovare lavoro e, quando la Guardia Forestale dello Stato aveva indetto dei concorsi, Lucia aveva presentato domande su domande. Sarebbe superfluo aggiungere che agli esami, era accolta con scetticismo. Una così bella ragazza poteva aspirare ad altri tipi di lavori, più tipicamente femminili, ed invece cercava di ottenere un lavoro scomodo e da svolgere all’aria aperta con ogni tempo e stagione. Certamente quelle persone non potevano sospettare che Lucia voleva proprio quel tipo di lavoro e non la spaventava minimamente l’idea di spegnere incendi e tornare a casa sporca di fuliggine con i capelli che sapevano di fumo.

    Vinse un concorso e fu inviata in prima assegnazione nel Lazio dove si fece apprezzare per la competenza spesso, superiore, perfino a quella dei colleghi maschi. Lasciò molti cuori infranti quando ottenne il trasferimento… indovinate un pò… per le Guardie Forestali di Grosseto. Assegnarla successivamente, al Monte Amiata fu solo una logica conseguenza.

    Non esisteva una persona che adempiesse i propri compiti con maggiore felicità di lei. Arrivava sempre con largo anticipo sul posto di lavoro, pronta a svolgere qualsiasi mansione senza la benché minima protesta per quei compiti che potevano sembrare gravosi e disagiati. Anzi, era proprio quando doveva restare in ufficio per ordinare e compilare le scartoffie come le chiamava lei, che sentiva un netto senso di frustrazione. Che diavolo ci faceva tra quelle quattro mura quando c’era tanto da fare fuori?

    *****

    A questo punto vi sarete già posti una domanda, specie quelli che hanno avuto modo di leggere il mio precedente libro Grosseto 2023, La Battaglia delle Marze: per quale motivo ho raccontato queste due storie che, seppur interessanti, somigliano a migliaia di altre e non compaiono sui giornali? Eppure, nel libro già citato, ho iniziato subito con la suspense. Possibile che il Sig. Luca Ortimini vi voglia annoiare con una storia normale che chiunque potrebbe scrivere?

    Abbiate fede e potrete costatare come, anche in Maremma, accadano fatti talmente strani da togliervi il sonno. Non ci credete? Chiedete a quelli che hanno letto il mio precedente libro. Loro, quando attraversano la pineta che va da Marina di Grosseto a Castiglione della Pescaia, si guardano sempre intorno!

    *****

    Lucia entrò nel piccolo Bar delle Bagnore dove, diversi uomini vestiti con tute verdi, si apprestavano ad andare a lavorare nei boschi della montagna. Le castagne erano già state raccolte ed era il tempo di pulire il castagneto e bruciare le foglie, operazioni, queste, che le Guardie Forestali controllavano per evitare incendi. Eventi, questi, piuttosto difficili da verificarsi, viste le abbondanti piogge che si erano susseguite in quei giorni. La bella ragazza del bar accolse Lucia con un largo sorriso. Si conoscevano da anni ed avevano frequentato le scuole medie insieme. Erano sicuramente diverse. Alessandra era decisamente più femminile. Si truccava con cura, aveva sempre i capelli a posto, vestiva in modo semplice ma con abiti che mettevano in risalto il fisico. Certo non poteva competere con il seno di Lucia, ma in compenso aveva un fondoschiena semplicemente perfetto ed i jeans aderentissimi, lo modellavano ad arte. Lucia la salutò e gli fece un cenno d’intesa. Come al solito avrebbe letto il giornale, mancavano ancora quaranta minuti prima dell’inizio della sua giornata lavorativa. Voleva essere aggiornata sui fatti locali, specie quelli che riguardavano la sua zona, e non gli piaceva farlo quando era in servizio. Era tutto tempo rubato all’attività di Guardia Forestale vera e propria. Dopo aver scorso le notizie, ed avere costatato che non c’era niente d’interessante, lanciò uno sguardo ad Alessandra che non aspettava altro. La madre di quest’ultima occupò il suo posto alla macchina del caffè.

    Allora! Come va? disse la ragazza del bar appoggiando il viso sui gomiti pur rimanendo in piedi, seppur curva.

    Molto bene! le rispose Lucia guardandola ed ammirandola per il bel viso ed il trucco leggero e perfetto. Ho un buon lavoro… un bel ragazzo che mi vuole bene e… presto penso che ci sposeremo.

    Hai già pensato a quando ci sarà questo lieto evento? Io voglio esserci.

    Salvo imprevisti, tra un anno e mezzo… forse due, e puoi stare certa che t’inviterò come le altre nostre amiche di Castel del Piano, Arcidosso, Santa Fiora…

    E la mia cugina di Monticello dell’Amiata? Sai quanto ci tiene a te. Non te la scorderai, vero?

    E chi se la scorda? Il giorno del mio matrimonio voglio tutte le persone care vicino a me. Voglio che sia una grande festa ed è proprio per questo motivo me la sono presa comoda. Sto ristrutturando la casa dei miei nonni e sicuramente c’è tutto il tempo di sistemarla per la data delle nozze.

    Entrarono tre ragazzi del paese e subito i loro occhi rapaci si posarono sul sedere di Alessandra che era voltata di schiena. Subito iniziarono ammiccamenti, sorrisi, cenni d’intesa e frasi a grana grossa. Parlavano a voce alta, quasi urlavano per attirare l’attenzione.

    Mi sa che quelli ce l’hanno con te! disse Lucia guardandoli con commiserazione.

    Lasciali dire… non sono pericolosi… sai in montagna solo perché ti conoscono da molto tempo, si sentono in dovere di prendersi delle confidenze, ma devo anche sopportarli… altrimenti con questo piccolo bar è difficile sbarcare il lunario.

    Allora lo facciamo meno casino?! esordì la mamma di Alessandra stufa di tutta quella cagnara da mercato rionale.

    Come no! disse uno dei tre che aveva una faccia tonda e rossa e sicuramente conosceva la padrona del bar. E’ che mi andrebbero… delle mele!

    Sì… aggiunse il secondo incoraggiato dall’ardire dell’amico. "…mi piacerebbero belle tonde

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